IN
PRIMO PIANO
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PADOVA: 2-5
MAGGIO 2002 - CIVITAS, UN APPUNTAMENTO DA NON PERDERE
Si terrà a Padova dal 2 al 5 maggio ‘Civitas’, la fiera della
solidarietà e della società civile. Sin dalla prima edizione,
l’iniziativa si è caratterizzata come Salone espositivo - rimane ancora
l'unico di tali dimensioni a livello europeo - e come forte momento
d'incontro e confronto tra tutti i protagonisti del non profit:
associazioni, cooperative, cooperative sociali, fondazioni, enti morali,
organizzazioni senza fine di lucro, enti ed istituzioni, reti associative
italiane e straniere. L'obiettivo di Civitas è sempre stato di dar voce
al mondo del sociale. È a Civitas (1996) che per la prima volta il Terzo
settore si è confrontato con esponenti del Governo e del sindacato; è
sempre a Civitas (1998) che il Presidente del Consiglio Romano Prodi ha
firmato con il Forum Permanente del Terzo Settore il Patto della
Solidarietà che riconosceva ufficialmente al Terzo Settore un ruolo
importante nell'economia italiana. Ed è stata Civitas (2000) ad ospitare
il primo World Social Forum. Welfare State, Globalizzazione, Volontariato,
Tobin Tax, Remissione del Debito, Comunicazione Sociale, Finanza Etica,
Umanizzazione dell'Economia, Politiche Sociali sono solo alcuni dei temi
affrontati a Civitas in passato con incontri, seminari, convegni,
workshops. Se negli ultimi anni si è molto sviluppato il Terzo Settore,
parallelamente anche Civitas è costantemente cresciuta. Il primo
Censimento Istat delle Istituzioni e imprese non profit i cui risultati
furono anticipati proprio a Civitas, ha censito al 31-12-1999 221.412
realtà, con 630.000 lavoratori retribuiti, 3.200.000 volontari, 96.000
religiosi, 28.000 obiettori di coscienza, 73mila miliardi di lire di
entrate e 69mila miliardi di uscite, per un fatturato pari al 2,7 per
cento del P.I.L. L'edizione 2001 di Civitas ha registrato 300 espositori
per oltre 600 realtà rappresentate, 75 appuntamenti culturali, 27.000
visitatori, 23.000 metri quadri espositivi, circa 500.000 contatti al sito
Internet. Civitas 2002 sarà caratterizzata da un tema conduttore: quest'anno
l'attenzione sarà focalizzata sull'importanza di creare nuovi percorsi di
giustizia sociale a livello locale e globale attraverso un utilizzo
innovativo e strategico di "strumenti" conosciuti. Verranno così
approfondite tre linee tematiche: Internazionale; Economia Etica;
Cittadinanza. "Internazionale, ovvero Percorsi di
giustizia-Equilibrio Mondiale", significa estendere diritti e
conquiste è processo lungo e faticoso, frutto sempre più della volontà
collettiva di associazioni e movimenti. Alle tematiche internazionali
legate alla giustizia Civitas dedica questo filone, con tredici convegni
arricchiti dai tre appuntamenti di World Social Agenda: dalla campagna per
il diritto all'acqua, cui Civitas dedica particolare attenzione, a quella
‘Contro i mercanti di morte’ e la modifica alla legge 185/90 sul
commercio delle armi, da ‘Sbilanciamoci - Come usare la spesa pubblica
per la società, la pace, l'ambiente’, alla campagna ‘Non sopportiamo
la Tortura’ di Amnesty International, dal lavoro minorile al ruolo della
cooperazione internazionale al tema della Pace. E ancora giustizia
sociale, bilancio partecipativo, indicatori per lo sviluppo sostenibile,
diritti umani in Europa, commercio internazionale dei diamanti. A parlarne
saranno illustri ospiti provenienti da tutto il mondo. Un’altra linea
tematica sarà quella ‘Economia etica, ovvero Nuove ipotesi di
economia’. Alla base delle disuguaglianze mondiali si pone, quale
fattore critico, proprio l'aspetto economico: su di esso è necessario
agire per modificare le condizioni strutturali di sfruttamento e
disinnescare i meccanismi alla base di ingiustizie sempre più diffuse.
Questo secondo filone di Civitas focalizza l'attenzione di operatori e
visitatori proprio su questo punto: oltre dieci convegni su povertà ed
economia, ruolo dell'impresa sociale e ruolo sociale dell'impresa, fondi
di investimento etici, modello cooperativo, terzo settore in Europa, il
pubblico nel finanziamento al non profit. Approfondimento di casi
concreti, presentazione di nuovi strumenti, testi e documenti.
‘Cittadinanza, ovvero Partire dai diritti della persona’ sarà la
terza linea tematica. Il che significa: Civitas uguale cittadinanza.
Cittadini uguale godimento di diritti. Ma non tutti gli esseri umani sono
ugualmente ‘cittadini’. Da sempre associazioni e volontariato operano
per colmare questo divario, per far riconoscere i diritti a chi ne è, per
qualsiasi motivo (salute, razza, religione), ingiustamente escluso. Il
terzo filone di Civitas affronta, con un articolato programma di incontri
e convegni, queste tematiche. Si parlerà di democrazia associativa e
Welfare Society, il ruolo dello sport nell'educazione alla salute,
l'obiezione di coscienza, il ruolo dei giovani nell'impegno, comunicazione
sociale e terzo settore, in un confronto che coinvolgerà soprattutto
istituzioni, enti pubblici e associazioni erogatrici dei servizi. Anche
quest'anno Civitas ospita gli appuntamenti di World Social Agenda (Wsa) ,
il programma culturale che, prosegue quanto avviato proprio a Civitas nel
2000 e 2001 con World Social Forum, intende realizzare un'agenda sociale
mondiale che tracci un piano di azione e che contenga raccomandazioni in
termini di modelli e indicatori da applicare - con un approccio dal basso
verso l'alto - e dove i governi locali rappresentino il cuore del processo
di implementazione. World Social Agenda sarà a Civitas con tre convegni
su: Città e diritti, Diritti di cittadinanza; Una nuova sfida per la
società civile mondiale; tre laboratori e alcuni seminari. Il tutto in
collaborazione con Unimondo, il nodo italiano di Oneworld.net. Civitas è
promosso dall'Ente PadovaFiere e dalla Cooperativa ASA-Ethike. E'
realizzato in collaborazione con il Forum Permanente del Terzo Settore e
gode del Patrocinio di molte Istituzioni tra cui: Parlamento Europeo,
Presidenza della Repubblica, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Senato
della Repubblica, Camera dei Deputati, numerosi Ministeri, nonché gli
Enti Locali. (Per ulteriori Informazioni: Sito Web: http://www.civitasonline.it
MASS
MEDIA
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SITI DA VISITARE
1) Agenzia di Stampa Missionaria www.misna.org
2) www.altravicenza.it è
il sito di Altravicenza, che ha sede presso la Casa per la Pace di
Vicenza.
3) Da Monteforte d'Alpone... www.stilelibero.org
4) Rete Lilliput: www.retelilliput.org
5) Il sito dell'Associazione no profit «Progetti Alternativi per
L'energia e l'ambiente» www.paea.it
6) Terre Libere, altre forme di comunicazione www.terrelibere.it
7) Notiziario femminile www.femmis.org
8) Agenzia di stampa: www.consumietici.it
9) Informazioni, relazioni, riflessioni... crmvillage.it
10) Giovani e missione... www.giovaniemissione.it
11) L'importante network italiano dell'informazione ecologica: WWW.PROMISELAND.IT
12) Pedagogisti on line: www.educare.it
13) Il telegiornale didattico delle notizie ITALIANE recitato in Inglese: www.eudida.it
Le no-news di «CARTA» settimanale, in edicola
dal 25 aprile al Primo Maggio
Armi made in Italy
Sul nuovo numero di Carta un documentato articolo di Francesco Terreri su
dove sono esportate le armi prodotte in Italia. A proposito della legge
sul controllo delle esportazioni che il parlamento vuole eliminare.
Jenin,
indagine su un massacro
Una notizia drammatica può anche diventare una non-notizia, senza una
ragione plausibile. Per esempio, il massacro di Jenin, che molti e
autorevoli testimoni hanno definito un "crimine contro l'umanità",
è arrivata in prima pagina quando il Consiglio di sicurezza dell'Onu ha
deciso l'istituzione di una commissione di "accertamento dei
fatti", ed è precipitata nelle pagine interne quando il governo di
Sharon, dopo aver detto sì, ha rifiutato l'ingresso agli inviati dell'Onu.
La domanda, ovvia, è: che cosa si vuole nascondere? È quella che si è
posta Carta, che ha cercato di condurre una sua indagine, attraverso le
testimonianze di chi c'era, di una giornalista che ci ha passato dieci
giorni, di un altro giornalista che ne ha fatto il solo reportage
televisivo fin qui visto [Mimmo Lombezzi, di Link, Canale 5, sabato
scorso]. Più un articolo di Ury Avnery, pacifista e deputato israeliano,
su come "a Jenin è nato lo stato palestinese". Insomma, tutte
le fonti possibili. Ne è uscita una ricostruzione meticolosa, giorno per
giorno, di quel che è accaduto nel campo profughi di Jenin.
Pensate alle
vacanze? Due libri per voi...
"TURISTI
RESPONSABILI" e "VACANZE CONTROMANO"
Turisti responsabili (novità)
La guida ai viaggi di turismo responsabile in Italia e nel mondo e agli
agriturismo attenti e solidali.
Da Zanzibar ai "Sassi" di Matera, quasi 100 proposte per fare di
ogni vacanza un'occasione di incontro e di scoperta. Una guida per chi
vuol viaggiare attento alle culture locali, curioso delle tradizioni, dei
gesti, dei sapori e della vita quotidiana. "Turisti
responsabili" racconta in 96 pagine tutte a colori lo stile e le
proposte di viaggio di 50, fra associazioni, tour operator e
Organizzazioni non governative, che propongono viaggi di turismo
responsabile in Italia e nel mondo. Per coniugare il piacere della
vacanza, la bellezza dei luoghi e l'incontro con le comunità locali e i
progetti di sviluppo. Indirizzi, contatti, descrizione degli itinerari e
calendario dei viaggi, ma soprattutto l'indicazione del prezzo
trasparente, per capire a chi vanno i soldi pagati per la vacanza, e un
grafico con la distribuzione del tempo fra "turismo", incontro
con le comunità locali e coi progetti di sviluppo. Chi è refrattario ai
viaggi organizzati, può trovare tutti i riferimenti per partire da soli e
trovare sul posto accoglienza, consigli e guide locali presso le comunità
o i cooperanti internazionali. E in più la segnalazione di agriturismo e
associazioni che offrono in tutta Italia occasioni di incontro col
territorio, la sua cultura e i suoi sapori. "Turisti
responsabili" è in vendita per strada, in libreria e nelle botteghe
del commercio equo e solidale. E' una coedizione Terre di mezzo-Editrice
Berti - 96 pagine, 8,5 euro.
Vacanze
contromano (sesta edizione)
la guida ai campi di solidarietà, ai campi natura e archeologia e ai
campi per ragazzi
E' uscito l'aggiornamento di "Vacanze contromano": in 126 pagine
tutti i campi di solidarietà, i campi natura, i campi in missione, i
viaggi di conoscenza e i campi ragazzi per l'estate 2002. 100 proposte, di
cui 25 completamente nuove, per tutti i gusti: dai campi di animazione di
minori, disabili, detenuti, ai viaggi pacifisti, dai laboratori di teatro
al restauro di vecchi castelli, e poi la bonifica delle spiagge,
l'osservazione delle tartarughe, le proposte di trekking o i tour in
bicicletta. Per ogni campo troverete l'indicazione del periodo e la
scadenza delle iscrizioni, i prezzi e il modo in cui il vostro tempo sara'
distribuito fra solidarieta', formazione e meritato riposo. "Vacanze
contromano" e' in vendita per strada, in libreria e nelle botteghe
del commercio equo e solidale a 7,5 euro. E' una coedizione Terre di
mezzo-Editrice Berti.
