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PONTIFICIO CONSIGLIO
PER LA FAMIGLIA
FAMIGLIA, MATRIMONIO E "UNIONI DI
FATTO"
Presentazione
Uno dei fenomeni oggi più diffusi e che interpellano
fortemente la coscienza della comunità cristiana, è il numero crescente
delle unioni di fatto nell’insieme della società, con la conseguente
disaffezione per la stabilità del matrimonio che ne deriva. Nel suo
discernimento dei “segni dei tempi”, la Chiesa non poteva dunque mancare
di prestare attenzione a questa realtà.
Consapevole delle gravi ripercussioni sociali e pastorali
di questa situazione, il Pontificio Consiglio per la Famiglia ha
organizzato, nel corso del 1999 e nei primi mesi del 2000, una serie di
riunioni di studio cui hanno partecipato eminenti personalità e
prestigiosi esperti di tutto il mondo, al fine di analizzare adeguatamente
questo delicato problema, di così vasta portata per la Chiesa e per il
mondo.
Il presente documento è frutto di questo lavoro. Esso
affronta una problematica attuale e difficile, che tocca da vicino il
nucleo centrale delle relazioni umane, la questione più delicata
dell’intima unione tra famiglia e vita, le zone più sensibili del cuore
umano. Allo stesso tempo, di fronte all’innegabile portata pubblica
dell’attuale congiuntura politica internazionale, si rende necessaria e
urgente una parola di orientamento, diretta soprattutto a quanti hanno
responsabilità in questa materia. Sono loro, in effetti, che, nelle loro
attività legislative, possono dare consistenza giuridica all’istituzione
matrimoniale o, al contrario, diminuire la consistenza del bene comune che
questa istituzione naturale protegge, partendo da una visione dei problemi
personali che non corrisponde alla realtà.
Queste riflessioni sono dirette altresì ai pastori
d’anime, che devono accogliere e guidare tanti cristiani d'oggi, e
accompagnarli in un itinerario di apprezzamento del valore naturale,
protetto dall’istituto matrimoniale e confermato dal sacramento cristiano.
La famiglia fondata sul matrimonio corrisponde al disegno del Creatore
“fin da principio” (Mt 19,4). Nel Regno di Dio non può essere
seminato altro seme di quello della verità già iscritta nel cuore umano,
l’unica capace di “produrre frutto con la perseveranza” (Lc 8,15);
una verità che si fa misericordia, comprensione e invito a riconoscere in
Gesù la “luce del mondo” (Gv 8,12) e la forza che libera dai
vincoli del male.
Questo documento intende inoltre contribuire in modo
positivo al dialogo al fine di mettere in luce la verità delle cose e le
esigenze che procedono dallo stesso ordine naturale, partecipando al
dibattito socio-politico e alla responsabilità verso il bene comune.
Voglia Dio che queste considerazioni, serene e
responsabili, condivise da tanti uomini di buona volontà, siano di
beneficio per quella comunità di vita, necessaria per la Chiesa e per il
mondo, che è la famiglia.
Città del Vaticano, 26 luglio 2000 Festa di San
Gioacchino e Sant’Anna, Genitori della S.ma Vergine Maria
Card. Alfonso López Trujillo Presidente
S.E.Mons. Francisco Gil Hellín Segretario
Introduzione
(1) In questi ultimi anni le cosiddette "unioni di fatto" hanno
acquisito un rilievo particolare nella società. Ci sono iniziative che
reclamano il loro riconoscimento istituzionale e perfino la loro
equiparazione alle famiglie nate dall'impegno matrimoniale. Di fronte a
una questione di una tale importanza, che può avere tante ripercussioni
future sull'intera comunità umana, il Pontificio Consiglio per la Famiglia
si propone, attraverso le riflessioni che seguono, di attirare
l'attenzione sui pericoli che scaturirebbero da un tale riconoscimento ed
equiparazione per l'identità dell'unione matrimoniale e sul grave
deterioramento che ne deriverebbe per la famiglia e per il bene comune
della società.
Dopo aver esaminato l'aspetto sociale delle unioni di fatto, i loro
elementi costitutivi e le loro motivazioni esistenziali, il presente
documento affronta il problema del loro riconoscimento e della loro
equiparazione giuridica, rispetto alla famiglia fondata sul matrimonio e
all'insieme della società. Considera poi la famiglia come bene sociale,
insistendo sui valori oggettivi da stimolare e sul dovere di giustizia che
la società ha di difendere e promuovere la famiglia fondata sul
matrimonio. Esamina quindi in maniera approfondita alcuni aspetti di
questa rivendicazione in rapporto al matrimonio cristiano. Presenta infine
alcuni criteri generali di discernimento pastorale per orientare le
comunità cristiane.
Le considerazioni qui esposte non si rivolgono soltanto a quanti
riconoscono espressamente nella Chiesa cattolica "la Chiesa del Dio
vivente, colonna e sostegno della verità" (1 Tim 3,15), ma a tutti
i cristiani delle diverse Chiese e comunità cristiane, come pure a quanti
sono sinceramente impegnati a favore del bene prezioso della famiglia,
cellula fondamentale della società. Come insegna il Concilio Vaticano II,
“la salvezza della persona e della società umana e cristiana è
strettamente connessa con una felice situazione della comunità coniugale e
familiare. Perciò i cristiani, assieme con quanti hanno alta stima di
questa stessa comunità, si rallegrano sinceramente dei vari sussidi grazie
ai quali gli uomini oggi progrediscono nel favorire questa comunità di
amore e nel rispetto della vita: sussidi che sono di aiuto a coniugi e
genitori nella loro preminente missione”[1].
I - Le "unioni di fatto"
Aspetto sociale delle "unioni di fatto"
(2) L'espressione "unione di fatto" abbraccia un insieme di realtà
umane molteplici ed eterogenee, che hanno come elemento comune quello di
essere delle convivenze (di tipo sessuale) senza matrimonio. Le unioni di
fatto sono caratterizzate precisamente dal fatto che esse ignorano,
rimandano o perfino rifiutano l'impegno coniugale. Da ciò derivano gravi
conseguenze.
Con il matrimonio si assumono pubblicamente, mediante il patto d'amore
coniugale, tutte le responsabilità che derivano dal vincolo così
stabilito. Da questa assunzione pubblica di responsabilità risulta un bene
non solo per i coniugi e i figli nella loro crescita affettiva e
formativa, bensì anche per gli altri membri della famiglia. La famiglia
fondata sul matrimonio è così un bene fondamentale e prezioso per l'intera
società, le cui fondamenta riposano solidamente sui valori che si
concretizzano nei rapporti familiari e che trova la propria garanzia nel
matrimonio stabile. Il bene generato dal matrimonio è ugualmente
essenziale per la Chiesa, che riconosce nella famiglia la "Chiesa
domestica"[2]. Tutto ciò si trova minacciato
dall'abbandono dell'istituzione matrimoniale, abbandono implicito nelle
unione di fatto.
(3) Può succedere che si desideri fare o che si faccia un uso della
sessualità diverso da quello iscritto da Dio nella natura umana e nella
finalità specificamente umana dei suoi atti. In questo modo viene negato
il linguaggio interpersonale dell'amore e gravemente compromesso, mediante
un disordine oggettivo, il dialogo autentico di vita disposto dal Creatore
e Redentore del genere umano. Essendo la dottrina della Chiesa cattolica
ben conosciuta dall'opinione pubblica, non è necessario tornarvi in questa
sede[3]. La dimensione sociale del problema
richiede tuttavia uno sforzo supplementare di riflessione per mostrare,
specialmente a coloro che detengono responsabilità pubbliche, la non
auspicabilità di elevare queste situazioni private al rango di pubblico
interesse. Con il pretesto di regolamentare un quadro di convivenza
sociale e giuridica, si cerca di giustificare il riconoscimento
istituzionale delle unioni di fatto, che diventano istituzioni
sanzionate a livello legislativo da diritti e da doveri, a detrimento
della famiglia fondata sul matrimonio. Le unioni di fatto vengono poste
così ad un livello giuridico simile a quello del matrimonio. Una tale
convivenza viene qualificata pubblicamente di "bene", elevandola ad una
condizione simile, o perfino equiparandola al matrimonio, a pregiudizio
della verità e della giustizia. In questo modo, si contribuisce fortemente
al deterioramento di questa istituzione naturale, assolutamente vitale,
fondamentale e necessaria all’insieme del corpo sociale, che è il
matrimonio.
Elementi costitutivi delle unioni di fatto
(4) Le unioni di fatto non hanno tutte la stessa portata sociale né le
stesse motivazioni. Quando si cerca di determinare le loro caratteristiche
positive, oltre ai loro punti comuni negativi che consistono nel
rimandare, ignorare o rifiutare l'unione matrimoniale, risaltano alcuni
elementi. Anzitutto, il carattere puramente pratico (fattuale) di un tale
rapporto. È opportuno precisare che esso suppone una coabitazione
accompagnata da una relazione sessuale (il che le distingue da altri tipi
di convivenza) e da una relativa tendenza alla stabilità (che le distingue
dai legami con coabitazioni sporadiche o occasionali). Le unioni di fatto
non comportano diritti e doveri matrimoniali, né pretendono una stabilità
basata sul vincolo matrimoniale. Si distinguono per la ferma
rivendicazione di non implicare alcun vincolo. L'instabilità costante,
dovuta alla possibilità di interrompere la vita in comune è, di
conseguenza, caratteristica delle unioni di fatto. Esiste anche un certo
"impegno", più o meno esplicito, di "fedeltà" reciproca, per così dire,
fintanto che dura la relazione.
(5) Alcune unioni di fatto sono chiaramente la conseguenza di una
scelta ben precisa. L'unione di fatto "ad esperimento" è frequente tra
coloro che progettano di sposarsi nel futuro, ma che condizionano il loro
matrimonio all'esperienza di un'unione senza vincolo matrimoniale. Essa
costituisce in qualche modo una "tappa condizionata" al matrimonio,
paragonabile al matrimonio "per esperimento"[4], però, a differenza di questo, aspira ad un
certo riconoscimento sociale.
Alcune persone che convivono giustificano la loro scelta con motivi
economici o per evitare difficoltà legali. Molte volte i veri motivi sono
più profondi. Non è raro che questo genere di pretesti nasconda una
mentalità che valorizza poco la sessualità. È una mentalità che porta
l’impronta del pragmatismo, dell'edonismo e di una concezione dell'amore
senza alcuna responsabilità. Permette di evitare l'impegno di stabilità,
le responsabilità, i diritti e i doveri, inerenti all’amore coniugale
autentico.
In altri casi, le unioni di fatto vengono stabilite tra persone
divorziate. Rappresentano allora un'alternativa al matrimonio. Con la
legislazione divorzista il matrimonio tende spesso a perdere la propria
identità nella coscienza individuale. A questo proposito bisogna
sottolineare che la sfiducia verso l'istituzione matrimoniale nasce a
volte dall'esperienza negativa e traumatica di un divorzio precedente, o
dal divorzio dei propri genitori. Questo preoccupante fenomeno comincia ad
essere socialmente rilevante nei paesi economicamente
sviluppati.
Non è raro che le persone che convivono in una unione di fatto
rifiutino esplicitamente il matrimonio per motivi ideologici. Si tratta
allora della scelta di un'alternativa, di un modo ben preciso di vivere la
propria sessualità. Queste persone considerano il matrimonio
inaccettabile, contrario alla propria ideologia, una "violenza
inammissibile al loro benessere personale" o perfino la "tomba dell'amore
selvaggio", espressioni queste che denotano un’errata conoscenza della
vera natura dell'amore umano, della sua oblatività, nobiltà e bellezza
nella costanza e nella fedeltà dei rapporti umani.
(6) Tuttavia non sempre le unioni di fatto sono il risultato di una
chiara scelta positiva: a volte le persone che convivono in queste unioni
mostrano di tollerare o subire questa situazione. In alcuni paesi, la
maggior parte delle unioni di fatto è dovuta ad una disaffezione al
matrimonio, non per motivi ideologici, bensì per l’assenza di una
formazione adeguata alla responsabilità, prodotta della situazione di
povertà e di emarginazione dell'ambiente in cui vivono. La mancanza di
fiducia nel matrimonio, può essere ugualmente dovuta a condizionamenti
familiari, soprattutto nel Terzo Mondo. Inoltre le situazioni di
ingiustizia e le strutture di peccato rappresentano un fattore non
trascurabile, di cui bisogna tenere conto. La predominanza culturale di
atteggiamenti machisti o razzisti contribuisce ad aggravare notevolmente
queste situazioni di difficoltà.
In questo contesto non è raro trovare unioni di fatto in cui sia
espressa, fin dall'inizio, un volontà di convivenza, in principio
autentica, in cui i conviventi si considerano uniti come se fossero marito
e moglie, e si sforzano di assolvere obblighi simili a quelli del
matrimonio[5]. La povertà, risultato spesso di squilibri
nell'ordine economico mondiale, e le lacune strutturali in materia di
istruzione, rappresentano per loro gravi ostacoli alla formazione di una
vera famiglia.
Altrove, è più frequente che ci sia coabitazione (per periodi di tempo
più o meno lunghi) fino al concepimento o alla nascita del primo figlio.
Questi costumi corrispondono a pratiche ancestrali e tradizionali,
particolarmente forti in certe regioni dell'Africa e dell'Asia, legate a
quello che viene chiamato "matrimonio a tappe". Sono pratiche contrarie
alla dignità umana, difficili da sradicare, e che configurano un
deterioramento negativo, con una problematica sociale caratteristica e ben
definita. Questo tipo di unioni non deve essere classificato tra le unioni
di fatto di cui ci occupiamo qui (che si manifestano al di fuori di
un'antropologia culturale di tipo tradizionale) e rappresentano una sfida
per l'inculturazione della fede nel terzo millennio dell'era
cristiana.
