Sempri sia luratu
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COMISO E
COMISANI |
u Patronu, ca fu cardatu.
AruràmuLu a tutti l'uri
San Milasi prutitturi.
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FESTA DI
SAN BIAGIO
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comisani@libero.it
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COMISO E COMISANI
( http://digilander.libero.it/comisoecomisani )
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FESTA DI SAN BIAGIO
San
Biagio, vescovo e martire, era venerato a Comiso
già nel 3° secolo ed era stato scelto come
Patrono della comunità nel 7° secolo.
A
Comiso viene solennizzato due volte:
- il 3 febbraio, secondo il calendario della
Chiesa Cattolica;
- la 2ª domenica di luglio, nella quale viene
fatta la processione esterna.
Inoltre l'11 gennaio ricorre la giornata di
ringraziamento a San Biagio per aver attenuato
gli effetti del terremoto del 1693.
Di
seguito si riporta quanto è scritto al riguardo
nei libri CASMENE DEVOTA
e VICENDE STORICHE DI COMISO.
Poi, per dare un'immagine più completa della
festa esterna che si svolge la 2ª domenica di
luglio, si riportano alcuni aspetti descritti da
Luigi Costanzo nel libro I RICORDI
DEL PASSATO e da Nino Cirnigliaro
nel libro ALL'OMBRA DELLE CUPOLE, nonché
la descrizione della 'ntoccia
(portata
durante la processione dai fedeli che fanno 'u
viaggiu o
Patronu), tratta da un articolo
di Giuseppe Cassarino pubblicato sul giornale LA
FONTE.
Nella
pagina seguente si riporta la CORONCINA DI SAN BIAGIO, che viene cantata il 3
febbraio e per tutto il mese di luglio nella
chiesa di San Biagio.
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da CASMENE
DEVOTA |
(Nella solennità del 3 febbraio nella chiesa di
San Biagio vengono distribuite nzaiareddi - nastrini di
colore rosso da legare al braccio - e viene fatta
ai fedeli la benedizione della gola.)
La
cerimonia della benedizione si fa da un Sacerdote
vestito di cotta e stola con apporre verso le
fauci (gola) due candele accese,
dicendo:
"Dominus
noster Iesus Christus, per intercessionem S.
Blasii Episcopi et Martyris, liberet te ab omni
malo, et a malo gutturis.
In nomine Patris et Filii et Spiritus Sancti.
Amen"
(Durante
la cerimonia religiosa vengono cantati 3 inni,
tra i quali il seguente)
HYMNUS
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1) Salutis aram Blasius
Erexit: aegri accurrite,
Languentium quae vindici
Votiva dona ponite. |
4) Quam fortis ille et strennus
Suos dolores pertulit;
Tam mitis et clemens opem
Fert omnium doloribus. |
2) Cuicumque tristis obtinet,
Angina fauces gutturis,
Cui semitam meabilem
Obex inquus perstruit. |
5) Invicte Martyr servulos
Tuos ab hoste protege,
Infer salutem corpori,
Refer quietem mentibus. |
3) Huc farmacis mortalibus,
Curisque spretis advolet,
Potentiore martyris
Lavandus arte, et dextera. |
6) Sit summa laus et gloria
Tibi, superna Trinitas:
Dona precante Blasio
Beata nobis gaudia. Amen. |
- Gloria et honore coronasti eum, Domine.
- Et constituisti eum super opera manuum
tuarum.
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da VICENDE STORICHE DI
COMISO |
La solennità di S. Biagio, patrono della città,
in antico e secondo il calendario, aveva luogo il
3 febbraio.
Però tenuto conto della stagione poco opportuna,
per Privilegio vescovile del 29 aprile 1604 s'ottenne di
trasportarla alla 1^ domenica di luglio, laddove
un secondo Privilegio, dato il 3 aprile 1751, l'assegnava alla
domenica susseguente; non solo, ma permetteva di
potere, nell'officiatura, usare l'ufficio proprio
della Chiesa veneziana.
D'ordinario essa dura tre giorni, raramente anche
cinque.
