La dimensione politica di InternetDemocrazia in tempo reale?Il rapporto tra Internet e la sfera politica è uno dei temi di dibattito che maggiormente attira l'attenzione degli utenti della rete, oltre ad essere oggetto di riflessioni da parte di studiosi di scienze sociali e di teoria della politica. Su questo argomento i punti di vista sono però assai diversi. Da una parte ci sono gli entusiasti. Il loro argomento principale è legato alla tesi secondo cui un mezzo di comunicazione come Internet offre a milioni di persone la possibilità di scambiarsi informazioni, opinioni e pareri in modo orizzontale. Strumenti come i newsgroup, le liste, i forum su Web, i chat, possono trasformarsi - come si è visto - in vere e proprie forme di comunità, in cui i diversi individui possono manifestare la loro opinione ed eventualmente partecipare alla determinazione della volontà generale. La crisi di rappresentanza che la democrazia occidentale manifesta nelle società più avanzate, nelle quali la sfera politica sembra assumere una irriducibile autonomia dai bisogni e dai desideri diretti della società, potrebbe, secondo questa visione, essere superata proprio attraverso la diffusione delle tecnologie di comunicazione telematica. L'osservazione dell'evoluzione di Internet come luogo di comunicazione sociale ha addirittura indotto alcuni teorici a prefigurare la possibilità di realizzare una vera e propria forma di democrazia diretta telematica, una specie di riedizione della agorà ateniese estesa su scala planetaria, resa possibile da strumenti che eliminano la nozione di spazio e di distanza. Quest'ultimo aspetto merita un ulteriore approfondimento. La nozione di Stato sviluppata storicamente da gran parte delle culture del mondo - ma specialmente dalla riflessione politica occidentale - è fortemente legata alla dimensione spaziale del territorio. Un ente astratto, come lo Stato, si materializza nella estensione geografica del suo territorio. La stessa appartenenza e subordinazione del cittadino allo Stato (la cittadinanza, appunto) è di norma tale se questi vive nel territorio dello Stato. Internet è invece una comunità che prescinde totalmente dalla nozione di territorio; anzi programmaticamente la destruttura, producendo un luogo virtuale in cui la distanza fisica viene annullata, e l'interazione diretta tra i soggetti si libera da ogni determinazione spaziale. In questo spazio virtuale l'unico stimolo alla creazione di processi di aggregazione è la condivisione di interessi e di punti di vista. Insomma non solo Internet sembra proporsi come possibile rimedio almeno ad alcuni aspetti della crisi della politica, ma contiene in sé anche gli elementi per il superamento della forma politica dello Stato nazionale che ha caratterizzato la modernità. Al facile ottimismo che in varia forma si manifesta nelle affermazioni dei teorici della democrazia elettronica, si oppongono tuttavia una serie di argomentazioni non prive di rilievo, nonché alcune tendenze, assai più concrete, che si stanno evidenziando nel mercato delle telecomunicazioni e dell'informatica. La prima critica riguarda la notevole diseguaglianza nell'accesso alle tecnologie telematiche sia tra le varie articolazioni sociali delle società avanzate, sia (soprattutto) tra queste e i paesi del terzo o quarto mondo. Tutte le statistiche evidenziano come esista una forte sperequazione nella disponibilità tecnica e nella alfabetizzazione informatica e telematica, sperequazione che ricalca abbastanza da vicino quella socio-economica. E la tendenza sembra essere quella di una acutizzazione della differenza tra gli have e gli have not, come vengono definiti i due segmenti dai sociologi statunitensi. In queste condizioni, e in congiunzione con le politiche restrittive e il taglio della spesa sociale che caratterizzano gran parte delle politiche economiche mondiali, si profila il forte rischio che l'attesa 'agorà telematica' richiami fin troppo da vicino quella ateniese, la quale notoriamente si sorreggeva sullo sfruttamento e la schiavitù di gran parte della popolazione. Un altro aspetto problematico che viene evidenziato dai critici della democrazia telematica riguarda il rischio a cui sono sottoposte la libertà individuale e la sfera privata dell'individuo. Infatti, con la crescente informatizzazione delle transazioni economiche e burocratiche, nella nostra vita quotidiana lasciamo, spesso senza rendercene conto, una serie continua di tracce digitali: dagli acquisti con carta di credito alla posta elettronica, fino alle navigazioni su World Wide Web, moltissime attività personali vengono registrate e archiviate. Senza contare i dati personali che le varie istituzioni raccolgono, le informazioni sul nostro conto in banca, i sondaggi o i questionari a cui veniamo sottoposti. Queste tracce digitali parlano della vita, dei gusti, delle abitudini e delle convinzioni di ciascuno di noi; grazie alla interconnessione dei vari sistemi