La complessità e la diversità della problematica delle unioni di fatto,
appaiono chiaramente se si considera, ad esempio, che a volte la loro
causa più immediata può corrispondere a motivi assistenziali. È il caso,
ad esempio, nei sistemi più sviluppati, di persone in età avanzata che
stabiliscono relazioni solo di fatto per paura che il matrimonio comporti
maggiori carichi fiscali o la perdita della pensione.
I motivi personali e il fattore culturale
(7) E' importante interrogarsi sui motivi profondi che, nella società
contemporanea, sono all’origine della crisi del matrimonio, tanto nella
sua dimensione religiosa quanto in quella civile, e delle iniziative per
ottenere il riconoscimento delle unioni di fatto e la loro equiparazione.
In questo modo, situazioni instabili che si definiscono più per il loro
aspetto negativo (l'omissione del vincolo matrimoniale), che per quello
positivo, sembrano collocate ad un livello simile a quello del matrimonio.
Effettivamente, tutte queste situazioni si consolidano in forme diverse di
relazione, ma tutte sono in contrasto con una vera e totale donazione
reciproca, stabile e socialmente riconosciuta. La complessità dei motivi
di ordine economico, sociologico e psicologico, iscritti in un contesto di
privatizzazione dell'amore e di soppressione del carattere istituzionale
del matrimonio, suggerisce l’opportunità di esaminare più
approfonditamente la prospettiva ideologica e culturale a partire dalla
quale si è andato progressivamente sviluppando ed affermando il fenomeno
delle unioni di fatto, così come lo conosciamo oggi.
La progressiva diminuzione del numero dei matrimoni e delle famiglie
riconosciute come tali dalla legge di diversi Stati, e l'aumento in alcuni
paesi del numero di coppie non sposate conviventi, non possono essere
sufficientemente spiegati da un movimento culturale isolato e spontaneo,
bensì rispondono a cambiamenti storici intervenuti nelle società
contemporanee, in questo momento culturale che alcuni autori chiamano
"post-moderno". È certo che la minore incidenza del mondo agricolo, lo
sviluppo del settore terziario dell'economia, l'aumento della durata media
di vita, l'instabilità dell'impiego e delle relazioni personali, la
riduzione del numero dei membri della famiglia che vivono sotto lo stesso
tetto, la globalizzazione dei fenomeni sociali ed economici, hanno avuto
come risultato una maggiore instabilità della famiglia ed hanno favorito
un ideale di famiglia meno numeroso. Ma basta questo a spiegare la
situazione attuale del matrimonio? L'istituzione matrimoniale conosce una
crisi meno forte laddove le tradizioni familiari sono più forti.
(8) In questo processo che potremmo denominare di graduale
destrutturazione culturale e umana dell'istituzione matrimoniale, non deve
essere sottovalutata la diffusione di una certa ideologia di "gender".
L’essere uomo o donna non sarebbe determinato fondamentalmente dal sesso,
bensì dalla cultura. Tale ideologia attacca le fondamenta della famiglia e
delle relazioni interpersonali. Occorre fare alcune considerazioni al
riguardo, data l'importanza di questa ideologia nella cultura
contemporanea, e la sua influenza sul fenomeno delle unioni di
fatto.
Nella dinamica integrativa della personalità umana, un fattore molto
importante è quello dell'identità. Durante l’infanzia e l’adolescenza, la
persona acquisisce progressivamente coscienza del proprio “io”, della
propria identità. Tale coscienza della propria identità si iscrive in un
processo di riconoscimento di sé e, di conseguenza, della propria
dimensione sessuale. È pertanto una coscienza di identità e di differenza.
Gli esperti sono soliti distinguere tra identità sessuale (cioè la
coscienza di identità psico-biologica del proprio sesso, e della
differenza rispetto all'altro sesso) e identità di genere (cioè la
coscienza dell’identità psico-sociale e culturale del ruolo che le persone
di un determinato sesso svolgono nella società). In un processo di
integrazione armonico e corretto, l'identità sessuale e di genere si
complementano, poiché le persone vivono in società in modo concorde ai
modelli culturali corrispondenti al proprio sesso. La categoria di
identità sessuale di genere ("gender") è pertanto d'ordine psico-sociale e
culturale. Essa corrisponde armonicamente all'identità sessuale, d'ordine
psico-biologico, quando l'integrazione della personalità si accompagna al
riconoscimento della pienezza della verità interiore della persona, unità
d'anima e corpo.
Nel decennio 1960-70, si sono affermate alcune teorie (che oggi gli
esperti qualificano generalmente come "costruzioniste") secondo le quali
l'identità sessuale di genere ("gender") sarebbe non solo il prodotto
dell'interazione tra la comunità e l'individuo, ma anche indipendente
dall'identità sessuale personale. In altri termini, nella società i generi
maschile e femminile sarebbero esclusivamente il prodotto di fattori
sociali, senza alcuna relazione con la dimensione sessuale della persona.
In questo modo, ogni azione sessuale sarebbe giustificabile, inclusa
l'omosessualità, e spetterebbe alla società cambiare per fare posto, oltre
a quello maschile e femminile, ad altri generi nella configurazione della
vita sociale[6].
L'ideologia di "gender" ha trovato
nell'antropologia individualista del neo-liberalismo radicale un
ambiente favorevole[7]. La rivendicazione di uno statuto analogo,
per il matrimonio e per le unioni di fatto (incluse quelle omosessuali) è
oggi generalmente giustificato facendo ricorso a categorie e termini
derivanti dall'ideologia di "gender"[8]. Esiste così una certa tendenza a designare
come "famiglia" ogni tipo di unioni consensuali, ignorando la naturale
inclinazione della libertà umana alla donazione reciproca, e le sue
caratteristiche essenziali, che sono la base di questo bene comune
dell'umanità che è l'istituzione matrimoniale.
II - La famiglia fondata sul matrimonio e le unioni di fatto
Famiglia, vita e unione di fatto
(9) Occorre comprendere le differenze sostanziali tra matrimonio e
unioni di fatto. È qui che si radica la differenza tra la famiglia
d'origine matrimoniale e la comunità originata da un’unione di fatto. La
comunità familiare nasce dal patto d’alleanza dei coniugi. Il matrimonio
che sorge da questo patto d'amore coniugale non è una creazione del potere
pubblico, bensì un'istituzione naturale e originaria che lo precede. Nelle
unioni di fatto, al contrario, si mette in comune l’affetto reciproco, ma
allo stesso tempo manca quel vincolo coniugale di natura pubblica e
originaria che fonda la famiglia. Famiglia e vita formano una unità che
deve essere protetta dalla società, in quanto si tratta del nucleo vivente
della successione (procreazione e educazione) delle generazioni
umane.
Nelle società aperte e democratiche di oggi, lo Stato e i poteri
pubblici non devono istituzionalizzare le unioni di fatto, accordando loro
uno statuto simile a quello del matrimonio e della famiglia. Tanto meno
equipararle alla famiglia fondata sul matrimonio. Si tratterebbe di un uso
arbitrario del potere che non contribuirebbe al bene comune, poiché la
natura originaria del matrimonio e della famiglia precede e supera, in
maniera assoluta e radicale, il potere sovrano dello Stato. Una
prospettiva serenamente distante dall'aspetto arbitrario o demagogico,
invita a riflettere molto seriamente, all’interno alle diverse comunità
politiche, sulle differenze essenziali tra l'apporto vitale e necessario
al bene comune della famiglia fondata sul matrimonio e l'altra realtà
delle semplici convivenze affettive. Non sembra ragionevole sostenere che
le funzioni vitali delle comunità familiari centrate sull'istituzione
matrimoniale stabile e monogamica possano essere svolte in forma massiva,
stabile e permanente, dalle unioni basate unicamente su relazioni
affettive. Come fattore essenziale di esistenza, stabilità e pace, la
famiglia fondata sul matrimonio deve essere attentamente protetta e
promossa in una visione più ampia che tenga conto dell’avvenire e
dell'interesse comune della società.
(10) L'uguaglianza di fronte alla legge deve rispettare il principio di
giustizia, che esige che si tratti ciò che è uguale come uguale, e ciò che
è diverso come diverso; cioè che ciascuno abbia ciò che gli è dovuto in
giustizia. Questo principio di giustizia si infrangerebbe se si desse alle
unioni di fatto un trattamento giuridico simile o equivalente a quello
spettante alla famiglia fondata sul matrimonio. Se la famiglia
matrimoniale e le unioni di fatto non sono simili né equivalenti nei loro
doveri, funzioni e servizi alla società, non possono neanche essere simili
né equivalenti nello status giuridico.
Il pretesto addotto da coloro che premono per il riconoscimento delle
unioni di fatto (cioè la "non discriminazione"), comporta una vera
discriminazione della famiglia matrimoniale, che sarebbe posta su un piano
di uguaglianza con tutte le altre forme di convivenza, senza tenere
assolutamente conto dell’esistenza o meno di un impegno di fedeltà
reciproca e di generazione-educazione dei figli. La tendenza attuale di
alcune comunità politiche a discriminare il matrimonio riconoscendo alle
unioni di fatto uno statuto istituzionale simile o equivalente a quello
del matrimonio e della famiglia o perfino equiparandolo, è un grave segno
di deterioramento della coscienza morale sociale, di "pensiero debole" di
fronte al bene comune, quando non si tratta di una vera e propria
imposizione ideologica esercitata da gruppi di pressione
influenti.
(11) Occorre tenere ben presente, nello stesso ordine di principi, la
distinzione tra interesse pubblico e interesse privato. Nel primo caso, la
società e i poteri pubblici hanno il dovere di proteggerlo e promuoverlo.
Nel secondo caso, lo Stato deve limitarsi a garantire la libertà. Dove
l'interesse è pubblico, interviene il diritto pubblico. E ciò che risponde
a interessi privati, deve essere rimesso, al contrario, all'ambito
privato. Il matrimonio e la famiglia rivestono un interesse pubblico
e sono il nucleo fondamentale della società e dello Stato; come tali,
devono essere riconosciuti e protetti. Due o più persone possono decidere
di vivere insieme, con o senza relazione sessuale, però questa convivenza
o coabitazione non riveste per questo interesse pubblico. I poteri
pubblici possono evitare di intromettersi in questa scelta, che ha
carattere privato. Le unioni di fatto sono la conseguenza di comportamenti
privati e su questo piano privato dovrebbero restare. Il loro
riconoscimento pubblico o la loro equiparazione al matrimonio, con la
conseguente elevazione degli interessi privati al rango di interessi
pubblici, sarebbero pregiudizievoli per la famiglia fondata sul
matrimonio. Nel matrimonio, l'uomo e la donna costituiscono tra di loro
un’alleanza di tutta la vita, ordinata, per sua stessa natura, al bene dei
coniugi, alla generazione e all’educazione della prole. A differenza delle
unioni di fatto, nel matrimonio si assumono pubblicamente e formalmente
impegni e responsabilità di rilevanza per la società, esigibili
nell'ambito giuridico.
Le unioni di fatto e il patto coniugale
(12) La valorizzazione delle unioni di fatto presenta anche una
dimensione soggettiva. Siamo di fronte a persone concrete, con una visione
propria della vita, con la loro intenzionalità, in una parola, con la loro
"storia". Dobbiamo considerare la realtà esistenziale della libertà
individuale di scelta e della dignità delle persone, che possono
sbagliare. Però nell'unione di fatto, la pretesa di riconoscimento
pubblico non riguarda solo l'ambito individuale delle libertà. È opportuno
pertanto affrontare questo problema dal punto di vista dell'etica sociale:
l'individuo umano è una persona e pertanto un essere sociale; l'essere
umano non è meno sociale che razionale[9].
Le persone si possono incontrare nel dialogo e riferirsi a valori
condivisi e ad esigenze comuni per ciò che riguarda il bene comune. In
questo campo, il riferimento universale, il criterio non può essere altro
che quello della verità sul bene umano, una verità oggettiva, trascendente
e uguale per tutti. Raggiungere questa verità e rimanervici è condizione
di libertà e di maturità personale, vero scopo di una convivenza sociale
ordinata e feconda. L'attenzione esclusiva al soggetto,
all'individuo, alle sue intenzioni e alle sue scelte, senza il minimo
riferimento a una loro dimensione sociale e oggettiva, orientata al bene
comune, è il risultato di un individualismo arbitrario e inaccettabile,
cieco ai valori oggettivi, contrario alla dignità della persona e nocivo
per l'ordine sociale. "Occorre dunque promuovere una riflessione che aiuti
non solo i credenti, ma tutti gli uomini di buona volontà, a riscoprire il
valore del matrimonio e della famiglia. Nel Catechismo della Chiesa
Cattolica si legge: La famiglia è la cellula originaria della vita
sociale. È la società naturale in cui l’uomo e la donna sono chiamati al
dono di sé nell’amore e nel dono della vita. L’autorità, la stabilità e la
vita di relazione in seno alla famiglia costituiscono i fondamenti della
libertà, della sicurezza, della fraternità nell’ambito della
società[10]Alla riscoperta della famiglia può
arrivare la stessa ragione, ascoltando la legge morale inscritta nel cuore
umano. Comunità fondata e vivificata dall’amore,[11]la famiglia trae la sua forza
dall’alleanza definitiva di amore con cui un uomo e una donna si donano
reciprocamente, diventando sempre collaboratori di Dio nel dono della
vita”[12].