Ne'
giorni di venerdì e sabato non vi manca una gran
fiera d'animali, della quale abbiamo una prima
notizia nel 1605, come altresì non
lasciansi desiderare i grandi fuochi d'artifizio,
le belle illuminazioni, culminanti, sino a un
quarant'anni addietro (circa 1885), in una augghia,
costruita su la fonte Diana a forma di altissimo
chiosco, ornato di quadri trasparenti e dischi
giranti, e colmo di lumi posti dietro a un'infinità
di bicchieri multicolori, che facevano un
magnifico vedere.
Alle
quali attrattive, nelle ore pomeridiane della
domenica si aggiunge l'immancabile e lunghissima
processione del Santo.
Caratteristica rimarchevole di questa, erano e
son i molti devoti, che vi prendon parte in
peduli (a
piedi nudi) con
un grossissimo cero, protetto da una coppa ('a 'ntoccia) quadrata di cristallo
vagamente istoriato e infiocchettato.
Però coloro che rendono più interessante questa
processione sono i molti bimbi e bimbe erniosi o
affetti d'altro malore, i quali si pigiano e
strillano sul fercolo, in attesa che il santo
Patrono faccia loro il miracolo, che vien
segnalato poscia ai fedeli da una campana,
allorché la processione giunge alla Madrice e
alla chiesa del Titolare.
L'ultimo
giorno della festa, il lunedì, è finalmente
consacrato allo spettacolo della venuta mattutina
dei numerosi forestieri, specie chiaramontani, i
quali sciolgono, spesso con manifestazioni
pietosissime (piene di devozione) i loro voti al Santo, e
più tardi alla questua del grano fatta a suon di
musica, e con cavalcature apprestate gratis da
qualche devoto.
Cotesta
del Patrono è chiusa nel giorno dell'ottava con
un'altra festicciola a cura degli ortolani.
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da CASMENE
DEVOTA |
... negli 11 di
gennaio (nella Chiesa Madrice) si fa la
ricordanza dell'infausto avvenimento del tremuoto
(terremoto
del 1693).
Di
quel dì è commoventissima la funzione che si fa
d'innanzi al simulacro del protettore S. Biagio,
esposto il divinissimo Sacramento.
Dopo recitati i secondi vespri della dedicazione
della Chiesa, il Ciantro - che è la terza
dignità del Capitolo - intuona il salmo "In
Exitu Israel de Aegipto" (ps. 113) che
alternativamente si canta, in tuono settimo, dai
Canonici sino al versetto "Montes
exultastis sicut arietes, et colles sicut agni
ovium".
Indi due Sacerdoti genuflessi in mezzo al Coro,
per ben tre volte, cantano il versetto "A
facie Domini mota est terra, a facie Dei Iacob",
domentre dall'organo s'imita il tremito
della terra ed il ronzio, che fa il tremuoto
quando imperversa dentro le viscere di essa.
Poi esaurito l'intero salmo, dal Coro s'intuona
il Te Deum in
rendimento di grazie per quei che rimasero
superstiti a quella strage avvenuta quasi in
tutta l'Isola, ed il Libera me Domine
in suffragio dei morti.
La
funzione finalmente si conclude con una predica d'occasione
e con la benedizione del Santissimo.
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da I
RICORDI DEL PASSATO |
La raccolta del
frumento, che si effettuava in varie giornate che
precedevano il giorno della festa (con l'utilizzo
di muli bardati con bisacce che percorrevano i
vari quartieri del paese), l'interminabile
processione con i ceri accesi dall'inizio alla
fine,
il sacrificio di molti i quali fanno "U
VIAGGIU" a piedi scalzi, il
portare il simulacro a spalla per l'intero
percorso, il portare le torce votive decorate (i 'ntocci)
con i ceri
accesi, l'enorme partecipazione di fedeli avanti
e dietro il simulacro; ed ancora le partecipate
funzioni religiose dell'ottavario e alla
domenica successiva i vari giochi per i meno
abbienti "ra 'ntinna - ra
pignata - ro iaddu"; il tutto
contribuisce a definire questa festa la massima
espressione di fede ed attaccamento al Santo San
Biagio da parte dei comisani.
