Antonio Mura
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Autoritratto

Ecco come Antonio Mura parlava di sé in un articolo apparso nel numero di marzo del 1957 della rivista "Il Convegno", a cura degli "Amici del Libro".

«I vecchi compagni di scuola del ginnasio-liceo "Dettori" ricorderanno che l'antico studente - disegnatore - pittore di allora, non era uno scolaro esemplare.
Forse attribuiranno malignamente a ciò la scelta di una carriera che mi ha distolto dagli studi classici. Altri invece (forse quelli che allora sollecitavano i miei disegni e le mie caricature per la pubblicazione su giornali e riviste) daranno un'altra più benevola spiegazione alla mia decisione, maturata attraverso lunghi anni, di dedicarmi alla pittura.

Saltiamo ora alcuni anni. Siamo nel 1921. Accademia di Belle Arti, in Via Ripetta, a Roma: De Carolis che mi mostra le prime tavolette incise, il burbero Calcagnadoro (scenografia e decorazione), Coromaldi (figura), Cambellotti (plastica decorativa), Luppi (scultura).
Negli stessi anni: Accademia inglese (scuola libera del nudo), Musei Vaticani, Museo di Valle Giulia, Museo Borghese, Villa Torlonia, il Pincio, il loggione dell’Augusteo, le passeggiate lunari lungo il Tevere, discussioni interminabili.

Autoritratto di Antonio Mura
Autoritratto - 1932

In questo clima si è formato colui che poi doveva, nel 1925, affrontare il primo concorso della Biennale Romana, per l'accettazione di un suo quadro (La sposa) che venne appeso, con mio grande disappunto, fra un'opera dell'allora famoso Calcagnadoro ed un altro di Pieretto Bianco, miei maestri.
Fui guardato male da parecchi, il giorno della "vernice". Io cercavo di farmi piccino e quasi di giustificarmi per essere stato incluso, così giovane ed oscuro, in una tanto importante rassegna.

Altri studi: a Firenze, a Milano, ancora a Roma.
Altri Maestri: Sandro Botticelli, il Tintoretto, Luca Signorelli e i veneziani in genere.
Non avevo ancora preso contatto con gli incisori né con l'incisione.

Ancora un salto: 1930. Prime Mostre Sindacali a Sassari, a Cagliari, a Nuoro. Avevo del resto già partecipato a diverse mostre nazionali, finchè neI 1936 entrai alla Biennale Veneziana con una xilografia; chè nel frattempo mi ero dedicato con particolare amore all’incisione. Altre Biennali di Venezia, da allora si susseguirono fino al 1942. E ci tengo a sottolineare il fatto che fui sempre ammesso attraverso la Giuria. Di pari passo vennero le Quadriennali e le altre importanti Mostre in Italia o all'estero.

 La casa ad Aritzo
La casa ad Aritzo

Ho piantato lo studio ad Aritzo, perchè lì sono nato ed ho casa; ma francamente lavoro più volentieri nel mio studio di Cagliari, contrariamente a quanto possono pensare certi romantici nostalgici della provincia. Forse anzi sento il bisogno di allontanarmi dalla campagna per qualche tempo, quasi perché si determini in me quello stato d’animo che è massimamente favorevole all'ispirazione, e possa cioè guardare i paesaggi e l'ambiente paesano con l'interesse del pittore.

Della mia attività e delle opere fino ad oggi compiute, prediligo quelle di carattere sacro, perché mi pare di aver servito con esse il Signore, nei limiti delle facoltà a me concesse. Perciò una volta, intervistato dichiarai: "fra le opere di carattere sacro alle quali ripenso più volentieri, ricorderò la Via Crucis (una serie di quattordici xilografie) e le tre pale d'altare della chiesa di Bonaria; il quadro raffigurante Pio X° nell'Istituto omonimo di Oristano, il Crocifisso della chiesa di Aritzo, ed un Fra Ignazio che trovasi nella stessa chiesa di Aritzo".

