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CINEMA

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One Hour Photo di Tommaso Dumi Nov. 2002

Dimenticate l'estrosità, l'ironia travolgente, gli spassosi virtuosismi verbali a cui ci ha ormai abituato Robin Williams e scordatevi i fuochi pirotecnici di Good Morning Vietnam, di Mrs Doubtfire o il buonismo soft di Patch Adams, Risvegli o L'Attimo Fuggente perché in One Our Photo l'attore interpreta un ruolo quantomeno insolito e inquietante. Il cinema sembra sempre più interessarsi al soggetto della intimità violata, (The Truman Show ha fatto scuola)  argomento più che attuale in un mondo dove la nostra vita privata viene osservata, analizzata, sviscerata nei minimi particolari per i motivi più disparati, dalle strategie commerciali del Marketing più indiscreto, al semplice "voyeurisme". Il protagonista (Robin Williams) è un uomo comune, un pacato "Quiet American"  che si adatta perfettamente allo sfondo della monotona e grigia periferia statunitense in cui vive e dove lavora come commesso, in un centro commerciale. Il fatto di non essere riuscito a crearsi una famiglia e degli affetti lo spinge però ad andare alla ricerca spasmodica di quella felicità negata, attraverso un hobby singolare : scatta e sviluppa foto di altra gente, facendo propri e catturando momenti della loro serena quotidianità. Ma a differenza del tabaccaio di Smoke (Harvey Keitel) che scattava con dedizione foto ad una strada di Brooklyn, osservandone i vari mutamenti nel tempo, anche sui volti e le abitudini dei passanti, il protagonista di questo film finisce per lasciarsi avvinghiare dalla morsa della morbosità e nella paranoia e quella che sembra essere un semplice passatempo sfocia nella psicosi e nell’ossessione. Egli si sofferma in particolar modo su quella che considera una famiglia modello, ovvero quella di Connie Nielsen  e ne rimane talmente affascinato da lasciarsi assorbire completamente dalla loro vita. Ma le famiglie modello non esistono. Robin è trascinato in un'ora di follia pura che verrà in seguito giustificata e classificata come un malessere radicato nell’infanzia infelice e nel passato del protagonista. Robin Williams si districa discretamente nel ruolo del finto cattivo e la sua interpretazione è a tratti brillante. Forse non sarà un capolavoro ma preso nel complesso One Our Photo è un film che presenta alcuni aspetti molto interessanti.

 

Spider Man di Giacomo Boitani Giu. 2002

Dopo una lunga attesa esce finalmente anche nelle sale italiane "Spiderman", l'adattamento cinematografico del celebre fumetto quarantennale della Marvel Comics. La pellicola lascia completamente soddisfatti gli appassionati del fumetto perché ne rispetta totalmente lo spirito: super eroi con super problemi. Spiderman oscilla da momenti esilaranti che hanno sempre caratterizzato il personaggio del fumetto (da antologia la scena in cui Peter Parker, l'uomo ragno, tenta di capire come funziona la sua ragnatela) e grandi conflitti d'identità con momenti meno leggeri. Un plauso particolare agli sceneggiatori che sono stati capaci di condensare i tratti salienti di quarant'anni di storia del personaggio in due ore di film, rimodernizzandone alcuni aspetti. Ad un primo impatto potrebbe sembrare molto ripreso dal primo "Batman" di Tim Burton come costruzione, ma anche come si risolve la parte sentimentale della vicenda lascerà tutti molto sorpresi. Appare superfluo commentare gli effetti speciali faraonici con lo spettatore che viene trascinato penzoloni tra i grattacieli di New York. Le scelte per il cast sono azzeccate... qualcosa di più... a riprendere in mano i primi numeri di "Amazing Spider-man" sembra quasi che Peter Parker e Mary Jane Watson del fumetto siano stati disegnati copiando i volti di Tobey Maguire e Kirsten Dunst (che sorprendono anche per l'interpretazione) e non il contrario. Se vogliamo trovare un difetto a questo film potremmo dire che è un pò troppo retorico nella scena in cui l'uomo ragno viene aiutato nello scontro con Goblin dai cittadini newyorkesi e nell'inquadratura finale "appeso" accanto alla bandiera americana... ma forse dopo l'11 settembre c'è bisogno anche di questo tipo di conferme. In conclusione mi sembra che il successo mondiale del film sia motivato: anche i non appassionati rimarranno colpiti dall'intensità che molto spesso le pellicole tratte dai fumetti super eroici non possono vantare (per fare alcuni esempi "X-Men" ed i vari seguiti di "Batman").

 

George Best... Una leggenda Irlandese di Tommaso Dumi Giu.2002

Best, il film dedicato alla vita di George Best, la grande stella del Manchester United degli anni sessanta. L’asso nord irlandese nato a Belfast nel 1946, nel film abilmente interpretato da John Lynch, è stato all’epoca un vero protagonista della scena sportiva e non solo per le sue indiscusse qualità tecniche, ma anche per la sua vita notoriamente fuori dalle righe passata tra sbornie colossali e belle donne . Estroso, fantasioso, creativo, geniale, Best si affermò facilmente nel panorama del calcio britannico, al tempo perlopiù fisico e macchinoso. Pelé, l’O Rey del football mondiale lo definì in quegli anni come il miglior talento naturale che avesse mai visto. Pur meritando il riconoscimento di miglior giocatore europeo dell’anno nel 1968, il fatto di essere stato un nazionale dell’Irlanda del Nord lo penalizzò fortemente e non gli permise di imporsi nel campionato del mondo, il che avrebbe sicuramente rappresentato l’occasione per una più che legittima consacrazione finale a livello internazionale, sempre che ce ne fosse stato bisogno. Ma George Best sfortunatamente sprecò le sue doti , perdendosi tra i fumi dell’alcool e gli eccessi della vita notturna. In rotta con il Manchester , Best si trasferì a soli 27 anni negli Stati Uniti per giocare in una mediocre squadra della ex NASL, la lega di calcio americana, chiudendo malamente una carriera che avrebbe meritato senza ombra di dubbio ben altre soddisfazioni. Ma negli anni del suo successo, Best è stato un idolo non solo per i giovani ragazzini irlandesi , perché incarnava lo spirito ribelle e irrispettoso del tempo, così singolare e stravagante, perfetto esempio di genio e sregolatezza, simbolo dell’ingegno e dell’inventiva che si andava a scontrare contro i rigidi schemi dell’educazione anglosassone. La figura di Best è per certi versi molto simile a quella dell’Italiano Gigi Meroni, “la farfalla granata” che conquistò le platee per la sua agilità , la sua tecnica sopraffina e la sua originalità dentro e fuori i campi di calcio, che scomparve prematuramente nel 1967 investito da un’auto. Best, oggi un cinquantenne afflitto da seri problemi di alcolismo, tempo fa ha rischiato la morte e attende ora un trapianto di fegato. Questo film diretto da Mary McGuckian regala agli spettatori una immagine romantica di un calcio d’altri tempi e di un uomo che indipendentemente dalla sua volontà, è stato un personaggio. Best in un certo qual modo è una celebrazione poetica e appassionata di una figura sicuramente lontana da quella di molti campioni di oggi, consigliabile in particolar modo agli amanti di questo sport, ma non solo.

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
   
 

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