COMISO E COMISANI
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COMISANI NEL
MONDO
Questa sezione è dedicata a tutti i
Comisani che, per i vari casi della vita, sono
andati a vivere fuori dalla nostra isola.
Di tutti costoro vorremmo raccontare
le vicende, riferire i pensieri di nostalgia per
il loro e nostro paese, per i giochi e i suoni e
i sapori della loro fanciullezza.
E vorremmo farci interpreti della tristezza di
coloro i quali han dovuto lasciare le persone
care o amiche, e non hanno più potuto né
riabbracciarle, né portare un fiore sulla loro
tomba.
Assieme ai tanti emigrati Comisani
che hanno migliorato le loro condizioni di vita,
vogliamo ricordare coloro (speriamo pochi) che,
sfortunati nel paese natio, altrove non hanno
avuto miglior fortuna.
Quale segno della nostra solidarietà
e del nostro affetto per costoro, riportiamo da
COMISO VIVA un brano del bel racconto "Incontro
ad Acarigua" di Sara La
Perna.
Di seguito vengono riportati ricordi, nostalgia e
riflessioni di nostri concittadini che vivono
lontano da Comiso.
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da "Incontro
ad Acarigua" |
(In Venezuela io e mio
marito) una
volta capitammo in una città, Acarigua, popolata
di molti comisani. Visitammo parecchie famiglie e
fra queste una che conosceva i miei e che era
formata dal vecchio padre e da una figlia sposata
con una nidiata di piccoli.
Abitavano in una casa modesta, col tetto in
eternit, le stanze anguste ma accoglienti, con
l'immancabile quadro della Sacra Famiglia
sospeso sulla testata del letto matrimoniale,
quasi a richiamare l'arredamento della modesta
casa natìa.
Tutti in questa famiglia erano venezuelani al
cento per cento, così nella mìmica come nella
lingua, eccetto l'anziano padre settantenne che
parlava lento, nel nostro dialetto, e non
spiccicava una sola parola in spagnolo.
Appena questi ci vide, s'illuminò in viso, ci
conosceva tutti e due, come no, Apollonio il
figlio di don Suzzu, Sara la figlia di don
Turiddu.
Disse subito in cucina che si affrettassero a
preparare un gran pranzo, poiché erano arrivati
dei cari amici comisani.
Tutto il giorno (per sodisfare i desideri di
quest'uomo, dal cuore colmo di nostalgia, e che
portava scritta sul volto rugoso la certezza di
aver perduto per sempre il suo piccolo mondo) io
e mio marito abbiamo dovuto parlare di tutti i
comisani, uno per uno, quasi, dai vicini di casa
agli uomini politici, dai medici ai professori,
dal marchese Scillieri a Suzzu 'u Re.
"Oh, scusate, scusate - infine ci
disse - vorrei chiedervi un'ultima cosa: il
pergolato che stava sopra la porta di casa mia, là
in quella viuzza, dal selciato lucidato dai
carri, quella viuzza che scendeva fino alle verdi
rive dell'Ippari, c'è ancora? Dà sempre la
stessa generosa ombra che rinfrescava i miei
pomeriggi estivi e sonnolenti?"
"Si" - rispondemmo - e avremmo
voluto aggiungere che mancava solo lui sotto il
pergolato, seduto sulla vecchia sedia.
Il caldo tropicale di quella giornata non ci fece
gran che soffrire; avevamo regalato ad un uomo
triste e melanconico un po' dell'aria del suo
paese.
Quando
ci salutammo, mio marito volle fare una domanda:
"Don Guglielmu, come mai non avete
imparato dopo tanti anni la lingua spagnola?"
La risposta fu quella che avrebbe potuto dare un
comisano qualunque, intelligente, dignitoso,
fatalista nel dolore e non privo di un sottile
spirito, quasi all'inglese: "Io non
parlo lo spagnolo perché già faccio molto a
stare qui, lontano dalla mia terra, quindi
aspetto che siano i venezuelani ad imparare il
comisano".
E
sorrise, sorrise ancora, mentre noi accettammo la
sua lezione di coraggio e di fedeltà.
(Sara
La Perna)
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DAI COMISANI NEL MONDO
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27/09/2007 Ho un ricordo
che desidero far conoscere ai Comisani e
soprattutto agli studiosi della storia di Comiso.
Eravamo in
piena seconda guerra mondiale ed io, avevo una
decina d'anni, stavo ascoltando la conversazione
di mia madre con la vicina dirimpetto.
Eravamo in piena estate, un'estate torrida
ed afosa, che c'impediva di dormire, per cui si
stava seduti fuori aspettando che rinfrescasse.
