bullet1 ROBERTO PIZZUTTI

I prati stabili con particolare riguardo alla pianura friulana

bullet2 Gestione del territorio e iniziative di tutela

Schematicamente ritengo opportune le seguenti iniziative di tutela, che enti pubblici, associazioni, privati dovrebbero intraprendere:
1) individuazione cartografica delle aree prative;
2) tutela legale delle superfici prative, mediante l’istituzione di aree protette (Biotopi naturali) ai sensi della L.R. 42/96 o, più opportunamente, tramite una apposita legge regionale;
3) acquisto o affitto da parte di enti pubblici degli habitat di interesse prioritario;
4) sensibilizzazione (Festa dei Prati, da affiancare a quella degli Alberi, manifesti e tabelloni, mostra di fotografie e premi, incontri con gli agricoltori e cacciatori);
5) obbligo di rinverdimento delle aree interessate da opere stradali (tangenziali, discariche, bacino di laminazione piene o altro) o di ex seminativi da destinare a parco urbano mediante impiego di seme di prato stabile (anche al fine di sostenere economicamente chi ha conservato i prati);
6) incentivazione della semina con essenze di prato stabile dei terreni normalmente coltivati a medica o trifoglio e dei terreni posti a riposo con contributo comunitario;
7) incentivazione ai maneggi affinché impieghino per l’alimentazione dei cavalli fieno di prato stabile (più ricco per la composizione eterogenea e meno fibroso dell’erba medica);
8) taglio dell’erba dei prati abbandonati ed in corso di incespugliamento (altrimenti specie arboree, spesso esotiche ed estranee al nostro patrimonio naturale come la robinia o l’ailanto, prenderebbero il sopravvento soffocando le preziose essenze erbacee endemiche);
9) assistenza tecnica ai conduttori dei fondi
• affinché pratichino lo sfalcio regolarmente (almeno una volta all’anno e possibilmente due - a fine giugno ed a fine settembre, per impedire che poche specie erbacee di alta statura come le felci aquiline, in pochi anni invadano tutta la superficie), applicando alla falciatrice meccanica oggetti che con il movimento provocano rumore, per spaventare la fauna ed evitare di travolgerla con la falciatrice;
• per favorire la riduzione dell’impiego di concimi (che aumentando la crescita del fieno causano l’anticipo dello sfalcio proprio al momento della schiusa delle uova di starne e altri uccelli. I prati più magri e tradizionali sono pronti al taglio a fine giugno, un mese dopo quelli molto concimati);
• affinché non vengano rimboschite artificialmente le superfici a prato stabile, causa di riduzione di biodiversità (le specie vegetali ed animali dei prati necessitano di particolari condizioni ecologiche, come ad esempio la forte illuminazione e la relativamente bassa umidità, e non possono adattarsi al bosco).

E’ opportuno svolgere una trattazione più approfondita per indicare come procedere per la minimizzazione del danno quando delle superfici prative di valore sono inevitabilmente destinate ad operazioni manomissorie. In questi casi è necessario procedere al trapianto della cotica erbosa.
L’intervento è l’unico sistema che, preservando le condizioni di stabilità pedologica, può consentire la conservazione delle sensibili specie vegetali e del delicato ecosistema dei prati stabili. Contemporaneamente si otterrebbe il vantaggio di ripristinare terreni ex seminativi riducendo la presenza delle specie ruderali, molto adattabili ma per lo più esotiche e spesso allergeniche.
La procedura per un corretto trapianto è la seguente:
- incisione del cotico erboso lungo linee parallele e ortogonali, in modo da separare zolle di superficie superiore a m2;
- prelievo delle zolle di spessore di almeno 15 cm, con idoneo mezzo meccanico;
- trasporto e posa delle zolle su area destinata alla tutela, dove deve precedentemente essere asportato lo strato superficiale di terreno, principalmente allo scopo di abbassarne la fertilità;
- cura del ripristino per almeno tre anni, per eliminare le infestanti lungo i bordi delle zolle e garantire l’attecchimento;
- sfalcio con cadenza annuale delle superfici ripristinate.
L’epoca dell’intervento deve possibilmente essere quella del riposo vegetativo, tenendo conto delle condizioni di umidità del suolo.
Il costo dell’intervento risulta certamente elevato. C’è però da fare la seguente considerazione: se oggi non si adottano misure di conservazione, in futuro si dovrà spendere molto di più (utilizzando dispendiose tecniche di raccolta del seme, semina, micropropagazione, controllo delle infestanti, ecc.) per cercare di ripristinare aree naturali a prato, con risultati non sempre soddisfacenti visto l’elevato numero di specie animali e vegetali coinvolte.
Dico questo perché è ormai evidente, anche in Italia, la necessità di conservare e ripristinare ambienti naturali importanti. In paesi culturalmente più evoluti come la Germania e la Gran Bretagna, da anni vengono effettuati trapianti di zolle per non perdere la biodiversità rappresentata da una prateria integra.
Una volta persa la ricchezza di queste formazioni erbacee, non risulta praticamente più possibile il ripristino, se non in tempi lunghissimi (anche oltre 100 anni), sempre che si disponga di un’oasi da cui far espandere le specie animali e vegetali. Comunque, data la grande varietà e complessità delle forme viventi interessate, non sarà mai possibile un completo restauro.
I prati stabili sono un piccolo grande patrimonio che va salvaguardato e tutelato, come vanno pure salvaguardate e tutelate tutte le forme di vita animale o vegetale che in questi habitat svolgono il loro ciclo naturale. Perdere anche un minimo tassello di quello che il tempo ci ha tramandato sarebbe oggi un gravissimo errore, visto che già molto è stato purtroppo danneggiato.