Il ponte visto dalla sponda sinistra.

 

Mio nonno già negli anni venti aveva conosciuto la violenza delle squadre fasciste, nel 1925 era sfuggito per miracolo alla morte; un gruppo di fascisti aveva tentato di eliminarlo nel canale Michelotti, un canale antico dalle acque limpide e  poco profonde che scorreva parallelo al fiume Po. 

Non erano riusciti nel loro intento. Il canale era troppo stretto e le acque profonde del fiume non erano facilmente accessibili in quanto il ponte  non esisteva ancora.

Ma il fascismo, al potere dal 1922, non poteva essere fermato da mio nonno. Ormai controllava  il paese e tutte le sue istituzioni,  la polizia e l'esercito.   Come misura di repressione mio nonno fu richiamato alle armi in data 1 Gennaio 1926 ed inquadrato per mesi sei nel reggimento 91° fanteria di istanza a Torino, all'età di 37 anni, con una bambina appena nata, e una moglie a carico.

Ancora divise e pennacchi, ancora armi e cannoni, ancora caserme e folli comandi.

Tuttavia, nonostante le continue minacce, le repressioni, le fughe improvvise lungo il fiume all'approssimarsi degli squadristi,  mio nonno continuò il sua corsa disperata, non rinunciò mai alla sua attività contro il regime. 

La sua sorte però era segnata. Le forze in campo erano disperatamente  impari. Non poteva sperare di fuggire sempre senza essere sorpreso negli anni a seguire.

E così fu. 

Martedì 17 Novembre 1931 era una giornata piovigginosa, la temperatura era scesa a 8 gradi, non c'era vento. Durante le settimane precedenti le piogge era state incessanti, e le acque del fiume erano ora veloci e limacciose. 

Martedì 17 Novembre 1931 alle ore 9,00 i fascisti riuscirono a fermarlo.


 bertolino.pietro@libero.it