Biospeleologia del Piemonte |
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Atlante Fotografico Sistematico |
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Biospeleologia - Cenni essenziali
Categorie trofiche e biospeleologiche
Fattori biotici e risorse trofiche
I fattori biotici si possono identificare con la produzione assicurata dai batteri, il rapporto tra preda e predatore, i cicli ecologici intermedi, l'apporto esogeno, ma una delle primissime esigenze richieste dalla sopravvivenza è l'alimentazione e nell’ambiente ipogeo anche questa funziona come limitazione a diverse forme vitali ed ha un ruolo selettivo decisamente determinante.
Le
risorse trofiche. Nell'ambiente epigeo sono presenti le piante che, grazie all'energia solare, trasformano la materia inorganica in organica; nell'ipogeo ciò viene svolto dai batteri autotrofi, ma in quantità ridottissima, quindi le risorse alimentari di una grotta sono quasi esclusivamente di origine esogena, cioè proveniente dall’esterno :- per
trasporto anemocoro (per il vento entrano batteri, spore fungine, pollini);- per
trasporto idrocoro (attraverso l'acqua entrano grandi quantitativi delle più varie sostanze);- per
trasporto biocoro (attraverso gli animali);- per
gravità, poiché vi cadono detriti vegetali grossolani, cadaveri di animali e numerosi troglosseni vivi, che costituiscono una cospicua risorsa alimentare per i cavernicoli predatori.Per l'assenza di piante verdi nessun gruppo di fitofagi ha rappresentanti cavernicoli.
Tuttavia qualche specie fitofaga si è adattata all'ambiente ipogeo grazie ad un cambiamento del regime alimentare: i processi evolutivi hanno permesso ai Molluschi Gasteropodi del genere Oxychilus di vivere in superficie cibandosi di foglie morte, ma anche in grotta con una dieta assai varia (resti di artropodi ed anche farfalle); adattamenti simili caratterizzano Insetti Ortotteri come Dolichopoda e Troglophilus.
Evidentemente le specie monofaghe (che si nutrono di un solo tipo di cibo) hanno potenzialmente meno possibilità di successo nella colonizzazione delle grotte di quelle polifaghe.
Classificazione delle grotte in base alle risorse trofiche
- Grotte oligotrofiche: sono caratterizzate da scarsa disponibilità di sostanze organiche; l'acqua che vi entra porta poca materia organica e quindi la fauna è scarsa, ma le poche specie che vi vivono spesso sono molto specializzate; qui di solito la base dell'alimentazione è rappresentata da flore batteriche autotrofe, che riescono a sintetizzare sostanze organiche dal substrato minerale (solfobatteri, nitrobatteri, ferrobatteri, ecc.);
- Grotte eutrofiche: sono caratterizzate dalla presenza di abbondanti depositi di sostanza organica di origine animale e in particolare da guano di pipistrelli, che ricopre una porzione significativa delle superfici della cavità; tali grotte sono popolate tutto o parte dell'anno da grandi colonie di Chirotteri;
- Grotte distrofiche: sono caratterizzate da cospicui accumuli di detrito vegetale e povere invece di guano o di altra risorsa di natura animale.
Comunque in grotte eutrofiche e distrofiche c'è un buon potenziale energetico, la fauna è costituita da diverse specie, numericamente abbondanti, ma meno specializzate.
In uno schema di una catena alimentare più sono complesse le relazioni, più veritiero è lo schema: infatti l'equilibrio ecologico è basato su varie nicchie ecologiche.
Nella piramide alimentare dopo i batteri autotrofi ed eterotrofi, (questi ultimi sono di origine esterna ed utilizzano sostanze organiche già elaborate) segue una microfauna batteriofaga, che vive nelle argille e nei fanghi dove la fauna limivora trova sostentamento. I limivori a loro volta rappresentano cibo per i propri predatori. Classici esempi di limivori sono i lombrichi, molti crostacei e diverse larve di insetti.
Carnivori, o meglio predatori, sono i chilopodi, gli opilioni, gli pseudoscorpioni, i ragni, vari coleotteri.
Tra i detritivori troviamo diplopodi, crostacei, vari insetti.
Esistono anche altri gruppi:
- i guanobi, cioè gli organismi che traggono nutrimento dai composti azotati contenuti nel guano (ricordiamo anche che la presenza di pipistrelli incrementa il numero di specie necrofaghe che ne sfruttano i resti a scopo alimentare o di altre che li parassitano come acari e pulci);
- i parassiti che, ospiti abituali di pipistrelli ed altri mammiferi troglofili, possono anche attaccarsi ad altri artropodi;
- i coprofagi che si nutrono delle deiezioni di altri organismi;
- i saprofagi che si nutrono di sostanze organiche in decomposizione sia vegetali (fitosaprofagi) che animali (zoosaprofagi).
Secondo alcuni autori i limiti tra saprofagi e carnivori sono assai meno precisi che in superficie, per una certa facilità a passare da una dieta all'altra.
La predazione è la forma più diretta di relazione fra specie diverse. Ma nelle grotte di estensione limitata, con risorse trofiche scarse, si manifesta con maggiore evidenza anche un'altra forma di relazione, la competizione per la conquista dell'alimento. L'intensità di questa è direttamente proporzionale alla sovrapposizione delle nicchie ecologiche dei competitori. E' raro rinvenire in una stessa grotta specie appartenenti allo stesso genere o molto affini tra loro. Se ciò si verifica, le nicchie ecologiche sono sufficientemente distinte.
Categorie biospeleologiche La fauna ipogea comprende quelle specie di animali che hanno attinenza con l'ambiente ipogeo, ma si esamineranno solo quelle entità prossime all'ambiente speleologico, senza tralasciare le forme caratteristiche dell'ambiente endogeo, situato nei massicci calcarei o ad esso limitrofo. Nel XVII secolo, agli albori della sistematica attuale, persisteva fra i naturalisti stessi una confusa interpretazione sulla fauna cavernicola; in poche parole bastava che un artropode qualsiasi venisse catturato in una grotta per meritarsi l'appellativo di cavernicolo. Solo nel 1854 un lavoro ad opera dello Schiner esponeva in chiave ecologica i primi chiarimenti sulla fauna delle grotte, chiarimenti rivisti e convalidati da Emil Racovitza (naturalista rumeno 1868-1947, una delle principali colonne della biospeleologia) nel VI° capitolo "Clasificarea cavernicolelor" del lavoro "Eseu asupra problemelor biospeologice", 1907. Oggi, la conoscenza numericamente più estesa delle specie rinvenute in grotta, l'etologia, l'anatomia, la fisiologia, la morfologia, il metabolismo e vari altri studi comparati, effettuati su molti reperti, offrono una maggiore chiarezza sulla più o meno stretta relazione di un'entità con l'ambiente ipogeo. La suddivisione schematica classica, esposta dallo Schiner ed elaborata da altri autori, con numerose varianti di termini, suddivide gli animali cavernicoli in tre gruppi. Queste categorie biospeleologiche non costituiscono delle suddivisioni aventi rigoroso valore sistematico, ma vengono usate per il loro valore didattico notevole e per schematizzare un insieme di organismi che, interagendo tra di loro, hanno rapporti ed abitudini che sfumano gradualmente e toccano tutte le gradazioni possibili, come di solito avviene in natura. Troglosseni. Troglofili.
Biospeleologia - Cenni essenziali
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