digitali, queste informazioni possono essere raccolte e utilizzate come strumento di controllo politico nei confronti del corpo sociale. Siamo dunque davanti a una possibile attualizzazione della figura del Grande Fratello che governa la società totalitaria descritta in 1984, il famoso romanzo di George Orwell? Va tenuto presente, a questo riguardo, che se da una parte esiste il rischio di un forte controllo politico e sociale da parte di un eventuale Stato totalitario, è forse più concreto il pericolo costituito da una serie di molti 'piccoli fratelli'. Gli uffici marketing delle imprese, i responsabili dei sondaggi per conto di un partito politico, gli uffici del personale di un'azienda, potrebbero acquisire (e di fatto, soprattutto nella situazione statunitense, hanno già cominciato ad acquisire) le informazioni personali sparse nelle reti telematiche e usarle per confezionare offerte commerciali, per influenzare il nostro voto, o per controllare se le nostre preferenze sessuali sono compatibili col decoro dell'azienda. Insomma la privacy, quello spazio di libertà individuale che gli ordinamenti giuridici occidentali moderni riconoscono come diritto inviolabile della persona, potrebbe essere messa in questione. A queste osservazioni va poi collegata una ulteriore, importante critica della 'democrazia telematica', che ne rileva la preoccupante tendenza a trasformarsi in una sorta di 'populismo telematico'. Infatti alcune formulazioni dei teorici della democrazia telematica sembrano proporre un superamento delle forme tradizionali di mediazione e rappresentanza politica, per passare ad un rapporto diretto tra governante e governato. Se si tiene conto della notevole influenza che gli strumenti di comunicazione di massa hanno sulla determinazione dell'opinione pubblica, questa destabilizzazione dell'equilibrio tra forme e istituzioni della realtà politica può generare gravi distorsioni nella forma stessa della democrazia. Se la disponibilità di uno strumento di comunicazione come Internet costituisce un forte potenziale a disposizione di ognuno per accedere all'informazione, e un possibile canale per sperimentare nuove forme di partecipazione politica democratica, il facile entusiasmo di un ingenuo determinismo tecnologico, che vorrebbe veder direttamente trasformato l'accesso alle informazioni in partecipazione immediata al processo decisionale, nasconde dunque notevoli rischi potenziali. Del resto, è difficile non rilevare come la crescente diffusione della rete abbia scatenato i prevedibili interessi delle grandi multinazionali: non vi è al momento nessuna sicurezza che la rete riesca a rimanere quel luogo aperto e libero che è stata nei suoi primi trenta anni di storia, senza trasformarsi - come alcuni temono - in un grande supermercato, nel quale, allineato accanto ad altri articoli dalle confezioni invitanti, si trovi in vendita un simulacro distorto della democrazia. La politica in reteMa, a prescindere dalle discussioni teoriche che investono il futuro, quali sono oggi le applicazioni e l'utilizzazione di Internet nella sfera della politica? Trascurando le dinamiche comunitarie che alcuni strumenti e servizi informativi disponibili in rete hanno determinato, e delle quali abbiamo già parlato, possiamo ricordare qualche caso interessante di uso più o meno dichiaratamente politico della rete. In primo luogo bisogna menzionare le varie forme di attivismo telematico che su Internet hanno trovato un ambiente ideale di sviluppo. Sono moltissimi i gruppi che si battono su temi come i diritti umani, l'ecologia, la lotta alla pena di morte, che hanno siti su Web e che gestiscono o danno vita a newsgroup. Alcuni di questi sono nati direttamente sulla rete. Un settore di particolare rilievo è evidentemente quello sui diritti alla riservatezza e sulla libertà di accesso e di circolazione delle informazioni sulla rete. La più nota delle associazioni che si occupa di questi temi è la Electronic Frontier Foundation (http://www.eff.org), fondata da Mitch Kapor, multimilionario ex proprietario della Lotus, e dal giornalista John Barlow. La EFF, che gode dell'appoggio di molte aziende contrarie all'ingerenza dell'autorità statale nella regolamentazione di Internet, mostra con chiarezza il duplice volto (e la potenziale e spesso irrisolta contraddizione) che sembra comune a molte fra le organizzazioni 'libertarie' statunitensi impegnate in questo settore: da un lato, un'attenzione puntigliosa e sicuramente lodevole a ogni violazione nella sfera dei diritti individuali, dal diritto alla privacy ai diritti di espressione e di libera comunicazione. Dall'altro, un evidente fastidio per ogni forma di regolamentazione statale, che rischia di trasformare il mercato e i meccanismi non sempre trasparenti della 'libera' concorrenza nell'unico arbitro dell'evoluzione della rete. Questa considerazione, naturalmente, nulla toglie al valore delle numerose campagne della EFF, che ha