Il Concilio Vaticano II segnala che il cosiddetto amore libero ("amore
sic dicto libero") [13]costituisce un fattore disgregante e
distruttore del matrimonio, mancando dell'elemento costitutivo dell'amore
coniugale, che si fonda sul consenso personale e irrevocabile mediante il
quale gli sposi si donano e si ricevono reciprocamente, dando origine in
questo modo a un vincolo giuridico e a un’unità suggellata da una
dimensione pubblica di giustizia. Ciò che il Concilio qualifica come amore
"libero", contrapponendolo al vero amore coniugale, era allora - ed è ora
- il germe che genera le unioni di fatto. In seguito, con la rapidità con
cui si producono oggi i cambiamenti socio-culturali, ha fatto ugualmente
sorgere il progetto attuale di conferire uno status pubblico a queste
unioni di fatto.
(13) Come qualsiasi altro problema umano, anche quello delle unioni di
fatto deve essere affrontato da un punto di vista razionale, più
precisamente dal punto di vista della "recta ratio"[14]. Con questa espressione dell'etica
classica si vuole indicare che la lettura della realtà e il giudizio della
ragione devono essere oggettivi, liberi da ogni condizionamento quali
l'emotività disordinata, la debolezza di fronte a situazioni penose che
inclinano a una compassione superficiale, o eventuali pregiudizi
ideologici, pressioni sociali o culturali, influenza di gruppi di
pressione o partici politici. Certamente il cristiano ha una visione del
matrimonio e della famiglia il cui fondamento antropologico e teologico
affonda le sue radici, in maniera armonica, nella verità che procede dalla
Sacra Scrittura, dalla Sacra Tradizione e dal Magistero della Chiesa[15]. Ma la luce della fede insegna che la
realtà del sacramento matrimoniale non è posteriore o estrinseca, come una
semplice aggiunta "sacramentale" esterna all'amore dei coniugi, bensì che
al contrario è la realtà naturale dell'amore coniugale assunta da Cristo
come segno e mezzo di salvezza nell'ordine della Nuova Alleanza. Il
problema delle unioni di fatto, di conseguenza, può e deve essere
affrontato a partire dalla "recta ratio". Non è tanto una questione di
fede cristiana quanto di razionalità. La tendenza a contrapporre su questo
punto un "pensiero cattolico" confessionale a un "pensiero laico" è un
errore[16].
III - Le unioni di fatto nell'insieme della società
Dimensione sociale e politica del problema
dell'equiparazione
(14) Taluni influssi culturali radicali (come l'ideologia del "gender"
di cui abbiamo trattato precedentemente), hanno come conseguenza il
deterioramento dell'istituzione familiare. "Preoccupante è l’attacco
diretto all’istituto familiare che si sta sviluppando sia a livello
culturale che nell’ambito politico, legislativo e amministrativo … E’
chiara la tendenza a equiparare alla famiglia altre e ben diverse forme di
convivenza, prescindendo da fondamentali considerazioni di ordine etico e
antropologico[17].È prioritario, pertanto, definire
l'identità propria della famiglia. Questa identità comporta la stabilità
del rapporto coniugale tra uomo e donna, considerata come un valore e
un’esigenza, e che trova espressione e conferma nella prospettiva di
procreare e di educare la prole, a beneficio dell'intero tessuto sociale.
La stabilità coniugale e familiare non si fonda unicamente sulla buona
volontà dei singoli, bensì riveste un carattere istituzionale in ragione
del riconoscimento pubblico, da parte dello Stato, della scelta di vita
coniugale. Il riconoscimento, la difesa e la promozione di detta stabilità
risponde all'interesse generale, e in particolare a quello dei più deboli,
cioè, dei figli.
(15) Un altro rischio in cui si può incorrere nell'esame delle
implicazioni sociali del problema in questione, è quello della
banalizzazione. Alcuni sostengono che il riconoscimento e l'equiparazione
delle unioni di fatto non dovrebbero preoccupare eccessivamente visto che
il loro numero è relativamente ristretto. Piuttosto si dovrebbe
concludere, in questo caso, il contrario, visto che una considerazione
quantitativa del problema dovrebbe condurre a mettere in dubbio
l'interesse a porre il problema delle unioni di fatto come un problema di
grande portata, tanto più che si presta un'attenzione appena sufficiente
al grave problema (del presente e del futuro) della protezione del
matrimonio e della famiglia attraverso politiche familiari appropriate che
abbiano un'incidenza reale sulla vita sociale. L'esaltazione
indifferenziata della libertà di scelta degli individui, senza alcun
riferimento a un ordine di valori di importanza sociale, obbedisce a una
concezione completamente individualista e privatizzata del matrimonio e
della famiglia, cieca alla loro dimensione sociale oggettiva. Non bisogna
dimenticare che la procreazione è il principio "genetico" della società, e
che l'educazione dei figli è luogo primordiale di trasmissione e di
coltura del tessuto sociale, il nucleo essenziale della sua configurazione
strutturale.
Il riconoscimento e l'equiparazione delle unioni di fatto
discriminano il matrimonio
(16) Accordando un riconoscimento pubblico alle unioni di fatto, si
crea un quadro giuridico asimmetrico: mentre la società assume obblighi
rispetto ai conviventi delle unioni di fatto, questi non assumono verso la
stessa gli obblighi propri del matrimonio. L'equiparazione aggrava questa
situazione poiché privilegia le unioni di fatto rispetto al matrimonio,
esonerandole dai doveri essenziali verso la società. Si accetta così una
dissociazione paradossale che si traduce in pregiudizio per l'istituzione
familiare. Per quanto riguarda le recenti proposte legislative di
equiparare le unioni di fatto, incluso quelle omosessuali, alla famiglia
(occorre tener presente che il loro riconoscimento giuridico è il primo
passo verso la loro equiparazione), è opportuno ricordare ai parlamentari
che essi hanno una seria responsabilità di opporvisi, poiché "i
legislatori, e in modo particolare i parlamentari cattolici, non
dovrebbero favorire con il loro voto questo tipo di legislazione poiché
contraria al bene comune e alla verità dell’uomo e quindi veramente
iniqua”[18]. Tali iniziative legali presentano tutte
le caratteristiche di non conformità alla legge naturale che le rendono
incompatibili con la dignità di legge. Come dice Sant'Agostino "Non
videtur esse lex, quae iusta non fuerit"[19]. Occorre riconoscere un fondamento ultimo
all'ordinamento giuridico[20]. Non si tratta, pertanto, di pretendere
di imporre un determinato "modello" di comportamento all'insieme della
società, ma che sia riconosciuto, nell'ordinamento legale, il contributo
imprescindibile apportato al bene comune della famiglia fondata sul
matrimonio. Laddove la famiglia è in crisi, la società vacilla.
(17) La famiglia ha diritto ad essere protetta e sostenuta dalla
società, come riconoscono numerose Costituzioni vigenti in tutto il
mondo[21]. È un riconoscimento, in giustizia, della
funzione essenziale che la famiglia fondata sul matrimonio svolge per la
società. A questo diritto originario della famiglia corrisponde , da parte
della società, un dovere non solo morale, ma anche civile. Il diritto
della famiglia fondata sul matrimonio ad essere protetta e sostenuta dalla
società e dallo Stato deve essere iscritto nella legge. Si tratta di un
punto che riguarda il bene comune. Sulla base di un'argomentazione
limpida, San Tommaso d’Aquino rifiuta l’idea che la legge morale e la
legge civile possano trovarsi in opposizione: esse sono distinte, ma non
opposte; si distinguono, ma non si dissociano; tra di loro non c’è
univocità, ma neanche contraddizione[22]. Come afferma Giovanni Paolo II, “è
importante che quanti sono chiamati a condurre i destini delle nazioni
riconoscano ed affermino l’istituzione matrimoniale; in effetti, il
matrimonio possiede uno statuto giuridico specifico che riconosce diritti
e doveri da parte dei coniugi, l’uno verso l’altro e nei confronti dei
figli; il ruolo delle famiglie nella società, della quale assicurano la
continuità, è primordiale. La famiglia favorisce la socializzazione dei
giovani e contribuisce ad arginare i fenomeni di violenza, mediante la
trasmissione dei valori, così come attraverso l’esperienza della
fraternità e della solidarietà che permette di vivere ogni giorno. Nella
ricerca di soluzioni legittime per la società moderna, essa non può essere
messa sullo stesso piano di semplici associazioni o unioni, e queste
ultime non possono beneficiare di diritti particolari, legati
esclusivamente alla tutela dell’impegno coniugale e della famiglia,
fondata sul matrimonio, come comunità di vita e di amore stabile, frutto
del dono totale e fedele dei coniugi, aperta alla vita”[23].
(18) I responsabili politici devono prendere coscienza della gravità
del problema. In Occidente, l’attuale azione politica tende, con una certa
frequenza, a privilegiare in generale gli aspetti pragmatici e la
cosiddetta “politica degli equilibri” su punti concreti evitando di
entrare nella discussione dei principi che rischierebbe di pregiudicare
difficili e precari compromessi tra partiti, alleanze o coalizioni. Detti
equilibri però non dovrebbero essere fondati piuttosto sulla chiarezza dei
principi, il rispetto dei valori essenziali, la chiarezza dei postulati
fondamentali? “Se non esiste nessuna verità ultima la quale guida ed
orienta l’azione politica, allora le idee e le convinzioni possono esser
facilmente strumentalizzate per fini di potere. Una democrazia senza
valori si converte facilmente in un totalitarismo aperto oppure subdolo,
come dimostra la storia”[24]. La funzione legislativa corrisponde alla
responsabilità politica; spetta dunque ai responsabili politici di
vegliare (non solo al livello dei principi bensì anche delle applicazioni)
al fine di evitare un deterioramento, di gravi conseguenze presenti e
future, del rapporto legge morale-legge civile e difendere il valore
educativo-culturale dell’ordinamento giuridico[25]. La maniera più efficace di difendere
l’interesse pubblico non consiste in concessioni demogogiche ai gruppi di
pressione che cercano di promuovere le unioni di fatto, bensì nella
promozione energica e sistematica di politiche familiari organiche che
intendano la famiglia fondata sul matrimonio come il centro e il motore
della politica sociale, e che coprano l'ampio ventaglio dei diritti della
famiglia[26]. A questa questione la Santa Sede ha
dedicato spazio nella Carta dei Diritti della Famiglia[27], superando una concezione meramente
assistenzialista dello Stato.
Fondamenti antropologici della differenza tra matrimonio e
“unioni di fatto”
(19) Il matrimonio si fonda dunque su alcuni presupposti antropologici
ben definiti, che lo distinguono da altri tipi di unione e che – al di là
del campo dell'azione concreta, del “fattuale” – lo ancorano nell’essere
personale della donna e dell’uomo.
Tra questi presupposti troviamo: l’uguaglianza della donna e dell'uomo,
in quanto “ambedue, ugualmente, sono persone”[28](benché in modo diverso); il carattere
complementare di entrambi i sessi[29]dal quale nasce la naturale inclinazione
tra di loro e li porta a generare i figli; la possibilità dell'amore per
l'altro proprio perché sessualmente diverso e complementare, di modo che
“questo amore è espresso e reso perfetto in maniera tutta particolare
dall’esercizio degli atti che sono propri del matrimonio”[30]; la possibilità – che ha la libertà – di
stabilire una relazione stabile e definitiva, cioè, dovuta in giustizia[31]; e infine, la dimensione sociale della
condizione coniugale e familiare che costituisce il primo luogo di
educazione e di apertura alla società attraverso le relazioni parentali
(che contribuiscono a configurare l’identità della persona umana)[32].
(20) Se si accetta la possibilità di un amore specifico tra l'uomo e la
donna, è evidente che questo amore inclini (per sua stessa natura) a una
certa intimità ed esclusività, a generare la prole e a formulare un
progetto comune di vita. Quando si vuole questo, e lo si vuole in manieria
tale che si dà all’altro la facoltà di esigerlo, allora si può parlare di
vera donazione e accettazione reciproca tra la donna e l'uomo, che crea la
comunione coniugale. Nella comunione coniugale c'è una donazione e
un’accettazione reciproche della persona umana. “Pertanto l’amor
coniugalis non è solo né soprattutto sentimento; è invece
essenzialmente un impegno verso l’altra persona, impegno che si assume con
un preciso atto di volontà. Proprio questo qualifica tale amor
rendendolo coniugalis. Una volta dato ed accettato l’impegno per
mezzo del consenso, l’amore diviene coniugale e mai perde questo
carattere”[33]. Questo, nella tradizione storica
cristiana dell’occidente, viene chiamato matrimonio.
(21) Si tratta pertanto di un progetto comune stabile che nasce dalla
donazione libera e totale dell’amore coniugale fecondo, come una cosa
dovuta in giustizia. La dimensione di giustizia, trattandosi di
un'istituzione sociale originaria (e che dà origine alla società), è
inerente alla coniugalità stessa: “liberi essi sono di celebrare il
matrimonio, dopo essersi vicendevolmente scelti in modo altrettanto
libero, ma nel momento in cui pongono questo atto essi instaurano uno
stato personale in cui l’amore diviene qualcosa di dovuto, con valenza di
carattere anche giuridico”[34]. Possono esistere altri modi di vivere la
sessualità – anche contro le tendenze naturali – altre forme di convivenza
in comune, altre relazioni di amicizia – basate o meno sulla
differenziazione sessuale – altri mezzi per mettere al mondo dei figli. Ma
la famiglia fondata sul matrimonio ha come aspetto distintivo quello di
essere la sola istituzione che comprenda tutti gli elementi citati,
simultaneamente e dall'origine.
(22) E' necessario, dunque, sottolineare la gravità e il carattere
insostituibile di alcuni principi antropologici relativi al rapporto
uomo-donna, fondamentali per la convivenza umana e ancor più per la
salvaguardia della dignità di ogni persona. Il nucleo centrale e
l’elemento essenziale di questi principi è l’amore coniugale tra
due persone di pari dignità, ma distinte e complementari nella loro
sessualità. È la natura del matrimonio come realtà naturale e umana ad
essere in gioco, ed è il bene dell'intera società ad essere in causa.
