Per riappropriarsi
del tempo…
ALBIANO - Heinrich Böll
racconta di un turista che arringa un pescatore sui vantaggi di un maggiore
impegno sul lavoro. Uscendo due o tre volte al giorno in mare, sostiene,
potrebbe pescare più pesce, e innescare una dinamica di crescita
inarrestabile: una barca a motore, poi due, poi una flotta di lance, uno
stabilimento per la surgelazione, l'affumicamento e magari un elicottero
per rintracciare i banchi di pesce. "E allora?", chiede il pescatore. "E
allora", conclude il turista trionfante, "lei potrebbe sedere tranquillamente
sulla spiaggia, sonnecchiando al sole e contemplando il bellissimo oceano!".
Il pescatore lo guarda e dice: "E' proprio quello che stavo facendo prima
che arrivasse lei".
L'aneddoto desta sconcerto,
perché gioca su un paradosso. Il ricco si adopera, investendo e
accumulando, attirato dalla speranza di arrivare là dove il povero
ha cominciato. L'ascesa dalla povertà alla ricchezza non è
quindi nient'altro che un grande inganno? La storiella ci induce a porci
la domanda "perché?": perché le nostre società si
sono tuffate in una corsa frenetica e rumorosa verso una ricchezza materiale
mai vista nella storia? A cosa serve tutto ciò? Se la storia dello
sviluppo consiste - come suggerisce l'aneddoto - nell'acquisire progressivamente
l'abbondanza dei beni per per-venire all'abbondanza del tempo, allora le
società opulente hanno fallito l'obiettivo. Sin dall'inizio del
secolo scorso ci si aspettava che la fatica sarebbe alla fine stata ripagata
da una nuova era di libertà, in cui il duro lavoro sarebbe finalmente
scomparso e le persone avrebbero avuto possibilità sempre maggiori
di dedicarsi ad attività di loro gusto. Ma così non è
stato. Come mai? (Wolfgang Sachs, dalla presentazione del libro "Bilanci
di giustizia" di A. Valer, ed. EMI - 1999)
E' da domande come questa
che è nata l'idea di organizzare un convegno sull'autoriduzione
del lavoro retribuito. Siamo un gruppo di famiglie che, dall'autunno del
1997, aderiscono all'operazione "Bilanci di giustizia", lanciata nel 1994
a Verona dal gruppo "Beati i costruttori di pace". Come tutte la famiglie
"bilanciste" in questi anni abbiamo provato a spostare i nostri consumi
quotidiani seguendo criteri etici ed ecologici, ricercando uno stile di
vita più "leggero" nei confronti dell'ambiente e più attento
a quei meccanismi economici che garantiscono ad una minoranza, a cui noi
apparteniamo, un benessere che poggia però in larga parte sulla
povertà della maggioranza della popolazione mondiale.
Ma la ricerca di un benessere
capace di giustizia va avanti solo se rende più felice la nostra
vita ed è così che, in-sieme agli altri gruppi locali sparsi
un po' in tutta Italia, abbiamo iniziato a riflettere non solo sui nostri
consumi o sulle iniziative da organizzare ma quanto tutto ciò può
effettivamente migliorare la nostra vita. Due anni fa, durante l'incontro
regionale delle famiglie bilanciste piemontesi, un lavoro di gruppo sul
tema del lavoro retribuito in famiglia ci ha molto stimolato: ci siamo
resi conto che molte famiglie si stavano interrogando sulla possibilità
di scegliere il monoreddito e cercavano motivazioni, consigli, incoraggiamento.
Nel nostro piccolo gruppo quattro famiglie hanno già scelto questa
strada; ci siamo chiesti: perché non mettere in comune con altri
le nostre riflessioni? Perché non provare a trasformare una scelta
"privata" in una proposta "politica" per un cambiamento più globale
dello stile di vita?
Pensiamo che il convegno
possa essere un'occasione importante di confronto ed approfondimento sull'importanza
del lavoro non retribuito, di tutti quei gesti che "fanno" la qualità
della vita, ma che godono di scarsa considerazione sociale. Oggi, in tempi
in cui impera il mito occidentale del lavoro retribuito per tutti, il valore
e il senso di un lavoro derivano unicamente dal profitto monetario che
se ne ricava: scarso peso hanno la soddisfazione personale, l'utilità
sociale, i rapporti personali che crea e così via. Se questi aspetti
sono presenti, meglio, ma sono comunque un di più, un valore aggiunto,
non lo scopo del proprio agire. Poche persone, oggi, scelgono uno stile
di vita essenziale in cambio della possibilità di crescere ed educare
i propri figli: si dice sempre che i soldi non bastano mai. Poche persone
non si stupiscono quando qualcuno lascia un lavoro sicuro e ben retribuito
per un'attività incerta, ma più appagante, accollandosi i
rischi della precarietà: di solito si pensa che se lo può
permettere o… che è matto e se ne pentirà. Noi crediamo invece
che sia possibile "ridimensionare" le nostre esigenze monetarie, riappropriarci
del tempo che ci appartiene, scegliere in modo consapevole le nostre attività,
essere soddisfatti della nostra vita liberandoci dagli standard imposti
da altri. Noi crediamo che, in un mondo in cui un alto livello di disponibilità
economica non sia più il valore dominante, più persone potranno
accedere a un livello dignitoso di vita. Questa è la nostra scommessa,
questo è ciò che ci sembra, oggi, di primaria importanza
per noi stessi e per la nostra società.
Se pensate che in questa
proposta ci siano degli spunti che condividete, se desiderate approfondire
la discussione, se siete assolutamente contrari, inviateci la vostra adesione;
se lo farete presto potremo organizzare al meglio l'accoglienza per tutti.
Per informazioni e adesioni:
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Patrizia e Massimo Savio - via Maddalena 43 10010
Burolo (TO) - tel 0125 57192
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(TO) - tel 0125 727525
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