Chi ha paura delle biblioteche?

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Chi ha paura delle biblioteche ?
Cosa intendiamo per servizio di biblioteca.

Cosa intendiamo per servizio di biblioteca ? Nell'estate scorsa, mentre cadevano le stelle ed il sole si oscurava per l'eclissi, si riapriva intensamente il dibattito sulla Biblioteca Nazionale Centrale di Roma, proponendosi, incredibilmente, di percorrere la via maestra, anche per il nostro Paese, di una politica per le biblioteche all'altezza della sua storia e dei suoi destini. Se si vuole fare questo allora bisogna sapere che occorre ragionare non solo sulle 47 biblioteche pubbliche statali ma soprattutto sulle 13.000 biblioteche che sono diffuse nel Paese, gestite da Comuni, Province, Regioni, Enti, Università, Scuole, Aziende ed organizzazioni private. Dobbiamo sapere che gli utenti delle 47 biblioteche dello Stato muovono circa 320.000 prestiti all'anno mentre la sola Biblioteca comunale Panizzi di Reggio Emilia ne effettua oltre 500.000. E nella Regione Lombardia siamo a circa 7 milioni di prestiti all'anno ed a non meno di 25 milioni sul territorio nazionale. Si noti che questi numeri ci collocano comunque molto al di sotto degli standard dei Paesi più sviluppati in questo settore. E' ben vero che le biblioteche del Ministero non hanno tra le loro finalità fondamentali quelle del prestito al pubblico generico ma anche in termini di consultazioni, cioè di contatti tra un utente ed una pubblicazione, il totale, sempre da dati del '97, non supera l'entità di 3.500.000. Dico questo non per sminuire l'attività e la qualità del lavoro dei bibliotecari statali ma per informare l'opinione pubblica che queste biblioteche rappresentano, sul piano quantitativo, una quota modesta del complesso delle strutture, dei sistemi e delle organizzazioni che concorrono a comporre il mondo bibliotecario italiano. Dico subito che sugli episodi che hanno scandalizzato la stampa e che il Prof. Canfora continua giustamente a denunciare sulle pagine del Corriere della Sera, l'AIB non può unirsi allo stupore diffuso in quanto, pur inascoltati, da anni andiamo dicendo che la struttura del Ministero è quanto di più lontano si possa immaginare da quell'organo di governo politico della programmazione dei servizi e di verifica dei risultati su uno scenario così ricco ma anche tanto complesso. Scindere il livello politico amministrativo da quello della gestione dei servizi e delle strutture era l'unica via per dare efficienza alla macchina. Tutte le scuole di pensiero amministrativo convergono sulla convinzione che i servizi pubblici debbano uscire dall'orbita burocratica, dalla gestione in economia, ed essere gestiti con forme e criteri anche aziendali di efficienza, pur in un quadro di programmazione e regolamentazione pubblica in virtù delle loro finalità sociali. Un secondo aspetto critico riguarda il fatto che le biblioteche in Italia sono considerate solo in quanto bene culturale e si sconta l'assenza dal dibattito e dai media di quella visione della biblioteca pubblica come strumento per l'attuazione del diritto di accesso al sapere per tutti che ha determinato le magnifiche e magnificate sorti di questo servizio pubblico nell'area nord europea e nel nord America. In quelle contrade i bambini crescono sapendo che la biblioteca è un luogo nel quale trascorreranno buona parte del tempo libero di tutta la loro esistenza, dove faranno le loro scoperte, dove si prepareranno di tempo in tempo a conquistare le competenze che richiederà loro la vita in ogni suo aspetto, dallo studio al lavoro, all'educazione dei figli e dove faranno ricerca se saranno membri del corpo accademico ma anche se saranno imprenditori o guide degli scout Per essere concreti, ad esempio, è bene che le mamme italiane sappiano che i bambini che crescono in città e quartieri dove il servizio di biblioteca è efficiente hanno molte carte in più rispetto a quelli che hanno come stimoli intellettuali solamente i libri di scuola e la televisione. Già nel suo Congresso Nazionale del 1987, tenutosi a Viareggio, l'AIB affermava che identificare le biblioteche come beni culturali snatura la loro vera funzione di servizi informativi. Nel 1994 l'UNESCO varava il nuovo Manifesto sulle biblioteche pubbliche nel quale questo istituto veniva definito come via di accesso locale alla conoscenza ...condizione essenziale per l'apprendimento permanente, l'indipendenza nelle decisioni, lo sviluppo culturale dell'individuo e dei gruppi sociali. Su queste linee si è espresso ufficialmente il Parlamento Europeo nella seduta del 23 giugno 1988 approvando una Risoluzione sul ruolo delle biblioteche nell'età moderna e sono queste le coordinate sulle quali si muove il dibattito sulle biblioteche nelle organizzazioni internazionali delle quali l'AIB è un referente ufficiale per l'Italia. E' in questo orizzonte che assume nuovo significato la specificità