organizzato raccolte di fondi o direttamente finanziato la difesa in molti processi che le autorità statunitensi hanno intentato contro presunti hacker e giovani programmatori accusati di pirateria telematica o di diffusione illegale di software considerato di valore strategico, ed ha effettuato una capillare attività di informazione e di pressione. Torneremo a parlare della EFF tra breve, discutendo appunto di questioni connesse alla legislazione e regolamentazione delle reti telematiche. Altre associazioni che svolgono attività simili sono la Computer Professional for Social Responsability e la Computer, Freedom and Privacy. In Italia, fra le associazioni impegnate nella difesa della libertà di comunicazione e di informazione in rete si segnala l'ALCEI (Associazione per la Libertà nella Comunicazione Elettronica Interattiva), che dispone di un proprio sito all'indirizzo http://www.alcei.it. L'ALCEI è programmaticamente apartitica, e la sua dichiarazione di principi sostiene il diritto per ciascun cittadino di esprimere il proprio pensiero in completa libertà e di tutelare pienamente la propria privacy personale. L'associazione si oppone inoltre a ogni forma di censura, comunque motivata o mascherata. L'iscrizione individuale costa 50.000 lire, che scendono a 20.000 per gli studenti e le persone che si trovassero comunque in condizioni di ristrettezze economiche. Se organizzazioni come la EFF e l'ALCEI si occupano della sfera precipua - e in parte nuova - dei diritti del 'cittadino di rete', un secondo aspetto del rapporto tra la sfera politica e Internet riguarda invece le organizzazioni politiche tradizionali. Si vanno infatti moltiplicando in rete sistemi informativi gestiti direttamente da partiti e movimenti politici. Su questi siti si possono avere notizie su programmi e attività delle rispettive organizzazioni, e spesso anche forum pubblici di discussione al riguardo. Anche nel nostro paese ormai praticamente tutti i partiti politici hanno creato le proprie pagine Web (un elenco molto completo è ospitato dal 'Political Corner' di Agorà, alla URL http://www.agora.stm.it/politic/italy1.htm). Bisogna dire, tuttavia, che la qualità e utilità di queste pagine, pur tendendo a migliorare col passare del tempo, non sempre è all'altezza delle possibilità che un mezzo come Internet mette a disposizione; molte di esse, nell'impostazione, non si discostano in fondo dai classici volantini o depliant, con programmi politici o biografie e ritratti di candidati, deputati e leader. Fanno eccezione alcuni server che integrano alle pagine Web sistemi interattivi, ad esempio newsgroup ai quali partecipino anche gli esponenti politici: qualcosa di vicino alla versione virtuale della forma assembleare. La presenza in rete dei partiti politici italiani (ma non si tratta, ovviamente, di un fenomeno che riguardi solo il nostro paese) ha purtroppo la forte tendenza ad aumentare in prossimità delle elezioni, per diminuire subito dopo. Il ruolo di Internet nella formazione dell'opinione pubblica (in particolare per quanto riguarda fasce di elettorato relativamente giovani e ad alto reddito, dotate dunque di un notevole potere di 'traino'), e le possibilità aperte dalla propaganda politica in rete, costituiscono del resto tematiche ormai ampiamente riconosciute dalle stesse agenzie d'immagine che curano le campagne elettorali dei partiti. Un salto di qualità in questo campo si è avuto nel nostro paese con le elezioni europee del 1999, che hanno visto per la prima volta un partito politico (Forza Italia) impegnato in ingenti investimenti pubblicitari e propagandistici in rete. Infine, su Internet sono ormai presenti tutte le principali istituzioni pubbliche, dagli organi di governo alla sfera legislativa, dall'amministrazione centrale alle amministrazioni locali. Una tendenza avviata diversi anni fa, quando faceva ancora notizia l'inserimento in rete del sito Web della Casa Bianca (http://www.whitehouse.gov), la cui sezione più visitata, peraltro, sembra essere quella dedicata all'album di famiglia del presidente statunitense. La presenza in rete di istituzioni governative o rappresentative ha già mostrato di avere una importante funzione nella diffusione delle informazioni relative all'attività legislativa ed esecutiva, e importanti effetti di trasparenza. Da questo punto di vista, la linea di sviluppo seguita sembra essere stata ancora una volta quella indicata dai principali siti istituzionali statunitensi, a partire da quelli del Senato (http://www.senate.gov) e della Camera dei Rappresentanti (http://www.house.gov). Si tratta di siti che rendono disponibili informazioni dettagliate sulle attività di deputati e senatori, sulle proposte di legge presentate e su quelle approvate, rendendo così possibile una forma di contatto diretto fra eletti ed elettori, e il controllo costante sulle attività dei propri rappresentanti. Ma forse ancor più importante è il sito Thomas (http://thomas.loc.gov/), senz'altro una delle maggiori e più interessanti risorse politiche on-line a livello internazionale, coordinato dal servizio informazione e documentazione della Library of Congress. Thomas raggruppa in maniera ordinata e razionale un gran numero di informazioni politiche e legislative relative agli Stati Uniti, inclusi gli atti di Camera e Senato e i testi completi di tutti i provvedimenti legislativi. Per fortuna, negli ultimi anni qualcosa si è mosso anche in Italia. Camera e Senato sono entrati in rete tra il dicembre 1996 e il 1997, e sono raggiungibili attraverso una pagina comune, alla URL http://www.parlamento.it, o attraverso le URL specifiche http://www.camera.it e http://www.senato.it. L'offerta informativa di questi siti è progressivamente aumentata nel corso degli ultimi anni, e si ha l'impressione che i due rami del Parlamento si siano finalmente resi conto delle enormi potenzialità di uno strumento come Internet. In particolare il sito della Camera, radicalmente rinnovato all'inizio del 1999, offre ormai un vero e proprio 'portale' al mondo della politica e delle istituzioni, rendendo possibile l'accesso on-line all'intera attività di Montecitorio: dalle dirette audio e video delle sedute a tutti gli atti pubblici (resoconti sommari e stenografici, convocazioni e ordini del giorno, progetti di legge, banche dati interne come quella relativa agli atti di sindacato ispettivo), con l'aggiunta di materiale informativo creato 'ad hoc', come documentari e divertenti animazioni. In particolare, si segnala l'inserimento integrale in rete della rassegna stampa quotidiana, che ogni giorno, verso le nove e trenta del mattino, offre un ricco panorama delle prime pagine, delle notizie e degli articoli principali (ovviamente, la priorità spetta alle notizie politiche) di tutti i maggiori quotidiani del paese. L'elenco dei deputati, già presente fin dalle prime versioni del sito, risulta assai meglio collegato alle informazioni relative alla loro attività, e ogni deputato dispone ora di un proprio indirizzo di posta elettronica, al quale chiunque può indirizzare messaggi. Naturalmente, non è poi detto che il deputato in questione sappia o voglia rispondere - ma possiamo azzardare la previsione che entro qualche anno, man mano che i cittadini si abitueranno all'esistenza di questo strumento di comunicazione diretta con i loro rappresentanti, il mondo dei politici professionali sarà fra i più interessati agli 'agenti software' destinati al controllo e al filtraggio automatico dei messaggi di posta elettronica.
La crescita del sito Internet della Camera sembra rispondere pienamente alle esigenze che avevamo prospettato in Internet '98, superando molti dei problemi che avevamo segnalato all'epoca della precedente edizione del manuale, in particolare per quanto riguarda l'accesso alle banche dati. È prevedibile che anche lo sviluppo del sito del Senato, per ora meno 'brillante' ma sicuramente caratterizzato anch'esso da una notevole espansione della quantità di documentazione offerta, segua un indirizzo analogo. Il fatto stesso che due burocrazie a volte piuttosto 'statiche' come quelle parlamentari siano ormai arrivate a pieno titolo in rete testimonia il rilievo che Internet ha ormai assunto anche all'interno della sfera politica 'ufficiale'. E, una volta messo un piede nel Web, è impossibile tornare indietro: in Internet '98 avevamo previsto che "nei prossimi anni, progressivamente ma inevitabilmente, vedremo la trasformazione delle vecchie banche dati 3270 in servizi accessibili direttamente attraverso moduli HTML, e l'aumento dei servizi offerti": questa (in verità facile) previsione ha colto pienamente nel segno. Il passo decisivo che resta da fare - e che richiederà probabilmente ancora qualche anno - vedrà i due rami del Parlamento, come del resto gli altri uffici pubblici, adottare tecnologie Intranet per lo scambio interno dei dati, e tecnologie Extranet - se del caso, opportunamente protette - per la circolazione dei dati fra i vari 'nodi' della pubblica amministrazione. Proprio grazie all'adozione 'obbligata' degli standard di rete, molti dei problemi tradizionali della nostra burocrazia pubblica, fra i quali quello dell'incomunicabilità fra strutture e organismi diversi e della spiccata preferenza per soluzioni proprietarie e 'chiuse' in materia di servizi informatici, sembrano avviati a trovare una soluzione, almeno dal punto di vista strettamente tecnico. I provvedimenti per l'uso della telematica nello scambio informativo all'interno della pubblica amministrazione, promossi dal ministro Bassanini, sembrano andare proprio in questa direzione, e già la diffusione dell'uso della posta elettronica nella comunicazione fra uffici pubblici potrebbe permettere una notevole razionalizzazione (e un notevole risparmio) all'interno di questo delicato settore. Resta da vedere se e quanto gli effetti del cosiddetto 'bug del 2000' - al quale il nostro settore