CANDIA - PIANO DI CONTENIMENTO
E il Parco dichiara
guerra alle nutrie...
CANDIA - Care nutrie, la pacchia è
finita: l’ente Parco del Lago di Candia ha infatti deciso di adottare un
piano di contenimento delle popolazioni di questo roditore, voracissimo
e causa di notevoli danni all’ecosistema lacustre.
La comparsa della nutria
(molto simile al castoro, purtroppo non dotato della relativa bellissima
coda, ma di una lunga coda da topo che lo rende non proprio attraente)
nel Parco Naturale del lago di Candia non può essere datata con
esattezza, ma la sua presenza nel territorio del Parco è stata stabilita
sulla base di avvistamenti di esemplari dell’animale, sul conteggio delle
tane, sulle tracce di pasto lasciate dagli incisivi dell’animale sulle
piante palustri.
La presenza di questo animale,
non originario del luogo, ma di origine sud americana, rappresenta un problema
ecologico dovuto, in massima parte, al tipo di alimentazione, prevalentemente
erbacea che ha portato alla riduzione di molti esemplari di piante acquatiche
tra cui la castagna d’acqua e la ninfea.
Altri problemi nascono
dall’abitudine di costruire tane tramite scavo nelle rive e negli argini
dei corsi d’acqua, fatto che provoca instabilità o franamento degli
stessi, con conseguente riduzione di habitat per altre specie e problemi
di ordine economico per quanto riguarda il consolidamento.
Non è da trascurare
anche la trasmissione di malattie pericolose per l’uomo, tra cui la nota
leptospirosi.
Per questi motivi il Parco
(così come previsto in altri Parchi, ad esempio quello del Ticino)
ha recentemente adottato un piano di contenimento delle popolazioni di
questo animale che, come noto, è molto prolifico (6 piccoli per
nidiata, gestazione breve, parti ripetuti a distanza di poche settimane)
e non viene contenuto da altri animali o dalle condizioni climatiche avverse:
sono stati contati circa 150 esemplari!
La necessità di
diverse autorizzazioni da parte di più Enti (Regione Piemonte, Provincia
di Torino, Comitato tecnico scientifico a supporto della politica delle
Aree Protette Regionali, Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica), ha
allungato i tempi di avvio del progetto, che dovrebbe partire tra breve,
con la posa di 10 gabbie di cattura. L’operazione avverrà, come
già per il piano di contenimento dei cinghiali, con la collaborazione
degli agricoltori locali.
Gli animali catturati saranno
consegnati all’Università di Torino (Facoltà di Medicina
Veterinaria, Dipartimento di Patologia Animale), in attuazione di uno specifico
rapporto collaborativo, onde permettere tutti gli studi necessari a conoscere
sia le caratteristiche genetiche dell’animale, sia le malattie che possono
essere trasmesse, per via diretta o indiretta, alle altre specie viventi.
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