Manifestare per
la pace, dire ‘no’ alla
guerra. Sì, ma in
che modo?
Una fiaccolata per la pace ha attraversato,
lo scorso venerdì, le vie di Ivrea. C'erano il vescovo mons. Miglio,
il sindaco Grijuela, parlamentari e politici, rappresentanti di associazioni,
cittadini comuni. Ma non era - a quanto ci è dato di sapere
- una manifestazione unanime nemmeno nello schieramento locale di centro-sinistra,
e non sono mancate tensioni. Segno preoccupante, che non solo riproduce
quanto sta accadendo in questi giorni a livello nazionale (alludo alla
decisione di inviare gli alpini in Afghanistan e alla spaccatura che ne
è derivata nell'Ulivo), ma tradisce una gran fatica a far volare
la causa della pace un po' più in alto dei massimalismi ideologici
e degli interessi di bottega. Perché - osserva giustamente il senatore
Scalfaro, nel suo lucido ed appassionato intervento in Senato (quello che
gli ha 'meritato' lo sberleffo del presidente Berlusconi) - "la guerra
è il no più atroce alla persona umana". Pronunciare quel
no, senza contemporaneamente negare le ragioni dell'alleanza con gli USA
e senza cedere ad un antiamericanismo diffuso, questa è la posta
politica in gioco. "E' importante - aggiunge Scalfaro - sostenere insieme
alleanza e pace. Per impedire che il ‘no’ alla guerra sia ritenuto o proclamato
da servi sciocchi, come un ‘no’ all'alleanza". "La guerra non è
la risposta", non cessa di ripetere Ernesto Olivero, fondatore del Sermig.
Da qualunque parte la si guardi. Tutto ciò, non ci stanchiamo di
ripeterlo, finisce con lo scompaginare schieramenti politici rigidi o troppo
interessati a raccogliere i frutti di certi atti, in termini di consenso
politico. Ma la pace è un bene più prezioso di un certo utilitarismo
politico.