pubblico appare largamente impreparato - influiranno sulle linee di tendenza qui delineate. In questo campo ogni previsione sarebbe tuttavia rischiosa e azzardata: anche se probabilmente si sarebbe potuto fare di più, in termini di informazione e prevenzione, a pochi mesi dalla scadenza possiamo solo augurarci che tutto vada per il meglio. Molti dei nostri lettori, che leggeranno il manuale dopo l'inizio del nuovo millennio, sapranno già se questo insidioso problema ha prodotto danni reali sulla gestione dell'informazione da parte dell'amministrazione pubblica. Ma torniamo alla presenza in rete delle istituzioni centrali dello Stato. Accanto a quella di Camera e Senato, anche la presenza su Internet degli altri organismi pubblici è cresciuta negli ultimi anni in maniera notevole. Ormai praticamente tutti i ministeri sono dotati di un proprio sito, e sono stati uniformati, almeno sul piano formale, molti fra i criteri seguiti, a partire da quello, basilare, degli indirizzi di dominio adottati, un campo in cui ancora un paio di anni fa la confusione regnava sovrana. Resta invece assai disomogenea la qualità dell'offerta informativa offerta: si va da siti di grande impegno, in grado di costituire strumenti ormai indispensabili per il cittadino, come quello del Ministero delle Finanze, a siti francamente assai più deludenti, che hanno al momento poco più che una funzione di segnaposto (ad esempio il sito del Ministero della Difesa). Per quanto riguarda il governo segnaliamo innanzitutto quello che sembrerebbe voler essere un sito centrale, ma che per ora è soprattutto un esperimento realizzato dall'ASCA per conto del Dipartimento per l'editoria della Presidenza del Consiglio. L'indirizzo è l'ovvio http://www.governo.it. Nel momento in cui scriviamo, il sito appare informativamente assai povero e parzialmente abbandonato (oltre tre mesi dopo la sua elezione alla Presidenza della Repubblica, Ciampi vi appare ancora come ministro!), con molte sezioni ancora in costruzione. Se davvero questo sito intende avere una funzione di coordinamento e raccordo della presenza in rete del Governo, come ci si aspetterebbe dall'indirizzo prescelto, moltissimo lavoro resta da fare; fra l'altro, la presenza autopromozionale dell'ASCA sembra francamente un po' eccessiva per un sito pubblico, così come decisamente fuori luogo ci pare la presenza di banner pubblicitari. La Presidenza del Consiglio dispone comunque di un proprio sito autonomo all'indirizzo http://www.palazzochigi.it, che dovrebbe conoscere entro fine 1999 un ampio rinnovamento grafico e una crescita dell'offerta informativa. Per quanto riguarda i ministeri, un elenco completo e aggiornato degli indirizzi è disponibile nella sezione 'I siti istituzionali' del citato sito della Camera. Quest'ultima risorsa può essere utilizzata anche per individuare le presenze in rete degli organi di governo regionale e di altre autorità pubbliche di vario genere. Segnaliamo qui i siti del Ministero dell'Interno (http://www.mininterno.it), del Ministero degli Affari Esteri (http://www.esteri.it), del Ministero dell'Università e della Ricerca Scientifica e Tecnologica (uno dei più ricchi, alla URL http://www.murst.it/), del ministero delle Finanze (alla URL http://www.finanze.it; quello del Ministero delle Finanze è un altro fra i siti che ci sembrano meritare una lode per il notevole incremento nelle informazioni e nei servizi offerti), del Ministero del Tesoro (http://www.tesoro.it - un sito che si è segnalato per le numerose iniziative collegate all'introduzione dell'Euro, e che consente l'accesso a banche dati importanti come quella contenente le delibere CIPE e quella relativa ai patti territoriali), del Ministero della Giustizia (http://www.giustizia.it, con accesso al Centro elettronico di documentazione della Corte suprema di cassazione), del Ministero dei Trasporti (http://www.trasportinavigazione.it - il sito comprende un utile ma non sempre aggiornato calendario degli scioperi nazionali in programma), del Ministero dell'Industria (http://www.minindustria.it/, con la possibilità di consultare la banca dati dei brevetti italiani ed europei; il sito comprende anche una sezione dedicata all'osservatorio permanente sul commercio elettronico), del Ministero del Lavoro (http://www.minlavoro.it/), del Ministero dei Lavori Pubblici (http://www.llpp.it), del Ministero per il Commercio con l'Estero (http://www.mincomes.it), del Ministero per i Beni Culturali (http://www.beniculturali.it/), del Ministero della Sanità (http://www.sanita.it; permette fra l'altro l'accesso al database delle specialità medicinali autorizzate dal SSN), del Ministero delle Comunicazioni (http://www.comunicazioni.it/), del Ministero per le Politiche Agricole (http://www.politicheagricole.it/, con accesso al Sistema informativo agricolo nazionale). Come prevedevamo in Internet '98, nel corso del 1998 si è aggiunto all'elenco il sito ufficiale e definitivo del