MONTANARO - Dom Luiz Flavio Cappio è un frate cappuccino di origine italiana, di Occhieppo Superiore, in provincia di Biella. Dal 1997 è Vescovo di Barra, dove nel 1969 ha avuto inizio la cooperazione missionaria tra la nostra Diocesi e il Brasile. E' venuto in Italia per la "visita ad limina" dal Papa ed è passato a salutare i "vecchi" amici di missione, che ha incontrato nella casa delle suore di Montanaro. Dom Luiz nel "sertão" è molto popolare e molto amato per la semplicità evangelica: di lui la gente parla come di un santo e racconta molti aneddoti sulla sua vita fuori dal comune, specialmente quando non era ancora Vescovo ed esercitava un apostolato itinerante. A lui ho rivolto alcune domande.
Dom Luiz, la nostra cooperazione
missionaria con Barra è terminata ormai da molti anni: che
cosa è rimasto di Ivrea?
Tanto i Padri come le Suore della
Diocesi di Ivrea hanno piantato molti semi buoni in tutta la nostra regione.
Una prova di questa semina feconda è che il ricordo sia dei Padri
che delle Suore rimane vivo in tutti i luoghi dove hanno lavorato e ovunque
si ricordano di questa presenza. Il lavoro che svolgevano era semplice,
ma era un lavoro di cui il popolo aveva estremamente bisogno. La loro fu
una presenza amica, una presenza "di servizio", umile; ma molto attiva
e costruttiva a fianco dei più poveri. La loro partenza ha lasciato
un grande vuoto e tanti rimpianti.
Abbiamo appena finito di sistemare
la prima casa dove hanno abitato: dispiaceva non conservare in modo adeguato
un così caro ricordo.
Quanti sacerdoti lavorano attualmente
nella Diocesi di Barra?
Sono 15 sacerdoti, di cui parecchi
religiosi , per 12 municipi e tante comunità rurali
Come è impostata la Pastorale?
Nella nostra Diocesi abbiamo due
modelli di Pastorale: quella religiosa ( con la catechesi, la liturgia
e i giovani) e quella sociale (con la salute, i bambini e la terra) Nell'ultima
assemblea diocesana abbiamo fissato alcune priorità:
1) la formazione degli operatori
della pastorale.
La Diocesi di Barra sta investendo
molte energie in questo settore: vogliamo preparare dei laici con una buona
formazione biblica, teologica, sociale. Dare loro una coscienza politica,
perché siano in grado di prendersi le loro responsabilità
2) La catechesi. Stiamo attuando
un grande rinnovamento della catechesi. Il nostro obiettivo sono soprattutto
gli adulti e le famiglie.
3) Nell'ambito della pastorale della
terra non tutti i problemi sono stati risolti; ma la situazione non è
più così drammatica come lo era 11 anni fa. Oggi l'aspetto
più problematico è quello della mancanza di acqua potabile.
Stiamo costruendo delle cisterne che raccolgano l'acqua piovana: hanno
la capacità di 23.000 litri ciascuna, che è la quantità
che una famiglia media della nostra zona consuma ogni anno per bere e per
cucinare.
Il Brasile è la terra
della speranza; molte volte di speranze deluse. Tutti sanno come sia importante
la speranza per un popolo che soffre da sempre. E' stato eletto un nuovo
Presidente, che ha promesso di cambiare il sistema politico e sociale della
Nazione. I brasiliani ci credono? Come vivono questi momenti di cambiamenti,
che i giornali definiscono entusiasmanti?
Tutti i Brasiliani, anche quelli
che non gli hanno dato il voto, adesso sono convinti che il governo di
Lula sia la risposta giusta ai grandi bisogni del popolo. Lula ha un progetto
di governo, che sta confrontando con tutte le componenti sociali: il suo
programma raccoglie simpatie e consensi sempre più ampi non solo
tra la popolazione più povera, ma anche nelle altre classi sociali;
perché non fa discorsi retorici, ma affronta nel concreto i problemi
che sono essenziali per la vita di tutti, come la fame, la sicurezza, la
terra…
Nessuno che abbia un po' di buon
senso potrebbe definire sbagliato questo progetto che finalmente tutela
gli interessi dei più bisognosi; anche se nessuno si nasconde le
enormi difficoltà che ci sono per realizzarlo.
E la Chiesa brasiliana da che parte
sta?
Il progetto di Lula coincide con
le lotte che la Chiesa brasiliana sta facendo da molto tempo.
In un incontro con la Conferenza
Episcopale Brasiliana, la chiesa cattolica ha assicurato al nuovo Presidente
tutto il suo appoggio; ma anche la sua critica costruttiva, quando occorre.
Lula ha apprezzato, dicendo che
è proprio questo che si aspetta dalla Chiesa: che si mantenga indipendente,
ma che si impegni a fianco del governo, a lottare per una giusta causa.
C'è speranza, allora?
Sì, in questo momento la
speranza è grande in Brasile.
La gente percepisce l'importanza
del momento.
In America Latina parecchi Stati,
in questi ultimi tempi, hanno fatto cambiamenti radicali: l'Argentina,
il Venezuela, la Colombia, il Perù, l'Ecuador…
Ma in questi cambiamenti ci sono
stati molti conflitti, con violenza e guerriglia.
Il Brasile è riuscito a cambiare
un sistema di governo, con il passaggio da un capitalismo quasi selvaggio
a un governo di centro-sinistra, in un modo democratico, rispettoso dei
diritti di tutti, etico, trasparente.
Perché?
Perché la gente piano piano
ha acquisito una coscienza nuova, grazie soprattutto al lavoro della Chiesa,
attraverso le Comunità di Base e la Teologia della Liberazione.
Lula è frutto di questa coscienza
nuova: faceva parte delle Comunità di Base e si è formato
all'ombra della Teologia della Liberazione. Egli stesso riconosce che deve
molto alla Chiesa.
Credo che la storia, attraverso
Lula, farà giustizia a quello che hanno rappresentato per il Brasile
le Comunità di Base e la Teologia della Liberazione.
Il popolo del Brasile sta per raccogliere
i frutti di quanto la Chiesa ha seminato.
don gianni giachino