DA LEGGERE
CITTA' SANTA E LACERATA
GERUSALEMME PER EBREI, CRISTIANI, MUSULMANI
Il nuovo libro del giornalista LUIGI SANDRI
I kamikaze islamici che l’11 settembre 2001 si sono abbattuti contro le
Twin Towers di New York e contro il Pentagono hanno anche idealmente
colpito Gerusalemme, rischiando di ridurre in cenere il già traballante
processo di pace tra Israele e l’Organizzazione per la Liberazione della
Palestina, un nodo cruciale per l’intero Mondo musulmano. Di fronte ai
nuovi, drammatici sviluppi della situazione è più che mai necessario
tentare, prima di tutto, di capire. Per quali ragioni storiche e
teologiche ebrei, cristiani e musulmani si sono contesi da sempre la
“Città santa”? Che dicono, di questa, la Bibbia e il Corano? Quale il
contesto geopolitico in cui si situa il sanguinoso contrasto tra
israeliani e palestinesi per la “spartizione” della stessa terra?
Perché il tentativo di riconciliazione tra lo Stato ebraico e l’Olp,
iniziato nel 1993, si è poi arenato, rischiando di incendiare il Medio
Oriente? Per tentare di sbrogliare nodi così complessi occorre rivisitare
quattro millenni di storia, osservando gli eventi da tre punti di vista
– quello di ebrei, di cristiani e di musulmani – per poi farli
convergere in un cammino comune guidato dalla giustizia. Da Abramo a
Sharon, da Gesù a Wojtyla, da Muhammad ad Arafat, Gerusalemme ha
conosciuto nei secoli i giorni della benedizione e quelli della
devastazione. Anche oggi, pur in un soverchiante clamore delle armi,
l’ultima parola potrebbe ancora essere delle donne e degli uomini che
vogliono la pace (shalom in ebraico, salam in arabo). Ma occorre un
supplemento di saggezza e di coraggio da parte di tutti. Perché il tempo
stringe.
Tutto questo nel nuovo libro dell’Editrice Monti che sta riscuotendo
grandi successi di pubblico e di critica, e importanti attestati di stima
sia da parte israeliana che palestinese che cristiana. Pagine 420 - euro
20,66 - ISBN 88-8477-001-7
Luigi Sandri, trentino, nato a
Tuenno (Val di Non) nel 1939, giornalista, ha lavorato all’ufficio Ansa
di Mosca e quindi è stato corrispondente della stessa agenzia a Tel Aviv.
Attualmente è vaticanista dell’Ecumenical News International di
Ginevra, de L'Adige di Trento e de Il Mattino di Bolzano; e della rivista
Confronti a Roma. Tra le sue pubblicazioni: Dio in Piazza Rossa (1991) e
L'ultimo papa re. Wojtyla, breve storia di un pontificato controverso
(1996).
INFORMAZIONI
E RIFLESSIONI
(Nazionale)
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BERLUSCONI
E LA TV
di Curzio Maltese
SOLTANTO un analfabeta della democrazia poteva, da capo del governo,
annunciare il licenziamento dalla tv pubblica di due giornalisti e un
comico colpevoli di non pensarla come lui. E quindi, in una logica da
giunta sudamericana, di fare un "uso criminoso" della loro
professione. Silvio Berlusconi l'ha fatto. E per giunta, lo ha fatto
durante una conferenza internazionale, a Sofia, dove certi discorsi non si
sentivano dalla fine del comunismo. Tanto per dimostrare al mondo come
parla il nuovo padrone d’Italia. Non come uno statista democratico ma
come un vendicativo dittatorello da stato bananiero. Il premier ha citato
nomi e cognomi, Biagi, Santoro e Luttazzi, e ha ordinato al
"suo" consiglio d'amministrazione Rai di cacciarli tutti e tre
("E' un preciso dovere..."). Infine ha aggiunto un tocco di
personale e definitivo squallore, facendo seguire alle minacce il ricatto:
"Ove cambiassero, nulla ad personam, ma non cambieranno". (Prima
pagina di "Repubblica" di venerdì 19 aprile 2002)
IL
DEMONE DEL PREMIER
di Michele Serra
LA STOLTA brutalità della sortita di Berlusconi sulla Rai ha un unico
merito (involontario): costringere anche gli ultimi distratti a sbattere
la fronte sul conflitto di interessi. Il premier del paese, nonché
proprietario di Mediaset, ha parlato da padrone della televisione
pubblica, chiudendo il cerchio del più surreale accumulo di potere
politico e mediatico mai visto in democrazia. Che lo abbia fatto nella
convinzione assoluta di essere nel giusto, e anzi di riparare a un. torto
"criminoso" (avere la Rai dato voce, fin qui, anche ai suoi
oppositori), è l'ennesima dimostrazione di una visione del mondo faziosa
e quasi paranoide. Sia o non sia un regime quello che l'uomo di Arcore
presiede, è comunque un potere ingordo e al tempo stesso insicuro: perché
solo l'insicurezza e la paura possono spingere un capo di governo, per
giunta forte di un solido consenso elettorale e parlamentare, a sbocchi di
prepotenza così maldestri e trafelati. Profittare di un microfono bulgaro
per purgare i palinsesti non è una delle tante gaffes o volgarità alle
quali questo viaggiatore ciarliero ci ha abituati (quando va all'estero
perde le inibizioni, come gli impiegati in viaggio-premio). E' uno sfregio
che lo stesso Berlusconi infligge a se stesso e al proprio ruolo
istituzionale, un'auto umiliazione così stupida e grave da far trasalire
anche i suoi osteggiatori più acerrimi che non hanno nemmeno la
tentazione di divertirsi per l'inciampo, tanto pesante e allarmante,
questa volta, è l'impressione di debolezza e arroganza (l'una conseguenza
dell'altra). (Prima pagina di Repubblica di sabato 20 aprile 2002)
UN
ALTRO MONDIALE E' POSSIBILE
Carissimi tutti, vi inoltriamo il documento di presentazione della
campagna "Un altromondiale è possibile: il cuore (e non la testa!)
nel pallone", promossa da AceA onlus, Associazione per i consumi
etici ed alternativi www.consumietici.it, A.c.c.e.s.so, Coordinamento
Lombardo Nord/Sud del mondo, l'altropallone, Rete di Lilliput nodo di
Milano e sostenuta già da molte associazioni e realtà del Terzo Settore.
Il 30 Gennaio 2002 il Consiglio Internazionale del Forum Sociale Mondiale
di Porto Alegre ha approvato la campagna "Un altromondiale è
possibile / Otromundial es posible" proposta da Josè Luiz del Rojo.
La campagna è stata inoltre approvata dall'Assemblea Nazionale della Rete
di Lilliput (a Marina di Massa, gennaio 2002) e dall'Assemblea italiana
dei Social Forum (2/3 Marzo 2002). E' attivo il sito www.otromundial.org,
nel quale è possibile trovare documenti programmatici, liste delle
adesioni aggiornate e dossier informativi. La campagna sarà nel suo
massimo a giugno (durante i mondiali) ma proprio adesso è il momento di
costituire i comitati locali e di preparare tutti i materiali e le idee di
iniziative. Attendiamo vostre notizie. Per adesioni, suggerimenti e
critiche : otromundial@consumietici.it
Il
documento:
Un altromondiale è possibile" - Il cuore (e non la testa) nel
pallone! - Campagna internazionale di sensibilizzazione sullo sfruttamento
legato alla produzione di articoli sportivi. Il calcio è un grande sport
popolare. Campioni, allenatori, squadre appassionano e infiammano. Le
aziende lottano a suon di miliardi per accaparrarsi l'immagine di
calciatori e squadre. La firma del calciatore, il suo volto, il nome della
squadra fanno vendere di più.
Ma che cosa fanno vendere?
Milioni di capi di abbigliamento e di accessori, di scarpe sportive, di
palloni, e di prodotti di ogni tipo che, troppe volte, sono fabbricati in
condizioni disumane, con orari interminabili, con paghe da fame e con lo
sfruttamento dei minori.
Un solo esempio: il costo del lavoro di un paio di scarpe sportive incide
solo per lo 0,4%, mentre le spese per pubblicità e sponsorizzazioni sono
venti volte tanto, l'8,5%.
Le somme spese dai grandi marchi in promozioni sono da capogiro, basti
pensare che ogni giorno, per indossare un cappellino, il campione di golf
Tiger Woods riceve da Nike 48 mila dollari mentre la persona che l'ha
confezionato ne riceve 2.Onorare un grande sport popolare significa non
chiudere gli occhi di fronte a tutto questo, ma impegnarsi affinché la
dignità nel lavoro, i diritti dei bambini e delle persone ad una vita
dignitosa siano garantiti e rispettati.
Al contempo diventa sempre più pressante un impegno nella promozione
dell'etica nel mondo dello sport ed una maggiore responsabilità verso i
consumi.In tutto il mondo da diversi anni si stanno sviluppando iniziative
di sensibilizzazione e di denuncia per dire basta alla produzione di
articoli sportivi nella violazione dei diritti fondamentali.Su questo
fronte si sono impegnate organizzazioni come la Global March Against Child
Labour contro lo sfruttamento del lavoro minorile e la Clean Clothes
Campaign (Campagna abiti puliti); sono nate iniziative come quella di Fair
Trade e.v. e di Transfair Italia per la produzione di un pallone equo, o
come quella de "l'altropallone", un premio assegnato a
personalità che si sono distinte per la loro azione in favore della
solidarietà e dell'etica nel mondo dello sport.
Queste e altre iniziative ancora hanno un unico, grande obiettivo
dichiarato: la dignità e l'integrità della persona prima degli interessi
e dei profitti.Un obiettivo che si ricollega alle lotte presenti in Italia
per la difesa e la stabilità del lavoro, contro la liberalizzazione del
mercato, per l'avanzamento dei diritti nel lavoro e nella società
compreso il diritto di cittadinanza per tutti. La diffusa mobilitazione ha
portato nel 1996 la FIFA a definire un accordo con la Confederazione
Internazionale dei Sindacati Liberi (ICFTU) e con la Federazione
Internazionale dei Lavoratori del tessile-abbigliamento-cuoio (ITGLWF) per
l'adozione di un codice di condotta da estendere alle imprese che
fabbricano palloni e altri articoli sportivi su sua licenza. Gli aspetti
rilevanti del "Codice FIFA":Espresso richiamo alle convenzioni
fondamentali dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL) (età
minima di avviamento al lavoro, divieto di lavoro forzato e in schiavitù,
non discriminazione nell'occupazione, libertà di associazione e diritto
di negoziazione collettiva); Obbligo a corrispondere salari equi; Orari di
lavoro di 48 ore settimanali; Applicazione del codice all'intera catena
della subfornitura del licenziatario; Obbligo da parte dei fornitori a
dare accesso ai siti produttivi ad ispettori qualificati.
Questo codice non è mai stato sottoscritto dalla FIFA per le forti
resistenze delle grandi case produttrici e della Federazione mondiale dei
produttori di articoli sportivi. Malgrado alcuni miglioramenti apportati
nel corso degli anni alle prescrizioni di natura sociale nei contratti di
licenza, due sono i punti rilevanti del codice del 1996 che restano ancora
inapplicati: l'obbligo per le imprese a corrispondere salari equi e
l'obbligo a sottoporsi a meccanismi ispettivi. Per questo i Mondiali di
calcio 2002 debbono essere la vera occasione per ripulire gli articoli
sportivi delle marche sponsor e licenziatarie, dallo sfruttamento, dal
lavoro nero, e dalla schiavitù femminile e minorile.
Obiettivi
della campagna
La campagna "un altro mondiale è possibile" condivide con altre
campagne, come la Global March Against Child Labour, un obiettivo
fondamentale: far si che la FIFA applichi, nella concessione delle proprie
licenze e nell'accettazione dei propri sponsor, i principi contenuti nel
Codice di condotta del 1996, ma pone un'attenzione particolare alle
istanze del mondo del lavoro, sollecitando l'impegno concreto delle
imprese produttrici, sponsor e licenziatarie dell'evento sportivo, ad
operare nel rispetto dei fondamentali diritti umani e sindacali, e
sollecitare e sollecitando il mondo dello sport a prendere coscienza delle
condizioni e dei diritti dei lavoratori.
Preparazione
della campagna:
i mesi di Marzo, Aprile e Maggio sono quelli necessari per la preparazione
della campagna che deve concentrare le iniziative più importanti nel mese
di giugno in contemporanea con i Mondiali.
