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Quando
il fuoco nasce dall'acqua Quello dell'acqua è un ruolo di assoluto primo piano nel lungo conflitto in Sudan. Se ne è parlato in ottobre in un seminario internazionale a Cremona. Ai partecipanti al Seminario che si è tenuto a Cremona lo scorso mese di ottobre sul tema "Acqua e petrolio in Sudan: guerra e diritti umani" sono ancora rimaste impresse negli occhi le scene di guerra e le dichiarazioni minacciose contenute nel video che Julie Flint, la coraggiosa giornalista inglese che fu della BBC, ha mostrato. Un piccolo scoop in cui mostrava l'utilizzo di un missile balistico di fabbricazione iraniana da parte dei militari dell'esercito del Nord. I graduati si affrettavano a dichiarare orgogliosi che anche quello era il frutto degli investimentio militari e strategici che Karthoum può permettersi ora grazie alle risorse provenienti dall'abbondante petrolio estratto in terra sudanese e che prende il largo verso la Cina e molti Paesi occidentali. Ma il Seminario di Cremona non cercava certo effetti shock! Ha posto al centro una riflessione articolata e seria sulle questioni che maggiormente ostacolano il processo di pace oggi in Sudan. I temi scelti dagli organizzatori non erano affatto neutrali e hanno tolto la maschera a tanti luoghi comuni con cui troppo spesso vengono presentate le ragioni del conflitto sudanese. Della questione del petrolio Mosaico di pace si è già occupato (Luglio 2000, pagg. 10 -11) mentre mi pare utile porre in luce come l'acqua dei fiumi che attraversano questo Paese africano ne hanno da sempre segnato il corso della storia. Anche nei giorni di Cremona la questione è stata comunque inquadrata nella complessità più ampia del tema dell'acqua. Il problema dell'acqua La domanda di acqua cresce rapidamente mettendo in crisi l'ecosistema mondiale. Un numero maggiore di fiumi, laghi e vene acquifere nel sottosuolo sono sempre più contaminati da scorie e rifiuti. Se non interverranno fattori nuovi capaci di invertirne la tendenza, nel 2020 la domanda di acqua supererà abbondantemente la disponibilità e le persone senza accesso all'acqua potabile diventeranno più 3 miliardi, al momento sono solo 1,4 miliardi. Se così fosse si rischierà una grave crisi che coinvolgerà una fascia ancora più grande della popolazione mondiale, con abbassamento della qualità della vita e ulteriori ritardi nello sviluppo economico e sociale… e pensare che basterebbe anche meno del 5% delle spese previste per la costruzione "dello scudo stellare" - orgoglio americano offuscato -per dare accesso all'acqua potabile a tutti gli esseri umani! Un Paese povero perchè ricco "L'acqua del Nilo ha un valore identitario e valori funzionali particolarmente riconosciuti nel Nord, nei confronti del quale, già dai tempi della colonizzazione inglese, il Sud appare come un serbatoio da controllare strategicamente e da gestire nel modo più efficiente possibile.", afferma la dott.ssa Paola Minoia, docente all'Università di Padova e di Khartoum. La Minoia nella sua relazione evidenziava come "il rapporto sullo sviluppo umano redatto annualmente dall'UNDP pone il Sudan come 143°, su 174 Stati, all'interno del gruppo 'di basso sviluppo umano'. La povertà tocca circa l'85% della popolazione…il 27% non ha accesso all'acqua potabile e addirittura il 49% vive in situazioni residenziali senza infrastrutture fognarie". Hanno contribuito al dibattito... Preziosissima è stata la presenza dell'ambasciatore sudanese in Italia S. E. Andrew Makur così come la partecipazione preannunciata dal governo di Karthoum (ma non realizzata a causa della situazione internazionale venutasi a creare diopo l'11 settembre) del Dr. Ahmed El Mufti, sotto segretario del Ministro della Giustizia. Costantemente presente, l'Ambasciatore si è mostrato particolarmente disposto ad un dialogo sincero. Gli interventi e le relazioni di Julie Flint, giornalista e redattrice del rapporto di Christian Aid "The Scorched Earth" e di Peter Verney redattore del rapporto del Sudan Update "Oil and Conflict in Sudan"; la presenza delle diverse componenti della società sudanese come quella di Abel Alier, avvocato e membro del Tribunale Internazionale dell'Aja, ex vicepresidente del Sudan, del vescovo Daniel Adwok, dell'avvocato Johnny Saverio e di alcuni docenti universitari italiani particolarmente impegnati nella causa dei paesi del terzomondo, ha dato al seminario una connotazione di riflessione e ricerca concreta di possibili percorsi di pace per il Sudan. Forte è stato il contributo di Rino Serri (ex sottosegretario agli Esteri) accolto e arricchito poi dal segretario del Sen. Aventino Frau, dall'on. Giovanni Bianchi e da Marco Pezzoni di costituire, cioè, un gruppo di lavoro alla Camera e al Senato che sviluppi e renda possibile una presenza più estesa e significativa dei Partner del Forum dell'IGAD (IPF) e rilanciare così una politica e solidarietà internazionale tutta mediterranea. Si ringrazia per la disponibilità la redazione di MOSAICO DI PACE, Rivista mensile promossa da PAX CHRISTI. |
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