L'economia locale

'abbondanza di boschi nei dintorni, è stata sempre per Cave notevole fonte di attività economiche.

Fin dal primo Novecento, infatti, i boschi di castagno e noci avevano incrementato un'attività di taglio e commercio del legno, oltre che l'insediamento di attività medio - industriali con buona produzione di mobili e infissi legati al mercato e all'attività edilizia di Roma. Esistevano in quel tempo, una notevole quantità di artigiani e un opificio che occupava una cinquantina di operai.

Collateralmente a questa attività fu tentata anche l'istallazione di una fabbrica di motori Diesel, da parte della ditta MAIN di Bologna che, nel 1947, chiese al sindaco Giorgioli di agevolare l'iniziativa. Ma, nonostante la buona volontà del Sindaco, la proposta decadde e delle fabbrica non si parlò più.

Ai lavori legati alla presenza dei boschi, si aggiungevano anche due altre importanti attività: la villeggiatura, e il commercio delle castagne.

La vendita delle castagne era regolata da leggi severe: era aperta all'interno della provincia, ma l'invio del prodotto fuori provincia doveva essere autorizzato dalla Prefettura di Roma. "Autorizzo l'esportazione di chilogrammi 10 di castagne in Apiro, richiesta dal signor Massera Cesare. Il Prefetto"; numerosi telegrammi come questo e lettere di autorizzazioni per l'esportazione fuori provincia di chilogrammi e quintali di castagne, sono conservati nell'archivio del Comune di Cave.

Nel 1912, la produzione di castagne di qualità gentile, cioè adatta all'alimentazione umana, fu di 2500 quintali. Le castagne di cave erano rinomate per la loro bontà e grossezza e venivano esportate dovunque, anche in Francia, dove costituivano la materia prima per la produzione dei famosi "marrons glacés".

Le colture che venivano principalmente praticate nella zona erano quelle dell'olivo, lungo la fascia pedemontana ad est del centro abitato, sopra la via Prenestina; e della vite, con coltivazione intensiva, oppure a vigna con larghi filari seminati, spesso in proprietà molto frazionate.

Nel periodo che va dal 1930 al 1939, e poi ancora negli anni successivi, l'agricoltura di Cave fu investita dal fenomeno della prolificazione delle piantagioni di tabacco, in particolare dei tipi di tabacco per sigaro. Tali insediamenti agricoli trovarono possibilità di sviluppo, in primo luogo per la particolare composizione chimica del terreno che consentiva di ottenere un tabacco qualitativamente e quantitamente superiore alla media e, sopratutto, con buone qualità di combustione; in secondo luogo per la presenza di molti boschi di castagni che rendevano facilmente reperibile la legna da ardere per essiccare il tabacco nelle cosiddette "stufe", i cui edifici, oggi vuoti e abbandonati, si vedono ancora alla periferia dell'abitato e nei campi limitrofi.

Purtroppo, l'abitudine di disboscare larghe fasce di territorio, ha alla lunga determinato un deturpamento del patrimonio boschivo, con danni all'ambiente e all'economia della zona.

Un'altra importante attività locale intorno agli anni Venti era l'allevamento del baco da seta, del quale abbiamo già accennato parlando del mercato dei bozzoli che fu istituito dal Comune di Cave nel 1918 e ripetuto negli anni successivi. Come si ricorderà, quel mercato fu importante perché, fra l'altro, fece da calmiere dei prezzi per tutti gli altri mercati della zona. Ancora nel 1928, Cave era un'importante centro di allevamento del baco da seta. La sua produzione annua si aggira intorno ai centoventi quintali.

Nel 1920 i principali generi alimentari erano ancora razionati, per cui si manifestò veramente utile, in un sistema distributivo imperfetto che risentiva ancora delle ristrettezze dovute al recente conflitto, la presenza in Cave di due cooperative di consumo, legalmente costituite, aventi ambedue lo scopo di fornire ai soci generi di prima necessità come farina, pasta, olio, riso, zucchero, formaggio, ecc., a prezzi agevolati. La prima era denominata Cooperativa "Libertà e lavoro" ed era composta inizialmente di 383 soci tutti mutilati e invalidi di guerra o vedove di Caduti. La seconda si chiamava Cooperativa "Unione agricola operaia di consumo", formata inizialmente di 64 soci appartenenti a tutte la categorie sociali della popolazione.

Un fenomeno che si verificò negli anni che vanno dal !950 al 1970, con punte massime negli ani 1965 e 1966, fu il fenomeno dell'emigrazione. Si calcola che negli anni Sessanta lasciarono Cave circa cinquecento persone, erodendo non poco l'incremento naturale della popolazione. Il flusso migratorio si verificò specialmente verso Roma, ma anche verso i poli industriali più vicini della valle del Sacco, a partire da Colleferro. Il fenomeno che interessò Cave,dipese principalmente dal decadimento dell'attività agricola, a fronte di un forte incremento delle attività "terziarie" nella capitale che divenne un polo di attrazione per chi, ormai non più trattenuto dalla terra, era la ricerca di una diversa e più redditizia occupazione.

D'altra parte, Cave fu anche soggetto ad un un movimento immigratorio dovuto agli abitanti dei piccoli paesi arroccati sui Monti Prenestini, con tradizioni agro - pastorali; tra questi Rocca di Cave, la cui struttura sociale subì profonde modificazioni passando dagli 872 abitanti del 1951 ai 399 del 1971.

Anche il fenomeno del pendolarismo è stato ed è tuttora notevole a Cave per quasi tutti i rami di attività, con l'eccezione del commercio.

Poiché siamo in tema di economia locale, non possiamo non accennare al grave problema della disoccupazione bracciantile in agricoltura, verificatosi negli ani seguenti la fine della Prima Guerra Mondiale. Nel 1919 si attuarono in Italia, da parte di gruppi di contadini, occupazioni di terre, creando non poco turbamento sociale.

Per frenare la turbolenza delle masse ed anche per favorire la popolazione contadina ed incrementare la produzione dei prodotti della terra, il Ministero dell'Agricoltura, con decreto legge pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 13 settembre 1919, dispose che i Prefetti potessero decretare la temporanea occupazione di terre incolte per negligenza o incuria dei rispettivi proprietari, a favore di associazioni agricole e di ex combattenti che ne avessero fatto richiesta.

Ma, almeno inizialmente, le occupazioni avvennero senza tener conto delle normative governative. Anche a Cave, nel 1919, alcune terre furono illegalmente occupate da gruppi di braccianti, ed il Prefetto dovette intervenire nell'ottobre di quell'anno per far rispettare la legge e per impedire che altre invasioni avessero a ripetersi.