24 maggio
La vita qui è molto dura per
tutti a causa del dissestato quadro sociale, igienico ed urbano, immaginate
cosa può essere per i portatori di handicap. I più numerosi
sono forse i vari amputati agli arti che spesso riescono a sopravvivere
decentemente grazie alle protesi. Gravi problemi iniziano per quelli che
hanno perduto entrambe le gambe, o entrambe le mani, o peggio ancora, (come
un ragazzo dimesso una settimana fa dopo due mesi di ricovero), chi ha
perduto le due gambe e una mano. Terribile poi la situazione di coloro
che a causa dello scoppio della mina hanno perso entrambi gli occhi. Abbiamo
due 25enni in ospedale in questa situazione... Non oso pensare alla loro
vita futura.
Ai disagi della vita con l’handicap
si deve aggiungere il fatto che, per motivi religiosi, la perdita di un
arto qui è vissuta veramente male tanto che qualcuno preferisce
morire piuttosto che vivere senza una gamba.
Un’altra grossa fetta di persone
che fa veramente pena sono quelli definiti con una brutta parola: “gli
storpi”. Qui ce ne sono tantissimi. Sono il risultato di tanti anni di
guerra e della mancanza di assistenza sanitaria in tutti questi anni. Sono
persone che hanno avuto fratture o infezioni non curate o curate malissimo.
Vederli è quasi più sconvolgente che vedere gli amputati,
arrivano infatti con arti letteralmente deformi, situazioni che io non
ho mai visto in Europa, neanche sui libri di medicina! Arrivano con stampelle,
grucce e altri presidi di sostegno fatti in casa che lasciano esterrefatti.
Per fare un esempio di quanto sia assente la sanità locale vi dico
di un ragazzo che è venuto a farsi controllare l'ano artificiale
che gli avevano fatto anni prima in un altro ospedale; ovviamente non aveva
il sacchetto per la raccolta delle feci come quelli presenti da noi. Aveva
un sacchetto di nylon tipo quelli piccoli della spesa che per poter stare
aderente alla pelle intorno alla stomia era legato strettissimo con due
cordini intorno a tutto l’addome.
Molte di queste persone deformi
cercano di essere ricoverate da noi. Così si presentano all’ambulatorio
per gli esterni che c’è tutti i giorni alle 14. Il problema principale
è che per la maggior parte di questi non c’è ovviamente più
nulla da fare, le fratture o i traumi sono talmente vecchie di tanti anni
prima che spesso non sono più riparabili. Molti di questi vengono
anche nel tentativo di farsi curare certe deformità congenite! Infine
c’è da dire che qui non facciamo una chirurgia o un’ortopedia ricostruttiva
ma solo d’urgenza, così i pochi casi “elettivi” (cioè non
urgenti) che ricoveriamo sono persone a cui occorre completare la cura
con un secondo intervento che segue quello fatto in urgenza per il trauma.
Insomma è durissimo spiegare
a queste persone che non puoi aiutarle. Spesso hanno anche fatto parecchia
strada per venire al nostro ospedale e doverle mandare via stringe veramente
il cuore. Con fatica accettiamo pazienti che sono stati curati in altri
ospedali e che poi vengono qui per farsi rimuovere dei fissatori esterni
o interni, i gessi o cose simili. Il fatto è che questo è
l’unico ospedale completamente gratis e con un ottimo livello di qualità.
Capita anche di persone che arrivano con bendaggi fatti da altri ospedali
ancora freschi e con la cura da terminare, ma che si sono fatte dimettere
per venire da noi.
Molte delle persone esterne che
vediamo nell’ambulatorio pomeridiano sono anche sporche come non vi immaginate!
Ci sporchiamo le mani solo toccandoli per visitarli, immaginate di visitare
un muratore che ha appena finito di buttare già un muro, ecco più
o meno hanno lo stesso strato di polvere.
Il fatto è che, come già
detto, questa città è invasa dalla polvere e dalla sporcizia,
la gente ci è abituata e ci convive senza cercare di evitarla. Il
motivo di questo lo si capisce anche guardando davanti al nostro ospedale,
come ricordato la strada è polverosissima ma ancora di più
lo sono i marciapiedi tutti rotti; in aggiunta tra la strada e il marciapiede
c’è il famoso canale di scolo in cui dentro c’è ogni sorta
di schifezza (immondizia, animali morti, escrementi...). Orbene, la gente
in attesa di entrare alle 14 per le visite attende fuori dal cancello seduta,
ma direi meglio: sdraiata, per terra tra la polvere; non solo, spesso (non
riesco a capire il perché!) si mettono proprio lungo il suddetto
canale di scolo accanto a tutta quella mondezza e, soprattutto, in mezzo
ad una puzza vomitevole. Immaginate così come sono quando li visitiamo.
29 maggio
In questi giorni si esce un po’ di
più, per fortuna... Così alcuni giorni fa abbiamo ricevuto
la visita di tre medici dell’ospedale militare tedesco dell’Isaf (forza
multinazionale, gli stessi dell’aereo caduto con i militari spagnoli),
erano un tedesco, un ungherese e un danese. Gentilissimi, ci hanno coperti
di elogi per la bellezza dell’ospedale, per i risultati ottenuti, per il
numero dei letti (vi ricordo che sono 110) e soprattutto erano increduli
e sorridenti quando hanno saputo che il tutto era gestito da due medici
italiani e quattro medici afgani... No Tac, no Etg, non rianimazione vera,
no medici ultraspecialisti. Ci hanno anche offerto una collaborazione per
l’esecuzione di alcuni accertamenti che noi non facciamo (Tac...) e anche
per l’invio di pazienti che necessitano di chirurgia ultraspecialistica.
