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    San Lorenzo a Settimo Vittone: uno scrigno pittorico

       SETTIMO VITTONE - La chiesa di S. Lorenzo, a Settimo Vittone, custodisce, come in uno scrigno pittorico, i propri affreschi appartenenti ad epoche diverse.
       Tra i gioielli di questo forziere, per il Romanico tardo, va segnalata l’Adorazione dei Magi, a cui il recente restauro ha restituito l’episodio di san Nicola che soccorre i tre fanciulli nella tinozza dalla violenza del macellaio impazzito, sopraggiungente con la scure.
       Un caso esemplare degli spostamenti lungo la via francigena di un artista medievale verso la fine del Duecento ci viene fornito da Guglielmo d’Orta che, dopo aver dipinto in patria, ad Oleggio, ha lasciato nel tempio canavesano, a formato gigante, un icastico Re dei Re.
       Tiene la destra aperta in atto d’accoglienza; stringe con la sinistra, come scettro, una pianta grassa, carnosa, dai fiori scuri, in quanto simbolo di Vita.
       A Santa Maria del Gaggiolo, in precedenza, Guglielmo d’Orta aveva raffigurato i Mesi, con spigliato fare lineare, in parallelo ai coevi esiti della grafica murale nei “broletti” lombardi.
       Una prova della frequenza in ambiente alpino del culto in onore del beato Pietro di Lussemburgo ci viene fornita dal riquadro che lo vede inginocchiato in adorazione della Vergine col Figlio, con lo stemma dal leone rampante sormontato dal cappello cardinalizio, mentre in alto il cielo viene squarciato dall’apparizione del Crocifisso.
       Di più alto valore è, in prossimità dell’altare, il Santo benedicente su fondo scuro unito: imponente e severo secondo i modi importati in Lombardia, sulla metà di Trecento, dalla “fronda giottesca”.
       Nell’andito di collegamento con il battistero pre-romanico si conserva una giovanile Adorazione dei Magi di Giacomo da Ivrea, pervasa sì dalla tenerezza lombarda ma già mossa anche da uno spirito surreale, in specie nell’affastellarsi, sulla destra della capanna, di cavalli e persone.
       Di un gusto rinascimentale è, infine, la decorazione della Cappella Avogadro: vi si afferma una pittura solare, di derivazione, in parte, per forma e colore, da Piero della Francesca.
       Con un effetto d’alta scenografia ci vengono incontro, dalla parete di fondo, San Lorenzo in splendide vesti, ritto sulla graticola, e San Martino a cavallo che divide il proprio mantello con il povero, separati dalla Pietà; mentre, ai lati, si fronteggiano le tre Sante e la Vergine col Figlio in trono fra angeli, a cui il titolare presenta il donatore, ormai acefalo.
       Sulla vòlta, il Cristo in Maestà si circonda dei simboli degli Evangelisti. Sull’arco d’entrata, l’Annunciazione, incorniciata dagli stemmi nobiliari, si distende tra erbe, fiori e conigli.
       Per definire la committenza possiamo utilizzare le informazioni forniteci dal Bertolotti, durante le sue Passeggiate in Canavese, e dal Bellagarda: la prima ci segnala che il nobile Giovanni Martino Avogadro di Casanova cede, nel 1480, a Giacomo, un suo parente, la pievania di S. Lorenzo; l’altra riguarda l’atto di conferma - steso a Vercelli, nella sede dell’ospedale di Sant’Andrea, i l 5 marzo 1481, da parte dello stesso Giovanni Martino Avogadro di Casanova, ancora presentato come pievano della Chiesa di S. Lorenzo in Settimo Vittone - dell’elezione di Giovanni della Porta ad amministratore dell’ospedale di San Leodigario. La datazione del ciclo ad affresco va collocata quindi, ruotando intorno alla figura prestigiosa dell’Avogadro, al 1480 o poco prima, concordando con i dati storici la lettura stilistica.
       La funzione della memoria che la Chiesa di S. Lorenzo, sull’altura del Castello di Settimo Vittone, svolge, proteggendo le immagini ricevute, assicura a tutti noi una genuina esperienza della soglia tra passato e presente.
     
    aldo moretto

     
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