Ministero della Pubblica Istruzione (http://www.istruzione.it), che si è subito rivelato uno strumento prezioso per semplificare la distribuzione di informazioni in un settore che ne ha vitale bisogno (si pensi ad esempio alle informazioni sulle assegnazioni dei docenti, sulle commissioni di maturità, e così via), e - fra l'altro - per coordinare le attività del 'Programma di sviluppo delle tecnologie didattiche', dedicato all'introduzione delle tecnologie multimediali nelle scuole. Al momento in cui scriviamo, sembra invece mancare all'appello il Ministero dell'Ambiente (presente solo attraverso il servizio conservazione della natura). Un fenomeno particolarmente interessante per quanto riguarda l'uso politico della rete è quello delle reti civiche. Infatti la dimensione locale permette di realizzare concretamente, evitando rischi di distorsione, esperimenti di rapporto e scambio tra cittadini e amministrazione. Anche nel nostro paese, alcune amministrazioni locali hanno iniziato negli ultimi anni ad utilizzare queste tecnologie per offrire servizi e informazioni ai cittadini. Sono dotati di reti civiche collegate ad Internet o di siti curati dall'amministrazione comunale città come Roma (http://www.comune.roma.it), Bologna (http://www.comune.bologna.it - si tratta del sito a nostro avviso più completo e meglio organizzato), Milano (http://www.comune.milano.it/; il sito è distinto dal quello 'storico' della Rete Civica Milanese, all'indirizzo http://wrcm.dsi.unimi.it/), Torino (http://www.comune.torino.it), Venezia (http://www.comune.venezia.it/), Firenze (http://www.comune.firenze.it/), Napoli (http://www.comune.napoli.it/), Bari (http://www.comune.bari.it/), ma anche diversi centri minori. Un buon elenco delle reti civiche italiane è sul bel sito della Città Invisibile, alla URL http://www.citinv.it/ossreti/civiche/. Questi primi esperimenti hanno avuto degli esiti interessanti, ma nella maggioranza dei casi non riescono ancora a rappresentare un vero e proprio strumento di partecipazione politica, e rischiano di fallire se non vengono affiancati da programmi di alfabetizzazione telematica dei cittadini, e da strumenti legislativi ed economici che garantiscano l'accesso più largo possibile alle informazioni. L'eccezione più significativa è rappresentata da questo punto di vista dall'esperienza di Bologna, la cui rete civica Iperbole è stata efficacemente affiancata dal sostegno comunale a numerose iniziative di alfabetizzazione telematica e dalla realizzazione di strumenti e sedi diffuse per l'accesso gratuito alla rete. Va ricordato, infine, che Internet è uno strumento di comunicazione rivelatosi prezioso per realtà politiche tradizionalmente lontane dai canali 'ufficiali' di informazione politica: associazionismo, volontariato, centri sociali, movimenti locali, e così via. Fornire un elenco esaustivo di questo tipo di risorse è evidentemente impossibile, e per il loro reperimento non possiamo fare altro che rimandare alle indicazioni generali fornite nel capitolo relativo alle strategie di ricerca in rete. Le brevi note fin qui raccolte non costituiscono certo una discussione esaustiva, o anche solo riassuntiva, delle complesse problematiche legate all'uso politico delle reti telematiche e alla cosiddetta 'democrazia in tempo reale'. Ci sembrava tuttavia che, per quanto sommarie, non potessero mancare in un manuale di introduzione a Internet: se non altro con lo scopo di sensibilizzare il lettore su almeno alcuni fra i nodi politici, economici e sociali che le democrazie si troveranno ad affrontare nei prossimi anni in relazione allo sviluppo della società dell'informazione. Problemi di legislazione e regolamentazioneInternet, come abbiamo visto, è una struttura composta da oltre 20.000 sottoreti, che connette oltre centocinquanta paesi ed ha probabilmente più di 40 milioni di utenti. Chi governa questa sterminata 'nazione' telematica - e chi controlla dal punto di vista legale l'informazione che circola in rete? Al momento, dal punto di vista normativo Internet conserva ancora molto delle sue origini e del suo sviluppo quasi 'anarchico': esistono organismi internazionali, come la Internet Society (http://www.isoc.org), in gran parte di natura cooperativa, che studiano la sua evoluzione, discutono e approvano le caratteristiche tecniche dei protocolli adottati, certificano l'attribuzione dei nomi di dominio, e così via. Ciononostante non esiste una 'legislazione' sovranazionale relativa alla rete, e non esiste un organismo o un ente preposto al controllo normativo su di essa nel suo insieme. D'altro canto, la struttura stessa di Internet rende estremamente problematici gli interventi di controllo o censura sull'informazione distribuita. La rete, infatti, è progettata per far circolare informazione a tutti i costi: qualora un sistema telematico, o un intero tratto di rete, vengano resi per qualunque motivo inagibili, gli host vicini cercano automaticamente di