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    IVREA - PREZIOSE TESTIMONIANZE ARTISTICHE DEL ‘400  
    I “messali gotici” conservati   
    nella Biblioteca Capitolare  

    IVREA - Sull’orizzonte di una rinnovata liturgia, in un clima europeo ancora turbato dallo scisma religioso, sorgono ad Ivrea i “messali gotici”. Nel Messale dei Serio (1426), cod. CII/111 della Capitolare di Ivrea, prevalendo la scrittura, la posizione dominante è quella del testo su due colonne. 
        L’uniformità vi viene rotta, soltanto, dall’alternarsi delle lettere in rosso o in blu. 
       Il lavoro più impegnativo, quindi, è stato assunto dallo scriptor: ossia, dal milanese Bertoloto de Maynis, responsabile dello splendore grafico, rialzato dai campi in oro. 
       E’ lui che ha creato l’ “achitettura del libro”, regolando la simmetria rigorosa dell’impaginazione, riservando gli spazi per l’intervento della miniatura, con i suoi fregi e le sue cornici.  
       Ha ottenuto così un impatto visivo, una leggibilità che nasce dalla chiarezza dell’insieme. 
       In principio, s’incontra di rado l’iniziale istoriata, derivante dalla grande fonte della miniatura lombarda o, ancor meno, la vignetta di contenuto evangelico. 
       Questo primo miniatore si ritrova nel Messale di Giacomo (1436), cod. CI/110, sempre della Capitolare di Ivrea, ordinato dal Vescovo per l’altar maggiore della Cattedrale, anch’esso scritto da Bertoloto. 
       Poi, all’improvviso, nel Messale dei Serio, voluto dal mercante Bartolomeo, compare la maschera, con un seguito di mostri, coinvolgendo anche i santi patroni della Chiesa di Ivrea: da Savino a Tegolo e a Besso. 
       Ci troviamo davanti ad un selvaggio repertorio di maschere: talora tristi, spesso comiche, con la lingua fuori. 
       Allora non ci rimane che richiamare un’indicazione storica: la promessa di miniare un nuovo codice, data al Capitolo, nel 1439, dal maestro romano Giovanni de Festolino. 
       Se fosse giusta l’ipotesi di un suo intervento, si giustificherebbe la migrazione del primo miniatore di cultura lombarda, dopo una probabile interruzione, verso il Messale di Giacomo. 
       D’altronde, il Messale dei Serio, iniziato nel 1426, destinato in origine all’altare della Cappella dell’Annunciazione in duomo, verrà lasciato solo molto più tardi al Capitolo, nel 1466, dal figlio del mercante, Giovannino Serio. 
       Il soggetto della “maschera”, dai tratti umani, dipinta a più colori, può esser inteso come un’esasperazione della drôlerie. 
        Ma, inevitabilmente, rinvia anche, secondo la credenza dei primitivi, ad una dimensione magico-religiosa dell’immagine. 
       Nell’ambito della mostruosità, divertita e divertente, si verificano mutamenti d’espressione: la fantasia vi varia le forme, mantenendo però costante lo sguardo strabico, determinato dalle pupille divergenti o troppo ravvicinate al setto nasale. 
       Una parte non minima nel provocare un effetto di straniamento vi è giocata dal contrasto dei colori, mentre il tratto che costruisce la faccia scorre sottile ed essenziale. La decorazione del Messale dei Serio si chiude con la figura della Morte. 
       Per il Messale di Giacomo, invece, s’impose un cambio di committenti: il codice all’inizio voluto dal Vescovo non venne completato sotto di lui a causa della sua morte (30 gennaio 1437).  
       Vi subentrò il canonico cantore Georginus de Balbis de Cherio. 
       Molto interessante, per il “gotico internazionale” ad Ivrea, è stato il ruolo di promotore agito da Giacomo de Pomariis, proveniente da una famiglia di Valle Brosso. 
       Giacomo, infatti, ha curato: da arciprete, la fusione delle nuove campane per le torri e la costruzione della Cappella di S.  Sebastiano, attigua alla Cattedrale, dove, poi, venne sepolto e che, purtroppo, è andata distrutta; da vescovo, la decorazione ad affresco di alcuni locali del Palazzo episcopale e la composizione del suo messale. 
       Per completare l’analisi di una stagione tanto felice per la miniatura ad Ivrea, andrà fatto, ancora, un cenno agli Antifonari e al Salterio, voluti dal canonico Antonio Solario di Carisio, a partire dal 1438. 
       Vi si registra una diversità di cultura figurativa: mentre nei primi ride il gotico fiorito lombardo, nel Salterio s’insinua l’ “ars nova” fiamminga. 
      
    aldo moretto 
     


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