“Come tutti sanno, oggi non si mettono in discussione soltanto le
proprietà e le finalità del matrimonio, ma il valore e l’utilità stessa
dell’istituto. Pur escludendo indebite generalizzazioni, non è possibile
ignorare, al riguardo, il fenomeno crescente delle semplici unioni di
fatto (cfr. Familiaris consortio, n. 18) e le insistenti campagne
d’opinione volte ad ottenere dignità coniugale ad unioni anche fra persone
appartenenti allo stesso sesso”[35].
Si tratta di un principio basilare: per essere amore coniugale vero e
libero, l'amore deve essere trasformato in un amore dovuto in giustizia,
mediante l’atto liberamente scelto del consenso matrimoniale. “Alla luce
di questi principi può essere stabilita e compresa l’essenziale differenza
esistente fra una mera unione di fatto – che pur si pretenda originata da
amore – e il matrimonio, in cui l’amore si traduce in impegno non soltanto
morale, ma rigorosamente giuridico. Il vincolo, che reciprocamente
s’assume, sviluppa di rimando un’efficacia corroborante nei confronti
dell’amore da cui nasce, favorendone il perdurare a vantaggio del coniuge,
della prole e della stessa società”[36].
In effetti, il matrimonio – che fonda la famiglia – non è un “modo di
vivere la sessualità in coppia”: se fosse solo questo, si tratterebbe di
una modalità in più tra le varie possibili[37]. Non è neanche la semplice espressione di
un amore sentimentale tra due persone: questa caratteristica è attribuita
all'amore in generale nel quadro di un'amicizia. Il matrimonio è più di
questo: è unione tra una donna e un uomo, in quanto tali, nella totalità
del loro essere maschile e femminile. Se questa unione può essere
stabilita soltanto mediante un atto di libera volontà dei
contraenti, il suo contenuto specifico è determinato dalla struttura
dell’essere umano, donna e uomo, e cioè donazione reciproca e trasmissione
della vita. Questo dono di sé in tutta la dimensione complementare della
donna e dell'uomo, con la volontà di doversi l'uno all'altro in giustizia,
si chiama coniugalità e i contraenti si costituiscono quindi in
coniugi:“questa comunione coniugale affonda le sue radici nella naturale
complementarietà che esiste tra l’uomo e la donna, e si alimenta mediante
la volontà personale degli sposi di condividere l’intero progetto di vita,
ciò che hanno e ciò che sono: perciò la comunione è il frutto e il segno
di una esigenza profondamente umana”[38].
Gravità maggiore dell’equiparazione del matrimonio alle relazioni
omosessuali
(23) La verità sull’amore coniugale permette di meglio comprendere le
gravi conseguenze sociali che l’istituzionalizzazione dei rapporti
omosessuali presenterebbe: “si rivela anche quanto sia incongrua la
pretesa di attribuire una realtà coniugale all’unione fra persone
dello stesso sesso. Vi si oppone, innanzitutto, l’oggettiva impossibilità
di far fruttificare il connubio mediante la trasmissione della vita,
secondo il progetto inscritto da Dio nella stessa struttura dell’essere
umano. È di ostacolo, inoltre, l’assenza dei presupposti per quella
complementarità interpersonale che il Creatore ha voluto, tanto sul piano
fisico-biologico quanto su quello eminentemente psicologico, tra il
maschio e la femmina”[39]. Il matrimonio non può essere ridotto a
una condizione simile a quella di un rapporto omosessuale; ciò è contrario
al senso comune[40]. Nel caso delle relazioni omosessuali che
rivendicano di essere considerate unioni di fatto, le conseguenze morali e
giuridiche presenterebbero una rilevanza particolare[41]. “Le ‘unioni di fatto’ tra omosessuali
costituiscono d'altra parte una deplorevole distorsione di ciò che
dovrebbe essere una comunione di amore e di vita tra un uomo e una donna,
in una donazione reciproca aperta alla vita”[42]. Ancor più grave è la pretesa di
equiparare tali unioni al “matrimonio legale”, come reclamano alcune
iniziative recenti[43]. Per di più, le iniziative tendenti a
rendere legalmente possibile l’adozione di bambini nel quadro dei rapporti
omosessuali aggiungono a ciò che precede un fattore di grande pericolo[44]. “Non può costituire una vera famiglia il
legame di due uomini o di due donne, e molto meno si può attribuire a
questa unione il diritto di adottare bambini senza famiglia”[45]. Ricordare la trascendenza sociale della
verità sull’amore coniugale e sottolineare, di conseguenza, che il
riconoscimento o l'equiparazione del matrimonio ai rapporti omosessuali,
sarebbe un grave errore, non vuol dire discriminare, in alcun modo, queste
persone. È lo stesso bene comune della società ad esigere che le leggi
riconoscano, favoriscano e proteggano l’unione matrimoniale come base
della famiglia, che sarebbe, invece, pregiudicata[46].
IV – Giustizia e bene sociale della famiglia
La famiglia, bene sociale da difendere in
giustizia
(24) Il matrimonio e la famiglia rappresentano un bene sociale di
prim’ordine: “La famiglia esprime sempre una nuova dimensione del bene per
gli uomini, e per questo genera una nuova responsabilità. Si tratta della
responsabilità per quel singolare bene comune nel quale è racchiuso il
bene dell’uomo: di ogni membro della comunità familiare; un bene
certamente ‘difficile’ (bonum arduum), ma affascinante[47]. È vero che, di fatto, non tutti i
coniugi né tutte le famiglie sviluppano tutto il bene personale e sociale
possibile[48]. Spetta allora alla società intervenire
mettendo a loro disposizione nel modo più accessibile i mezzi necessari
per facilitare lo sviluppo dei valori a loro propri, poiché “occorre
davvero fare ogni sforzo, perché la famiglia sia riconosciuta come
società primordiale e, in un certo senso, ‘sovrana’! La sua
‘sovranità’ è indispensabile per il bene della società”[49].
Valori sociali oggettivi da promuovere
(25) Inteso in questo modo, il matrimonio e la famiglia costituiscono
un bene per la società perché proteggono un bene prezioso per gli
stessi coniugi. In effetti “la famiglia, società naturale, esiste
anteriormente allo Stato e a qualsiasi altra comunità e possiede diritti
propri, che sono inalienabili”[50]. Da una parte, la dimensione sociale
della condizione di coniuge implica un principio di sicurezza giuridica:
il fatto di divenire coniuge appartiene all’essere – e non soltanto
all'agire -, la dignità di questo nuovo segno di identità personale deve
essere oggetto di un riconoscimento pubblico, e il bene che costituisce
per la società deve essere stimato nel suo giusto valore[51]. È evidente che il buon ordine della
società è facilitato quando il matrimonio e la famiglia si presentano come
ciò che realmente sono: una realtà stabile[52]. Inoltre, l’integralità della donazione
dell'uomo e della donna nella loro potenziale paternità e maternità, e
l'unione che ne deriva – anch'essa esclusiva e permanente – tra genitori e
figli, esprimono una fiducia incondizionata che si traduce in forza e
arricchimento per tutti[53].
(26) Da una parte, la dignità della persona umana esige che essa nasca
da genitori uniti in matrimonio; dall’unione intima, totale, mutua e
permamente – dovuta – che deriva dalla condizione di sposi. Si tratta,
pertanto, di un bene per i figli. Tale origine è l’unica capace di
salvaguardare realmente il principio di identità dei figli, non soltanto
dal punto di vista genetico o biologico, ma anche da quello biografico o
storico[54]. D’altra parte, il matrimonio
costituisce l’ambito umano e umanizzante più propizio ad accogliere i
figli: quello che più facilmente garantisce una sicurezza affettiva, una
maggiore unità e continuità nel processo di integrazione sociale e di
educazione. “L’unione tra madre e concepito e l’insostituibile funzione
del padre richiedono che il figlio sia accolto in una famiglia che gli
garantisca, per quanto possibile, la presenza di entrambi i genitori. Lo
specifico contributo da loro offerto alla famiglia e, attraverso di essa,
alla società, è degno della più alta considerazione”[55]. Infine, la continuità ininterrotta tra
coniugalità, maternità/paternità, e parentela (filiazione, fratellanza,
ecc.), evita alla società i molti e gravi problemi che sorgono quando si
rompe la concatenazione dei diversi elementi e ciascuno di essi viene ad
agire indipendentemente dagli altri[56].
(27) Anche per gli altri membri della famiglia l’unione
matrimoniale come realtà sociale è un bene. In effetti, in seno alla
famiglia nata da un vincolo coniugale, non solo le nuove generazioni sono
accolte e imparano a partecipare ai compiti comuni, ma anche le
generazioni precedenti (nonni) hanno l’occasione di contribuire
all’arricchimento comune: trasmettere le loro esperienze, sentire ancora
una volta la validità del loro servizio, confermare la loro piena dignità
di persone per il fatto di essere valorizzati e amati per se stessi,
partecipando al dialogo intergenerazionale, spesso così fecondo. In
effetti, “la famiglia è il luogo dove diverse generazioni si incontrano e
si aiutano vicendevolmente a crescere nella sapienza umana e ad
armonizzare i diritti degli individui con le altre istanze della vita
sociale”[57]. Allo stesso tempo, le persone della
terza età possono guardare all’avvenire con fiducia e sicurezza, sapendo
che saranno circondate e curate da coloro che hanno curato per lunghi
anni. A questo proposito, sappiamo che, quando una famiglia assolve
veramente il proprio ruolo, la qualità d’attenzione agli anziani non può
essere sostituita – almeno sotto certi aspetti – da quella delle
istituzioni estranee al loro ambiente, per quanto eccellenti e dotate
delle attrezzature più avanzate sul piano tecnico[58].
(28) Possiamo considerare anche altri beni per l’insieme della
società derivanti dalla comunione coniugale, fondamento del matrimonio
e origine della famiglia. Ad esempio, il principio di identificazione del
cittadino; il principio del carattere unitario della parentela –
fondamento delle relazioni originarie della vita nella società – e della
sua stabilità; il principio di trasmissione dei beni e dei valori
culturali; il principio di sussidiarietà: la scomparsa della famiglia
costringerebbe in effetti lo Stato a sostituirsi ad essa nelle funzioni
che le sono proprie per natura; il principio di economia, anche in materia
procedurale: poiché quando la famiglia si rompe, lo Stato deve
moltiplicare i suoi interventi per risolvere direttamente dei problemi che
dovrebbero restare e trovare soluzione nella sfera del privato, con costi
elevati tanto sul piano psicologico quanto su quello economico. È
opportuno ricordare inoltre che“la famiglia costituisce, più ancora di un
mero nucleo giuridico, sociale ed economico, una comunità di amore e di
solidarietà che è in modo unico adatta ad insegnare e a trasmettere valori
culturali, etici, sociali, spirituali e religiosi, essenziali per lo
sviluppo e il benessere dei propri membri e della società”[59]. Infine, lungi dal contribuire ad
accrescere la libertà individuale, lo smembramento della famiglia rende
gli individui maggiormente vulnerabili e inermi di fronte al potere dello
Stato, che da parte sua ha bisogno di una giurisdizione sempre più
complessa che lo impoverisce.
La società e lo Stato devono difendere e promuovere la famiglia
fondata sul matrimonio
(29) In breve, la promozione umana, sociale e materiale della famiglia
fondata sul matrimonio, e la protezione giuridica degli elementi che la
compongono nel suo carattere unitario, sono un bene non solo per i singoli
componenti della famiglia, ma anche per la struttura e il buon
funzionamento dei rapporti interpersonali, l’equilibrio dei poteri, la
garanzia delle libertà, gli interessi educativi, l’identità dei cittadini
e la ripartizione delle funzioni tra le diverse istituzioni sociali:
“determinante e insostituibile è il ruolo della famiglia nel costruire la
cultura della vita”[60]. Non bisogna dimenticare che se la crisi
della famiglia è stata, in talune circostanze e sotto certi aspetti, una
delle cause di un intervenzionismo accresciuto dello Stato nel campo a lei
proprio, non è meno vero che in ripetute altre occasioni e sotto altri
aspetti le iniziative dei legislatori hanno favorito o provocato
difficoltà e perfino la rottura di numerosi matrimoni e famiglie.
“L’esperienza di diverse culture attraverso la storia ha mostrato come sia
necessario per la società riconoscere e difendere l’istituzione familiare
(...) La società, e in particolar modo lo Stato e le Organizzazioni
Internazionali, devono proteggere la famiglia con misure di carattere
politico, economico, sociale e giuridico, miranti a consolidare l’unità e
la stabilità della famiglia in modo che essa possa esercitare la sua
specifica funzione”[61].
Oggi più che mai è necessario – per la famiglia e per la stessa società
– accordare la giusta attenzione ai problemi ai quali il matrimonio e la
famiglia devono far fronte attualmente, nel rispetto assoluto della loro
libertà. A questo scopo, c’è bisogno di creare una legislazione che
protegga i suoi elementi essenziali, senza limitare la loro libertà di
decisione, in particolare per ciò che riguarda il lavoro femminile, quando
è incompatibile con lo stato di sposa e di madre[62], la “cultura del successo” che impedisce
a coloro che sono nella vita attiva di rendere i loro obblighi
professionali compatibili con la loro vita familiare[63], la decisione di accogliere i bambini,
che i coniugi devono prendere secondo la loro coscienza[64], la difesa del carattere permanente al
quale le coppie sposate aspirano legittimamente[65], la libertà religiosa e la dignità e
uguaglianza di diritti[66], i principi e le scelte relative
all’educazione voluta per i figli[67], il trattamento fiscale e le altre
disposizioni di natura patrimoniale (successioni, alloggio, ecc.), il
trattamento dell’autonomia legittima della famiglia, e infine il rispetto
e il sostegno delle sue iniziative nel campo politico, specialmente quelle
che riguardano l’ambiente familiare[68]. Di qui la necessità di stabilire una
chiara distinzione, sul piano sociale, tra fenomeni di natura differente
nei loro aspetti giuridici e nel loro contributo al bene comune, e di
trattarli come tali. “Il valore istituzionale del matrimonio deve essere
sostenuto dalle pubbliche autorità; la situazione delle coppie non sposate
non deve essere messa sullo stesso piano del matrimonio debitamente
contratto”[69].