saltare l'ostacolo. Se dei file o delle informazioni vengono censurati su un determinato sistema, niente vieta che gli utenti della rete reperiscano gli stessi dati attraverso un altro computer. John Gilmore, uno dei padri della telematica, ha affermato a questo proposito che "il software della rete considera gli interventi di censura alla stregua di guasti tecnici, e cerca subito un percorso alternativo"! Il fatto stesso che le autorità giudiziarie siano di norma legate a precise istituzioni statali, e quindi a una nazione e ad un territorio, rende facile capire la difficoltà di applicare controlli giudiziari alla rete, e giustifica in qualche misura la pittoresca descrizione di 'Far West telematico' che è stata a volte attribuita a Internet. I primi tentativi di regolamentazione - che richiederanno probabilmente, più che una singola normativa, un quadro di prescrizioni complesso e adatto alla natura composita e sovranazionale (o meglio, extra-nazionale) della rete - sono stati avviati in America, dove diverse cause relative a Internet sono state risolte, oltre che attraverso il riferimento a una serie di sentenze esemplari concernenti, ad esempio, la rete telefonica, appoggiandosi al Wire-fraud act, la legislazione relativa alle frodi informatiche. Accordi bilaterali fra Stati relativi a quest'ultimo tipo di normativa hanno portato, ad esempio, all'arresto in Argentina di uno studente responsabile di accessi illegittimi (via Internet) al sistema informativo del Pentagono. Un'altra tendenza inaugurata negli Stati Uniti e che potrebbe fare scuola (nonostante susciti non poche perplessità pratiche e concettuali) è quella a considerare 'beni esportati' tutti i dati (software, informazioni tecniche, ecc.) pubblicati su Internet da cittadini americani o attraverso siti americani. È su questa base, ad esempio, che è stata condotta la causa contro Philip Zimmermann, l'autore di PGP, il software per la crittografia di messaggi personali più diffuso in rete (ce ne occuperemo più estesamente in seguito). Gli Stati Uniti considerano illegale la criptatura attraverso algoritmi che non siano decrittabili dalle istituzioni governative preposte alla sicurezza nazionale (come l'FBI e la CIA), e considerano l'esportazione di algoritmi di questo tipo alla stregua dell'esportazione di armi. D'altro canto, la grande maggioranza della comunità telematica rivendica il diritto alla riservatezza della comunicazione, e di conseguenza il diritto ad utilizzare gli algoritmi di cifratura preferiti. Il lungo procedimento legale svoltosi contro Zimmermann si è risolto in realtà in uno scacco per il Governo americano: da un lato, i tribunali hanno finito per assolvere Zimmermann (le cui ingenti spese di difesa sono state coperte da una sottoscrizione che ha coinvolto migliaia di utenti della rete); dall'altro, l'ingiunzione a rendere disponibile attraverso Internet solo versioni di PGP fornite della cosiddetta backdoor - basate cioè su un algoritmo di cifratura del quale le istituzioni di sicurezza possedessero una delle chiavi - è stata vanificata dal fatto che le versioni 'depotenziate' di PGP immesse in rete in America sono state largamente ignorate dalla popolazione telematica, alla quale bastava collegarsi ad un sito europeo per scaricare una versione del programma 'a prova di FBI'. Nel maggio 1999, questa tendenza è stata ulteriormente rafforzata dalla sconfitta del governo americano nel caso Bernstein, un dottorando della University of California di Berkeley accusato di aver diffuso senza autorizzazione governativa un proprio algoritmo di cifratura (la battaglia legale su questo caso, comunque, continuerà, dato che il governo americano ha presentato appello contro la sentenza). Organizzazioni sorte per difendere il diritto alla libera comunicazione in rete, come la già ricordata EFF (Electronic Frontier Foundation), hanno incoraggiato apertamente il libero uso degli strumenti crittografici e in particolare di PGP. La riservatezza del messaggio scambiato in rete dovrebbe infatti riguardare, a giudizio di tali associazioni, ogni tipo di comunicazione, e non solo quelle considerate 'sensibili'. Un problema connesso riguarda la diffusione attraverso la rete di materiale pornografico, di proclami di gruppi violenti o terroristici, di informazioni militari o riservate. Si tratta chiaramente di un problema complesso, dato che classificare una determinata informazione come pornografica o terroristica comporta giudizi di valore, e assunti morali, che possono variare radicalmente da paese a paese, da cultura a cultura, da persona a persona, e che possono comunque essere facilmente aggirati dalla natura sovranazionale di Internet. Molti governi di fronte a questi fenomeni hanno cercato di intraprendere la strada della censura e della repressione. In particolare ricordiamo la norma introdotta nella legislazione americana sulle telecomunicazioni, approvata nel febbraio 1996. Il Communication Decency