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Nell'anno
177 a.C. i triumviri Marco Emilio, Lepido e Sicinio, Consoli di
Roma, trasferirono in Luni, Colonia Romana, 2000 coloni, ad
ognuno dei quali, furono concessi circa 50 agri di terra da
coltivare (Tito Livio, XLI, 15). Parte degli schiavi che i
Romani avevano trasferito a Luni, furono inviati nelle vicine
Alpi Apuane, per estrarre il marmo, da spedire con le navi da
carico (onerarie), a Roma, per abbellirne palazzi e monumenti. I
massi di marmo recavano la scritta A.U.PH. (ad usum
fori), esenti pertanto da qualsiasi imposizione fiscale. Queste
persone, fusesi probabilmente con gli indigeni del luogo,
dettero, verosimilmente origine ad entità montane, le quali,
ancora oggi, conservano tracce di una propria autonoma cultura.
Questi "Villici" ivi mandati per conto del Fisco
Imperiale, erano presieduti, per le operazioni di scarico e di
trasporto, da un certo Ilario, Maestro dei Villici; come si
deduce da una lapide ritrovata nel 1810, fra gli spurghi del
paese, su cui incisa si legge la serie dei Consoli romani. Altre
notizie cominciano ad apparire solo nel basso medioevo, come si
rileva dal Registro del Codice Pelavicino. Si tratta di atti
concernenti determinate concessioni dei Colonnatesi, al piano di
Carrara e quindi in genere di atti di compravendita.
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