V – Matrimonio cristiano e unione di fatto
Matrimonio cristiano e pluralismo sociale
(30) Da alcuni anni la Chiesa insiste in maniera rinnovata sulla
fiducia dovuta alla persona umana, alla sua libertà, alla sua dignità e ai
suoi valori, e sulla speranza nell’azione salvifica di Dio nel mondo, che
aiuta a superare ogni debolezza. Allo stesso tempo, esprime la sua
profonda preoccupazione di fronte ai numerosi attentati contro la persona
umana e la sua dignità, facendo notare certi presupposti ideologici propri
della cultura detta “postmoderna” che oscurano i valori derivanti dalle
esigenze della verità sull’essere umano, e che li rendono difficili da
vivere.“Non si tratta più di contestazioni parziali e occasionali, ma di
una messa in discussione globale e sistematica del patrimonio morale,
basata su determinate concezioni antropologiche ed etiche. Alla loro
radice sta l’influsso più o meno nascosto di correnti di pensiero che
finiscono per sradicare la libertà umana dal suo essenziale e costitutivo
rapporto con la verità[70].
Quando la libertà è separata dalla verità, “viene meno ogni riferimento
a valori comuni e a una verità assoluta per tutti: la vita sociale si
avventura nelle sabbie mobili di un relativismo totale. Allora tutto è
convenzionabile, tutto è negoziabile: anche il primo dei
diritti fondamentali, quello alla vita”[71]. Questa messa in guardia può certamente
essere applicata alla realtà del matrimonio e della famiglia, fonte unica
e alveo pienamente umano della realizzazione di questo diritto
primordiale. Questo succede quando si tollera “una corruzione dell’idea e
dell’esperienza della libertà, concepita non come la capacità di
realizzare la verità del progetto di Dio sul matrimonio e la famiglia, ma
come autonoma forma di affermazione, non di rado contro gli altri, per il
proprio egoistico benessere”[72].
(31) Allo stesso modo, la comunità cristiana ha vissuto fin dal
principio l’istituzione del matrimonio cristiano come segno efficace
dell’unione di Cristo con la sua Chiesa. Gesù Cristo ha elevato il
matrimonio al rango di avvenimento salvifico nel nuovo ordine instaurato
nell’economia della Redenzione. In altri termini, il matrimonio è un
sacramento della Nuova Alleanza[73], aspetto questo essenziale per
comprendere il contenuto e la portata dell’alleanza matrimoniale tra due
battezzati. Dal canto suo, il Magistero della Chiesa ha precisato che “il
sacramento del matrimonio ha questo di specifico fra tutti gli altri: di
essere il sacramento di una realtà che già esiste nell’economia della
creazione, di essere lo stesso patto coniugale istituito dal Creatore al
principio”[74].
In una società spesso scristianizzata, e lontana dai valori della
verità della persona umana, è necessario insistere oggi sul contenuto di
questo “patto matrimoniale con cui l’uomo e la donna stabiliscono tra loro
la comunità di tutta la vita, per sua natura ordinata al bene dei coniugi
e alla procreazione e educazione della prole”[75] come fu istituito da Dio “fin dal
principio”[76] nell’ordine naturale della Creazione. Ciò
richiede una riflessione serena, non soltanto da parte dei fedeli
praticanti, ma anche di coloro che sono, in questo momento, lontani dalla
pratica religiosa, di coloro che non hanno fede, o che aderiscono ad altre
convinzioni, in breve da parte di ogni persona umana, donna o uomo, membro
di una comunità civile e responsabile del bene comune. Occorre ricordare
la natura della famiglia fondata sul matrimonio, il cui carattere non è
soltanto storico e congiunturale, ma ontologico, al di là dei cambiamenti
d’epoca, di luogo e di cultura, nonché la dimensione di giustizia che ne
deriva.
Il processo di secolarizzazione della famiglia in
Occidente
(32) All’inizio, il processo di secolarizzazione dell’istituto
matrimoniale riguardava soprattutto, e quasi esclusivamente, le nozze,
cioè le modalità di celebrazione del matrimonio, almeno nei paesi
occidentali di tradizione cattolica. Malgrado tutto, tanto nella coscienza
popolare quanto nei sistemi giuridici secolari, i principi fondamentali
del matrimonio perdurarono per un certo tempo, principi quali il valore
prezioso dell’indissolubilità del matrimonio, e in particolare
l’indissolubilità assoluta del matrimonio sacramentale tra due battezzati,
rato e consumat[77]. L’introduzione generalizzata, nei
diversi sistemi legislativi, di ciò che il Concilio Vaticano II qualifica
come “epidemia del divorzio”, diede origine ad un progressivo oscuramento,
nella coscienza sociale, del valore di questa grande conquista
dell’umanità nel corso dei secoli. La Chiesa primitiva non aveva voluto
sacralizzare o cristianizzare la concezione romana del matrimonio, ma dare
a questa istituzione il significato delle sue origini creazionali, secondo
la volontà espressa da Gesù Cristo. Senza alcun dubbio, la Chiesa
primitiva percepiva già chiaramente che il carattere naturale del
matrimonio era stato concepito dal Creatore, fin dalle origini, come il
segno dell’amore di Dio per il suo popolo, e dopo la venuta della pienezza
dei tempi, come il segno dell’amore di Cristo per la sua Chiesa. In
effetti, la prima cosa che fece, guidata dal Vangelo e dagli espliciti
insegnamenti di Cristo, suo Signore, fu di ricondurre il matrimonio ai
suoi principi, cosciente che “Dio stesso è l’autore del matrimonio, dotato
di molteplici valori e fini”[78]. D’altra parte, essa era cosciente del
fatto che questo istituto naturale è “di somma importanza per la
continuità del genere umano, il progresso personale e il destino eterno di
ciascuno dei membri della famiglia, per la dignità, la stabilità, la pace
e la prosperità della stessa famiglia e di tutta la società umana ...”[79]. Abitualmente, coloro che si sposano
seguendo le modalità stabilite (dalla Chiesa o dallo Stato, secondo i
casi) possono e vogliono contrarre un vero matrimonio. La tendenza
all’unione coniugale è connaturale alla persona umana, e da questa
decisione derivano l’aspetto giuridico del patto coniugale e la nascita di
un autentico vincolo coniugale.
Il matrimonio, istituzione dell’amore coniugale di fronte ad
altri tipi d’unione
(33) La realtà naturale del matrimonio è contemplata dalle leggi
canoniche della Chiesa[80]. La legge canonica descrive in sostanza
lo stato matrimoniale dei battezzati, tanto in fieri – al momento
del patto coniugale - quanto come stato permanente in cui si
iscrivono le relazioni coniugali e familiari. A questo proposito, la
giurisdizione ecclesiastica sul matrimonio è decisiva, e rappresenta
un’autentica salvaguardia dei valori familiari. Ma i principi fondamentali
dello stato matrimoniale relativi all’amore coniugale e alla sua natura
sacramentale non sono sempre pienamente compresi e rispettati.
(34) Per quanto riguarda il primo punto, si dice spesso che l'amore è
il fondamento del matrimonio, e che questo è una comunità di vita e
d'amore, ma non si afferma sempre con chiarezza che esso è istituto
coniugale, trascurando in questo modo la dimensione di giustizia propria
al consenso. Il matrimonio è un'istituzione. Il non tener conto di ciò è
spesso origine di una grave confusione tra il matrimonio cristiano e le
unioni di fatto: quanti convivono in un'unione di fatto possono affermare
che la loro relazione è fondata sull' "amore" (ma si tratta di un amore
che il Concilio Vaticano II qualifica come sic dicto libero), e che
formano una comunità di vita e d'amore, ma questa comunità si distingue
sostanzialmente dalla communitas vitae et amoris coniugalis che è
il matrimonio[81].
(35) Per ciò che riguarda i principi fondamentali relativi alla natura
sacramentale del matrimonio, la questione è più complessa. I pastori della
Chiesa devono in effetti tener conto dell'immensa ricchezza di grazia che
emana dalla natura sacramentale del matrimonio cristiano, e dell'influenza
che essa esercita sui rapporti familiari fondati sul matrimonio. Dio ha
voluto che il patto coniugale originario, il matrimonio della Creazione,
fosse un segno permanente dell'unione di Cristo con la Chiesa, diventando
così un sacramento della Nuova Alleanza. Il problema sta nel comprendere
adeguatamente che questo carattere sacramentale non va ad aggiungersi o è
estrinseco alla natura del matrimonio. Al contrario, il matrimonio stesso,
che il Creatore ha voluto indissolubile, è elevato al rango di sacramento
dall'azione redentrice di Cristo, senza che ciò comporti la minima
"snaturalizzazione" della sua realtà. Il non conoscere la peculiarità di
questo sacramento in rapporto agli altri, dà spesso luogo a malintesi che
oscurano la nozione di matrimonio sacramentale. Questa nozione acquista
un'importanza particolare nella preparazione al matrimonio: i lodevoli
sforzi per preparare i nubendi alla celebrazione di questo sacramento
sarebbero inutili se essi non comprendessero chiaramente la natura
assolutamente indissolubile del matrimonio che si apprestano a contrarre.
I battezzati non si presentano davanti alla Chiesa soltanto per celebrare
una festa secondo riti speciali, ma per contrarre un matrimonio per tutta
la vita, sacramento della Nuova Alleanza. Mediante questo sacramento, essi
partecipano al mistero dell'unione di Cristo con la Chiesa e esprimono la
loro unione intima e indissolubile[82].
VI - Linee di orientamento cristiane
Enunciato di base del problema "al principio non fu
così"
(36) La comunità cristiana si sente interpellata dal fenomeno delle
unioni di fatto. Le unioni sprovviste di ogni vincolo istituzionale legale
- tanto civile quanto religioso -, costituiscono un fenomeno sempre più
frequente al quale la Chiesa deve accordare la sua attenzione pastorale[83]. Il credente, non soltanto mediante la
ragione, ma anche e soprattutto per mezzo dello "splendore della verità"
che gli viene dalla fede, è in grado di chiamare le cose con il loro nome;
il bene, bene, e il male, male. Nel contesto attuale impregnato di
relativismo e portato a smussare ogni differenza - anche essenziale - tra
il matrimonio e le unioni di fatto, bisogna far prova di una grande
saggezza e di una libertà coraggiosa per evitare di prestarsi agli
equivoci o ai compromessi, sapendo che "la crisi più pericolosa che può
affliggere l'uomo" è “la confusione del bene e del male, che rende
impossibile costruire e conservare l’ordine morale dei singoli e delle
comunità”[84]. In vista di una riflessione propriamente
cristiana sui segni dei tempi, e di fronte all'apparente oscumento della
verità profonda dell'amore umano nel cuore di molti nostri contemporanei,
è opportuno tornare alle acque pure del Vangelo.
(37) "Gli si avvicinarono alcuni farisei per metterlo alla prova e gli
chiesero: 'È lecito ad un uomo ripudiare la propria moglie per qualsiasi
motivo?'. Ed egli rispose: 'Non avete letto che il Creatore da principio
li creò maschio e femmina e disse: 'Per questo l'uomo lascerà suo padre
e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una carne sola?
Così che non sono più due, ma una carne sola'. Quello dunque che Dio ha
congiunto, l'uomo non lo separi!'. Gli obiettarono: 'Perché allora Mosè ha
ordinato di darle l'atto di ripudio e di mandarla via?' Rispose
loro Gesù: 'Per la durezza del vostro cuore Mosè vi ha permesso di
ripudiare le vostre mogli, ma da principio non fu così. Perciò io vi dico:
chiunque ripudia la propria moglie, se non in caso di concubinato, e ne
sposa un'altra, commette adulterio" (Mt 19,3-9). Queste parole del
Signore sono note, come pure la reazione dei discepoli: "Se questa è la
condizione dell'uomo rispetto alla donna, non conviene sposarsi"
(Mt 19,10). Tale reazione si iscrive visibilmente nella mentalità
dominante dell'epoca, una mentalità che aveva voltato le spalle al
progetto originale del Creatore[85]. La concessione fatta da Mosè traduce la
presenza del peccato, che riveste la forma della duritia cordis.
Oggi, forse, più ancora che in altri tempi, bisogna tener conto di questo
ostacolo dell'intelligenza, sclerosi della volontà, fissazione delle
passioni, radice nascosta di molti fattori di fragilità che contribuiscono
all'attuale diffusione delle unioni di fatto.
