Fino al 1764 la festa di Maria SS.
Addolorata consisteva in poche e modeste
manifestazioni di culto, organizzate la 3^
domenica di settembre dai sagristi madriciari,
davanti a un'immagine appunto dell'Addolorata,
venerata in una edicola tuttora esistente nei
pressi della loro chiesa.
Fu appunto in quell'anno (1764) che la Congregazione
della Carità, essendosi con permesso vescovile
del 4 maggio, trasferita dalla sua sede di S.
Biagio alla Madrice, volle dare un segno
tangibile della sua esistenza, onorando la sua
patrona nel giorno anzidetto, con illuminazione,
processione del Sacramento, benedizione fatta all'aperto
davanti a quella nicchia e sparo di petardi.
Nel
1774 i madriciari
acquistavano a Napoli una bella statua in legno
dell'Addolorata, che accolsero e benedissero
nella lor chiesa con grandi tripudi.
Il loro scopo era chiaro, non limitarsi più a
una parodia di festa, come per il passato; ma
celebrare per la loro Madonna una festa vera e
propria, cominciando col farla intervenire, il venerdì
santo 28 marzo del 1777, alla processione del
Cristo morto dentro l'urna.
Nel
1803 fu fatta una
processione molto più chiassosa degli altri anni,
il clou della quale fu sempre d'allora
in poi l'intervento dell' onorata
maestranza in tuba, giamberga e torcia,
che dava un aspetto imponente e originale a
quella religiosa manifestazione.
Poiché
avveniva però spesso che per l'instabilità
della stagione, la festa, celebrata nel venerdì
di Passione, non riusciva come ai più caldi
madriciari sarebbe piaciuto, pochi anni fa essi
pensarono di trasportarla nella 3^ domenica di
maggio.
Il 15 febbraio 1910 l'arcivescovo di Siracusa Mons. Luigi
Bignami confermava e disciplinava la detta
trasposizione.
LA
FESTA
Festa
molto sfarzosa e interessante è quella, che la
Chiesa Madre celebra, in onore della SS. Vergine
Addolorata, la 3^ domenica di maggio, con gare
sportive, lotterie e quant'altro serve a
divertire il popolo.
Dopo
un devoto Settenario di sermoni, musica
e canzoncine adatte alla circostanza, la sera
della vigilia la chiesa viene riccamente
illuminata e, tra i più poderosi "viva
Maria Addolorata" di questo mondo,
terminata la sittina, cala il telone
quaresimale e apparisce tra una gloria di ceri,
il simulacro della S. Vergine, mentre ristabilito
un po' di silenzio, ha luogo il canto d'una laude
sacra, chiusa dalla benedizione del Sacramento.
L'alba
del giorno appresso è salutata dallo sparo
assordante d'infiniti petardi, cui risponde il
suono gioioso delle campane della chiesa, che per
tutto il dì non hanno più requie.
E la festa ha principio tra la più schietta
letizia dei madriciari, che la mattina giungono a
trovare un posto nel vastissimo tempio per
ascoltare la gran Messa, cantata in
pretto stile liturgico dalla locale schola
cantorum affiatatissima, e il panegirico.
Nelle ore pomeridiane assistiamo in piazza all'uscita
della Madonna, la quale, chiusa nel suo magnifico
fercolo, dopo il canto d'un bell' inno d'occasione,
sarà portata trionfalmente per tutta la città.
I fiori innumerevoli che le piovono su da tutt'i
balconi, l'agitar delle pezzuole dei devoti, lo
scampanìo, il tuonar delle bombe a mitraglia e a
sorpresa, l'assordante fracasso delle diverse
musiche, i "viva Maria"
entusiastici con cui viene accolto il bel
simulacro, in sul primo suo apparire tra quel
mare di popolo, hanno del fantastico: è un'altra
Pasqua.
E come l'ordine è un mito in questa festa, così
è un mito in quest'altra.
E la confusione aumenta lungo tutto il percorso
della clamorosa processione, finché raggiunge il
colmo a notte avanzata, allorquando la sacra
immagine ritorna in piazza, per restituirsi in
chiesa tra un subisso di evviva.
Chiudono la festa i soliti fuochi artificiali e l'indomani,
lunedì, una buona fiera d'animali vari, ottenuta
il 14 maggio 1910 e conclusa di sera con altri fuochi d'artifizio.
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