Act, riprendendo alcune delle norme punitive per le molestie telefoniche, introduceva di fatto un regime di controllo fortemente restrittivo per i siti Web. Questa legge ha suscitato in rete una enorme campagna di protesta (a cui hanno aderito, non a caso, anche i grandi patron delle aziende informatiche, tra cui Bill Gates), promossa dalla EFF e culminata nel 'Blue Ribbon day': l'8 febbraio 1996, un gran numero di siti Internet ha inserito per protesta all'interno delle proprie pagine l'immagine di un fiocco blu, scelto dalla EFF come simbolo della iniziativa. Dopo l'approvazione del decreto, peraltro importante anche per molte altre ragioni [44], un gruppo di organizzazioni, guidato dalla American Civil Liberties Union, ha presentato ricorso contro la normativa a varie corti distrettuali, richiamandosi al primo emendamento della Costituzione, quello sulla libertà di espressione. L'11 giugno del 1996 il tribunale di Philadelphia ha accolto il ricorso, bloccando la normativa censoria. In particolare il tribunale distrettuale della Pennsylvania, dopo una istruttoria che ha visto le testimonianze di moltissimi esperti, ha redatto una sentenza esemplare, un vero e proprio saggio storico e teorico sulla natura della rete, definita "la forma di espressione più partecipatoria mai realizzata". Consigliamo ai lettori di leggerla: è disponibile su molti siti Web [45]. Questa prima vittoria del popolo della rete, tuttavia, non ha concluso la controversia: il Governo infatti, a sua volta, ha presentato appello contro la sentenza presso la Corte Costituzionale. Ma anche la massima istanza giudiziaria federale ha confermato quasi del tutto le riserve sulla legittimità del decreto, con una sentenza emessa nell'estate 1997. La battaglia sul Communication Decency Act non è comunque rimasta isolata: nel 1999 la controversia si è riaccesa sul cosiddetto Child Online Protection Act, che molti vedono come una filiazione diretta del primo provvedimento. Una corte distrettuale di Filadelfia ha dichiarato nel febbraio del 1999 che anche quest'ultimo provvedimento - presentato dal governo come uno strumento per difendere i bambini dalla pornografia on-line, ma ricco di aspetti preoccupanti e contraddittori - viola il primo emendamento, ed è prevedibile che anche questa battaglia durerà a lungo. Queste importanti vicende mostrano come sia auspicabile, al fine di evitare nel futuro interventi autoritari da parte dei governi, che la stessa comunità della rete individui dei meccanismi di autocontrollo: in questo senso si indirizza la già citata tecnologia PICS, che cerca di affrontare il problema dei contenuti 'disdicevoli' su Internet puntando sull'autoregolamentazione e sul controllo da parte dell'utente, piuttosto che sulla censura alla fonte. In seguito alla emissione di alcune normative comunitarie, come la direttiva CEE 90/388 relativa alla concorrenza nei mercati di servizi di telecomunicazioni, anche in Italia si sta discutendo di normative di controllo sulle pubblicazioni telematiche. Uno dei principali punti in discussione riguarda la responsabilità dei gestori di sistemi telematici e dei fornitori di connettività relativamente alle informazioni immesse in rete dai propri utenti. Attribuire ai gestori di sistema una responsabilità diretta in questo campo (concetto in realtà non troppo dissimile dall'idea che la responsabilità di telefonate minatorie o il cui contenuto configuri ipotesi di reato sia da far ricadere almeno in parte sulla Telecom!) finirebbe per imporre forme di controllo sulla corrispondenza in palese contrasto con l'articolo 15 della Costituzione. D'altro canto, è certamente possibile richiedere ai gestori di sistema di farsi carico della identificazione personale dei propri utenti (senza farsi tuttavia troppe illusioni - anche considerato il tasso di espansione della rete - sulla effettiva possibilità di impedire totalmente accessi anonimi a Internet; del resto, anche alla rete telefonica è possibile accedere anonimamente da un qualsiasi telefono pubblico) e della correttezza dei messaggi inseriti in aree pubbliche del sistema stesso. Per un approfondimento di queste tematiche, segnaliamo le pagine del forum InterLex (alla URL http://www.interlex.com), punto di incontro e di discussione permanente cui partecipano, accanto agli utenti della rete, numerosi giuristi. A livello internazionale, forum di discussione sulle tematiche normative e regolamentari connesse ad Internet sono ospitati, ad esempio, dal sito già citato dell'Internet Society (http://www.isoc.org) e dal CIX (Commercial Internet Exchange: http://www.cix.org), oltre che dalla già ricordata EFF. Note [44] Il Telecommunication Act, infatti, ha liberalizzato di fatto l'intero mercato delle telecomunicazioni americano, avviando una stagione di fusioni tra le maggiori società mondiali del settore. [45] Una
versione in formato HTML è disponibile sul sito Web della EFF,
all'indirizzo http://www.eff.org/ |