Unioni di fatto, fattori di fragilità e grazia
sacramentale
(38) Grazie alla presenza della Chiesa e del matrimonio cristiano, la
società civile ha riconosciuto nel corso dei secoli il matrimonio nella
sua condizione originaria, quella a cui allude Cristo nella sua risposta[86]. La condizione originaria del matrimonio
è sempre d'attualità, come lo è anche la difficoltà di riconoscerla e di
viverla, come intima verità nella profondità del proprio essere,
propter duritiam cordis. Il matrimonio è un'istituzione naturale le
cui caratteristiche essenziali possono essere riconosciute
dall'intelligenza, al di là delle culture[87]. Questo riconoscimento della verità sul
matrimonio è anche d'ordine morale[88]. Ma non bisogna dimenticare che la natura
umana, ferita dal peccato e redenta da Cristo, non arriva sempre a
distinguere chiaramente le verità che Dio ha iscritto nel suo cuore. Il
messaggio cristiano della Chiesa e del suo Magistero devono essere un
insegnamento e una testimonianza vivente nel mondo[89]. A questo proposito, occorre mettere
l'accento sull'importanza della grazia, che dona alla vita matrimoniale la
sua autentica pienezza[90]. Nel discernimento pastorale della
problematica delle unioni di fatto, bisogna tener conto anche della
fragilità umana e dell'importanza di una esperienza e di una catechesi
veramente ecclesiali, che orientino verso una vita di grazia, verso la
preghiera e i sacramenti, in particolare quello della
Riconciliazione.
(39) Bisogna distinguere diversi elementi tra i fattori di fragilità
che sono all'origine delle unioni di fatto, caratterizzate dall'amore
cosiddetto "libero" che omette o esclude il legame proprio e
caratteristico dell'amore coniugale. Bisogna inoltre distinguere, come
abbiamo visto in precedenza, tra le unioni di fatto alle quali alcuni si
ritengono come obbligati a causa di situazioni difficili, e quelle che
sono volute per se stesse, in “un atteggiamento di disprezzo, di
contestazione o di rigetto della società, dell’istituto familiare,
dell’ordinamento socio-politico, o di sola ricerca del piacere”[91]. Bisogna infine considerare il caso di
coloro che sono spinti a un'unione di fatto “dall’estrema ignoranza e
povertà, talvolta da condizionamenti dovuti a situazioni di vera
ingiustizia, o anche da una certa immaturità psicologica, che li rende
incerti e timorosi di contrarre un vincolo stabile e definitivo”[92].
Di conseguenza, il discernimento etico, l'azione pastorale e l'impegno
cristiano nella realtà politica devono tener conto della molteplicità
delle situazioni che ricopre il termine generale di "unioni di fatto",
descritte prima[93]. Qualunque siano le cause, tali unioni
comportano “ardui problemi pastorali, per le gravi conseguenze che ne
derivano, sia religiose e morali (perdita del senso religioso del
matrimonio, visto alla luce dell’Alleanza di Dio con il suo popolo;
privazione della grazia del sacramento; grave scandalo), sia anche sociali
(distruzione del concetto di famiglia; indebolimento del senso di fedeltà
anche verso la società; possibili traumi psicologici nei figli;
affermazione dell’egoismo)”[94]. Per questo la Chiesa è particolarmente
sensibile al proliferare di questi fenomeni delle unioni non matrimoniali,
data la dimensione morale e pastorale del problema.
Testimonianza del matrimonio cristiano
(40) Le iniziative lanciate in molti paesi di tradizione cristiana per
ottenere una legislazione favorevole alle unioni di fatto, fanno nascere
non poche preoccupazioni tra i pastori e i fedeli. Sembrerebbe che,
spesso, non si sappia quale risposta dare a questo fenomeno, e che la
reazione sia puramente difensiva, rischiando così di dare l'impressione
che la Chiesa voglia semplicemente mantenere lo status quo, come se
la famiglia fondata sul matrimonio fosse il modello culturale (un modello
"tradizionale") della Chiesa, che si vuole conservare malgrado le grandi
mutazioni della nostra epoca.
Per far fronte a questa situazione, occorre approfondire gli aspetti
positivi dell'amore coniugale, per poter inculturare ancora una volta la
verità del Vangelo, alla maniera dei cristiani dei primi secoli della
nostra era. Il soggetto privilegiato di questa nuova evangelizzazione
della famiglia sono le famiglie cristiane perché esse, soggetto di
evangelizzazione, sono anche le prime evangelizzatrici, apportando la
"buona novella" del "bell'amore"[95] non soltanto con le parole, ma anche e
soprattutto con la loro testimonianza personale. È urgente
riscoprire il valore sociale di questa meraviglia che è l'amore coniugale,
poiché il fenomeno delle unioni di fatto non è indipendente dai fattori
ideologici che lo oscurano e che nascono da una concezione errata della
sessualità umana e del rapporto uomo-donna. Di qui l'importanza
primordiale della vita di grazia in Cristo dei matrimoni cristiani: “Anche
la famiglia cristiana è inserita nella Chiesa, popolo sacerdotale:
mediante il sacramento del matrimonio, nel quale è radicata e da cui trae
alimento, essa viene continuamente vivificata dal Signore Gesù, e da Lui
chiamata e impegnata al dialogo con Dio mediante la vita sacramentale,
l’offerta della propria esistenza e la preghiera. È questo il compito
sacerdotale che la famiglia cristiana può e deve esercitare in intima
comunione con tutta la Chiesa, attraverso le realtà quotidiana della vita
coniugale e familiare: in tal modo la famiglia cristiana è chiamata a
santificarsi ed a santificare la comunità ecclesiale e il mondo”[96].
(41) Mediante la loro presenza nei diversi ambiti della società, i
matrimoni cristiani costituiscono un mezzo privilegiato per mostrare
concretamente all'uomo contemporaneo (in parte distrutto nella sua
soggettività, sfinito dalla ricerca vana di un amore "libero", opposto al
vero amore coniugale, mediante una serie di esperienze frammentarie) che
esiste una possibilità che l'essere umano ritrovi se stesso, e per
aiutarlo a comprendere la realtà di una soggettività pienamente realizzata
nel matrimonio in Gesù Cristo. Questa specie di choc con la realtà è
l'unico modo possibile per far emergere nel cuore la nostalgia di una
patria di cui ogni persona custodisce un ricordo incancellabile. Agli
uomini e alle donne delusi, che si chiedono con cinismo: "Può venire
qualcosa di buono dal cuore umano?" bisognerà poter rispondere: "Venite a
vedere il nostro matrimonio, la nostra famiglia". Ciò può rappresentare un
punto di partenza decisivo, la testimonianza reale con la quale la
comunità cristiana, con la grazia di Dio, manifesta la misericordia di Dio
verso gli uomini. In molti ambienti, si constata quanto possa essere
altamente positiva la considerevole influenza dei fedeli cristiani. Con la
loro scelta cosciente di fede e di vita, essi sono, tra i loro
contemporanei, come il lievito nella pasta, come la luce che brilla nelle
tenebre. L'attenzione pastorale nella preparazione al matrimonio e alla
famiglia, e l'accompagnamento nella vita coniugale e familiare, sono
dunque essenziali alla vita della Chiesa e del mondo[97].
Una preparazione adeguata al matrimonio
(42) Il Magistero della Chiesa ha ripetutamente insistito, soprattutto
dopo il Concilio Vaticano II, sull'importanza e il carattere
insostituibile della preparazione al matrimonio nella pastorale
ordinaria. Tale preparazione non dovrebbe limitarsi a una semplice
informazione su ciò che è il matrimonio per la Chiesa, ma essere un vero
cammino di formazione delle persone, basato sull'educazione alla fede e
alle virtù. Il Pontificio Consiglio per la Famiglia ha trattato questo
importante aspetto della pastorale della Chiesa nei documenti
Sessualità umana: verità e significato, dell'8 dicembre 1995, e
Preparazione al sacramento del matrimonio, del 13 maggio 1996,
mettendo l'accento sul carattere fondamentale della preparazione al
matrimonio e sul contenuto di questa preparazione.
(43) “La preparazione al matrimonio, alla vita coniugale e familiare, è
di rilevante importanza per il bene della Chiesa. Di fatto il sacramento
del Matrimonio ha un grande valore per l’intera comunità cristiana e, in
primo luogo, per gli sposi, la cui decisione è tale che non potrebbe
essere soggetta all’improvvisazione o a scelte affrettate. In altre epoche
tale preparazione poteva contare sull’appoggio della società, la quale
riconosceva i valori e i benefici del matrimonio. La Chiesa, senza intoppi
o dubbi, tutelava la sua santità, consapevole del fatto che il sacramento
del matrimonio rappresentava una garanzia ecclesiale, quale cellula vitale
del Popolo di Dio. L’appoggio ecclesiale era, almeno nelle comunità
realmente evangelizzate, fermo, unitario, compatto. Erano rare, in genere,
le separazioni e i fallimenti dei matrimoni e il divorzio veniva
considerato come una ‘piaga’ sociale (cf GS 47). Oggi, al contrario, in
non pochi casi, si assiste ad un accentuato deterioramento della famiglia
e ad una certa corrosione dei valori del matrimonio. In numerose nazioni,
soprattutto economicamente sviluppate, l’indice di nuzialità si è ridotto.
Si suole contrarre matrimonio in un’età più avanzata e aumenta il numero
dei divorzi e delle separazioni, anche nei primi anni di tale vita
coniugale. Tutto ciò porta inevitabilmente ad una inquietudine pastorale,
mille volte ribadita: chi contrae matrimonio, è realmente preparato a
questo? Il problema della preparazione al sacramento del Matrimonio, e
alla vita che ne segue, emerge come una grande necessità pastorale
innanzitutto per il bene degli sposi, per tutta la comunità cristiana e
per la società. Perciò crescono dovunque l’interesse e le iniziative per
fornire risposte adeguate e opportune alla preparazione al sacramento del
Matrimonio”[98].
(44) Ai nostri giorni, il problema non consiste più tanto, come in
altre epoche, nel fatto che i giovani arrivino al matrimonio non
sufficientemente preparati. A causa in parte di una visione antropologica
pessimistica, destrutturante, che annulla la soggettività, molti di loro
dubitano perfino che possa esistere nel matrimonio un dono reale che crea
un vincolo fedele, fecondo e indissolubile. Frutto di questa visione è, in
alcuni casi, il rifiuto dell’istituzione matrimoniale, considerata come
una realtà illusoria a cui potrebbero accedere solo persone con una
preparazione molto speciale. Di qui l’importanza dell’educazione cristiana
a una nozione giusta e realistica della libertà in rapporto al matrimonio,
come capacità di scoprire il bene del dono coniugale e di orientarsi verso
di esso.
La catechesi familiare
(45) In questo senso, l’azione di prevenzione mediante la catechesi
familiare è importante. La testimonianza delle famiglie cristiane è
insostituibile, tanto nei confronti dei figli quanto in seno alla società
in cui vivono. I pastori non devono essere i soli a difendere la famiglia,
ma le famiglie stesse devono esigere il rispetto dei loro diritti e della
loro identità. Va sottolineato che oggi le catechesi familiari occupano un
posto di primo piano nella pastorale familiare. Vi si affrontano le realtà
familiari in modo organico, completo e sistematico, sottoponendole al
criterio della fede, alla luce della Parola di Dio interpretata
ecclesialmente nella fedeltà al Magistero della Chiesa da pastori
legittimi e competenti che contribuiscono veramente, in tale processo
catechetico, ad approfondire la verità salvifica sull’uomo. Bisogna
sforzarsi di mostrare la razionalità e la credibilità del Vangelo in
rapporto al matrimonio e alla famiglia, riorganizzando il sistema
educativo della Chiesa[99]. La spiegazione del matrimonio e della
famiglia a partire da una visione antropologica corretta continua a
destare sorpresa, anche tra gli stessi cristiani, che scoprono che non è
soltanto una questione di fede e che vi trovano le ragioni per affermarsi
nella loro fede e per agire, proponendo una testimonianza personale di
vita e svolgendo una missione apostolica specificatamente laicale.
I mezzi di comunicazione
(46) Ai giorni nostri, la crisi dei valori familiari e della nozione di
famiglia nell’ordinamento degli Stati e nei mezzi di trasmissione della
cultura – stampa, televisione, internet, cinema, ecc. – richiedono uno
sforzo particolare per assicurare la presenza dei valori familiari nei
mezzi di comunicazione. Si consideri, ad esempio, la forte influenza
che hanno avuto i media nella perdita di sensibilità sociale di fronte a
situazioni quali l’adulterio, il divorzio o anche le unioni di fatto, o
ancora la deformazione perniciosa dei “valori” (o meglio dei
”contro-valori”) che essi a volte presentano come proposte normali di
vita. Bisogna anche tener conto del fatto che in alcune occasioni e
malgrado il contributo meritorio dei cristiani impegnati che collaborano a
questi mezzi di comunicazione, alcuni programmi e serie televisive, ad
esempio, non soltanto non contribuiscono alla formazione religiosa, ma
favoriscono la disinformazione e la diffusione dell’ignoranza religiosa.
Anche se questi fattori non sono elementi fondamentali della conformazione
di una cultura, rientrano in misura non trascurabile tra i fattori
sociologici di cui tener conto in una pastorale ispirata a criteri
realistici.
L’impegno sociale
(47) Per molti nostri contemporanei, la cui soggettività è stata per
così dire “demolita” dalle ideologie, il matrimonio è quasi impensabile;
la realtà coniugale non ha alcun significato per queste persone. Come può
la pastorale della Chiesa diventare, anche per loro, un avvenimento di
salvezza? A questo proposito, l’impegno politico e legislativo dei
cattolici che hanno responsabilità in questi campi è decisivo. Le
legislazioni conformano, in larga misura, l’ethos di un popolo. A
tale proposito, è particolarmente importante chiamare a vincere la
tentazione di indifferenza negli ambienti politici e legislativi,
insistendo sulla necessità di rendere pubblicamente testimonianza della
dignità della persona. L’equiparazione delle unioni di fatto alla famiglia
implica, come abbiamo visto, un’alterazione dell’ordinamento orientato
verso il bene comune della società, e comporta una svalutazione
dell’istituzione matrimoniale fondata sul matrimonio. Essa costituisce
dunque un male per le persone, le famiglie e la società. Il “politicamente
possibile” e la sua evoluzione nel tempo non può fare astrazione dei
principi fondamentali della verità sulla persona umana, che devono
ispirare gli atteggiamenti, le iniziative concrete e i programmi per
l’avvenire[100]. Risulta ugualmente utile rimettere in
discussione il “dogma” del vincolo indissociabile tra democrazia e
relativismo etico, sul quale si fondano numerose iniziative legislative
tendenti ad equiparare le unioni di fatto alla famiglia.