In questi mesi indichiamo i seguenti obiettivi:
- raccolta di dati sugli sponsor, sulle sponsorizzazioni, sul giro di
affari delle aziende coinvolte;
- raccolta di informazioni sulla produzione, sugli appalti e subappalti
delle stesse;
- azioni di pressione, stato per stato, sulle aziende per l'adozione dei
contenuti del Codice di condotta;
- azioni di sensibilizzazione nei confronti delle tifoserie e dei campioni
sportivi.
La
campagna è partita:
1) è attiva una lista di dibattito INTERNAZIONALE otromundial@yahoogroups.com
potete iscrivervi sul sito www.yahoo.it, nella sezioni gruppi di
discussione.
2) è attiva una lista di dibattito NAZIONALE altromondiale@yahoogroups.com
potete iscrivervi sul sito www.yahoo.com
, nella sezioni groups, in cui potrete aderire alla campagna; comunicare
le iniziative rispetto alla campagna o solamente discutere, chiedere
informazioni, dare informazioni… la lista NON ha moderatore ed è
totalmente libera
Il 30 gennaio 2002 il Consiglio Internazionale del Forum Sociale Mondiale
a Porto Alegre (Brasile) ha approvato la campagna "Un altromondiale
è possibile" proposta da Josè Luiz Del Roio. Le organizzazioni
proponenti: AceA onlus, Associazione per i consumi etici ed alternativi
www.consumietici.it, A.c.c.e.s.so, Coordinamento Lombardo Nord/Sud del
mondo, l'altropallone, Rete di Lilliput nodo di Milano.
Veronesi:
la sanità si allontana dall’Europa
Aveva promesso che non avrebbe commentato il lavoro di Girolamo Sirchia,
suo amico e successore al ministero della Sanità. Ma quando gli chiediamo
un parere sull'annunciata riforma del Sistema sanitario, Umberto Veronesi,
l'oncologo di fama internazionale che da ministro aveva scosso il mondo
politico per i suoi modi diretti (di parlare e commentare, ma anche di
fare e progettare) non ha esitazioni: «Sono sempre stato per il tempo
pieno: lo ero già nel '75 come direttore dell'Istituto dei Tumori di
ilano».
Si tratta dunque di un passo indietro.
Di certo non è un passo avanti, proprio ora che l'Europa sta andando in
direzione opposta. Premetto che non conosco la riforma nei dettagli, però
il perno sui cui poggia - lasciare ai medici la possibilità di un doppio
incarico, pubblico e privato, in ospedale e in clinica - mi lascia
perplesso. Per due motivi. Il primo professionale, il secondo etico. Il
primo è legato al fatto che un buon medico ospedaliero oggi lavora molto
più di prima: deve saper curare, naturalmente. Ma deve anche studiare,
perché la scienza cammina con passo sempre più veloce e le conoscenze si
rinnovano nel giro di cinque anni. E poi deve fare ricerca, analizzare
quello che ha visto in modo che la sua esperienza diventi patrimonio di
tutti. Infine deve passare molto più tempo con il paziente: oggi i malati
vogliono sapere quel che accadrà, vogliono essere informati, vogliono
poter decidere. Dare il proprio consenso a una terapia, come si dice in
termini tecnici, non vuol dire mettere una firma sotto un foglio che ti
porta l'infermiera: significa prendere una decisione dopo che il tuo
medico ti ha chiarito la situazione e le alternative terapeutiche. È un
cambiamento importante.
E tutto questo richiede tempo.
La giornata di un medico ospedaliero, oggi, inizia alle otto del mattino e
finisce quando finisce. Proprio per questo è indispensabile una struttura
che lo aiuti a svolgere il proprio lavoro e, magari, che lo stimoli a fare
di più. Il mestiere del medico è bello se gratificante: se lo riduciamo
a un problema di «quanto guadagno in quanto tempo», lo snaturiamo.
Parlava anche di un secondo aspetto, di tipo etico-economico.
Sì, ma è strettamente legato alla situazione di oggi. Il fatto che
esistano due diversi tipi di sanità, pubblica e privata, è
comprensibile, accettabile e probabilmente efficace. Ma devono essere
poste sullo piano, devono essere concorrenziali tra loro. L'ospedale
privato e l'ospedale pubblico devono avere il loro personale, a tempo
pieno in entrambi i casi. Esistono anche differenze tra le due realtà: in
uno ci possono essere lunghe liste di attesa, nell'altro brevissime; in
uno ti potresti trovare in corsia con quattro o anche otto letti e un
bagno in comune, nell'altro puoi avere la stanza singola con la tua tv e
il tuo telefono. Se la situazione è questa, è chiaro che il medico che
ha un doppio incarico, nel privato e nel pubblico, finisce per selezionare
i propri pazienti e separarli. Lo fa in buona fede, non ho dubbi, ma lo
fa. I pazienti più ricchi vanno a pagamento, quelli che non possono
permettersi la clinica o che richiedono cure lunghe e complesse - che
inevitabilmente peseranno sulla struttura che li assisterà - restano in
ospedale. In questo modo le case di cura guadagnano, gli ospedali pubblici
pagano; le prime producono utili, i secondi solo costi. Così facendo, però,
va a finire che lo stesso medico, quando è in ospedale, anziché fermarsi
con i pazienti o i colleghi, guarda l'orologio e corre in clinica.
Il medico, insomma, deve fare una scelta: o di qua o di là.
Il sistema sanitario sta profondamente cambiando: l'ospedale del futuro,
quello di cui si discute in tutti i Paesi d'Europa, sarà profondamente
scientifico, tecnologico, impegnato nella ricerca, nello studio,
nell'educazione, oltre che nella prevenzione e nella terapia. Il progetto,
a livello europeo, è proprio quello di chiudere due terzi degli ospedali
e di creare una grande rete di centri diagnostici sul territorio, perché
la diagnosi deve essere capillarizzata: quando hai un dubbio devi poter
trovare un centro vicino a casa tua, non a cinquanta chilometri. E gli
ospedali, ridotti come numero, devono avere invece una grande qualità di
lavoro.
Qualche anno fa lei disse che battere il cancro era solo una questione di
tempo, di qualche decennio.
Lo ribadisco, non saprei dire se si tratterà di trenta o cinquant'anni,
ma l'ordine di grandezza è quello. Il fatto è che rispetto a prima
abbiamo tra le mani conoscenze che prima non erano disponibili. Prendiamo
il Progetto Genoma, cioè la decifrazione del nostro codice genetico:
rappresenta una svolta epocale, ma è stata completata solo nel 2001.
Negli ultimi anni, poi, la ricerca ha preso un passo tale che, facendo un
esercizio matematico, cioè valutando le scoperte degli ultimi dieci anni
e il progressivo calo di mortalità possiamo fare delle previsioni. E dire
che, continuando così, fra qualche decennio saremo in grado di dare la
spallata finale a questa malattia che un tempo si pensava imbattibile.
Lei parla di nuove strade, quale la più promettente?
Aver iniziato a capire i tanti passaggi, i diversi gradini che portano
alla formazione di una cellula tumorale. Si tratta di un modo nuovo di
guardare il cancro e, di conseguenza, di impostarne le strategie di cura e
prevenzione. La formazione di un tumore può essere divisa in due grandi
fasi: una invisibile e una evidente. Noi oggi interveniamo solo sulla
seconda, quando il tumore si è ormai formato. Eppure esiste un lungo
periodo, che chiamo la «lunga notte del tumore», in cui hanno luogo quei
processi che portano alla trasformazione di una cellula sana in una
cellula tumorale. Il fatto sorprendente è che si tratta di processi
lunghi, lunghissimi: se io oggi venissi a contatto con una sostanza
cancerogena, anche potente, l'eventuale formazione di un tumore non
potrebbe che avvenire fra quindici, vent'anni. Ebbene, la nuova strategia
di ricerca è capire cosa succede durante la notte del tumore per
intervenire nei processi di trasformazione e bloccarli. Un'altra strada,
fondamentale, è quella di individuare i tumori il prima possibile, quando
sono appena usciti dalla lunga notte, all'alba diciamo. E questo sia perché,
essendo piccoli, sono più facili da distruggere o da rimuovere, sia perché
in quello stadio è meno probabile che abbiano invaso altri organi. Questo
a sua volta vuol dire una diagnosi precoce, anzi precocissima: cosa
possibile con lo sviluppo di nuove tecnologie, ma anche con un sistema
sanitario efficiente, perché richiede una buona preparazione del medico e
una maggiore attenzione del cittadino che deve sottoporsi con regolarità
a esami di controllo.
Poi c'è la prevenzione dove però non si capisce se è più quel che è
stato fatto o quel che resta da fare. Ad ascoltare voi medici sembra non
sia mai abbastanza, forse anche perché non sempre quel che dite viene poi
realmente ascoltato. Lei ne sa qualcosa per quel che riguarda il fumo,
quando da ministro tentò inutilmente di convincere i suoi colleghi a
varare una legge contro il tabagismo. Sembra che tra mondo della scienza e
mondo della politica non ci sia una grande sintonia, non crede?
Il problema è che manca la volontà di fare. In Finlandia, parlamento e
governo hanno deciso di dichiarare guerra alle sigarette: nel giro di
pochi anni la gente ha quasi completamente smesso di fumare e la mortalità
per tumore al polmone in quel paese è crollata a valori minimi. Per farlo
hanno realizzato una intensa campagna di informazione ed educazione. Con i
mezzi di comunicazione di oggi, non c'è nulla che non possa essere
trasmesso con efficacia alla popolazione. La pubblicità riesce a fare
tutto. Occorrono degli investimenti, certo, ma soprattutto la volontà. Se
lo Stato volesse davvero far smettere la gente di fumare dovrebbe
impegnare le reti televisive, comprare spazi pubblicitari, martellare
tutto l'anno su questo argomento portando immagini, testimonianze,
documenti.
Un problema di comunicazione, dunque, più che di proibizione.
La proibizione non deve esistere. Non possiamo impedire alla gente di
fumare: la mia legge riguardava la difesa dei non fumatori, faccenda
completamente diversa. Un fumatore inquina l'aria, su questo non ci sono
dubbi. E se è giusto perseguire un'industria che inquina, lo stesso devo
essere fatto con una persona che fuma in un luogo pubblico. La mia era una
legge semplice e lineare, fatta di poche righe: sei a casa tua, nessuno ti
proibisce di accenderti una sigaretta, ma se sei al cinema, a scuola, in
un ristorante non puoi fumare. La protezione del non fumatore è un dovere
civile.
La lotta al fumo di sigaretta, cioè la dissuasione a scopo preventivo è
invece un'altra questione. E non può che essere realizzata per via
persuasiva. Sono antiproibizionista per quel che riguarda la droga,
figuriamoci se non lo sono per le sigarette.
Eppure il suo disegno di legge si arenò in Parlamento.
Lo confesso, fu una delusione. Ma devo ammettere che quando entrai al
governo e vidi che tutti o quasi erano fumatori incalliti, capii che
sarebbe stata una missione difficile. Perché so, per esperienza, che i
fumatori sono un po' fatalisti. E in genere poco decisi a prendere
decisioni drastiche riguardo alle loro abitudini. Come in effetti accadde.
Eppure è un atteggiamento che come medico, e come ministro della sanità,
non potevo e non posso accettare.
Un altro atteggiamento, inaccettabile, è quello di cambiare la realtà
dei fatti. Un luogo comune, molto diffuso, è quello di affermare che
l'inquinamento atmosferico, specie in città, è tale che una sigaretta in
più o in meno non fa alcuna differenza. È un'affermazione sbagliata e
priva di senso: l'inquinamento cittadino provoca bronchiti, allergie, ma
la possibilità che provochi tumore al polmone è minima rispetto a quella
del fumo di sigaretta. Pochi lo sanno, ma nell'arco alpino, ad esempio in
Friuli, dove si fuma molto, l'incidenza del cancro al polmone è superiore
a quella che si registra in città come Milano o Genova. Impegnarsi per un
ambiente più pulito è giusto, ma questo non deve distoglierci dalla
lotta contro i tumori.
La quale richiede grossi impegni di ricerca, ma anche investimenti:
argomento che in Italia non è certo tra i più seguiti.