Non c'era illuminazione elettrica, né
luce nelle case, però c'era la luce della
luna che era molto forte. Era notte alta ed un
silenzio assoluto dominava la notte.
Non si sentivano né si vedevano persone e, cosa
strana, non passava nessun carrettiere.
Ad un certo punto si sentì un fruscio di persone
che, in assoluto silenzio, si
avvicinavano nella via principale, direi ad
una settantina di metri da dove eravamo noi.
Notai nervosismo e paura nei visi delle due
donne, che smisero immediatamente di
parlare guardandosi trepidantemente mute.
Il fruscio continuava ad avvicinarsi ed ecco
apparire dal cantone di Donna Libbrata
una specie di corteo ben inquadrato, di forse una
ventina o piu persone vestite con tonache bianche
fino ai piedi e volti e teste nascoste da
cappucci molto alti a forma di cono.
Sembrava (di questo particolare ho un confuso
ricordo) portassero un corpo, inerme e coperto,
sopra le spalle e ben collocato in mezzo a loro.
A questo punto le due donne si alzarono e
salutandosi in fretta e furia si ritirarono,
senza fare nessun commento, dentro le
proprie case.
Questi
indumenti li ho visti poi in molte regioni della
Spagna, nelle processioni religiose che si
svolgono in occasione delle feste pasquali.
Se qualcuno potesse dare una spiegazione al
riguardo gliene sarei grato.
(Biagio
Girlando Grande)
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09/05/2007
Vivo
da 25 anni nella spendida città di Verona e mi
chiamano "la veronese" in
famiglia... lì a Comiso.
Penso che dopo tutti questi anni qui dovrei
sentirmi come a casa! Ma non è così.
Ancora oggi quando dico casa non è dove vivo ma
dove si trovano i miei genitori.
Quando sono partita per questa avventura volevo
andare via. Comiso mi stava stretta. Dicevo
"voglio andare via per avere voglia di
tornare" e così è stato! Dicevo
"se un trasloco farò, sarà solo
per tornare a casa" e così non e stato!
Ora il mio lavoro mi porta a cambiare città, però
non a Comiso ma a Brescia.
Non importa..... alla fine tornerò!
Voglio precisare che dove vivo sto
bene, ho molti amici e non ho mai avuto
problemi; la mia è solo nostalgia.
A casa ho i quadri di Comiso vecchia, un poster
della rocchetta di Punta Braccetto, il mio mare
preferito.
D'estate, quando tutta la famiglia si squazza
e mi chiamano "pi farimi arrurriri"
io guardo il mio poster e soffro meno.
(Carmela
Cappello)
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Lontana
mi fai trasalire
del mio amore catulliano,
mia Comiso.
Bestemmiavo le colline brulle
aride
come le notti noiose
camminando per le strade lastricate
bagnate dalle tue luci giallastre.
Ma di te ho conosciuto anche
notti occulte
e di giorno non ti riconoscevo!
Spersi nei quartieri antichi
ascoltavamo il vento remoto
sussurrare
per accarezzare fate! |
Le
luci della metropoli non brillavano
e i sogni diventavano parole sterili
agli angoli dei bar, alla villa,
alla piazzetta del castello e
in tutti i luoghi custoditi
nell'ombra notturna...
Tornero' vecchio, forse,
e angosciato scopriro' le tue pietre
erose dal tempo
per specchiarmi!
(Marco Baglieri)
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When
I arrived in NY in 1946, I met my grandfather for
the first time and the one think I noticed in his
house was a framed piece of newspaper in art form
that read; "Ripley's Believe or Not"
the longest sentence in the world using only the
letter "S" is Sicilian saying, "SUSI
SAI SE SI SUSI SUSA".
I'll try in Italian:
Quando sono arrivato a NY nell'anno 1946, ho
incontrato mio nonno per la prima volta; una cosa
che mi ricordo era un quadro con mezza pagina di
giornale di "Ripley's Believe or Not"
la piu lunga sentence ( ho dimenticato la parola
per sentence) del mondo in cui si usa solo la
consonante "S":
"SUSI SAI SE SI SUSI SUSA".
Antonio
Avola
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Nel 1940 circa il sig.
Gioacchino Saraceno, che era emigrato
negli USA intorno al 1914, ricevette la
fotografia del nipote Salvatore,
figlio di suo fratello Papè Saraceno, che
sul retro portava la seguente scritta: Caro zio,
vi mando la mia fotografia a sei anni per
farvi vedere che sono "Figlio
della Lupa";
come sono fiero.
Bacio a tutti e saluti dai miei genitori
e sorelle
suo nipote Salvatore
La
fotografia, presentata a lato, è stata
inviata al sito da un cugino di
Salvatore, il sig. Antonio Avola, che
vive negli USA..
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