Si è chiusa, domenica scorsa,
la Tregiorni biblica diocesana. La buona partecipazione ed il successo
toccato ad un’edizione ‘nuova’ della Tregiorni (non di programmazione,
ma di studio biblico) hanno rivelato, se mai ce ne fosse stato bisogno,
la domanda diffusa di Parola di Dio e di conoscenza biblica.
Una parola non soltanto proclamata
e ascoltata, ma condivisa e interpretata, in un confronto e uno scambio
che crea comunione. L’avere assunto gli Atti degli Apostoli come testo
guida per il cammino ecclesiale ci ricorda la centralità della Parola
divina non solo per la crescita personale, ma anche per la missione evangelizzatrice
della Chiesa, della nostra Chiesa diocesana.
Mi viene spontaneo accostare la
Tregiorni biblica al Convegno ecumenico recentemente conclutosi a Bose,
la cui seconda sessione è stata dedicata agli starcy, gli “anziani”
del monastero russo di Optima, che svolsero un eccezionale ministero di
paternità spirituale, non solo all’interno della comunità
monastica, ma a vantaggio dei molti fedeli che vi si avvicinano. “Batiuska,
dimmi anche solo una parola”, ripetevano i fedeli al monaco starec. Quale
parola sensata fra le tante parole che diciamo e udiamo? Quale parola capace
di portare luce ai meandri talora oscuri e tortuosi dell’esistenza umana?
Una parola - per quel che c’è stato raccontato dall’esperienza di
Optina - prima ascoltata che pronunciata, eco efficace di quella Parola
che Dio ha indirizzato al mondo. E parola pronunciata dopo avere ascoltato
il racconto e le confessioni delle storie umane. Tale è il ministero
della “paternità” spirituale, di ascolto, di consiglio, di discernimento
paziente della volontà del Signore. Un ministero a cui noi preti
oggi rischiamo troppo spesso di abdicare, presi come siamo da tante incombenze
e da tanti ruoli da svolgere.
piero agrano