Il governo ha di recente annunciato che si pone l'obbiettivo di dedicare
alla ricerca, a tutta la ricerca, l'1% del Pil. Lo ritengo insufficiente:
ci vorrebbe almeno il doppio, tenendo presente che altri paesi spendono il
3 o addirittura il 4% del Pil. Lo stesso vale per le ricerche di
oncologia, dove in Italia si spendono ogni anno circa 300 miliardi, di cui
il quaranta per cento da privati: anche qui, l'ideale sarebbe arrivare al
doppio.
Che in Italia si spenda poco per la ricerca è noto da tempo.
Certo, però adesso siamo entrati in una fase in cui ogni aspetto della
nostra vita è profondamente legato alla scienza. Il futuro, lo dicono
tutti, è fatto di ricerca. La novità, oggi, è che il futuro, questo
futuro, è già cominciato. (fonte: 13.04.2002 L'Unità)
INFORMAZIONI
E RIFLESSIONI
(Internazionale)
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INFILTRAZIONI
DI PESTICIDI NEL SOTTOSUOLO HANNO RESO IL CONTINENTE UNA "BOMBA
TOSSICA AD OROLOGERIA"
L’Africa è una "bomba tossica ad
orologeria". Lo ha dichiarato ieri ad Addis Abeba (Etiopia) Alemayehu
Wondagegneh, il consulente per l’inquinamento da pesticidi della Fao,
l’Agenzia dell'Onu per l'alimentazione e l'agricoltura. Queste sostanze
chimiche utilizzate nel corso degli anni per fertilizzare i terreni
‘poveri’ dei Paesi in via di sviluppo – migliaia di tonnellate
secondo l’organismo delle Nazioni Unite che ha sede a Roma – si sono
ormai infiltrate nelle falde acquifere del continente. Ingerite dagli
animali acquatici, sono entrate di fatto anche nella catena alimentare che
arriva fino all’uomo. Nei prossimi 5 anni – è la terribile
‘profezia’ di Wondagegneh – si vedranno i dannosi effetti sulla
salute umana. Uno dei Paesi più a rischio è proprio l’Etiopia, dove
sono stati individuati un migliaio di siti con circa 3.500 tonnellate di
pesticidi. Un programma di bonifica dei terreni contaminati nell’ex
colonia italiana esiste già e vede in prima linea le imprese finlandesi.
Il costo dell’operazione si aggira sui 3mila dollari Usa per tonnellata
(3.360 euro circa). (fonte: www.misna.org
)
Quei
due ormai incompatibili per la pace
di Erri De Luca
Il male estremo della guerra si è impiantato nel luogo di massimo
contagio. La terrasanta, tre volte santa per tre religioni, tracima
d'infezione e ammala il mondo alzandogli la temperatura. Israele ha invaso
la Cisgiordania. Non vuole annettersela ma smantellare le formazioni
militari palestinesi e raccattare il massimo di nuove informazioni su di
loro. L'intifada, molto più compattata, ha tagliato i contatti, i
rifornimenti di notizie accecando il servizio di sicurezza di Israele. Gli
arresti in massa, gli interrogatori, le perquisizioni stanno inseguendo
questa nuova mappatura del nemico. Per farlo hanno invaso la Cisgiordania,
hanno procurato stragi di combattenti e di civili.
L’invasione è un atto di guerra smisurato rispetto a un risultato di
polizia. Non si dichiara una guerra per fare degli arresti. L’atto è
sregolato per eccesso, ma pure per difetto: è a tempo, deve ritirarsi,
non ha fermato gli attentati.
Dall’altra parte esiste un’altra sproporzione: un suicida palestinese
con addosso un esplosivo molto più devastante lo userebbe? Sì. Allora
oggi non è più questione di discutere di due stati che possono
coincidere su quella terra, ma questione di sopravvivenza per entrambi i
popoli. Un attacco a Israele, mininucleare, chimico, batteriologico
avrebbe una risposta su scala nucleare. La sopravvivenza della vita umana
su quel suolo: questo è all’ordine del giorno.
Sergio Romano ha di recente spiegato che il guaio sta nel manico, nella
scelta delle Nazioni Unite di concedere entità di stati a ebrei e
palestinesi nel dopoguerra. La sostanza è: Israele è l’anticorpo,
isola d’occidente in mezzo agli arabi, che produce a ondata crisi di
rigetto. Ecco il punto ben individuato: non si è rimesso in circolo un
petulante e becero antisemitismo ricorrente, la calunnia del complotto
sionista, l’insofferenza verso il popolo infinitamente eletto e rieletto
a bersaglio. No, riparte in teste lucide e in sentimenti oscuri
l’impulso dello sfratto. È l’«Aussiedlung», termine con cui i
nazisti indicavano lo spostamento forzato degli ebrei dall’Europa, con
destinazione i campi di annientamento. Stavolta l’Aussiedlung riguarda
un solo punto del mondo, la terrasanta. L’antisemitismo di ora mira a un
punto della carta geografica, che è il centro del mondo. Tale è la
terrasanta. Rispetto alla sua centralità, le macerie delle torri gemelle,
del Pentagono e del fallito impatto sulla Casa Bianca sono incidenti di
periferia. La terrasanta è il centro nervoso capace di scatenare
epilessia al pianeta intero. Mentre imprese militari contro l’Afganistan
e prossimamente l’Irak sono diversivi, tiri molto lontani dallo specchio
della porta.
Oggi l’antisemitismo ha smesso ogni gradualità e indica l’«Endlösung»,
la soluzione finale, l’eliminazione di Israele da lì. La terrasanta si
candida a diventare la nuova camera a gas con forno annesso per tutti gli
abitanti di quel suolo. Ringrazio chi ha avuto lo stomaco di leggere fin
qui, e ha pieno diritto di non leggere il seguito, che è peggio.
Non esiste alcuna possibilità di pace tra Sharon e Arafat. Sono entrambi
incompatibili con una soluzione, con un dopo-guerra. Si deve fare senza di
loro. La differenza tra i due è però grave: Sharon è intercambiabile,
un altro israeliano prenderà facilmente il suo posto, mentre Arafat no.
Lui è ostacolo più grande di Sharon perché insormontabile. Senza di lui
anarchia? Lo è già, ma è anarchia con delega a lui di rappresentarla.
Senza di lui le lotte armate palestinesi dovranno darsi un governo
unificato, uscire dallo stato di tutela e di seminfermità politica.
Dovranno decidere se puntare alla soluzione finale o raggiungere l’entità
nazionale attraverso il negoziato. Il tempo congiura contro, i giorni di
guerra ingrandiscono i calibri e la volontà sorda di farla finita col
nemico anche a costo di catastrofe. Non credo che i nostri governatori del
mondo abbiano inteso il furore tellurico che sta accumulandosi
nell’epicentro di Gerusalemme. E in tempi tragici è tragico avere capi
di piccoli cranio. (Avvenire, 14/4/02)
Torture, scudi umani, uccisioni indiscriminate,
arresti in massa: prime denunce dei pacifisti israeliani
B'TSELEM *
La situazione dei diritti umani nei territori occupati è peggiorata
enormemente con le ultime incursioni militari israeliane. Informazioni
dettagliate sono molto difficili poiché Israele ha impedito l'accesso
alle aree in cui l'esercito sta operando. (...).
Detenzioni e torture di massa
Sin dall'inizio dell'operazione «Muraglia di difesa» l'esercito
israeliano detiene migliaia di palestinesi nei territori occupati. Spesso
gli arresti di massa sono stati condotti secondo i criteri di età e di
genere, così molti palestinesi sono stati detenuti semplicemente perché
erano presenti laddove venivano effettuati gli arresti e non perché
fossero sospettati. Il 5 aprile 2002, B'Tselem ha ricevuto informazioni da
una fonte israeliana sulle dure condizioni di detenzione e sull'uso della
tortura durante gli interrogatori nell'accampamento militare di Ofer,
situato vicino Ramallah.
L'esercito ha emesso un ordine tassativo che nega ai detenuti il diritto
di incontrare dei legali. B'Tselem, insieme a tre altre organizzazioni per
i diritti umani israeliane, ha presentato una petizione urgente all'Alta
corte di giustizia di Israele chiedendo che ai detenuti venga permesso di
incontrarsi con i legali e che la corte vieti il ricorso alla forza fisica
contro di loro durante gli interrogatori. Il 7 aprile 2002, dopo una breve
udienza, la corte ha rigettato la petizione. (...)
Scudi umani e niente cure
L'8 marzo, intorno all'una del pomeriggio, sei soldati israeliani sono
entrati nella moschea di al-Baq nella città vecchia di Nablus, dove era
stata istituita una clinica di emergenza. Secondo le informazioni fornite
a B'Tselem dal dottor Zahara el-Wawi, medico di quella clinica, i soldati
sono entrati nella moschea con i fucili puntati alle spalle dei civili
palestinesi che sono stati costretti a marciare davanti ai soldati come
"scudi umani". I soldati hanno separato il personale medico dai
pazienti, perquisito i cadaveri e controllato l'identità dei pazienti
feriti.Da molti giorni a questa parte, B'Tselem sta ricevendo resoconti
riguardanti l'uso di civili palestinesi come scudi umani da parte dei
soldati israeliani, oltre all'impedimento del trasporto di persone ferite
e la mancanza di elettricità, acqua e forniture mediche nelle strutture
ospedaliere. Questo è un fenomeno che B'Tselem ha documentato nelle
invasioni degli ultimi mesi nelle città palestinesi.
Alcuni casi di uccisioni
(...) Gli episodi elencati rappresentano solo una piccolissima parte delle
violazioni dei diritti umani che vengono commesse nel West Bank. (...)
Gran parte delle informazioni riportate qui di seguito sono state raccolte
al telefono, poiché gli operatori sul campo sono impossibilitati a
raggiungere le vittime e i testimoni oculari per raccogliere testimonianze
dirette. Le informazioni sono state verificate nel massimo grado possibile
date le circostanze attuali. Il 10 aprile, alle 5:15 due residenti di
Dura, distretto di Hebron, Aref Mahmud Sayid Ahmad (33 anni) e Na'if Salem
Sayd Ahmad (32 anni) stavano tornando a casa dalle preghiere del mattino
presso una moschea della città. Quando si trovavano a dieci metri dalla
casa di `Aref Ahmad, da un elicottero è stato sparato un missile che ha
ucciso entrambi gli uomini. L'esplosione ha causato un incendio nella casa
di 'Aref Ahmad. Sua moglie e la figlia di 8 anni sono state ferite alla
testa dallo shrapnel. Faruq, fratello di Na'if Ahmad, è stato gravemente
ferito a una gamba. A causa del coprifuoco imposto alla città, è stato
impossibile mandare un'ambulanza. Questi si trovano ancora nella casa di
Na'if Ahmad.
Taher `Abd a-Dudin (35 anni), residente a Dura e sofferente di un ritardo
mentale, ha lasciato ieri la sua casa alle 8 del mattino per comprare le
sigarette. Quando ha visto i soldati per la strada si è spaventato e ha
cominciato a scappare verso la sua casa. I soldati gli hanno sparato
uccidendolo. Il suo corpo è nel municipio di Dura.
Domenica 7 aprile 2002 alle 11 del mattino, sei soldati sono entrati in
casa di Nabil Nadim Nur a-Din (43 anni) nella città vecchia di Nablus e
l'hanno perquisita. Dopo la perquisizione i soldati hanno chiesto a Nur
a-Din di uscire in strada e di rimuovere gli ostacoli sul lato della
strada. Egli si è rifiutato, perché in quel momento erano in atto degli
scontri a fuoco, e ha detto ai soldati: «Anche se mi sparate, non uscirò
in strada». In risposta, uno dei soldati gli ha sparato. Poi i soldati
hanno ordinato al figlio di Nur a-Din, Ahmad, di sgomberare la strada.
