IVREA - Due recenti convegni svoltisi ad Ivrea hanno offerto spunti e stimoli interessanti all’analisi e alla riflessione su problematiche in cui dimensione locale e dimensione mondiale sono destinate ad incrociarsi sempre di più. Problematiche a cui vorremmo dedicare un’attenzione costante sulla terza pagina del “Risveglio”. Si tratta del convegno su “Sanità e servizi socio-assistenziali”, organizzato dai sindacati confederali del Canavese (cui va aggiunto l’incontro organizzato dalla Margherita e svoltosi il 17 maggio) e degli incontri organizzati dall’Assindustria canavesana su “Dove va l’economia?”. Sì, “globale” e “locale” sono sempre più intrecciati, come ricorda il discusso ed originale neologismo glocal. Si incrociano nell’esperienza quotidiana e nella mente. Andrea Riccardi ammoniva, qualche tempo fa, i politici piemontesi a vivere sul territorio, ma con la finestra sul mondo. E’ una consegna per tutti, anche per il nostro giornale.
I disagi della sanità
Su di essi si svolge la denuncia dei sindacati, e delle forze politiche di centro-sinistra. L’elenco è lungo e preoccupante: liste di attesa prolungate, tagli drastici sulla durata dei ricoveri, dimissioni a breve termine, senza assicurare servizi domiciliari sostitutivi della degenza ospedaliera, ticket... E poi, relativamente alla Asl 9, osservano i sindacati, un clima diffuso di smobilitazione e di precarietà, incertezza a livello di organici e di investimenti tecnologici. La forbice fra bisogni della gente e offerta di servizi sembra notevolmente aumentata. La conseguenza è un notevole abbassamento nella tutela dei più deboli.
E’ solo un problema di bilanci?
Certo, dopo anni di sanità pubblica “allegra” e spendacciona, spesso vincolata a interessi politici e baronie professionali, il rigore nei conti è diventato necessario. Bilanci in rosso non sono più sostenibili. Ciò che preoccupa, però, è che il costo sia l’unico punto di riferimento per decidere dei servizi, che l’unico imperativo sia quello del risanamento dei bilanci. Al fondo di tutto sta la percezione di un servizio sanitario ridotto a merce (di qui la logica di chi richiede l’equiparazione pubblico-privato). Di qui la gestione delle Asl in termini e secondo logiche di puro mercato.
Quale politica, quale etica?
Appare sempre più chiaro che non è questione di pura ragioneria (come quadrare i conti) ma di politica e, ancor prima, di etica sociale. A quale etica si ispirano le decisioni dei politici che mettono al primo posto l’azienda anziché la persona, i cui diritti fondamentali alla salute sono destinati ad “oscurarsi” e a ridursi ad una generica prestazione di assistenza? Certe enunciazioni del Piano socio-sanitario della Regione Piemonte sembrano muoversi in quella direzione...
Pubblico / privato
Il sospetto diffuso è che i disservizi della sanità pubblica non siano né un “incidente” rimediabile, né semplicemente il risultato di una gestione al suo interno inefficiente, ma che vi sia un disegno volto a spingere i cittadini verso il “privato”, su cui si concentrano i grandi interessi del business. La partita si gioca, come è noto, sul rapporto pubblico / privato. “Privatizzare”, a questo punto, significa iscrivere la sanità - con le sue complesse problematiche e le difficili compatibilità con quanto rimane dello “stato sociale” - nell’ambito puramente commerciale di un mercato che premia gli abbienti e consegna i bisognosi ad una carità aleatoria. E’ il modello neoliberista ampiamente collaudato negli Usa: fa al caso nostro?
Trattamenti diversi fra
regione e regione.
Il modello piemontese è
superato?
Di federalismo sanitario si è
molto parlato, e in svariate sedi. Il risultato pratico finora raggiunto
sembra essere quello di un trattamento difforme da regione a regione. Uno
dei tratti positivi dell’ “antico” sistema realizzato in Piemonte -
osserva Antonino Saitta, nell’incontro a S. Marta - era ravvisabile nell’integrazione
fra assistenza primaria, di base, ed assistenza ospedaliera. Ora ci si
muove in direzione diversa, cercando di disarticolare quel sistema “integrato”.
A quale scopo?
Politica e sanità: quale
rapporto?
Mentre il peso dei partiti e del potere politico in campo sanitario appare ancora rilevante, soprattutto nella scelta dei direttori generali delle Asl e del rapporto che si intrattiene con essi, appare preoccupante la carenza di una politica di alto profilo che sappia programmare, dandosi obiettivi e vincoli da rispettare, e che accetti strumenti di controllo. Soprattutto che sappia ascoltare i bisogni prioritari della gente ed amministrare oculatamente le risorse esistenti. Ma, in tema di risorse, il discorso si sposta sulla situazione economica generale.
Non è più tempo di miracoli per l’economia?
Così recitava - in modo affermativo
- il titolo del colloquio con Giuseppe Turani, editorialista della “Repubblica”
e Roberto Maglione, manager Tim. Ai discorsi, in tema di economia, che
si fanno ai giorni nostri si addicono, evidentemente, toni pessimistici.
Nell’economia regna oggi, secondo Turani, la massima incertezza, il che
rende impossibile optare per l’ottimismo o per il pessimismo, e terribilmente
difficile avanzare previsioni.
La crescita economica europea, al
traino di quella americana, sarà, comunque, per quanto è
dato di sapere oggi, di modesta entità. Europa, Usa, l’intero pianeta.
E’ soprattutto l’economia che obbliga a dilatare i confini (nazionali ed,
ancor prima, mentali) e a pensare su scala planetaria.
Alle radici dell’attuale crisi,
osserva ancora Turani, c’è qualcosa di “molto complicato”. L’ondata
della new economy ingrossatasi negli anni ‘90, con tante speranze per un’economia
globalizzata, sembra essersi esaurita. Le grosse attese sono andate deluse.
Ciò ha generato una diffusa stanchezza, e la sensazione di “lavorare
sui ritagli”, di tentare di raccogliere benefici ormai marginali e poco
promettenti.
Uno spiraglio di ottimismo
E’ offerto da una nuova ripartizione mondiale, che si sta affermando in uno scenario in rapido cambiamento. Rispetto alla ripartizione abituale del globo in un’area di sviluppo e di benessere (che interessa circa un miliardo e mezzo di persone) e in un’area di sottosviluppo e di “malessere” (in cui abitano gli altri quattro miliardi e mezzo di abitanti del pianeta), sta emergendo un’area di circa tre miliardi. Essa sta approdando ad una soglia minima di benessere e costituisce un enorme potenziale mercato. Basti pensare alla Cina, all’India, a quanto rimane della ex Unione Sovietica... Ma si tratta solo di un grande “mercato”, di un mondo di nuovi consumatori, colonizzati dall’Occidente, o piuttosto di soggetti destinati a giocare un ruolo oggi imprevedibile sulla scena mondiale?
Più intelligenza artificiale nei nuovi prodotti
Roberto Maglione, del Direttivo Gruppo
Economisti d’Impresa, è più ottimista sulle potenzialità
di sviluppo economico, anche a breve termine. Vi sono dei cicli tecnologici
che si sono “sgonfiati”. Altri sono destinati a dare slancio all’economia
mondiale, soprattutto nel campo dell’intelligenza artificiale, destinata
ad essere riversata in dosi sempre maggiori in strumenti di uso comune.
Ma alla “nuova economia” attesa corrisponderanno davvero opportunità
di vita migliore ed uno sviluppo sostenibile per tutti?
don piero agrano