Poi mi hanno invitato a vedere il loro ospedale e io ovviamente ci sono
andato.
Che buffa esperienza! Intanto la
famosa organizzazione tedesca non era così efficiente. Infatti siamo
stati 40 minuti ad aspettare fuori sullo stradone il permesso di entrare.
Il brutto era che lo stradone era trafficatissimo e in mezzo alla solita
polvere e gas di scarico di macchine e mezzi militari: se non siamo morti
per inquinamento questa volta... Mentre ero lì il militare di guardia
mi ha fatto visitare un afgano che avevano portato su una macchina e che
voleva essere ricoverato nell’ospedale della base. Per la cronaca lo avevano
classificato come un cirrotico. Poi è arrivata la loro ambulanza
militare che lo ha caricato e portato dentro. Solo allora hanno detto alla
nostra macchina di seguire l’ambulanza che ci avrebbe portato all’ospedale.
Il problema è stato che tutta la base è costruita su un terreno
sterrato con buche e avvallamenti enormi, in più aveva piovuto il
giorno prima e le buche erano piene d’acqua. Così la loro ambulanza
militare, essendo un mega fuoristrada militare, è passata tranquillamente
dentro una specie di buca trasformata in lago (almeno 30 metri di diametro)
ma la nostra auto ha avuto l’acqua che s’infiltrava dalle portiere... Grazie
al cielo non si è spenta e abbiamo raggiunto un’area asciutta dove
l’ambulanza si è fermata. Chiaramente non eravamo arrivati all’ospedale.
Così altra attesa cercando di chiedere ai tedeschi (non è
vero che parlano tutti inglese) dove fosse l’ospedale (la base è
enorme!), insomma abbiamo ricevuto sommarie notizie sulla sua localizzazione
e dopo innumerevoli errori e slalom tra le pozzangherone ci siamo arrivati.
L’ospedale era incredibile. Tutto
dentro robustissime tende (anche doppie), in pratica un lungo corridoio
in tenda con ai lati gli accessi ai vari servizi. Molti di questi in mega
container. Avevano tutto! Tac, radiologia, laboratorio dove si può
fare qualsiasi esame (compreso quelli microbiologici), centro antiveleno,
rianimazione vera con due letti, corsie, pronto soccorso con area di terapia
intensiva, farmacia, ecc. Non vi dico l’abbondanza di materiale monouso
e delle migliori marche. Insomma abbiamo provato tanta invidia. Più
di 20 medici tra cui persino il dentista, l’urologo, il neurochirurgo...
I posti letto solo 34! L’unico problema che mi hanno riferito è
il fatto che non hanno personale infermieristico qualificato per gestire
bene tutto quanto, ad esempio non usano la sala risveglio per gli operati
perché non hanno l’infermiere da metterci. Insomma sono attrezzatissimi
per ricevere qualsiasi paziente ma poi hanno difficoltà nel gestire
il postoperatorio e la corsia. Altra cosa allucinante è che l’ambiente
è opprimente, tende e container sono bassissimi ed ovviamente senza
finestre o spazi ampi e aperti. Insomma sembra di lavorare in catacombe,
nulla di paragonabile alla solarità del nostro ospedale.
Comunque sono stati cortesi e disponibilissimi,
ci hanno però anche chiesto la possibilità di inviarci dei
malati nel momento in cui ne dovessero ricevere troppi. Ovviamente
abbiamo acconsentito anche se dentro di noi ci sembrava buffo che il gigante
Golia chiedesse l’aiuto al piccolo Davide... Uscendo siamo passati dal
loro spaccio dove ho comperato una bottiglia di Martini bianco e... il
cioccolato Ritter Sport!!!
Rimango nel campo pseudo militare
raccontandovi la visita ad un prigioniero: una persona molto “speciale”
per la polizia e il governo afgano e che è trattenuto in un posto
particolare, cioè non con gli altri prigionieri comuni che Emergency
visita periodicamente. Sono arrivato ad una specie di muro che mi ha dato
accesso ad un cortiletto sterrato in cui al fondo vi era una rete
metallica lunga circa 15 metri attraverso cui i parenti parlavano con familiari
in prigione. Francamente sembrava di essere in un pollaio: lo sterrato,
la rete metallica, il cicaleccio... I parenti erano quasi tutte donne con
i bambini attaccati alle gonne, tutte con il loro burka celeste-blu aggrappate
alla rete al di là della quale c’era il prigioniero. Ciò
che trovo strano, ma tipico del posto, è proprio il burka. Immaginatevi
quanto faccia piacere ad un prigioniero che, avrà probabilmente
atteso a lungo quel colloquio, dover vedere la propria moglie senza poterla
guardare in viso o negli occhi perché porta il burka!
In mezzo alla rete c’era una porticina,
anche questa tipo pollaio, con una guardia che mi ha fatto passare dall’altra
parte tra i prigionieri. Poi di lì in una scurissima stanza con
alcuni tappeti, una scrivania e un divano su cui ho potuto “visitare” il
prigioniero. Per la cronaca lì stava abbastanza bene, solo un po’
dimagrito.
marco cafferati
....... (continua)
la prima parte del “diario” è
stata pubblicata sul Risveglio dello scorso 29 agosto