Ahmad è uscito di casa con loro ma è riuscito a scappare. Ieri Nabil Nur
a-Din è riuscito a raggiungere l'ospedale Rafidia a Nablus, 9 aprile,
dove è ancora in cura. (Fonte: B'Tselem) Muhammad Abu Hatab (30 anni) è
stato ucciso vicino il campo profughi di Askar, nel distretto di Nablus il
5 aprile 2002. Il suo corpo è rimasto in un campo aperto, a 5 metri dalla
strada, visibile ai soldati lì vicino. Un palestinese che aveva tentato
di rimuovere il corpo è stato preso dai soldati che poi lo hanno
picchiato, gli hanno tolto i vestiti e lo hanno portato via. Il 9 aprile
alle 10.30 gli uomini della Mezzaluna Rossa hanno tentato di rimuovere il
corpo. I soldati gli hanno sparato. Solo il 10 aprile, alle 17.30,
l'esercito ha permesso la rimozione del corpo. Domenica 7 aprile 2002,
poco dopo le 21, sono stati sparati dei colpi in direzione della casa
della famiglia S., vicino il vecchio campo profughi di 'Askar. Il
capofamiglia, 65 anni, è rimasto ucciso e sua figlia S. H. (32 anni) è
stata colpita al petto da una pallottola. Solo lunedì pomeriggio, dopo
aver raggiunto un'intesa con l'esercito israeliano, un'ambulanza della
Mezzaluna Rossa è stata mandata sul posto per portare la figlia in
ospedale. Comunque i soldati hanno sparato all'ambulanza e hanno ordinato
al personale di allontanarsi. Ancora il 10 pomeriggio S. H. non è stata
portata all'ospedale. (Fonte: HaMoked - Center for the Defense of the
Individual) Hafez Mahmud Sabra (63 anni) è stato ucciso il 7 aprile 2002
nel campo profughi di 'Askar nel distretto di Nablus. Alle ore 19 Sabra si
è recato nel suo cortile e ha porto una brocca d'acqua ai suoi vicini. Un
tank, situato a 300 metri dalla sua casa, gli ha sparato e lo ha ucciso.
Uno shrapnel ha colpito sua figlia Suna Hafez Mahmud Sabra (36 anni) che
è rimasta ferita alla schiena e alla testa. Lei si trovava in casa quando
è avvenuta la sparatoria. Poiché non viene permesso alle ambulanze di
circolare, la famiglia ha deciso di seppellire il padre in cortile. Solo
ieri sera, 9 aprile, Suna Sabra è riuscita a raggiungere l'ospedale
Rafidia dove ha ricevuto assistenza. (Fonte: B'Tselem)Giovedì 4 aprile
2002 c'erano 28 pazienti con insufficienza renale a Jenin impossibilitati
a raggiungere l'ospedale per sottoporsi a dialisi. I tentativi fatti
dall'associazione per i diritti civili in Israele di concordare il loro
arrivo in ospedale sono falliti. Solo domenica, dopo almeno quattro giorni
senza dialisi, 4 pazienti su 28 sono stati portati in ospedale. Le fonti
nell'ospedale di Jenin, senza elettricità, non sanno cosa sia successo
agli altri 24 malati. Un veicolo corazzato dell'esercito israeliano
staziona davanti all'entrata dell'ospedale, impedendo di entrare o uscire.
(Fonte: Physicians for Human Rights). Sette soldati israeliani pattugliano
il villaggio di Sabastiya nel distretto di Nablus una volta al giorno.
Negli ultimi giorni il pattugliamento è stato effettuato dallo stesso
gruppo di soldati che ogni giorno hanno scelto una abitazione a caso e
hanno lanciato al suo interno granate e bombe lacrimogene. Il 9 mentre
sedevano a un caffè vicino alle rovine storiche del villaggio, i soldati
hanno fermato i passanti e li hanno picchiati. B'Tselem ha fatto appello
al portavoce dell'esercito israeliano chiedendo di investigare questo
caso. Non abbiamo avuto risposta.
Il 4 aprile 2002, Ghania `Othman Khalil Kharameh (13 anni) è stata ferita
mentre si trovava nella sua casa nel quartiere di Ras Al `Ein a Nablus. I
proiettili l'hanno colpita al braccio e al petto. Solo sei giorni dopo è
stato possibile portarla in ospedale.
Che fine hanno fatto i detenuti?
Ci sono 1.000 detenuti che si trovano nell'accampamento militare di Ofer;
tra 1.000 e 1.500 nella prigione militare di Megiddo; 100 nella struttura
di detenzione di Salem aperta vicino Jenin e molte dozzine in strutture di
detenzione permanente nel West Bank. I detenuti rilasciati da Ofer hanno
riferito dure condizioni di trattamento. Tra le altre cose, hanno
denunciato cibo insufficiente, sovraffollamento, freddo, umiliazioni e
percosse. Alcuni dei detenuti sono costretti a dormire su tavole di legno.
Con l'aumento del numero dei detenuti, ciascuno ha uno spazio di 40
centimetri in cui dormire, e alcuni non hanno neanche quello. L'esercito
vieta ai detenuti incontri con gli avvocati. E l'Alta corte di giustizia
ha rigettato una petizione di quattro organizzazioni per i diritti umani
che chiedevano di entrare nel campo militare di Ofer. (Fonte: HaMoked -
Center for the Defense of the Individual).
* B'tselem è un'organizzazione pacifista
israeliana impegnata sui diritti umani e contro la tortura. In queste ore
è impegnata a Jenin a trattare sulle condizioni dei prigionieri
palestinesi. Sito web: www.btselem.org - Traduzione di Marina Impallomeni
Guatemala: ricordo di Mons. Gerardi e «Guatemala,
nunca mas»
Sono iniziate il 25 aprile le numerose attività in programma a
Città del Guatemala per commemorare il quarto anniversario della morte
del compianto vescovo ausiliare, monsignor José Greradi Conedera, ucciso
il 26 aprile 1998. Come riferito alla MISNA dall’Ufficio dei diritti
umani dell’arcivescovado (Odha) - organismo fondato e coordinato dal
presule scomparso - la prima importante iniziativa è stata la
divulgazione del rapporto “Omaggio alle donne, memoria viva di una luce,
ricostruendo la verità storica” redatto dall’Odha. Sono quindi
seguite la presentazione del documento “Guatemala diversa”, curato
dalla Pastorale Sociale e l’inaugurazione della mostra “Monsignor
Gerardi e i martiri della Chiesa del Guatemala”, allestita nella
Parrocchia del Sagrario (Collegio di ‘San José de los Infantes’), che
resterà aperta fino al 17 maggio. Segnaliamo ai
lettori de «il GRILLO parlante» la lettura del libro-rapporto «GUATEMALA,
NUNCA MAS» (La Piccola Editrice, tel. 0761 912591) scritto dall'Ufficio
dei Diritti Umani dell'Arcivescovado di Guatemala. Un libro scomodo, la
cui pubblicazione è costata la vita a Mons. Gerardi. (am.t.)
Sorvegliati
speciali
Per questa volta si sono limitati a un "sopralluogo", ma l'anno
prossimo sarà ispezione vera. L'inviato speciale delle Nazioni Unite, il
malese Dato Param Cumaraswamy, tornerà a esaminare le magagne del nostro
rapporto governo-magistrati alla fine di marzo 2003. Rientrato in questi
giorni a Ginevra dalla sua prima missione italiana, l'inviato speciale di
Kofi Annan ha steso un rapporto durissimo, nel quale parla di
"politici di primo piano sotto processo a Milano che dovrebbero
rispettare i processi in corso, anzichè ritardarli". Mister
Cumaraswamy ha manifestato tutto il proprio stupore per l'accoglienza
"a dir poco infastidita" riservatagli dal ministro Roberto
Castelli. Castelli ha preso male che un malese si permettesse di fargli le
pulci. Il ministro leghista dovrebbe invece riflettere sulle nazioni che
quest'anno tengono compagnia all'Italia sul taccuino degli ispezionati:
Eritrea, Guinea-Bissau, Haiti, Malawi, Tunisia e Zimbawe.
I
miserabili a stelle e strisce
Un'affermata giornalista free-lance incontra uno dei suoi editori. E' un
pranzo di lavoro in uno dei ristoranti à la page e la conversazione è
piacevole. La giornalista è una reporter d'assalto che ha sulle spalle la
militanza nel mouvement, un matrimonio con un sindacalista «arrabbiato»
dei camionisti, due figli, molti reportage su argomenti «caldi» -
dall'uso della medicina per reprimere le donne, ai riti della guerra - e
un prestigio che fa dimenticare al suo editore la sua tendenza a fare, di
tanto in tanto, «sermoni marxisti». Un pranzo di lavoro come tanti. A un
certo punto però lo scambio conviviale di opinioni affronta il mondo del
lavoro statunitense e sulle inquietanti statistiche che attestano sì la
piena occupazione, ma che negli Usa la maggioranza della forza-lavoro è
costituita da working poor, lavoratori poveri che percepiscono salari di
fame per lavori degradanti e nessun diritto. Lei, secca, apostrofa il suo
editore: «Ci vorrebbe un giornalista giovane che viva per un anno come un
lavoratore povero e tirarci fuori un libro che denunci questo scandalo».
La risposta è altrettanto concisa e non le lascia via di fughe: «Giusto:
una come te».
E' l'avvio di un reportage sull'universo lavorativo americano di questo
inizio di millennio. Un libro costruito con cura, senza nessun ammicamento
retorico su un paese che sbandiera la libertà come il suo valore più
alto ma che costringe a una vita «infame» oltre il sessanta per cento
della sua forza-lavoro. Una vita segnata da corpi abbrutiti da giornate
lavorative che si sa quando iniziano, ma mai quando finiscono. Ma anche di
biografie marchiate dall'arbitrio, dall'umiliazione, dal dispotismo di un
capetto che si sente di esercitare il ruolo di padre-padrone solo in virtù
di un reddito decente, di una assicurazione sanitaria, di una casa di
proprietà e di una automobile.
Il volume - Una paga da fame, Feltrinelli, pp. 164, euro 13.50 - è
scritto da Barbara Ehrenreich ed è uno spaccato sugli Stati uniti di oggi
e ruota attorno ai lavori svolti per circa due anni dalla protagonista che
cela la propria identità di affermata professionata della carta stampata.
Per prima cosa si trasferisce in Florida per fare la cameriera in una
grande catena di alberghi. Poi passa nel Maine per pulire le case dei
ricchi. Infine giunge nel Minnesota per fare la commessa in una grande
catena di supermercati dell'abbigliamento. Tutti i suoi datori di lavoro
sono manager di medio livello in una grande corporation che fonda la sua
ricchezza nel vendere in franchising il proprio logo. L'orario di lavoro
è formalmente di otto ore, ma gli straordinari sono obbligatori e non
vengono pagati. Il salario, infine, non supera mai i sette dollari all'ora
e che spesso è al di sotto del «salario di ingresso» statunitense
definito di stato in stato. Già perché negli Usa la legislazione sul
lavoro è abbastanza diversa da quella vigente in Europa e vale il
principio che il salario di ingresso (leggi minimo) venga definito per
legge non a livello federale, ma sia prerogativa di ogni singolo stato (in
Italia potremmo parlare di gabbie salariali, grazioso regalo avvelenato
che ci vuol fare l'attuale governo in carica). I regolamenti sulle
assicurazioni sanitarie sono sempre gli stessi: se ne ha diritto, ma solo
dopo un periodo di prova, dai tre ai sei, nove mesi, a seconda del
capriccio della sede locale dell'impresa. Periodo che pochi riescono a
superare, dato i ritmi a cui si è costretti, la denutrizione che riduce a
larve e che ti costringe a cercare altri part-time per integrare il
salario. Secondi e terzi lavori della stessa specie, ma che hanno come
effetto «collaterale» milioni di infortunati sul lavoro (mai denunciati
per paura di essere cacciati).
Ci sono pagine «poetiche» sui rapporti della giornalista con i suoi
compagni di disgrazia, segnati da sentimenti diversi e contrastanti, un
misto di mutuo soccorso - nel sendo di fornire cibo a chi non ne ha - e la
diffidenza tipica di chi è inserito nel processo lavorativo in una
condizione di servilismo. La maggioranza sono donne con una storia pesante
sulla spalle (spesso sono le uniche che «portano i soldi a casa») e che
devono lottare con le unghie e con i denti contro chi, proprio perché
donne, esprime dubbi sulla loro natura «umana». Barbara Ehrenreich
scrive di «sorellanza»: con cautela, però, perché la condivione della
stessa situazione è in negativo, cioè sulle privazioni e non sulla
necessità di rompere il meccanismo che le costringe a vivere come
vagabonde. Vagabonde perché gli affitti sonoalti e bisogna dormire: in un
motel puzzolente o in una roulotte progettata per gnomi.
