LA CARITAS PARROCCHIALE
Quella che ci apprestiamo a raccontare
non è la storia di una realizzazione, ma di un percorso; non di
un obiettivo raggiunto, ma di uno da perseguire con tenacia e affetto;
è la storia di una lunga serie di bisogni intravvisti, di speranze
coltivate, di tante inadeguatezze e anche di alcune risposte.
E' la storia di una cellula
di Caritas parrocchiale: una manciata di persone più ricche di problemi
che di soluzioni, più incastrate dagli impegni che libere per il
volontario; con tanti dubbi, consapevoli dei propri limiti, eppure convinte
che forse non è indispensabile essere bravi, avere tempo e capacità
organizzative per buttarsi nell'avventura di costituire, nella propria
comunità parrocchiale, la Caritas. A fartelo fare, è la consapevolezza
della chiamata, urgente, ad amare come Dio ama. Amare tutti i suoi figli,
con un "debole" speciale per i più deboli: poveri, malati, stranieri,
bambini, vecchi, carcerati, emarginati, soli... E di dirlo a tutti, o almeno
a chi ti sta a sentire, che c'è in giro una gran fame di questo
amore. E mentre noi stessi la sperimentiamo, dobbiamo essere occhi che
questa fame la scoprano; e gente che, traendo linfa da Dio, si dà
da fare per saziarla.
Ma veniamo alla storia,
"giovane" di una decina d'anni. Iniziò con alcuni foglietti-questionario,
distribuiti per il paese su iniziativa di un piccolo gruppo di persone
ansiose di uscire dalla propria sfera individuale, o familiare, per condividere
con altre l'inquietudine di quella chiamata di cui si diceva sopra. I foglietti
si intitolavano "Fare comunità" e si proponevano di avviare da un
lato una specie di "osservatorio dei bisogni" meno evidenti all'interno
della comunità stessa, da un altro di fornirsi di una sorta di banca
dati relativa alle disponibilità e alle risorse delle varie persone
che intendevano in vari modi farsi carico di questi bisogni. Fu un fiasco
solenne: tre, quattro foglietti di risposta, sia sul primo che sul secondo
fronte. Né bisogni, né disponibilità si scrivono tanto
facilmente...
Ma negli anni emersero
sia gli uni che le altre.
Storie piccole e grandi
di ordinaria miseria: del barbone del paese e dell'immigrazione di massa;
di chi è triste in una casa d riposo e di chi lotta contro un uragano
che devasta; dello straniero che non sa come muoversi nei labirinti della
sanità, e della gente in guerra che grida il suo S.O.S.; di chi
non trova qui casa, lavoro, abito, e di chi, confinato dietro le sbarre,
non ha nessuno che pensa a lui come a un amico; di chi la malattia ha immobilizzato
in un letto, e di chi ogni giorno si misura con la fatica dell'handicap.
E poi vennero alcune risposte.
Le più vistose, e tutto sommato le più facili da realizzare,
furono e sono le iniziative lanciate per le emergenze. C'è chi inventa
mercatini, cucina manicaretti, raccoglie stracci e contratta sul prezzo,
vende riso, prepara manufatti, apre i vecchi bauli e dona, allestisce,
lavora... e poi chi spende senza l'abituale parsimonia perché sa
che c'è un senso dietro a quel vendere e quel comprare.
Poi ci sono le iniziative
più sommesse...
C'è una sorta di
sportello dove una volta la settimana trovi chi ti aiuta a fare i compiti
se sei un ragazzino che l'italiano non lo sa ancora; chi raccoglie le tue
confidenze, perché la mamma o la sorella le hai lontane, e magari
ti propina anche una sgridata oltre ad ascoltarli e a fare amicizia. Trovi
chi lancia il tam tam perché il paese senta se hai bisogno di una
carrozzella, un frigorifero, una coperta. Trovi chi ti taglia i capelli
o ti prepara un bagno caldo e vestiti puliti, se questo può aiutarti
a stare un poco meglio.
E poi c'è da anni,
fragile e importante, una scuoletta di italiano (ma non solo): vi si sono
avvicendate tante persone per regalare una o due serate settimanali di
cultura e di amicizia a chi, ancora straniero, vuole fornirsi del primo
strumento che dà dignità, la possibilità di comunicare.
E dove è stata una gioia festeggiare quei due diplomi di licenza
media, con tanto di "Buono" come giudizio!
E poi il "porta a porta":
c'è chi prenota gli esami medici, accompagna alla visita, tiene
il bambino per qualche ora, passa a trovare a casa chi da casa non osa
ancora uscire... C'è chi va in questura, in comune, all'Ussl, a
scuola, a parlare o a gridare per chi ancora non ha voce; chi organizza
alla mensa scolastica il pranzo povero per insegnare a donare; chi invita
al pranzo della domenica la persona confinata in un ricovero; chi improvvisa
una catena di turni per assistere un'amica all'ospedale.
Storie e storie, faticose
e belle, che non sono appannaggio di una confraternita di pie persone ma
che stanno entrando piano nel tessuto della comunità, da cui ricevono
a volte indifferenza, non-risposte, ostilità, ma altre volte condivisione,
simpatia, risposte. Storie che si intrecciano, e dove arrivi a non distinguere
dove sta il dare e dove l'avere, dove sta il ricco e dove il povero, dove
sta il cristiano e dove il musulmano, dove sta il fragile e dove il forte.
Ti pare però che Dio ci stia in mezzo, con il suo volto nascosto
nel volto che hai incontrato.
caritas parrocchiale di alice castello
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