Guerra ai Talebani

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Guerra ai Talebani, cercasi diritto disperatamente
di Enzo Dell'Olio

Sembra utile inquadrare l'attuale crisi internazionale sotto un profilo di diritto internazionale, con l'intento di individuare soluzioni e metodi alternativi all'attacco militare degli USA contro l'Afghanistan.
Enzo Dell'Olio.

Da Bruxelles il Consiglio Europeo, pur con tutte le cautele del caso, ha affermato che la risposta militare americana troverebbe fondamento giuridico nella ris. 1368 adottata dal Consiglio di Sicurezza ONU il 12 settembre scorso. A ben guardare il testo della risoluzione, tuttavia, non vi è alcuna esplicita autorizzazione all'uso della forza armata per combattere il terrorismo nei riguardi degli Stati, un'autorizzazione che, nella prassi del Consiglio di Sicurezza, è sempre stata esplicita.
La delega dell'uso della forza da parte degli Stati dietro autorizzazione del Consiglio di Sicurezza appartiene al diritto consuetudinario "particolare" interno all'ONU, e si è venuta sviluppando soprattutto a partire dalla Guerra del Golfo (ris. 678 del 1990), consolidandosi poi nella crisi jugoslava (ad esempio con le ris.816 e 836) e nella crisi somala (ris.794 del 1992).
Nel caso della risoluzione in questione, tuttavia, si riconosce il terrorismo come "minaccia alla pace ed alla sicurezza internazionale", ma viene richiesto agli Stati solo di assicurare alla giustizia gli esecutori, gli organizzatori e chi ha supportato tali attacchi terroristici e di incrementare i propri sforzi per "prevenire e sopprimere atti terroristici": si è lontani, nella formulazione del testo, dall'espressione "by all means" (con ogni mezzo necessario) con cui il Consiglio ha in precedenza autorizzato azioni militari coercitive degli Stati "singoli o nel quadro di organizzazioni regionali".

Legittima difesa collettiva

Ancora, gli USA ed i loro Alleati NATO invocano l'art. 5 del Patto Atlantico, che giustificherebbe un intervento armato degli Alleati in soccorso degli USA per legittima difesa collettiva, norma giuridica contemplata nell'art.51 della Carta ONU, affermatasi nella prassi internazionale e richiamata anche dalla citata ris. 1368. Tuttavia, gli Alleati possono fornire la loro assistenza allo Stato membro che ha subito l'attacco anche con mezzi che non implichino necessariamente l'uso della forza armata.
Ma, soprattutto, la legittima difesa individuale o collettiva può essere invocata solo se l'attacco armato provenga da organi statali nell'esercizio delle proprie funzioni, o da "agenti de facto", cioè da individui che non sono pubblici funzionari, ma le cui azioni godono del supporto politico e diplomatico dello Stato di provenienza, assumendone in tal modo la responsabilità internazionale.
In questo caso, si deve trattare di violenza di tipo bellico, cioè di attacco armato di forze armate regolari o mercenarie che agiscano per conto di uno Stato, e che minino l'integrità territoriale e l'indipendenza politica di un altro, come recita l'art.2 par.4 della Carta ONU.
La legittima difesa, allora, non coprirebbe le ipotesi di attacco armato contro un Paese che fomenti il terrorismo, come dimostra la prassi precedente (ad esempio i bombardamenti degli USA contro la Libia nel 1986 furono criticati da buona parte della Comunità Internazionale) e la peculiare accezione di attacco armato ex art. 2 par. 4 della Carta (Conforti). 
L'attacco dell'11 settembre alle Twin Towers può implicare la responsabilità dell'Afghanistan: ma se ne devono fornire le prove nell'ambito di un processo internazionale, di fronte alla Corte Internazionale di Giustizia dell'ONU, un organo composto da 15 giudici indipendenti che non rappresentano, quindi, le istanze statali, e che potrebbe con più equilibrio e neutralità affrontare la fattispecie sottopostale. 

Unilateralismo

Gli USA potrebbero addurre le prove raccolte contro lo Stato afghano relative alla complicità con gli attacchi dell'11 settembre di fronte alla Corte; e se l'Afghanistan non dovesse riconoscere la giurisdizione della Corte, l'isolamento diplomatico internazionale anche dei Paesi arabi potrebbe aver indotto il Paese a riconoscerla ed a sottoporsi al processo. Solo una volta accertate le responsabilità dello Stato in questione potrebbero scattare sanzioni internazionali da parte dell'ONU e degli Stati anche non materialmente lesi, che possono adottarle unilateralmente a titolo di contromisura, rispettando però i limiti della proporzionalità, il divieto dell'uso della forza, il rispetto dello jus cogens (diritto imperativo inderogabile) e del diritto umanitario. Gli Stati Uniti, però, con il supporto dei propri alleati atlantici e non , hanno omesso la strada indicata dal diritto internazionale per dar spazio all'unilateralismo, preparando una vera e propria aggressione armata contro l'Afghanistan senza accertarne giurisdizionalmente la responsabilità dell'attacco terroristico.
Manca la volontà politica di porre in atto le procedure di inchiesta, di conciliazione e di risoluzione delle controversie previste dalla Carta ONU e dal diritto internazionale. Tuttavia, tale unilateralismo non fa che alimentare la spirale di tensione esistente tra occidente e mondo arabo, minando profondamente la stabilità e la sicurezza internazionale.

Si ringrazia per la disponibilità la redazione di MOSAICO DI PACE, Rivista mensile promossa da PAX CHRISTI.

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