Nei depliant delle imprese si leggono frasi altisonanti sullo spirito di
iniziativa dei «collaboratori», pardon dei lavoratori, ma poi sei
considerato un perdente, perché non hai una casa, una famiglia decente,
perché ti vesti male, perché, in fondo, in fondo, sei un po' stupido se
sei arrivato a galleggiare nel fondo del barile. Umiliazioni che non
riescono a piegare le donne, che fanno andare avanti la baracca con la
inventiva di astuti accorgimenti per «risparmiare tempo», riservandone
un po' per sé. Un'inventiva che usano con parsimonia, perché «mostrarsi
troppo brave» non conviene, visto che «i capi `più vedono che sai fare,
più pretendono da te e ti sfruttano'». Un antico e vecchio slogan del
Novecento sosteneva che «per salario di merda, ci vuole un lavoro di
merda». E' quello che fanno le protagoniste e i protagonisti de Una paga
da fame.
Donne in maggioranza, ma anche migranti. Croati, salvadoregni,
guademaltechi, russi. Ma il mondo del libro non è quello descritto da
John Dos Passos in Manhattan Transfer ottanta anni fa. No, quella di
Barbara Ehrenreich è l'America di Bush e di Clinton. Tremende sono anche
le statistiche che nelle conclusioni vengono fornite dall'autrice. Tra un
primo e un secondo lavoro, il salario annuo della maggioranza della
forza-lavoro è attorno ai 12-13 mila dollari, mentre per riprodursi in
quanto tale si spendono dai 13-15 mila dollari. E i conti vengono fatti
quadrare senza curarsi (tutti i compagni di lavoro della giornalista si
riempiono di analgesici) e mangiando solo un pacchettino di patatine
fritte per pranzo.
Ma perché queste donne e questi uomini non si ribellano? La risposta sta
nel racconto di quando la protagonista lavora come commessa. L'impresa è
la Wal-mart, grande catena della commercializzazione, il più grande
datore di lavoro privato degli Usa. Odia il manager che la chiama «collaboratrice»,
imponendo però che timbri il cartellino ogni volta che va a fare pipì;
oppure quando passa in rassegna come ha piegato gli abiti e se non è
soddisfatto li getta malignamente a terra con un righello, quasi fosse un
sergente che punisce il soldato negligente. Ma ciò che tiene chiusa la
forza-lavoro nella gabbia d'acciaio della gerarchia sociale sono
espressioni suadenti e dolci, come lavoro di squadra, inventiva, incentivo
ai suggerimenti: sono le forche caudine da passare per avere venti, trenta
centesimi in più all'ora. E che dire dell'odioso rito di iniziazione alla
gerarchia rappresentato dalle analisi dell'urine per vedere se hai assunto
alcol o qualche droga? Un raffinato strumento per farti presente che sei
sempre sotto controllo.
L'autrice però non perde la speranza e quando in tv vede un sit-in dei
lavoratori di una catena di alberghi in sciopero, alza il pugno in segno
di vittoria. Una compagna di lavoro sorride e dice che dovrebbero farlo
anche loro. Infine si abbracciano. Lieto fine? No. La giornalista è
ritornata alla sua vita da oltre 150mila dollari all'anno. Le sue compagne
di disgrazia no. Spesso gli Usa hanno anticipato ciò che poi sarebbe
accaduto nel resto del mondo capitalista. Questo libro giunge quindi a
proposito. Le proposte avanzate dal governo Berlusconi per riformare il
mercato del lavoro puntano a creare le condizioni per renderlo simile a
quello statunitense. Dopo aver letto Paga da fame, se mai qualcuno avesse
avuto dei dubbi, la battaglia per fermare il Cavaliere del libero mercato
è una battaglia di civiltà. (BENEDETTO VECCHI)
ZOOM
ASSOCIAZIONI
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PERUGIA-ASSISI:
IN MARCIA... PER LA PACE
Il Circolo “Fagiani nel Mondo” di VERONA sta pensando di organizzare
un pullman per partecipare alla marcia della Pace Perugia-Assisi il 12
maggio 2002. Chi fosse interessato contatti l'indirizzo: fagianinelmondo@libero.it
Per informazioni sulla Marcia leggere qui sotto: Il 12 maggio tutti alla
Perugia-Assisi, per la pace - Domenica 12 maggio 2002: Marcia
straordinaria Perugia-Assisi per la pace in Medio Oriente. Appello
all'Europa: Fermiamo l'escalation del terrore. Fermiamo la carneficina Si
svolgerà domenica 12 maggio e sarà un'edizione straordinaria, com'è
straordinariamente grave il momento che stiamo vivendo. Di fronte alla
drammatica evoluzione del conflitto Israelo-Palestinese e ai pericoli che
incombono, la Tavola della Pace ha deciso di convocare per domenica 12
maggio 2002 una edizione straordinaria della Marcia Perugia-Assisi per la
pace in Medio Oriente. "Un'impressionante fiume di sangue -si legge
nell'appello di convocazione- scorre sotto i nostri occhi alimentando
rappresaglie e vendette. Il peggio che tutti dicevano di voler scongiurare
è arrivato. Ma al peggio non c'è un limite naturale. Lo deve porre la
comunità internazionale, lo dobbiamo porre noi, lo deve porre l'Europa.
E' una nostra responsabilità." Con questa iniziativa la Tavola della
Pace intende rivolgere un pressante appello all'Europa e alle Nazioni
Unite: "Noi chiediamo all'Europa e all'Onu d'intervenire subito in
difesa dei più indifesi, della giustizia e della legalità
internazionale. Noi chiediamo all'Europa e all'Onu di inviare una forza di
interposizione capace di promuovere il cessate il fuoco e di assicurare la
protezione delle popolazioni civili. Noi chiediamo all'Europa e all'Onu di
assumere tutte le misure di pressione e sanzione diplomatica ed economica
necessarie per bloccare l'escalation e riprendere la via del negoziato per
la costruzione di una pace giusta e duratura." "Tutti sanno
-scrivono i promotori- che senza un deciso intervento dei responsabili
della politica internazionale sarà molto difficile spezzare la catena
della morte. Per questo noi cittadini europei, consapevoli delle nostre
responsabilità storiche, rivolgiamo un nuovo pressante appello
all'Europa: fermiamo la carneficina." La Marcia Perugia-Assisi del 12
maggio è promossa dalla Tavola della Pace: l'organismo che coordina il
lavoro di centinaia di associazioni, laiche e religiose impegnate in
Italia per la pace, i diritti umani e la solidarietà. Tra le prime
adesioni nazionali già raccolte ci sono quelle di CGIL, CISL, UIL, Agesci,
Acli, Pax Christi, Legambiente, Forum del III settore, Emergency, Mani
Tese, Arci, Associazione per la Pace, Focsiv, ICS, Lega per i diritti e la
liberazione dei popoli, Peacelink. Per maggiori informazioni: Tavola della
Pace - Ufficio Stampa, via della viola 1 (06100) Perugina tel. 335/6507723
- 075/5736890- fax 075/5739337 - email: info@perlapace.it
Appello/1
- CONTRO DI NOI
Unendoci all'appello pubblicato dagli intellettuali arabi in Francia (le
Monde 09-04-2002), affermiamo quanto segue: Noi, in quanto arabi e
italiani di origine araba, dichiariamo che gli atti contro gli ebrei che
si sono verificati recentemente in alcuni paesi europei sono
intollerabili. La collera e la rabbia che i crimini di Sharon potrebbero
ispirare non devono e non possono, in nessun caso, giustificare né
derive, né sconsiderate reazioni. Richiamiamo perciò tutti i difensori
della causa palestinese in Italia ad un'estrema vigilanza e desideriamo
ricordare alcuni fatti evidenti:
- La comunità ebraica e il popolo israeliano non sono identificabili con
l'immagine di Sharon. I numerosi israeliani che oggi per la paura e
l'insicurezza, si schierano dalla sua parte, prenderanno più facilmente
coscienza dell'essere stati abbagliati e fuorviati se noi sapremo
convincerli dell'assenza di animosità nei loro confronti da parte nostra,
in quanto parte della stessa comunità e, soprattutto, in quanto esseri
umani.
- I nostri interlocutori e sostenitori più preziosi sono gli ebrei che
operano, al fianco dei palestinesi, contro l'occupazione, la repressione,
la colonizzazione e si battono per la coesistenza di due stati sovrani,
uno palestinese e uno israeliano.
- Molti di questi ebrei hanno una storia familiare tragica, segnata
dall'olocausto. Sta a noi render loro omaggio e raggiungerli sulla linea
di condotta che consiste nel saper mettere da parte lo spirito di tribù
quando si tratta di difendere diritti e libertà universali. Non cadiamo
quindi nella trappola di Sharon. Non confondiamo le battaglie. L'insulto
contro un ebreo o un arabo è la stessa cosa. In entrambi i casi esso non
fa che rendere servizio all'estremismo del quale si vantano Sharon e i
suoi. Leila Shahid, rappresentante dell'ANP a Parigi, non avrebbe potuto
dire meglio quando ha definito gli attacchi contro le sinagoghe e i negozi
ebrei «crimini contro i palestinesi». Ascoltiamo il suo appello.
Firmatari: Mahmoud Salem Elsheikh, Zouhir Louassini, Irfan Rashid, Reda
Hammad, Khaldoun Roueiha, Ali Rashid, Suad Sbaii, Ihab Hashem, Salah
Methnani, Antoine Layek, Mustafa El-Ayubi. (Questo appello verrà
pubblicato sul sito WWW.arabroma.com. Chi volesse aderire può farlo
attraverso il seguente e-mail: info@arabroma.com
Appello/2
- FONDI PER BETLEMME
Mi rivolgo a tutti i Parroci, i preti, i gruppi missonari e le tante
persone che sognano e vogliono un mondo diverso, sono Davide Perego, uno
studente salesiano di Teologia che da due anni studio in Terra Santa, piu'
precisamente a Cremisan una piccola borgata a pochi Km da Betlemme. In
questi giorni la situazione a Betlemme è molto drammatica, e non solo
nella zona della Natività: è da due settimane che permane il coprifuoco,
nessuno può uscire di casa, solo per qualche ora è permesso alle donne e
anziani di racimolare un po' di farina e generi di prima necessità. I
salesiani di Betlemme aiutano la popolazione con il forno dando alla gente
pane gratuito e altri generi alimentari. Gli israeliani la fanno da
padroni, la città della nascita di Gesù é irriconoscibile: solo
distruzione e umiliazone. La pace é molto lontana. Da parte nostra
cerchiamo di stare accanto alle persone sia cristiane che musulmane senza
distinzione. Si vorrebbe fare di più, ma mancano sia i fondi che anche i
generi di prima necessità come olio, farina, acqua e medicine. Quanti
vogliono fare qualcosa possono chiamarmi all'indirizzo davide_peg@libero.it
grazie a tutti per la vostra attenzione. Davide Perego
Percorsi
di formazione alla solidarietà internazionale
PERCORSI DI FORMAZIONE ALLA SOLIDARIETA' INTERNAZIONALE PER OPERATORI
Scuola Residenziale di Formazione I° Livello - 21-27 luglio 2002,
Collevecchio (Rieti) Aperte le iscrizioni - Roma, 23 Aprile 2002 - E'
giunta quest'anno alla XVI edizione la Scuola Formativa Residenziale di
primo livello del CIPSI (Coordinamento di Iniziative Popolari di
Solidarietà Internazionale), che si svolgerà a Collevecchio di Rieti,
presso il Convento S.Andrea, dal 21 al 27 Luglio 2002. “I Percorsi di
Formazione che proponiamo” – ha dichiarato Rosario Lembo, Presidente
del CIPSI – “mirano a fornire gli strumenti per acquisire le basi
utili a sviluppare una competenza professionale e soprattutto la
consapevolezza necessaria per orientarsi nel composito mondo della
cooperazione internazionale. Obiettivo principale delle Scuola è,
infatti, quello di favorire e promuovere la qualificazione di operatori
con conoscenze di base integrate per impegnarsi nel campo della Solidarietà
Internazionale”. La Scuola Formativa di I°livello del CIPSI rappresenta
un tentativo di introdurre i giovani in particolare, e l’opinione
pubblica interessata in generale, alla comprensione della cooperazione per
uno sviluppo sostenibile, all’analisi degli strumenti operativi per una
solidarietà del cambiamento alla luce dei nuovi scenari conseguenza della
globalizzazione e delle mutate direttive nazionali ed europee sulla
cooperazione allo sviluppo. Il corso, gratuito, è cofinanziato dalla
Commissione Europea nell'ambito del Capacity Building Project presentato
dal CIPSI e da Volontari nel Mondo FOCSIV. A carico dei partecipanti è
prevista una quota pari a € 362 (€ 258 nel caso di studenti o ONGs
associate al CIPSI) a copertura delle spese di vitto e alloggio. E'
previsto un numero massimo di 30 partecipanti. Le iscrizioni dovranno
pervenire via e-mail, fax o posta entro il 21 GIUGNO 2002 a: CIPSI -
Coordinamento di Iniziative popolari di Solidarietà Internazionale. Viale
Baldelli 41 – 00146 Roma. tel. 06 5414894 – fax 06 59600533 –
e-mail: eas@cipsi.it Il programma completo del corso e la scheda di
iscrizione sono disponibili sul sito www.cipsi.it
Verona:
«I colori della Madre»
L'associazione PACHAMAMA di Verona Ti invita a riscoprire insieme «I
COLORI DELLA MADRE il nero, il rosso, il bianco».Un percorso per rivivere
gli antichi simboli dei colori e ritrovare il loro significato autentico
dentro il nostro corpo e dentro l’anima. Un cammino alla sorgente del
femminile rappresentato dalla onnipresente Madre Creatrice in cui
attingiamo l’armonia perduta. Un sentiero che porta diritto alla vita
profonda, dove si realizza il contatto con la potenza generatrice della
Madre Terra. Ci guideranno in questa esperienza LETIZIA TOMASSONE -
ROBERTA CESCHI. IL NERO: Sabato 20 Aprile - IL ROSSO: Sabato 4 Maggio - IL
BIANCO: Sabato 18 Maggio, ore 16.00-19.00. Per informazione ed iscrizioni
rivolgersi direttamente in sede (Piazza Plebiscito, 13 AVESA - Verona) o
telefonare al N. 045 7725581 (è segreteria telefonica) – 3286668073
(ore serali).
