Maurizio Vaghi

F  A  S  C  I  S  M  O
Le radici del fascismo italiano

STORIA

Le radici del Fascismo italiano

La costruzione della dittatura

L'impero fascista

 



La dottrina fascista

 




Giacomo Matteotti

 



Benito Mussolini

 

Il fascismo fu caratterizzato dal monopolio della rappresentanza da parte di un unico partito; da un’ideologia fondata sul culto del capo, il duce; dal disprezzo per i valori della civiltà liberale, che si concretizzò nella soppressione delle libertà politiche e civili (di pensiero, stampa, di associazione); dall’ideale della collaborazione tra le classi, opposto alla teoria socialista e comunista della lotta di classe; dal dirigismo statale; da un apparato di propaganda che mirò a mobilitare le masse e a inquadrarle in organizzazioni di socializzazione politica funzionali al regime; dall’integrazione del partito e dello stato nell’insieme dei rapporti economici, sociali e culturali.

LE RADICI DEL FASCISMO
Agli inizi fu un movimento privo di una vera e propria ideologia.
La stessa parabola di Benito Mussolini, prima socialista, rivoluzionario, anticlericale, antimilitaristica, poi interventista e, da ultimo, profondamente antisocialista, non ci dice molto dei fondamenti teorici e dottrinali del fascismo.
In esso confluirono, piuttosto confusamente, elementi eterogenei, presi a prestito da varie ideologie. Vi si ritrova infatti un sentimento spiccatamente nazionalistico, repubblicano e rivoluzionario, la denuncia del capitalismo, l’esaltazione della comunità dei produttori come base dell’organizzazione sociale, un’estetica individualista e virile tinta di romanticismo, i miti della violenza e del coraggio, la delusione per il mancato riconoscimento dell’Italia come potenza internazionale alla fine della prima guerra mondiale (il mito della “vittoria mutilata”).
Fondamentalmente anti-intellettuale, il fascismo utilizzò tutto quanto tornava utile al suo progetto politico.
Fu solo con il
MANIFESTO DEGLI  INTELLETTUALI  DEL FASCISMO (1925), che venne compiuta una prima sistematizzazione dell’ideologia e della dottrina fascista.
Nel 1919 Mussolini fondò a Milano i FASCI DI COMBATTIMENTO, un movimento politico il cui programma, dai caratteri fortemente rivoluzionari prevedeva:
limitazioni alla proprietà privata;
la giornata lavorativa di otto ore;
la partecipazione degli operai alla “gestione tecnica” delle fabbriche;
la socializzazione dei servizi pubblici da affidare ad “organizzazioni proletarie”;
l’inasprimento delle imposte sul capitale e sui profitti realizzati in tempo di guerra.
Il movimento fascista si affermò in seguito anche nelle campagne, specialmente nella pianura padana.
Nel corso del 1920 i fascisti crearono una propria struttura paramilitare. Si trattava delle famigerate SQUADRE D’AZIONE, che indossavano la CAMICIA NERA, distintivo in guerra dei reparti d’assalto.
Nei primi cinque mesi del 1921 le “spedizioni punitive” delle camicie nere provocarono circa 300 morti e la distruzione di centinaia di sedi delle organizzazioni di sinistra.
Nel maggio del 1922, dopo un anno caratterizzato da una serie impressionante di violenze contro gli antifascisti, Mussolini poteva contare su oltre 300 000 iscritti organizzati in circa 2000 Fasci locali.

IL FASCISMO ITALIANO
Benito Mussolini aderì al movimento socialista nel 1909. Esponente della corrente rivoluzionaria del partito, nel 1912 fu nominato direttore del quotidiano Avanti, segnalandosi per le sue posizioni anticapitaliste e antimilitariste. Nel 1914, allo scoppio della prima guerra mondiale, passò su posizioni interventiste e fu per questo espulso dal Partito socialista. Nel 1919 fondò i Fasci di combattimento, un movimento che si caratterizzò per il suo antisocialismo e che non ottenne subito un grande seguito. In breve però, nel contesto italiano del dopoguerra afflitto da una grossa crisi politica e sociale, ampie parti della società italiana finirono per rivolgersi a Mussolini, in particolare i settori che più avvertivano la minaccia costituita dalle forti lotte operaie in atto tra il 1919 e il 1921.
Trasformatosi in Partito nazionale fascista nel 1921, l’anno seguente, dopo una campagna di violenze e la marcia su Roma, giunse al potere con l’appoggio dei ceti medi, degli agrari e di diversi settori della burocrazia e dell’esercito, nonché di Vittorio Emanuele III, che diede a Mussolini l’incarico di formare un governo sostenuto anche da popolari e liberali.
Le elezioni del 1924 (svoltesi secondo il sistema maggioritario, introdotto dallo stesso Mussolini) sancirono l’ascesa al potere del fascismo. Il deputato socialista Giacomo Matteotti, che aveva denunciato in Parlamento i brogli attuati nei seggi e le aggressioni subite dagli elettori antifascisti, venne rapito da sicari fascisti e ucciso. La reazione dello schieramento antifascista fu immediata: tutti i deputai dell’opposizione abbandonarono indignati il parlamento, dando vita alla cosiddetta SECCESSIONE DELL’AVENTINO.
Fu una manifestazione clamorosa ma priva di efficacia. I leader moderati rimasero impassibili agli appelli della sinistra, che invocava lo sciopero generale a oltranza, e preferirono fare affidamento sul re per ottenere le dimissioni di Mussolini. Ma Vittorio Emanuele III gli rinnovò la fiducia.
Ormai sicuro dell’appoggio del re, Mussolini decise di ricorrere a soluzioni di forza per schiacciare definitivamente le opposizioni. Il 3 gennaio 1925, in un duro
discorso tenuto alle Camere, il dittatore si assunse la responsabilità politica, morale e storica di tutto ciò che era avvenuto. Aveva così inizio il regime fascista, destinato a durare vent’anni.

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Benito Mussolini dal balcone di Palazzo Venezia a Roma annuncia agli italiani l'entrata dell'Italia in guerra al fianco della Germania, contro Inghilterra e Francia.  10 giugno 1940

 

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