della biblioteca bene culturale. Il Ministero voluto da Veltroni E' sempre mancata- e non ci è dato sapere come ciò possa accadere in futuro-una politica dei servizi culturali che il nuovo Ministero avrebbe potuto costruire in relazione con le autonomie locali svolgendo quel ruolo insostituibile di indirizzo, di individuazione delle politiche comuni tra i vari livelli istituzionali, di intercettazione delle risorse nell'ambito della gestione dei programmi di investimento: funzione necessaria per giungere a realizzare quella rete di infrastrutture che sola consente l'esercizio continuo di tutte le pratiche culturali, tra cui la lettura e l'accesso alla conoscenza giocano un ruolo imprescindibile. Col Ministero attuale, al di là di chi ne rivesta la carica, ci permettiamo di dire che siamo solo all'inizio di una catastrofe annunciata ed ormai ineluttabile, i cui connotati si sarebbero dovuti leggere nella gestione fallimentare di progetti di grande respiro e qualità come il Servizio Bibliotecario Nazionale e il Piano d'Azione MEDIATECA2000. Che cosa ha chiesto infatti l'AIB al Ministero, mettendo a sua disposizione una fattiva politica di collaborazione, e risorse, competenze, energie, capacità di networking, esperienza e relazioni internazionali? L'AIB si è impegnata a fondo nella realizzazione del progetto SBN, costato diverse centinaia di miliardi, certo forse non più dell'equivalente costo di 20 Km di autostrada, ma che come ogni progetto infrastrutturale domanda un traffico adeguato per essere di beneficio ai suoi clienti e redditizio in rapporto ai costi. L'AIB ha appoggiato con le sue strutture il progetto MEDIATECA 2000 ( proposto dal Ministro Veltroni e gestito in maniera irresponsabile dal Sottosegretario La Volpe). L'iniziativa si proponeva di sviluppare una rete di servizi di biblioteca multimediale in tutto il Paese e non ha saputo attivare altro che un corso di formazione per alcune centinaia di giovani del Sud. Ora essi, in mancanza dei servizi e delle strutture per i quali erano stati formati ed orientati a costituirsi in imprese che presentano peraltro ottimi livelli di capacità, cercheranno in altri settori un futuro in quanto manca ogni altra scelta che avrebbe dovuto convergere col Piano d'Azione (sedi, telecomunicazioni, attrezzature tecnologiche, patrimoni librari e documentari etc). Questi pochi interventi di innovazione hanno sofferto proprio della mancanza di un respiro politico e di una strategia all'interno della quale collocarsi. Di tali fallimenti vi sono certamente responsabilità negli apparati ma il nostro giudizio deve andare in primo luogo su chi ha avuto un potere che non ha saputo esercitare, anche nella scelta dei propri collaboratori. Vi sono alcuni annunci di una ripresa del Piano d'Azione MEDIATECA 2000 e la cosa non può che farci piacere e temperare il giudizio, ma stavolta l'AIB sarà molto più vigile ed esigente, nell'interesse del Paese ma anche in quello dello stesso Ministero verso il quale le nostre critiche- sia detto per chiarezza- hanno sempre intento costruttivo. Luciano Canfora chiudeva il suo articolo sul Corriere della Sera del 10 agosto 1999, p. 27 dal titolo: Biblioteche, l'enigma dei 60 miliardi spariti, affermando che il problema del Ministro Melandri sarebbe quello di trovare "come si trasmette alle generazioni successive la tradizione sopravvissuta e giunta fino a noi; che idea sappiamo avere del suo valore e di come renderla bene comune". La nostra risposta a tale quesito parte dalla considerazione che non vi può essere trasmissione se non vi è condivisione di linguaggi e di valori e certamente il futuro del patrimonio culturale dell'umanità non riposa solo sulle tecniche di conservazione ma sulla condivisione da parte di tutti i cittadini del significato profondo che tale funzione di conservazione rappresenta rispetto alla qualità delle singole esistenze, al senso di appartenenza di ognuno, alla possibilità di tracciare in un orizzonte definito e conosciuto il proprio progetto di vita. Tale condivisione si costruisce solo se si creano condizioni, sedi, strutture, supporti professionali per la messa in atto di pratiche e comportamenti culturali gestiti autonomamente da parte di ogni singolo cittadino per tutta la durata della sua esistenza. Noi siamo certi che anche in Italia si potrebbe fare una politica per le biblioteche di respiro internazionale ma occorre che tutte le classi dirigenti (intellettuali, politiche, sindacali, imprenditoriali) la pongano tra le priorità quando si rapportano al Parlamento ed al Governo. Qualcuno ha chiesto che venga affrontato il nodo di una legge quadro per questi servizi di cui manca perfino una definizione giuridica? . Qualcuno ha chiesto di destinare risorse a questi servizi in sede di DPEF e di Finanziaria? Qualcuno si è preoccupato delle condizioni di lavoro degli operatori del settore o si è almeno preoccupato di intervistarli? Di fronte