Sei
seminari per incontrare le differenze
Sei seminari per incontrare le differenze. Li organizza la cooperativa
sociale Onlus Esoxena di Mestre - Venezia, dopo il corso di formazione per
mediatori linguistico-culturali esperti nell'area educativa e quello per
mediatori esperti nell'area socio-sanitaria. Al centro questa volta il
tema dell'immigrazione: l'obiettivo è infatti quello di approfondire e
stimolare il dibattito sui molteplici aspetti dell'inserimento del
soggetto migrante nel tessuto sociale italiano.
Con quest'iniziativa, Esoxena intende rispondere alle esigenze di quanti
lavorano nell'ambito dell'immigrazione (operatori sociali, culturali,
sanitari, formatori e insegnanti), delle aziende del territorio e di
quanti siano interessati ad ampliare le proprie conoscenze su questi temi,
anche nella prospettiva di metterle a frutto nel proprio settore.
I seminari SEIse si terranno per sei sabati, sempre con orario 9 - 13, a
partire dall'11 maggio e fino al 29 giugno, e saranno ospitati dal centro
culturale Santa Maria delle Grazie, in via Poerio 32 a Mestre. Ai
partecipanti verrà rilasciato un attestato di frequenza. Per ulteriori
informazioni è possibile contattare Paola Delise, della segreteria
organizzativa di Esoxena, tel. 041.981836, fax 041.5054519, e-mail
p.delise@esoxena.it . Adesioni entro il 6 maggio 2002.
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IL
COMPUTER A SCUOLA
Il CePOF (Centro Pedagogico per l’Orientamento e la Formazione), già
Centro pedagogico “Don Bosco”, nell’ambito del “Progetto Scuola”
propone agli insegnanti una serie di iniziative riguardanti l’uso del
computer aventi come tema “Il computer a scuola”. Oltre ad un corso
base, sono attivati brevi moduli rivolti a tutti i docenti, adatti
all'utilizzo immediato nell'attività didattica; sono, inoltre, previsti
brevi moduli specifici per insegnanti rispettivamente della scuola
dell’obbligo e della scuola media superiore, nonché moduli attivabili
direttamente con gli studenti della scuola media superiore. Per ricevere
il programma dettagliato delle iniziative telefonare al numero
045.8031301, oppure inviare una e-mail all’indirizzo segreteria@cpdonbosco.it
. Si ricorda che tutte le scuole e i singoli insegnanti possono associarsi
al CePOF usufruendo di sconti sulla quota di partecipazione ai corsi e dei
servizi di consulenza del Centro a prezzi ridotti e senza IVA.
L’USO
DEL COMPUTER NELLA VITA QUOTIDIANA
Il CePOF (Centro Pedagogico per l’Orientamento e la Formazione), già
Centro pedagogico “Don Bosco”, allo scopo di aiutare a familiarizzare
con il computer organizza alcuni corsi rivolti a tutta la cittadinanza,
proponendo l’uso di programmi facilmente utilizzabili nella vita
quotidiana. I corsi avranno luogo nel periodo maggio-giugno 2000 con i
seguenti temi: Produrre testi con Word I livello (15 ore); Produrre testi
con Word secondo livello (10 ore); Il computer ci può aiutare a
calcolare? Gli elementi base di Excel (15 ore); Come amministrare la casa
tramite Excel (15 ore); Come comunicare tramite Internet (10 ore);
Nonni-nipoti: incontro generazionale in internet (10 ore). Associandosi al
CePOF sarà possibile usufruire di uno sconto sulla quota di
partecipazione. Per informazioni tel.: 045.8031301; e.mail: segreteria@cpdonbosco.it.
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PAROLE IN LIBERTA'
di Vincenzo Andraous (vincenzo.andraous@cdg.it
- Tel. 0382 3814417)
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Vincenzo Andraous è
nato a Catania il 28-10-1954, una figlia Yelenia che definisce la sua
rivincita più grande, detenuto nel carcere di Pavia, ristretto da
ventinove anni e condannato all’ergastolo “FINE PENA MAI”. Da otto
anni usufruisce di permessi premio e lavoro esterno in art.21, da due anni
e mezzo è in regime di semilibertà svolgendo attività di
tutor-educatore presso la Comunità “Casa del Giovane “di Pavia. Per
dieci anni è stato uno degli animatori del Collettivo Verde del carcere
di Voghera, impegnato in attività sociali e culturali con le televisioni
pubbliche e private, con Enti, Scuole, Parrocchie, Università,
Associazioni e Movimenti culturali di tutta la penisola, Circa venti le
collaborazioni a tesi di laurea in psicologia e sociologia; E’titolare
di alcune rubriche mensili su riviste e giornali, laici e cattolici;
altresì su alcuni periodici on line di informazione e letteratura laica,
e su periodici cattolici di vescovadi italiani; ha conseguito circa 80
premi letterari; ha pubblicato sette libri di poesia, di saggistica sul
carcere e la devianza, nonché la propria autobiografia; “Non mi
inganno” edito da Ibiskos di Empoli; “Per una Principessa in jeans”
edito da Ibiskos di Empoli; “Samarcanda” edito da Cultura 2000 di
Siracusa; “Avrei voluto sedurre la luna“ edito da Vicolo del Pavone di
Piacenza; “Carcere è società” edito da Vicolo del Pavone di
Piacenza; “Autobiografia di un assassino-dal buio alla rinascita”
edito da Liberal di Firenze; “Oltre il carcere” edito dal Centro
Stampa della “Casa del Giovane” di Pavia.
RIEDUCARE
NON SOLO A PAROLE
Sui giornali leggo interventi mirati sul carcere, parole espresse con
buona volontà da uomini pratici di promozione umana. Lo dico io che sono
stato vissuto dal carcere, trapassato e segnato fino a farmi sentire parte
del suo sé. Perché la galera ti respira a fondo rubandoti i giorni a
venire. Questo pianeta di cui poco si sa e meno ancora si pensa è un
contenitore di carne umana destinata a imputridire, tra l’indifferenza o
il gaudio dei più. Ho pensato mille volte a questo carcere che alimenta
un’esistenzialismo umbratile, dubbioso, precario. Forse occorre
finalmente vivere-vivendo senza più lasciarsi respirare passivamente, e
tenacemente prendersi in braccio e stringere i denti, senza più ostinati
silenzi in cui rifugiarsi. Ma come fare se il carcere attuale è davvero
malato, se manca degli strumenti per incidere e fare maturare le
personalità latenti, se non possiede un ideale che possa infine piegare a
una proficua utilità la pena? Nè è capace di partorire una speranza
vera, destrutturando-ristrutturando ciò che rimane dei brandelli di vita
ritrovati. Scrivo queste righe senza presunzione di conoscere la strada
maestra, ma consapevole dell’esperienza che sto vivendo in prima
persona. Infatti, nonostante il carcere e gli anni trascorsi dietro le
sbarre, oggi sono qui nella comunità la “Casa del Giovane” di Don
Franco Tassone, successore dell’indimenticabile Don Enzo Boschetti ( che
qui aleggia dappertutto ). E qui, pur permanendo la mia condizione di
detenuto, mi è stato concesso di svolgere il ruolo di tutor. Mi sento
parte di questa nuova cultura dell’intendere e del sentire, e sento vive
le parole del fondatore di questa comunità, Don Enzo Boschetti: “ Si
educa, e si rieduca, solo con la libertà e nell’amore, perché solo
nella libertà e nella fiducia reciproca costruita pazientemente e
tenacemente, si può costruire e rinnovare una personalità”. In questo
senso sono qui a imparare molto e a dare quanto è nelle mie capacità. Il
carcere con i suoi molteplici contorcimenti, forse è addirittura
irrappresentabile se non lo si tocca con mano. Mi piace quindi significare
un tragitto diverso, un cammino, sì, difficile, ma più vicino alle
aspettative reali. Un tragitto che consenta un effettivo reinserimento
sociale a fronte di una progettualità costruttiva che renda meno ostico
il rientro nella collettività. In questa comunità, dove non sono più
solo un ospite, ma parte integrante, mi rendo conto della differenza nel
modo di operare e di affrontare una stessa esigenza “pedagogica”: il
trattamento personalizzato. Infatti all’interno di una prigione, se è
vero che l’Ordinamento Penitenziario prescrive un trattamento
personalizzato, è altrettanto vero che, a causa dei problemi endemici
all’Organizzazione Penitenziaria, il tutto risulta piuttosto aleatorio.
Qui, nella “Casa del Giovane”, dove comunque esistono regole precise e
finalità ben concepite, e dove tutto si basa sull’amore e sul rispetto
reciproco, ognuno si sente parte del proprio progetto di vita. Ciò perché
non esiste assistenzialismo parassitario, ma impegno e lavoro, fatica e
sacrificio, per il raggiungimento di una meta che consiste in un agire
comune per obiettivi comuni.
