Le cronache e le immagini dei giorni scorsi, relative al terremoto
molisano, hanno purtroppo il sapore del deja vu: ci hanno fatto rivivere
trepidazioni, commozione per le giovani vittime, smarrimento, sdegno, tutte
emozioni già vissute nell'occasione dei terremoti in Irpinia ed
in Umbria. Le immagini delle tendopoli, dei volti pensosi o disperati dei
vecchi, delle mura sbrecciate e dei calcinacci non sono più
qualcosa di inedito. Forse proprio per questo si fa in fretta a dimenticare,
a rimuovere tutto. Si volta pagina. Ci sono altre cose di cui parlare.
Tanto, è uno spettacolo già visto e non più originale.
Fin troppo facile, però, ricordare che, terminato il terremoto -
almeno si spera - e le colate laviche sulle pendici dell'Etna, restano
gli immani problemi della ricostruzione ed, ancor prima, della gestione
dell'emergenza, con il necessario cambiamento di abitudini di vita per
moltissime persone, con l'arrivo del freddo e dell'inverno, con la necessità
di rimarginare ferite ed assorbire pesanti traumi. Anche scemata l'ondata
di emozione mediatica, non cessano le istanze della solidarietà
e degli aiuti concreti. In seconda pagina sono segnalate iniziative e modalità
concrete, proposte dalla Caritas e dalla San Vincenzo.
Il dato saliente di questo terremoto sta, però, come tutti sanno,
nella concentrazione della quasi totalità delle vittime in un solo
punto, la scuola di San Giuliano. 26 bambini morti schiacciati sotto le
macerie di un edificio scolastico che si è afflosciato in un istante,
come un castello di carte. Altri estratti dopo ore d'incubo vissute sotto
le macerie, avendo accanto i cadaveri degli amichetti. A questo punto,
le categorie interpretative abituali - la fatalità, la natura disumana
e 'cattiva' - non bastano più. C'entra la responsabilità
collettiva di un paese, che si vuole civile, nei confronti dei luoghi di
crescita educativa dei suoi figli. C'entra la vigilanza alle strutture
scolastiche e alle opere di ristrutturazione. C'entrano priorità
dichiarate a parole, ma troppo spesso smentite dai fatti.
piero agrano
piero agrano