all'inerzia del Ministero, l'AIB ha addirittura assunto più volte quel ruolo di impulso nella programmazione di attività e di coordinamento con le altre realtà istituzionali. E' stato ad esempio in occasione della proposta da parte nostra del Disegno di Legge quadro sulle biblioteche e sui servizi di accesso alla conoscenza, al pensiero, alla cultura e all'informazione che giace da quasi due anni nei cassetti dell'Ufficio Legislativo del Ministero ed in quelli del Coordinamento delle Regioni. E' quest'ultimo un livello istituzionale che non riesce a volare oltre la micragnosa diatriba sulla ripartizione delle competenze tra Stato e Regioni, indifferente al fatto che intanto alla maggior parte del Paese sono negati servizi dichiarati fondamentali in numerosi e costosissimi convegni. Altro ancora chiederemmo al Ministero. Fra le 47 biblioteche statali ben sette (o nove, secondo la data dei regolamenti ministeriali, l'ultimo dei quali non esclude necessariamente il precedente) si fregiano del titolo di biblioteche nazionali. Una mostruosità professionale, ma è proprio l'amministrazione statale incaricata delle biblioteche che mostra di ignorare i concetti chiave e le raccomandazioni elaborate dall'IFLA (Federazione Internazionale delle associazioni bibliotecarie), che da tempo hanno assegnato alle biblioteche nazionali determinati compiti e funzioni. La Germania ha impiegato tre anni per realizzare la fusione fra biblioteche nazionali delle ex Germania federale e Germania democratica (in Francoforte e Leipzig). In Italia sono più di cento anni che si aspetta non dico un accorpamento amministrativo, ma almeno una collaborazione funzionale e una divisione razionale dei compiti fra le due biblioteche nazionali centrali di Roma e di Firenze. E ancora. In ogni paese europeo una sola istituzione elabora le notizie bibliografiche sulle pubblicazioni nazionali, che poi vengono così recuperate dalle biblioteche pubbliche del resto del paese. In Gran Bretagna, ad esempio, le biblioteche pubbliche recuperano l'84% dei dati bibliografici dalla Bibliografia nazionale britannica. In Italia, le biblioteche recuperano solo il 48% dei dati; il restante 52% è preparato dalle biblioteche pubbliche stesse e poi versati, ma solo dopo costose operazioni di "smontaggio" e "rimontaggio", nella Bibliografia nazionale italiana. Uno spreco che costa al nostro Paese più di mezzo miliardo all'anno. Ma al Ministero l'AIB chiede una programmazione su dati e parametri chiari e verificabili e un accertamento di quegli stessi dati anno per anno, non solo da parte della ristretta comunità degli studiosi ma, soprattutto, dalla società di studenti, associazioni, operatori, persone comuni che hanno tutto il diritto di esigere servizi bibliotecari efficienti e completi, oggi introvabili per carenza di programmazione e risorse insufficienti o spese male, nonostante i meriti individuali e la grande professionalità degli addetti ai lavori. Perché è l'intera società che deve poter sorvegliare la qualità degli obiettivi prefissati e l'adempimento delle biblioteche agli stessi. Siamo più concreti: quali sono, ad esempio, gli obiettivi in percentuale che il Ministero si è dato nel 2000, in termini di incremento d'orario dell'apertura delle biblioteche al pubblico, di miglioramento del prestito in sala e interbibliotecario e, complessivamente, della circolazione dei documenti? Quando è che la percentuale del 48% delle notizie fornite dalla Bibliografia nazionale italiana potrà salire all'84% della Bibliografia nazionale britannica? Quali saranno i benefici concreti per gli utenti derivanti dagli incrementi di bilancio che il Ministro, molto opportunamente, sta orientando verso le biblioteche statali? Gli oltre 10 miliardi che sono pervenuti negli ultimi anni all'Ufficio Centrale per i Beni Librari dalla commissione europea e dal fondo di Rotazione dimostrano che non sempre a incremento di risorse finanziarie corrispondono miglioramenti nella qualità dei servizi. Questo per quanto riguarda le 47 biblioteche pubbliche statali. Dal mio osservatorio potrei arricchire a dismisura lo scenario degli scandali, delle omissioni, dei misfatti e dei crimini che subiscono le biblioteche italiane: a quando un'inchiesta su SBN in Sicilia? Perché la bibliomediateca di Terni costata oltre 15 miliardi non ospita ancora dopo, 6 anni, la locale biblioteca comunale alla quale era destinata? E via andando. Ho tuttavia anche il dovere di ricordare che numerose città, come Genova, Bologna, Mantova, Abano, Aosta hanno realizzato o stanno costruendo grandi biblioteche pubbliche capaci di affrontare il confronto internazionale e delle quali il mondo accademico e la stampa si sono poco o nulla occupati perché non prevale in esse la dimensione del patrimonio storico da conservare ma vi si esalta la messa a disposizione di servizi reali ed avanzatissimi. Che però sono aperti al grande pubblico di ogni età e ceto.