(Luigi
Costanzo)
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da ALL'OMBRA
DELLE CUPOLE |
Paese di feste è
Comiso e quella del Patrono Sammilasi, la seconda
domenica di luglio, chiude le più importanti.
La festa esterna, quella grande, in piena estate,
quando nelle campagne sono terminati i lavori
grossi della mietitura e trebbiatura e si poteva
onorare senza pensieri in testa e qualche soldo
in tasca il patrono del paese.
Caliari forestieri, la vigilia e il giorno della
festa, battevano i quartieri con la cesta ovale
di strisce di canne e virgulti d'olivo al braccio,
vanniannu calacausi e simenta, come l'anziano
venditore di Modica, che nei giorni della novena
vendeva aranciata e citrata e il cuore si
rallegrava perché era festa.
Una fiera-mercato affiancava la festività, che
durava una settimana, da domenica a domenica,
detta l'ottava.
Si vendeva di tutto, scale di ogni altezza,
utensili agricoli, corde, scarpe, panieri e
corbelli.
I vasai di Caltagirone portavano montagne di fancotta,
quartari, 'nziri, 'nzalateri,
cannati, forme per mostarda e cotognata
con impressi simboli eucaristici, grappoli d'uva,
frutta e delicati nomi di donne.
I bummula più rinomati, di terracotta
verdina, la migliore per mantenere fresca l'acqua,
venivano invece da Lentini. Al bómbolo
era obbligo che si accostassero per prime, ppi
'ncingallu, per inaugurarlo, le labbra di un
maschio; se malauguratamente vi si fosse
attaccata la bocca assetata di una donna, Dio ne
scampi, si sarebbe potuto buttare, perché
avrebbe puzzato per sempre di uova marce.
Così ai lati della strada della villa, sui
marciapiedi erano esposti tanti articoli, che non
si trovavano nei pochi negozi del paese.
Solo i catanesi scaltri e mariuoli vendevano fumo,
portando agli ingenui braccianti comisani tanti
giochi, in cui a vincere erano sempre i furbi
etnei.
Il pomeriggio della processione...centinaia di
devoti portavano a spalla la statua del Patrono
serenamente assiso sulla sua sedia vescovile, ai
cui piedi bambini difettosi di nascita pizzuliaunu
coccia ri racina sammilasara, chicchi di uva,
che maturava proprio in quei giorni e guardando,
come raccomandavano i genitori che l'avevano
posti sulla vara, il bel viso ruscianu
del Santo, speravano che raddrizzasse le loro
gambette rachitiche o sciogliesse la lingua muta.
Mentre la lunga processione di fedeli coi ceri
dentro la lanterna coi vetri istoriati dai
simboli vescovili e del martirio di S. Biagio s'avvia
per i quartieri del paese...
(Nino
Cirnigliaro)
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da LA FONTE
(le
parole in corsivo sono dell'autore dell'articolo)
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'A ntoccia e una
lanterna cubica o parallelepipeda sulla cui
struttura-telaio in lamiera di zinco sono
applicati dei vetri variamente decorati; dai
quattro angoli della stessa si dipartono,
incrociandosi, dei fili di ferro, che fanno da
supporto a nastri e fiori riccamente e
vivacemente colorati, che sormontandola la
coronano.
Questa (a ntoccia
) è sostenuta da una grossa canna,
che, rivestita solitamente di nastro rosso, deve
essere di dimensioni tali da rendere il tutto
pari allaltezza del fedele promettente,
conferendole, altresì, leggerezza ed offrendo
alloggio, nel suo ultimo segmento, ad una candela.
Gli elementi che costituiscono le decorazioni
dei vetri sono, in genere, ostensorio ed
elementi floreali, nonché elementi
caratterizzanti la storia di S. Biagio quali leone,
pettine da cardatore, mitria e pastorale
vescovile. Inoltre è stata riscontrata la
presenza in alcuni esemplari (di 'ntocce) dellAddolorata
o del Cristo Risorto.
(Giuseppe
Cassarino)
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