(48) Il problema delle unioni di fatto rappresenta una grande sfida per
i cristiani, che devono essere capaci di mostrare l’aspetto razionale
della fede, la razionalità profonda del Vangelo del matrimonio e della
famiglia. Ogni annuncio di questo Vangelo che non sia in grado di
rispondere a tale sfida alla razionalità (intesa come intima
corrispondenza tra desiderium naturale dell’uomo e Vangelo
annunciato dalla Chiesa) sarebbe inefficace. Per questo è necessario, oggi
più che mai, mostrare la credibilità interiore della verità sull’uomo che
è alla base dell’istituzione dell’amore coniugale. A differenza degli
altri sacramenti, il matrimonio appartiene anche all’economia della
Creazione, iscrivendosi in una dinamica naturale nel genere umano. È
necessario, in secondo luogo, intraprendere uno sforzo di riflessione
sulle basi fondamentali, sui principi essenziali che ispirano le attività
educative nei diversi ambiti e istituzioni. Quale è la filosofia delle
istituzioni educative oggi nella Chiesa, e come tradurre questi
principi in un’educazione appropriata al matrimonio e alla famiglia, come
strutture fondamentali e necessarie alla società?
Attenzione e avvicinamento pastorale
(49) Un atteggiamento di comprensione nei confronti della problematica
esistenziale e delle scelte delle persone che vivono un’unione di fatto è
legittimo, e in alcune circostanze un dovere. Alcune di queste situazioni
devono perfino suscitare vera e propria compassione. Il rispetto della
dignità delle persone non è messo in discussione. Tuttavia, la
comprensione delle circostanze e il rispetto delle persone non equivalgono
a una giustificazione. In tali circostanze, conviene piuttosto
sottolineare che la verità è un bene essenziale delle persone e un fattore
d’autentica libertà. L’affermazione della verità non costituisce
un’offesa, ma è al contrario una forma di carità, di modo che il “non
sminuire in nulla la salutare dottrina di Cristo” sia “eminente forma di
carità verso le anime”[101], a condizone che questa sia
accompagnata “con la pazienza e la bontà di cui il Signore stesso ha dato
l’esempio nel trattare con gli uomini”[102]. I cristiani devono pertanto cercare di
comprendere le cause individuali, sociali, culturali e ideologiche della
diffusione delle unioni di fatto. Bisogna ricordare che una pastorale
intelligente e discreta può, in certi casi, contribuire alla
riabilitazione “istituzionale” di queste unioni. Le persone che si trovano
in questa situazione devono essere prese in considerazione, caso per caso
e in maniera prudente, nel quadro della pastorale ordinaria della comunità
ecclesiale, mediante un’attenzione ai loro problemi e alle difficoltà che
ne derivano, un dialogo paziente e un aiuto concreto, specialmente nei
confronti dei figli. Anche in questo aspetto della pastorale, la
prevenzione è un atteggiamento prioritario.
Conclusione
(50) Nel corso dei secoli, la saggezza delle nazioni ha riconosciuto
sostanzialmente, malgrado alcune limitazioni, l’esistenza e la missione
fondamentale e insostituibile della famiglia fondata sul matrimonio. La
famiglia è un bene necessario e insostituibile per tutta la società. Essa
ha un vero e proprio diritto, in giustizia, a essere riconosciuta,
protetta e promossa dall’insieme della società. È tutta la società che
subisce un pregiudizio quando si attenta, in un modo o nell’altro, a
questo bene prezioso e necessario per l’umanità. La società non può
restare indifferente di fronte al fenomeno sociale delle unioni di fatto,
e al declassamento dell’amore coniugale che implica. La soppressione pura
e semplice del problema mediante la falsa soluzione del riconoscimento
delle unioni di fatto, collocandole pubblicamente a un livello simile e
perfino equiparandole alle famiglie fondate sul matrimonio, non
costituisce soltanto un pregiudizio comparativo per il matrimonio
(danneggiando, ancor più, la famiglia, questa necessaria istituzione
naturale che oggi avrebbe tanto bisogno, al contrario, di politiche
familiari vere). Essa denota ugualmente un profondo disconoscimento della
verità antropologica dell’amore umano tra l’uomo e la donna e dell’aspetto
che le è indissociabilmente legato, quello di essere un’unità stabile e
aperta alla vita. Tale disconoscimento diventa ancora più grave quando si
ignora la differenza essenziale e molto profonda esistente tra l’amore
coniugale derivante dall’istituto matrimoniale e i rapporti omosessuali.
L’ “indifferenza” delle amministrazioni pubbliche su questo punto
rassomiglia molto all’apatia di fronte alla vita o alla morte della
società, a una indifferenza di fronte alla sua proiezione nell’avvenire o
al suo degrado. In assenza di misure opportune, questa “neutralità”
rischia di sfociare in un grave deterioramento del tessuto sociale e della
pedagogia delle generazioni a venire.
La valorizzazione insufficiente dell’amore coniugale e della sua
apertura intrinseca alla vita, con l’instabilità che ne deriva nella vita
familiare, è un fenomeno sociale che richiede un discernimento appropriato
da parte di tutti coloro che si sentono riguardati dal bene della
famiglia, e in particolare dei cristiani. Si tratta anzitutto di
riconoscere le vere cause (ideologiche ed economiche) di un tale stato di
cose, e di non cedere alle rivendicazioni demogogiche di gruppi di
pressione che non tengono conto del bene comune della società. Per la
Chiesa Cattolica, nella sua sequela di Gesù Cristo, la famiglia e l’amore
coniugale sono un dono di comunione del Dio della Misericordia con
l’umanità, un tesoro prezioso di santità e di grazia che risplende in
mezzo al mondo. Per questo essa invita tutti coloro che lottano per la
causa dell’uomo a unire i loro sforzi in vista della promozione della
famiglia e della sua intima fonte di vita che è l’unione coniugale.
[1] Concilio Vaticano II, Cost. Gaudium et spes, n. 47
[2]Concilio Vaticano II, Cost. Lumen gentium n. 11, Decr. Apostolicam actuositatem, n. 11.
[3]Catechismo della Chiesa Cattolica, nn. 2331-2400, 2514-2533; Pontificio Consiglio per la Famiglia, Sessualità
umana: verità e significato, 8-2-1995.
[4]Giovanni Paolo II, Es. Ap. Familiaris consortio, n. 80.
[5]In questi paesi, l’azione umanizzatrice e
pastorale della Chiesa, nella sua opzione preferenziale per i poveri, è
stata orientata, in generale, verso la “regolarizzazione” di queste
unioni, mediante la celebrazione del matrimonio (o mediante la convalida o
sanatoria, a seconda dei casi) in conformità all’atteggiamento ecclesiale
di impegno a favore della santificazione delle famiglie cristiane.
[6]Diverse teorie costruzioniste sostengono oggi
concezioni differenti sul modo in cui la società dovrebbe - secondo quanto
sostengono - cambiare adattandosi ai diversi "generi" (ad esempio
nell'educazione, la sanità, ecc.). Alcuni sostengono l’esistenza di tre
generi, altri cinque, altri sette, altri ancora un numero che può variare
in funzione di diverse considerazioni.
[7]Tanto il marxismo quanto lo strutturalismo
hanno contribuito in misura differente al consolidamento di questa
ideologia di "gender", che ha subito diversi influssi, quali la
"rivoluzione sessuale", con postulati come quelli rappresentati da W.
Reich (1897-1957) che appella alla "liberazione" da qualunque disciplina
sessuale, o Herbert Marcuse (1898-1979) che invita a sperimentare ogni
tipo di situazione sessuale (intesa a partire da un polimorfismo sessuale
di orientamento indifferentemente "eterosessuale" - cioè l'orientamento
sessuale naturale - o omosessuale), slegata dalla famiglia e da qualsiasi
finalismo naturale di differenziazione tra i sessi, così come da qualsiasi
ostacolo derivante dalla responsabilità procreativa. Un certo femminismo
radicalizzato ed estremista, rappresentato da Margaret Sanger (1879-1966)
e da Simone de Beauvoir (1908-1986) non può essere collocato al margine di
questo processo storico di consolidamento di una ideologia. In questo
modo, "eterosessualità" e monogamia sarebbero solo casi possibili di
pratica sessuale.
[8]Questo atteggiamento ha incontrato, purtroppo,
un'accoglienza favorevole presso numerose istituzioni internazionali
importanti, e si è tradotto nel conseguente deterioramento del concetto
stesso di famiglia, il cui fondamento è, necessariamente, il matrimonio.
Tra queste istituzioni, alcuni Organismi della stessa Organizzazione delle
Nazioni Unite, sembrano aver aderito recentemente ad alcune di queste
teorie, ignorando con ciò l’autentico significato dell'articolo 16 della
Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo del 1948, che qualifica la
famiglia come "nucleo naturale e fondamentale della società". Cfr.
Pontificio Consiglio per la Famiglia, Famiglia e Diritti umani,
1999, n. 16.
[9]Aristotele, Politica, I, 9-10 (Bk 1253a)
[10]Catechismo della Chiesa Cattolica, n.
2207
[11]Giovanni Paolo II, Es. Ap. Familiaris
consortio, n. 18
[12]Giovanni Paolo II, Allocuzione durante
l'Udienza generale del 1-12-1999
[13]Concilio vaticano II, Cost. Gaudium et
spes, n. 47
[14]"… a prescindere dalle correnti di pensiero,
esiste un insieme di conoscenze in cui è possibile ravvisare una sorta di
patrimonio spirituale dell’umanità. È come se ci trovassimo dinanzi a una
filosofia implicita per cui ciascuno sente di possedere questi
principi, anche se in forma generica e non riflessa. Queste conoscenze,
proprio perché condivise in qualche misura da tutti, dovrebbero costituire
come un punto di riferimento delle diverse scuole filosofiche. Quando la
ragione riesce a intuire e a formulare i principi primi e universali
dell’essere e a far correttamente scaturire da questi conclusioni coerenti
di ordine logico e deontologico, allora può dirsi una ragione retta o,
come la chiamavano gli antichi, orthòs logos, recta ratio".
Giovanni Paolo II, Enc. Fides et ratio, n. 4.
[15]Concilio Vaticano II, Cost. Dei
Verbum, n. 10.
[16]“Il rapporto fede e filosofia trova nella
predicazione di Cristo crocifisso e risorto lo scoglio contro il quale può
naufragare, ma oltre il quale può sfociare nell’oceano sconfinato della
verità. Qui si mostra evidente il confine tra la ragione e la fede, ma
diventa anche chiaro lo spazio in cui ambedue si possono incontrare”.
Giovanni Paolo II, Enc. Fides et ratio, n. 23. “Il vangelo della
vita non è esclusivamente per i credenti: è per tutti. La questione della
vita e della sua difesa e promozione non è prerogativa dei soli cristiani
…” Giovanni Paolo II, Enc. Evangelium Vitae, n. 101.
[17]Giovanni Paolo II, Allocuzione al Forum delle
Associazioni Cattoliche d'Italia, 27-6-1998.
[18]Pontificio Consiglio per la Famiglia,
Dichiarazione sulla Risoluzione del Parlamento Europeo che equipara la
famiglia alle 'unioni di fatto', comprese quelle omosessuali,
17-3-2000
[19]Sant'Agostino, De libero arbitrio, I,
5, 11
[20]“La vita sociale e il suo apparato giuridico
esige un fondamento ultimo. Se non esiste altra legge oltre la legge
civile, dobbiamo ammettere allora che qualsiasi valore, perfino quelli per
i quali gli uomini hanno lottato e considerato passi avanti cruciali nella
lunga marcia verso la libertà, possono essere cancellati da una semplice
maggioranza di voti. Quelli che criticano la legge naturale non debbono
chiudere gli occhi di fronte a questa possibilità, e quando promuovono
leggi - in contrasto con il bene comune nelle sue esigenze fondamentali -
debbono tener conto di tutte le conseguenze delle proprie azioni perché
possono sospingere la società verso una direzione pericolosa”. Discorso
del Card. A. Sodano al Secondo Incontro di politici e legislatori
d’Europa, organizzato dal Pontificio Consiglio per la Famiglia, 22-24
ottobre 1998.
[21]In Europa, ad esempio, nella Costituzione
della Germania: "Il matrimonio e la famiglia trovano particolare
protezione nell'ordinamento dello Stato" (Art. 6); Spagna: "I pubblici
poteri assicurano la protezione sociale, economica e giuridica della
famiglia" (Art. 39); Irlanda: "Lo Stato riconosce la famiglia come il
gruppo naturale primario e fondamentale della società e come istituzione
morale dotata di diritti inalienabili e imprescrittibili, anteriori e
superiori a ogni diritto positivo. Per questo lo Stato si impegna a
proteggere la costituzione e l'autorità della famiglia
come fondamento necessario dell'ordine sociale e come elemento
indispensabile per il benessere della Nazione e dello Stato" (Art. 41);
Italia: "La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società
naturale fondata sul matrimonio" (Art. 29); Polonia: "Il matrimonio, cioè
l'unione di un uomo e di una donna, così come la famiglia, la paternità e
la maternità, devono trovare protezione e cura nella Repubblica di
Polonia" (Art. 18); Portogallo: "La famiglia, come elemento fondamentale
della società, ha diritto alla protezione della società e dello Stato e
alla realizzazione di tutte le condizioni che permettano la realizzazione
personale dei loro membri" (Art.67). Anche nelle Costituzioni del
resto del mondo: Argentina: "… la legge stabilirà … la protezione
integrale della famiglia" (Art. 14); Brasile: "La famiglia, base della
società, è oggetto di speciale protezione da parte dello Stato" (Art.
