bullet1 ROBERTO PIZZUTTI

I prati stabili con particolare riguardo alla pianura friulana

bullet2Pericoli a cui vanno incontro i prati stabili

Il pericolo di perderli è elevato: arature, eccesso di concimazione, realizzazione di opere varie, percorsi abusivi di motocross, spesso anche il rimboschimento o l’abbandono, sono le cause principali.

Un esempio fra tanti di distruzione di magredo:

Una rilevante distruzione di prato stabile è stata operata negli anni 2000 e 2001 nel territorio del Comune di Martignacco. Riguarda una zona adiacente il grosso complesso commerciale Ipermercato, che prima della manomissione era costituita da circa 9,5 ha di magredo evoluto. Di questi, in un primo tempo:
• circa 3 ha sono stati erpicati, pertanto nella scorsa primavera il terreno era talmente accidentato da non permetterne lo sfalcio (se mai c’era l’interesse a farlo) e ora al posto delle orchidee cresce una fitta macchia di falso indaco;
• altri 3 ha circa sono stati invece spianati per realizzare su una parte degli edifici commerciali, e su un’altra una vasta aiuola verde(!), con terreno di riporto e soprattutto con la semina di specie banali, probabilmente coltivate in Nuova Zelanda o negli USA.
• circa 1 ha è stato poi distrutto con il deposito del terreno movimentato;
• altri 0,5 ha non vengono più falciati e stanno lentamente rimboschendosi (specie esotiche).
• un’ultima area (circa 1 ha) è stata compromessa dal transito di motocicli durante una gara organizzata.
Più recentemente, buona parte di queste superfici manomesse sono state urbanizzate, come ampliamento del centro commerciale.
Alla fine, di questa vasta superficie di habitat di interesse comunitario prioritario, nel quale per esempio era presente in periodo riproduttivo l’assiolo, rarissimo in pianura e non solo, è rimasto oggi poco o niente.
Un altro caso significativo di distruzione di magredo ha interessato un habitat prativo in ottime condizioni presso la Zona Industriale Udinese (ZIU). In questo caso vi è stata una notevole carenza progettuale nella predisposizione della strumentazione urbanistica poiché questi magredi non sono stati inseriti nell’area verde individuata dal piano, ma destinati all’edificazione. La prevista area verde invece è stata localizzata su terreni attualmente coltivati a seminativo, ovviamente privi di valore natualistico.
Alcuni fra gli altri casi noti:
-Area a nord di Codroipo: come nel caso della ZIU, pur disponendo di vaste superfici prive di valore naturalistico, è stata creata una zona industriale sulla unica zona di pianura dove sopravvive (non si sa per quanto, poiché i lavori sono in corso) la Pulsatilla montana e dove è presente anche il Crocus reticulatus (presente in pianura solo in altre 2 stazioni). Gli studi della valutazione di incidenza hanno indicato queste superfici come normali seminativi, senza riconoscere l’eccezionalità.
- Area ad est di Cividale: nonostante la prescrizione di conservare le residue superfici prative, impartita dalla Regione in occasione dell’approvazione dell’ampliamento della zona industriale, gli ultimi magredi sono stati distrutti dal consorzio industriale per rendere più agevole la conduzione dei terreni.

Altre distruzioni annunciate:

- Una sorte simile a quella subita dall’area sopra citata potrà essere riservata presto ad una vasta superficie di magredo evoluto in ottime condizioni (oltre 6 ha), situata all’esterno del Sito di importanza comunitaria “Magredi di Campoformido”, individuato proprio per la protezione delle formazioni erbose asciutte. Vi dovrà essere realizzata la nuova tangenziale al capoluogo ed in particolare un’ampia rotonda, compromettendo definitivamente l’area naturale. L’unica possibilità per evitare la completa distruzione della biodiversità presente nella zona potrà essere il trapianto di zolle del prato, attualmente non previsto dal progetto.
- Area del Cormor fra Plaino (Pagnacco) e Colugna (Tavagnacco): nonostante il parere contrario dei comuni interessati, la Direzione regionale dell’”Ambiente” (sigh) vuole sbancare la bellissima valle per realizzare una cassa di espansione entro cui contenere le piene del torrente, con dubbi effetti sulla sicurezza pubblica e con il completo degrado di una vastissima superficie, su cui si depositeranno i rifiuti trasportati dal corso d’acqua.