Le proposte dell'AIB. L'Associazione Italiana Biblioteche ha deciso di dare un'accelerazione ai processi che possono portare alla modernizzazione di questo servizio anche in Italia sulla base di alcune linee che proponiamo all'attenzione di tutto il paese:

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1. L'utilizzazione della biblioteca e dei servizi di informazione e documentazione da parte del cittadino deve essere considerata una pratica da favorire per la sua forte valenza educativa, formativa, informativa, culturale, sociale. Un cittadino che si informa ed investe sulla sua intelligenza è più partecipe e consapevole dei suoi diritti ed è più flessibile sul lavoro. E' anche capace di autogestirsi parti consistenti dell'attività di formazione continua.

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2. La biblioteca deve entrare nel quadro delle infrastrutture per il benessere sociale (Welfare).

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3. La biblioteca (ma ciò può essere detto per molti altri servizi pubblici) perde la sua natura di servizio erogato per assumere quella di infrastruttura nella quale il cittadino realizza percorsi culturali autonomi combinando in modo originale elementi e suggestioni di varia provenienza secondo i propri obiettivi: diventa una palestra di libertà.

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4. L'AIB, pur sottolineando la propria autonomia dai poteri, è disponibile a collaborare a livello centrale e periferico per rimuovere gli ostacoli che si frappongono allo sviluppo delle iniziative già avviate dallo stesso Ministero, dal Governo e da altri soggetti pubblici e privati che si muovano nella direzione auspicata (Servizio Bibliotecario Nazionale, rapporti internazionali e progetti europei, modernizzazione dei sistemi di gestione, grandi campagne nazionali di promozione della lettura e dell'investimento sulla propria intelligenza da parte dei cittadini etc.).

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5. L'AIB persegue il riconoscimento della professione sulla base delle direttive europee e la revisione dei percorsi formativi.

Chi ha paura delle biblioteche? Concludo dando le chiavi, peraltro intuibili, per la risposta alla domanda del titolo. E' evidente che si tratta di chi si ostina a non riconoscere che i percorsi intellettuali dei cittadini, la loro possibilità di farsi liberamente opinioni e consapevolezze critiche su tutti i temi, da quelli filosofici alle questioni della vita quotidiana vengono ormai annoverati tra i diritti umani fondamentali. Si tratta di quella parte della classe dirigente, politica, intellettuale ed imprenditoriale che non fa atti e scelte concrete per lo sviluppo del servizio di biblioteca confermando di essere legata ad una concezione dell'investimento sulla cultura come trasmissione, come erogazione paternalistica che ancora la porta a temere, a considerare pericoloso e da contenere ogni libero approccio che si discosti dalle linee di quello che "si vuole che si pensi" che consenta ai cittadini di non subire le conseguenze della tremenda tentazione di "orientare" le opinioni che è connessa all'esercizio del potere anche in democrazia. Battersi per lo sviluppo della biblioteca pubblica è una scelta di campo tra libertà e oppressione, tra coscienza critica ed omologazione, tra dignità e degrado. L'Associazione Italiana Biblioteche (AIB) è un'organizzazione non governativa, riconosciuta dall'UNESCO e federata all'International Federation of Library Association and Institutions (IFLA).

Di Igino Poggiali, Presidente Nazionale dell'Associazione Italiana Biblioteche.

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