Giacomo Jacquerio,
nell’autunno del Medio evo
TORINO - La pittura di Giacomo
Jaquerio, all’inizio, appartiene all’orizzonte della “sottigliezza”, a
causa della sua accentuata inclinazione lirica, anche a riguardo dell’architettura
dipinta, gettando una vivida luce sul gotico declinante nell’autunno del
Medioevo.
Da subito compare il nome
ma senza data nell’iscrizione di Ranverso: “Picta fuit ista capella per
manum Jacobi Jaqueri de Taurino”.
Adesso siamo sicuri che
la sua Madonna firmata di Ranverso si colloca dopo la verifica dei possessi
di Saint-Antoine-en-Viennois, nel Delfinato, a cui apparteneva la Precettoria
di Sant’Antonio a Ranverso, compiuta dai commissari inviati dall’antipapa
Pedro de Luna.
Durante la visita del 1406,
infatti, non si fa riferimento che ad una generica decorazione di tipo
minimalista, consistente in velari, fiamme ed altri simboli antoniani.
Il primo documento certo
che lo riguarda, invece, cade sul 1404, con l’atto di spartizione tra fratelli
della casa paterna a Torino.
Il momento giovanile, nel
presbiterio di Ranverso, s’articola attraverso la parete della Madonna
firmata e dei profeti, con Santi e Sante negli sguanci delle finestre,
e nell’altra, a fronte, con la vita nel deserto svolta dall’eremita Antonio
e dai demoni.
Diciamolo subito che è
veramente difficoltoso seguire le tracce di un percorso, come quello di
Giacomo Jaquerio, contro le cui opere s’è avventato l’accanimento
distruttivo del Tempo.
Il soggiorno documentato
dal 1415 presso i principi d’Acaia è stato, probabilmente, preceduto
dalla sosta di lavoro a Ranverso.
Al dominio degli Acaia
a Pinerolo s’aggiungeva il possesso del castello torinese di Porta Fibellona:
gli incarichi pinerolesi, fino al 1418 quando ebbe termine con la morte
del principe Ludovico questo ramo laterale sabaudo, furono svariati, spaziando
dal lavoro pèer le vetrate alla dipintura della camera grande, con
adiacente oratorio, nel castello di Pinerolo.
Segue il lungo periodo
al servizio di Amedeo VIII, primo duca di Savoia: a Chambèry, la
capitale, a Ripaille e a Thonon, sulle sponde del lago Lemano, e, precocemente,
nella stessa Ginevra.
Gli spostamenti entro lo
Stato dei valichi, al di qua e al di là delle Alpi, caratterizzano
l’esistenza di Jaquerio, legato alle corti nordiche del “gotico internazionale”.
In un secondo momento,
nella sacrestia di Ranverso, con l’Andata al Calvario, la pittura jaqueriana
s’apre, contaminandosi, ad una svolta verso la “forma teatrale”, impegnado
il suo futuro nello sviluppo della “sacra rappresentazione”, fino all’esemplare
Passione di Revello.
Sintomo significativo del
rovello etico Jaquerio risulta il fatto che si renda a Ginevra, nel settembre
1430, testimone a discarico nel processo ad un predicatore intinerante,
Battista da Mantova, denunciato per eresia.
Quest’episodio individuale
si cala in una drammatica congiunta storica, inerente alla crisi del sistema
ecclesiale, allo scisma che porta il suo principale protettore ad uno scambio
di ruolo istituzionale: da principe a papa (Felice V).
L’espressionismo dello
stile dell’ultimo Janquerio, con il solo antecedente della miniatura del
presunto Jacquemart de hesdin, salta agli occhi in particolari spesso gridati
della Salita di Ranverso: dal procedere di Gesù, isolato sotto il
paso della croce, prededuto da attori “cun li latroni”, all’assalto
violento alla Madre, circondata dal lamento delle pie donne; dal drappo
della Veronica agli stendardi stampati sul cielo oscurato; dal suono delle
trombe ad un rumore generalizzato in una grande “remuschiata”, in uno schiamazzo
simbolo di una “mala jornata”; all’interno d’una rappresentazione visivamente
condizionata dalla calca, dall’affollamento delle
masse.
aldo moretto
|
Notizie Flash | Nota
politica | Art 3 | Art
4 | Art 5 | Art 6 | Art
7 |
|
|