Altra nota distintiva della mia pittura sono i ritratti dei bimbi. Li considero i modelli più simpatici ed i temi più suggestivi del mio lavoro. Tra l'altro mi diverto durante l'esecuzione, perché mi piace intavolare lunghe conversazioni con queste anime innocenti.

Non ho niente da dire circa le mie tendenze ad orientamenti della mia pittura, in quanto mi sembra che tutto risulti chiaro dai miei quadri. Ritengo poi che i pittori che fanno teoria e parlano molto, dipingono poco. Tuttavia ho notato un senso di sorpresa nei visitatori della mia ultima mostra, per aver rilevato essi una certa tendenza modernista. Ogni artista sarebbe fuori del suo tempo se non ne esprimesse il gusto e la sensibilità secondo uno stile che serva bene allo scopo. Tuttavia mi pare che nessuno dovrebbe proporsi trasformismi per puro e semplice calcolo od opportunismo. Ritengo che la sincerità debba essere il primo requisito di un pittore, come di un poeta o di qualunque altro artista.

Tuttavia riconosco vero quanto altri, bontà loro, hanno affermato dopo avere visto le mie ultime opere: e cioè che mi sono avvicinato a certe forme di arte moderna che sembravano aliene dai mio spirito. Gli è che credo di avere capito il valore della pittura intesa come armonia e come sintesi. Perciò naturalmente tendo, e non per partito preso, a forme sempre più libere o sciolte dai vincoli di un accademismo che la maturità di ogni artista deve superare di necessità. Dirò di più: tale evoluzione deve compiersi dal di dentro, quasi all’insaputa dello stesso artista. Citerò per tutti il mio recente quadro Raccoglitrici di nocciole e l’altro intitolato Riflessi; oltre a quello indicato col titolo Processione di bimbe. In essi mi pare sia stato raggiunto, con semplicità di mezzi, un accordo cromatico notevole ed una musicalità - nel senso della armonia-sintesi nella composizione, quale prima credo di non aver mai raggiunto.

Inutile domandarmi per quando preparerò un’altra mostra. Non posso saperlo. Ho bisogno di pensare i quadri, prima di dipingerli: spesso per due mesi. Poi comincio i primi approcci con dei timidi schizzi; quindi vengono i bozzetti e gli studi dei particolari dal vero. E infine ho bisogno di solitudine per dipingere. Ma contro tutto questo contrastano certe esigenze o consuetudini: prima fra tutte l'insegnamento, che sottrae alla mia giornata un buon numero di ore. Sono invece per me elementi favorevoli la lettura dei buoni autori (prediligo Pirandello, Thomas Merton, i russi) e l'ascoltazione della musica sinfonica.

Mi piacerebbe anche viaggiare molto, per veder molto: ma specialmente vorrei compiere un viaggio in Spagna per vedere Goya ed El Greco. Quest'ultimo è per me un traguardo della pittura di tutti i tempi; sa per il colore, sia per il felice raggiungimento della sintesi, sia per l'alta spiritualità che pervade le sue tele.
Il famoso quadro Il seppellimento del Conte d’Orgaz, nella chiesa di S. Tomé, a Toledo, è un poema degno di stare alla pari con i più alti capolavori della pittura dl tutti i tempi. Passo delle ore a sognare ammirando i particolari di quest'opera superba, che finora ho potuto godere solo attraverso riproduzioni bellissime: ma sarebbe per me una grande felicità potermi fermare finalmente a contemplare l'originale per delle giornate intere. Del resto vorrei additare lo spirito del tutto moderno di questo pittore, a quanti oggi vanno alla ricerca di stranezze senza raggiungere la spigliatezza e la libertà e l'estrosità della sua Visitazione, per esempio, che trovasi a Washington.

Inutile parlare di altre mie tendenze o abitudini, sia della vita artistica, sia della esistenza quotidiana, perché a questo punto della mia conversazione mi nasce il sospetto e il timore che tutte le cose che ho detto vadano a finire pubblicate su qualche giornale. Cosa che non approverei, anche perché ritengo che i fatti propri non interessino il prossimo; e nella vita di un artista le sole cose che contano sono le sue opere.»




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