Letter@ scomod@
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Lettera
di un giovane soldato israeliano
"Buon giorno, mamma. Non te la prendere per il mio comportamento. Mi
sento malissimo, ho l´impressione di diventare una bestia. Non credo a
quel che faccio. Obbedisco agli ordini per non sembrare una femminuccia
davanti ai miei compagni. Non capiresti mai cosa significhi entrare in una
casa dove ci sono dieci bambini, donne e vecchi, con il fucile puntato,
gridare e sbraitare in arabo "che nessuno si muova". Solo pochi
mesi fa, mamma, ero un liceale, un ragazzo buono come una pasta, adesso
faccio l´aguzzino. Il comandante mi grida di occupare la cucina. Io
sbatto per terra i secchi, le pentole, rovescio i sacchi di zucchero e di
farina per controllare se dentro non ci sia una pistola, o una bomba a
mano. Il rumore delle suppellettili che cadono mi fa venire il
voltastomaco. Un bambino piccolo mi guarda da un angolo con occhi grandi
pieni di odio. So che al suo posto anche io odierei per tutta la vita i
soldati ebrei. Li ammazzerei io stesso se avessi visto mia madre, ossia
te, costretta a stenderti col volto a terra sul tappeto, tremante di paura
mentre attorno ti rovesciano la casa". "Se ancora una volta
dovessi entrare in una casa con le armi in pugno,mi rifiuterò. Andrò in
carcere. Non te la prendere, mamma. Mi manca molto papà, lui mi avrebbe
consigliato il da farsi. Io so che in un combattimento a viso aperto, un
uomo contro un uomo, darei la vita. Ma non posso vedermi rovesciare
armadi, spaccare i muri, costringere a terra dei vecchi, mi viene voglia
di vomitare. Odio me stesso. Io non sono più io. Ho parlato con due
commilitoni della mia compagnia, che si sentono come me. Uno di loro si è
preso in faccia gli sputi di una vecchia. Poi ha pianto, nel suo sacco a
pelo. Solo io l´ho sentito singhiozzare come un bambino. Io so
difendermi, non ti preoccupare troppo. Ho visto nel posacenere di casa
tante cicche, fumi troppo.Probabilmente a causa mia. Tanti saluti a Yael,
chiedile scusa se non l´ho salutata prima di partire. Mi chiedo cosa
avrebbe provato se soldati armati fossero entrati nella sua stanza
rovesciando tutto e sbattendola a terra. Ecco, ho finito. Se poi decido di
rifiutarmi di eseguire gli ordini e finisco in carcere, mi capirai,
mamma?". (Fonte: marinonewsletter@libero.it
)
e-m@il
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Festa
della mamma
Caro Amico, si avvicina la festa della nostra Mamma Celeste... è la festa
di tutte le mamme, di tutte le donne che hanno un cuore di madre. E, in
questo momento tanto difficile in cui la guerra, in troppi paesi, mette
gli uomini uno contro l'altro, uccide innocenti, distrugge case e
famiglie, annienta qualsiasi progetto per il futuro, qualsiasi possibilità
di cambiamento, il ruolo della mamma è importante, determinante.
Perché le mamme che costruiscono la loro vita sull'affetto, sulla
tolleranza, sulla comprensione, sono speranza vera di pace, sono capaci di
educare alla pace, di insegnarla ai loro figli. Attraverso il nostro
messaggio, che puoi trovare all'indirizzo
<http://www.missionidonbosco.org/home_mamma2002.asp>, accogli anche
tu questo dono prezioso e diffondi la pace a partire dalla tua quotidianità,
dalla tua famiglia, affinché dal piccolo universo della tua casa possa
propagarsi in tutto il mondo, possa moltiplicarsi come un benefico
contagio. Solo nutrendo e coltivando il seme della pace e della
misericordia dentro ognuno di noi, solo facendo di ogni nostro piccolo
grande gesto quotidiano un esempio di solidarietà e di amore per il
prossimo, potremo davvero costruire intorno a noi un domani di libertà e
di comunione. E quando le nostre forze non basteranno, quando ci sentiremo
soli di fronte al dolore, di fronte ad un problema che ci sembra troppo
"grande", troveremo in Maria Santissima conforto e protezione,
ci sentiremo uniti come fratelli, figli della Regina della Pace, uomini e
donne pronti a rinascere, a rinnovare la nostra testimonianza cristiana.
...E' la festa della mamma, ed io sono qui per pregare con te, per sperare
con te, per iniziare con te un cammino di pace. Un augurio di serenità e
di bene. (don Pier Luigi Zuffetti)
\ | /
(@ @)
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SORRISI
E CEFFONI
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testi segnalati o
scritti da Aldo Vincent (il Gelataio di Corfu' ) e Francesca
C'ERAVAMO TANTO AMATI
Il ministro della Difesa Antony Martin, che dopo le apparizioni in tivu’
in occasione dell' Afghanistan dov’era apparso un pulcino bagnato,
impietrito dalla paura e dalle possibili conseguenze ( ce ne furono,
infatti. Il nostro primo drappello di soldati impiego’ 8 giorni di volo
per arrivare a Kabul e schierare cinque (diconsi cinque) sottufficiali
pronti alla bisogna ) ieri, ripresosi dal suo salutare periodico torpore e
con grande sprezzo del ridicolo, ha dichiarato che in Italia , secondo una
normativa che si richiama al secondo emendamento della Costituzione Usa
(Quella edita da John Waine) bisognerebbe aumentare i pistola. Ma non ce
n’e’ gia’ tanti? Dice che le armi servono per difendersi. Gia’, lo
dice anche Sharon (Se per quello lo dice anche Arafat e guarda tu che
macello!) (Vincent)
LE PEN NERE
Adesso ho proprio visto tutto. In Francia va al ballottaggio il Bossi
d’Oltralpe, il Pacciani della Senna, lo Jack Squartatore di immigrati e
i nostri nerissimi ministri in carica dichiarano che tiferanno Chirac.
Soddisfazione di Berlusconi che con l’affermazione di Le Pen puo’
piu’ facilmente spacciare per democratici i comizi del leghista
Borghezio. Ne parlavo proprio ieri di questo Belpaese dove si suona e dove
si vendono 270.000 Cascella autentici tramite la tivu’ e il Papa da
Vespa e Pannella termina il digiuno in diretta e il Presidente della
Repubblica fondata sull’audience, interviene al Costanzo scio’... Che
altro dire? Abbiate Fede! (E sembra un’esortazione di Berlusconi per un
TG migliore) (Vincent)
PIANO PIANO
Inaugurato l’Auditorium Piano. Sarebbe piu’ giusto chiamarlo
Auditorium Piano Piano, visto che ci hanno messo quindici anni a
costruirlo. Comunque meglio di Auditorium Zero visto che Renato Zero sono
cent’anni che ci spappola i maroni (con la emme minuscola, ma e’ lo
stesso) con la sua Fonopoli ma non succede nulla! (Vincent)
INVESTIMENTI
Mi ero chiesto quanto sono affaccendati alla Regione Lombardia, visto che
in pieno orario di lavoro erano stati centrati tre piani e (ringraziando
il Cielo) si erano avuti solo due morti. Devo delle scuse, anche perche’
apprendo con immansa gioia che tra le tante pratiche di cui si occupa la
Regione, c’e’ stato pure un finanziamento accordato all’infelice
pilota che si e’ schiantato la’ sopra. Certo, c’e’ da chiedersi
com’e’ possibile ad un noto contrabbandiere di preziosi e dipinti,
pregiudicato e indiziato per truffa e usura, possa usufruire di un
finanziamento dalla Regione. Volevano forse aiutarlo in un grosso
investimento? Ci sono riusciti. (Vincent)
IL PREZZO DEL CERVELLO
:-)
Nell'ospedale, i parenti si erano riuniti nella sala di aspetto, dove un
loro congiunto giaceva gravemente ammalato. Finalmente entrò un dottore,
stanco e adombrato. "Sono spiacente di essere il portatore di brutte
notizie" disse guardando le facce preoccupate. "La sola speranza
rimasta per il vostro amato consiste in un trapianto di cervello. E' una
procedura sperimentale, rischiosa e economicamente è totalmente a carico
vostro." I familiari rimasero seduti ad assorbire le gravi notizie.
Dopo un lungo intervallo uno chiese: "Ma quanto costa un
cervello?". "Dipende." rispose il medico. "5000 euro
un cervello maschile, 200 uno femminile". Il momento di silenzio si
prolunga, mentre gli uomini della sala tentano di non ridere ed evitano di
guardare negli occhi le donne, anche se qualcuno sorride. Alla fine la
curiosità ha però la meglio e uno dei presenti chiede: "Ma dottore,
perchè questa differenza di prezzo?". Il dottore sorride a questa
domanda innocente e risponde: "E' solo una logica politica dei
prezzi. Abbiamo dovuto abbassare i prezzi dei cervelli femminili perche'
risultano usati". (Francesca)
p@role @ltre
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Filosofia di
vita
Era sempre di buon umore ed aveva sempre qualcosa di positivo da dire.
Quando qualcuno gli domandava come stava, rispondeva: "Se stessi
meglio, scoppierei!". Era un manager unico, con un gruppo di
camerieri che lo seguivano ogni volta che prendeva la gestione di un nuovo
ristorante. Il motivo per cui i camerieri lo seguivano era che Jerry aveva
un grande atteggiamento positivo. Era un motivatore naturale, se un
dipendente aveva la luna storta, Jerry era li' a spiegargli come guardare
al lato positivo della situazione. Trovavo il suo stile molto strano e
quindi un giorno gli dissi "Adesso basta! Spiegami come fai ad essere
sempre cosi' positivo, qualunque cosa succeda!!" Lui mi rispose
"Vedi, io sono cosi', quando mi sveglio la mattina mi dico:
"oggi hai una scelta da fare: puoi decidere di essere di buon umore o
di cattivo umore, e scelgo di essere di buon umore.". Tutti i giorni
mi capita qualcosa di spiacevole, posso fare la vittima oppure imparare
qualcosa dai problemi, io scelgo di imparare. Ogni giorno qualcuno viene
da me a lamentarsi, io posso scegliere di subire passivamente le sue
lamentele o di trovare il lato positivo della cosa, ...beh, io scelgo
sempre il lato positivo della vita. "Si, va beh, dissi io, "ma
non e' sempre cosi facile!" "Si invece," disse Jerry,
"la vita e' tutta fatta di scelte. A parte le necessita' piu' o meno
fisiologiche in ogni situazione c'e' una scelta da fare. Sei tu a
scegliere come reagire in tutte le situazioni, a decidere come la gente
puo' influire sul tuo umore. Sei tu che scegli se essere di buon umore o
di cattivo umore e quindi, in definitiva, come vivere la tua vita.".
Per molto tempo dopo quell'incontro, ripensai a quello che Jerry aveva
detto, poi un giorno lasciai il business della ristorazione e mi dedicai
ad un'altra attivita' in proprio; mi persi di vista con Jerry ma spesso
ripensai a lui quando mi trovavo nella situazione di scegliere nella vita,
invece che subirla. Diversi anni dopo, venni a sapere che Jerry aveva
commesso un errore imperdonabile per un gestore di ristorante: aveva
lasciato la porta posteriore del ristorante aperta una mattina, ed era
stato attaccato da tre rapinatori armati; mentre cercava di aprire la
cassaforte, le sue mani sudate e tremanti dalla paura non riuscivano a
trovare la combinazione ed i rapinatori, presi dal panico, gli avevano
sparato ferendolo gravemente. Fortunatamente Jerry era stato soccorso
rapidamente e portato immediatamente al pronto soccorso. Dopo 18 ore di
intervento chirurgico ed alcune settimane di osservazione, Jerry era stato
dimesso dall'ospedale con frammenti di pallottole ancora nel suo corpo.
Incontrai Jerry circa sei mesi dopo l'incidente, quando gli chiesi come
andava mi disse "Se stessi meglio, scoppierei! - Vuoi dare
un'occhiata alle cicatrici?" Declinai l'invito, ma gli chiesi che
cosa gli era passato per la testa durante la terribile esperienza.
"La prima cosa che pensai fu che avrei dovuto chiudere la porta
posteriore del ristorante" mi disse Jerry, "poi, quando ero gia'
stato colpito e mi trovavo per terra, mi ricordai che avevo due scelte:
potevo scegliere di vivere o di morire." "Ma non avevi paura?
Non sei svenuto?". Jerry continuo': " Gli infermieri furono
bravissimi. Continuavano a dirmi che andava tutto bene. Ma fu quando mi
portarono sulla barella in sala operatoria e vidi le espressioni sulle
facce dei dottori e degli assistenti, che mi spaventai veramente, potevo
leggere nei loro occhi "quest'uomo e' gia' morto!" "
...dovevo assolutamente fare qualcosa" "E cosa hai fatto?"
gli domandai. "C'era questa infermiera che continuava a farmi
domande, e mi chiese se ero allergico a qualche cosa."
"Si!", io risposi, a quel punto. Tutti dottori e le assistenti
si fermarono ad aspettare che finissi la mia risposta... Io presi un
respiro profondo e con tutte le mie forze gli gridai: "Sono allergico
alle pallottole!" Mentre ancora ridevano aggiunsi "Sto
scegliendo di vivere: Operatemi come se fossi un vivo, non come fossi gia'
morto". Jerry e' sopravvissuto grazie alle capacita' dei chirurghi, a
anche grazie al suo atteggiamento positivo. Ho imparato da lui che tutti i
giorni abbiamo la scelta di vivere pienamente. Un atteggiamento positivo,
alla fine, vale piu' di tutto il resto.
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