226); Cile: "La famiglia è il nucleo fondamentale della società … E'
dovere dello Stato … assicurare protezione alla popolazione e alla
famiglia …" (Art.1); Repubblica Popolare di Cina: "Lo Stato protegge il
matrimonio, la famiglia, la maternità e l'infanzia" (Art. 49); Colombia:
"Lo Stato riconosce, senza alcuna discriminazione, la primazia dei diritti
inalienabili della persona e protegge la famiglia come istituzione
fondamentale della società" (Art. 5); Corea del Sud: "Il matrimonio e la
vita familiare si fondano sulla dignità individuale e l'uguaglianza tra i
sessi; lo Stato metterà in atto tutti i mezzi a sua disposizione per
raggiungere questo scopo" (Art. 36); Filippine: "Lo Stato riconosce la
famiglia filippina come fondamento della Nazione. Di conseguenza deve
essere intensamente favorita la solidarietà, la sua attiva promozione e il
suo totale sviluppo. Il matrimonio è un'istituzione sociale inviolabile, è
fondamento della famiglia e deve essere protetto dallo Stato" (Art. 15);
Messico: " … la Legge … proteggerà l'organizzazione e lo sviluppo della
famiglia" (Art. 4); Perù: "La comunità e lo Stato … proteggono anche la
famiglia e promuovono il matrimonio; li riconoscono come istituzioni
naturali e fondamentali della società" (Art. 4); Ruanda: "La famiglia, in
quanto base naturale del popolo ruandese, sarà protetta dallo Stato" (Art.
24).
[22]“Ogni legge posta dagli uomini in tanto ha
valore di legge, in quanto è derivata dalla legge naturale. Se poi in
qualche cosa contrasta con la legge naturale non è più legge, ma
corruzione della legge”. San Tommaso d’Aquino, Summa Teologica,
I-II, q.95, a.2.
[23]Giovanni Paolo II, Discorso al Secondo
Incontro di Politici e Legislatori d’Europa organizzato dal Pontificio
Consiglio per la Famiglia, 23-10-1998.
[24]Giovanni Paolo II, Enc. Centesimus annus,
n. 46
[25]“In quanto responsabili politici e
legislatori che intendono essere fedeli alla Dichiarazione Universale, ci
impegniamo a promuovere e a difendere i diritti della famiglia fondata sul
matrimonio fra un uomo e una donna. Ciò deve essere fatto a tutti i
livelli: locale, regionale, nazionale e internazionale. Solo così potremo
essere veramente al servizio del bene comune, a livello sia nazionale che
internazionale”, Conclusioni del Secondo Incontro di politici e
legislatori d’Europa, 4.1.
[26]“La famiglia è il nucleo centrale della
società civile. Ha certamente un ruolo economico importante, che non può
essere dimenticato, in quanto costituisce il più grande capitale umano, ma
la sua missione include molti altri compiti. È prima di tutto una comunità
naturale di vita, una comunità fondata sul matrimonio e che quindi
presenta una coesione superiore a quella di qualsiasi altra comunità
sociale”, Dichiarazione finale del III Incontro di politici e
legislatori d’America, Buenos Aires, 3-5 agosto 1999, 7.
[27]Cfr. Carta dei Diritti della Famiglia,
Preambolo.
[28]Giovanni Paolo II, Gratissimam sane
(Lettera alle Famiglie), n. 8
[29]Cfr. Catechismo della Chiesa
Catotlica, n. 2333; Gratissimam sane (Lettera alle Famiglie),
n. 8.
[30]Concilio Vaticano II, Cost. Gaudium et
spes, n. 49.
[31]Cfr. Catechismo della Chiesa
Cattolica, n. 2332; Giovanni Paolo II, Discorso al Tribunale della
Rota Romana, 21-1-1999.
[32]Giovanni Paolo II, Gratissimam sane
(Lettera alle Famiglie), nn. 7-8.
[33]Giovanni Paolo II, Discorso al Tribunale
della Rota Romana, 21-1-1999.
[34]Ibid.
[35]Ibid.
[36]Ibid.
[37]“Il matrimonio determina il quadro giuridico
che favorisce la stabilità della famiglia. Permette il rinnovamento delle
generazioni. Non è un semplice contratto o un affare privato, bensì
costituisce una delle strutture fondamentali della società, di cui
mantiene la coerenza”. Dichiarazione del Consiglio Permanente della
Conferenza Episcopale Francese, a proposito della proposta di legge di
“patto civile di solidarietà”, 17-9-1998.
[38]Giovanni Paolo II, Es. Ap. Familiaris
consortio, n. 19.
[39]Giovanni Paolo II, Discorso al Tribunale
della Rota Romana, 21-1-1999
[40]“Non c’è equivalenza tra la relazione di due
persone dello stesso sesso e quella formata da un uomo e una donna. Solo
quest’ultima può essere qualificata di coppia, perché implica la
differenza sessuale, la dimensione coniugale, la capacità di esercizio
della paternità e della maternità. L’omosessualità, evidentemente, non può
rappresentare questo insieme simbolico”. Dichiarazione del Consiglio
Permanente della Conferenza Episcopale Francese, a proposito della
proposta di legge di “patto civile di solidarietà”, 17-9-1998.
[41]Riguardo al grave disordine morale
intrinseco, contrario alla legge naturale, degli atti omosessuali cfr.
Catechismo della Chiesa Cattolica, nn. 2357-2359; Congregazione per
la Dottrina della Fede, Ist. Persona humana, 29-12-1975; Pontificio
Consiglio per la Famiglia, Sessualità umana: verità e significato,
8-12-1995, n. 104.
[42]Giovani Paolo II, Discorso ai partecipanti
della XIV Assemblea Plenaria del Pontificio Consiglio per la Famiglia.
Cfr. Giovanni Paolo II, parole pronunciate durante l’Angelus del
19-6-1994.
[43]Pontificio Consiglio per la Famiglia,
Dichiarazione sulla Risoluzione del Parlamento Europeo che equipara la
famiglia alle 'unioni di fatto', comprese quelle omosessuali,
17-3-2000.
[44]“Non possiamo ignorare che, come riconoscono
alcuni dei suoi promotori, una tale legislazione costituisce un primo
passo, ad esempio, verso l’adozione di bambini da parte di persone che
vivono un rapporto omosessuale. Abbiamo paura per il futuro, mentre
deploriamo quanto successo nel passato”. Dichiarazione del Presidente
della Conferenza Episcopale Francese, dopo la promulgazione del “patto
civile di solidarietà”, 13-10-1999.
[45]Giovanni Paolo II, parole pronunciate durante
l’Angelus del 20-2-1994.
[46]Cfr. Nota della Commissione Permanente
della Conferenza Episcopale Spagnola (24-6-1994), in occasione della
Risoluzione dell’8 febbraio 1994 del Parlamento Europeo su uguaglianza di
diritti di omosessuali e lesbiche.
[47]Giovanni Paolo II, Gratissimam sane
(Lettera alle Famiglie), n. 11.
[48]Ibid., n. 14.
[49]Ibid., n. 17 in fine
[50]Carta dei diritti della famiglia,
Preambolo, D
[51]Ibid., Preambolo (passim) e art. 6.
[52]Ibid., Preambolo B e I.
[53]Ibid., Preambolo C e G.
[54]Giovanni Paolo II, Gratissimam sane
(Lettera alle Famiglie), nn. 9-11.
[55]Giovanni Paolo II, Allocuzione del 26-12-1999
[56]Cfr. Giovanni Paolo II, Es. Ap. Familiaris
consortio, n. 21; cfr. Giovanni Paolo II, Gratissimam sane
(Lettera alle Famiglie), nn. 13-15.
[57]Carta dei Diritti della Famiglia,
Preambolo, F; cfr. Giovanni Paolo II, Es. Ap. Familiaris consortio,
n. 21.
[58]Giovanni Paolo II, Enc. Evangelium
vitae, n. 91 e 94.
[59]Carta dei Diritti della Famiglia,
Preambolo, E.
[60]Giovanni Paolo II, Enc. Evangelium
vitae, n. 92.
[61]Carta dei Diritti della Famiglia,
Preambolo, H-I.
[62]Cfr. Giovanni Paolo II, Es. Ap. Familiaris
consortio, nn. 23-24.
[63]Ibid. n. 25.
[64]Ibid., nn. 28-35; Carta dei Diritti della
Famiglia, art. 3.
[65]Cfr. Giovanni Paolo II, Es. Ap. Familiaris
consortio, n. 20; Carta dei Diritti della Famiglia, art. 6.
[66]Carta dei Diritti della Famiglia, art.
2, b e c; art. 7.
[67]Cfr. Giovanni Paolo II, Es. Ap. Familiaris
consortio, nn. 36-41; Carta dei Diritti della Famiglia,
art. 5; Gratissimam sane (Lettera alle Famiglie), n. 16.l
[68]Cfr. Giovanni Paolo II, Es. Ap. Familiaris
consortio, nn. 42-48; Carta dei Diritti della Famiglia,
art. 8-12;
[69]Carta dei Diritti della Famiglia, art.
1, c.
[70]Giovanni Paolo II, Enc. Veritatis
splendor, n. 4.
[71]Giovanni Paolo II, Enc. Evangelium
vitae, n. 20; cfr. ibid., n. 19.
[72]Giovanni Paolo II, Es. Ap. Familiaris
consortio, n. 6; cfr. Giovanni Paolo II, Gratissimam sane
(Lettere alle Famiglie), n. 13.
[73]Concilio di Trento, Sessioni VII e XXIV.
[74]Giovanni Paolo II, Es. Ap. Familiaris
consortio, n. 68.
[75]Codice di Diritto Canonico, c. 1055 §
1; Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1601.
[76]Cfr. Concilio Vaticano II, Cost. Gaudium
et spes, n.. 48-49.
[77]Cfr. Giovanni Paolo II, Discorso alla Rota
Romana, 21-1-2000.
[78]Concilio vaticano II, Cost. Gaudium et
spes, n. 48
[79]Ibid.
[80]Cfr. Codice di Diritto Canonico e Codice
dei Canoni delle Chiese Orientali, rispettivamente del 1983 e del
1990.
[81]Concilio Vaticano II, Cost. Past. Gaudium
et spes, n. 49.
[82]Cfr. Giovanni Paolo II, Es. Ap. Familiaris
consortio, n. 68.
[83]Ibid., n. 81.
[84]Giovanni Paolo II, Enc. Veritatis
splendor, n. 93.
[85]Giovanni Paolo II, Allocuzione durante
l'Udienza generale del 5-9-1979. Con questa Allocuzione inizia il Ciclo di
catechesi conosciuto come "Catechesi sull'amore umano".
[86]"Cristo non accetta di entrare nella
discussione al livello in cui i suoi interlocutori volevano introdurla. In
un senso, egli non approva la dimensione che vogliono dare al problema.
Evita di lasciarsi implicare in controversie giuridico-casuistiche, e al
contrario si riferisce, in due occasioni, al 'principio' ". Giovanni Paolo
II, Allocuzione all'Udienza generale del 5-9-1979.
[87]“Non si può negare che l’uomo si dà sempre in
una cultura particolare, ma pure non si può negare che l’uomo non si
esaurisce in questa stessa cultura. Del resto, il progresso stesso delle
culture dimostra che nell’uomo esiste qualcosa che trascende le culture.
Questo ‘qualcosa’ è precisamente la natura dell’uomo: proprio questa
natura è la misura della cultura ed è la condizione perché l’uomo non sia
prigioniero di nessuna delle sue culture, ma affermi la sua dignità
personale nel vivere conformemente alla verità profonda del suo essere”.
Giovanni Paolo II, Enc. Veritatis splendor, n. 53.
[88]La legge naturale "non è altro che la luce
dell'intelligenza infusa in noi da Dio. Grazie ad essa conosciamo ciò che
si deve fare e ciò che si deve evitare. Dio ha donato questa luce e questa
legge nella Creazione". San Tommaso d'Aquino, Summa Theologiae,
I-II p. 93, a.3, ad 2um. Cfr. Giovanni Paolo II, Enc. Veritatis
splendor, nn. 35-53.
[89]Giovanni Paolo II, Enc. Veritatis
splendor nn. 62-64.
[90]Per mezzo della grazia matrimoniale i coniugi
"si aiutano a vicenda per raggiungere la santità nella vita coniugale e
nell’accettazione ed educazione della prole" Concilio Vaticano II, Cost.
Lumen Gentium, n. 11. Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica
nn. 1641-1642.
[91]Giovanni Paolo II, Es. Ap. Familiaris
consortio, n. 81.
[92]Ibid., infra.
[93]Cfr. prima, numeri 4-8
[94]Giovanni Paolo II,Es. Ap. Familiaris
consortio, n. 81
[95]Giovanni Paolo II, Gratissimam sane
(Lettera alle Famiglie). N. 29.
[96]Giovanni Paolo II, Es. Ap. Familiaris
consortio, n. 55.
[97]Cfr. Giovanni Paolo II, Es. Ap. Familiaris
consortio, n. 66.
[98]Pontificio Consiglio per la Famiglia,
Preparazione al Sacramento del Matrimonio, n. 1.
[99]Giovanni Paolo II, Enc. Fides et
ratio, n. 97.
[100]Giovanni Paolo II, Enc. Evangelium
vitae, n. 73.
[101]Paolo VI, Enc. Humanae vitae, n. 29.
[102]Ibid.
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