IL PAPA: L’ATTENZIONE AI RAGAZZI
“DEI MURETTI”
Giovani, cosa resta
Dopo Tor Vergata
Il Vescovo di ritorno dalla
Gmg 2000
Non è facile riassumere
in poche righe i pensieri ed i sentimenti accumulatisi nei giorni della
recente giornata mondiale dei giovani a Roma. Ho rivissuto tutto l’itinerario
delle precedenti giornate, da Buenos Aires a Santiago a Czsestochowa a
Denver a Manila a Parigi, che a Roma hanno trovato quasi un coronamento
e la conclusione di un periodo. Credo che a Toronto sarà qualcosa
di diverso, anche perché nel frattempo è cambiata una generazione,
non solo di giovani ma di adulti, di sacerdoti e di vescovi. Anzi, per
i giovani le generazioni sono state già più di una, tenuto
conto del ritmo accelerato che caratterizza i cambiamenti nel mondo giovanile.
Forse uno dei motivi che
hanno animato il dibattito interessante e vivace e lo stupore dei media
nazionali, durante i giorni del giubileo dei giovani e subito dopo, è
stato proprio il non aver tenuto abbastanza conto dei rapidi cambiamenti
del mondo giovanile e che costringono noi adulti, talvolta un po’ a malincuore,
a riconoscere il nostro invecchiamento.
Ho potuto trascorrere una
mattinata al Circo Massimo, nella tendopoli - penitenzieria, ascoltando
parecchi giovani italiani e stranieri: l’impressione è stata quella
di aver incontrato giovani molto seri, sinceramente in ricerca, disponibili
ad approfondire il rapporto con il Signore. Anche la catechesi, in un padiglione
della Fiera di Roma assai gremito, ha rappresentato un impatto simpatico
con un uditorio tutto di giovani, attenti ad un tema non certo facile o
accondiscendente come quello della santità nel terzo millennio.
Dire di Tor Vergata mi
pare superfluo, tante sono state le immagini ed i commenti dei giorni scorsi.
Posso solo aggiungere di aver visto, abbastanza da vicino, un Papa ringiovanito
di dieci anni e soprattutto con un’espressione serena e gioiosa come non
mai.
Mi pare che alcuni commenti
letti nei giorni scorsi siano stati ingiusti nei confronti dei giovani:
certo, sono in cammino anche loro, come noi tutti, e nessuno, il Papa per
primo, si illude o pretende che siano già arrivati alla perfezione
della vita cristiana. Ma allora perché puntare il dito su contraddizioni
e incongruenze che certamente non sono mancate, il che vuol dire però
cercare la pagliuzza nel loro occhio e dimenticare la trave che ci ritroviamo
nel nostro.
Si coglieva anche, in alcuni
articoli, una certa sensazione di fastidio. Timore di un ritorno al trionfalismo?
Sappiamo bene che quelli sono i giovani del giubileo, non tutti i giovani,
anche se rappresentano uno spaccato assai vario e interessante. Comunque
è sufficiente rientrare nel quotidiano delle nostre parrocchie per
non perdere il senso delle proporzioni. Difficile però non pensare
al lievito di cui parla il vangelo.
O forse è il timore
che il rapporto tra i giovani ed il vangelo possa davvero influire sulla
loro cultura e sui loro costumi? Ma qui forse sta l’equivoco di fondo,
che rende talora difficile il dialogo tra cattolici e laici: non si può
chiedere al vangelo, e quindi neppure alla chiesa, di limitarsi ad alimentare
una spiritualità “privata”, meglio se intimistica, che non disturbi
e non interferisca con la storia e con i progetti dell’uomo. Era proprio
questo il tema della GMG: il Verbo si è fatto carne ed è
venuto ad abitare in mezzo a noi: una presenza che ha sempre creato qualche
problema, anzitutto ai manovratori di turno.
+ arrigo miglio
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