OPERE
Poesie scritte dal 1869 al 1872
(Le bateau ivre, Voyelles, Ma bohème, ....)
Les stupra (1872) - sonetti
osceni composti con Verlaine
Derniers Vers (1872) - poesie
incompiute e comprensibili in chiave biografico-psicologica
Une Saison en Enfer (1873)
Délires (1873)
Illuminations (1873).
Non vi è un data esatta per
la composizione delle "Illuminations": la sua collocazione cronologica
è posteriore a "Une saison en enfer", poiché segna la fine
della carriera poetica di Rimbaud e la sua pubblicazione avvenne nel 1886
per opera di Verlaine.
In "Une
Saison en Enfer" composta alla fine della relazione con Verlaine,
Rimbaud vuole liberarsi dalla maledizione dell'inferno e per riuscirvi
a bisogno di "inventare" un nuovo linguaggio in cui non esista traccia
della storia, della tradizione, del passato occidentali e cristiani. Il
testo che permette di capire "Une Saison en Enfer" è una delle tre
cosiddette "prose évangéliques", una interpretazione di un
versetto del Vangelo secondo Giovanni: in essa, aspra critica al Cristo,
Gesù compie la sua prima "azione grave", cioè il primo miracolo.
Vi è un meccanismo antitetico dove Rimbaud crede nel potere del
cristianesimo ma vuole uscirne. La piscina probatica descritta è
l'anticamera dell'inferno: dopo l'esperienza di Bruxelles Rimbaud ha avuto
paura ed ha perciò deciso di liberarsi dal Cristianesimo. Polemico
e asociale, getta di colpo la maschera di una "civiltà" e si dichiara
figlio dei celtici galli, privo di antenati di fama, predatore e lebbroso,
sempre nemico della Chiesa.
Finalmente nei "Délires"
riesce ad uscire dall'inferno (Impossible), con Matin risorge
la speranza e con Adieu tutto è chiaro: ha cercato di inventare
nuovi fiori e nuovi linguaggi. Solo così potrà possedere
la verità in un'anima e un corpo, - in sé medesimo - liberato
da ogni antico amore menzognero.
La vierge folle - L'époux
infernal è dedicato a Verlaine, dove s'intuisce chi è
lo sposo infernale (Rimbaud) e chi la vergine folle (Verlaine) e si osserva
una trasposizione mitica del complesso e "satanico" rapporto che univa
i due poeti.
Mentre Alchimie du Verbe è
ricollegabile a i "Paradis artificiels" di Baudelaire (Poème du
Haschisch). Con l'ausilio di questo testo il racconto risulta chiaro, dalle
"molte vite" che la droga, moltiplicando le sensazioni, sembra offrire
al soggetto, alle "allucinazioni semplici" che trovano un preciso riscontro
in Baudelaire. Né Rimbaud ignora "Un mangeur d'opium", immergendosi
nella ispirazione per ritrovare la propria natura primitiva, e avvicinandosi
così, alla condizione dell'animale che è una specie di rappresentazione
dell'infanzia dell'uomo. Ma per manifestare una esperienza primordiale,
per essere puro dal battesimo, vero negro, libero dalla civiltà
e dal suo linguaggio, egli aveva bisogno di "sregolare" il linguaggio
medesimo, uno sregolamento dei sensi come sregolamento dei significati,
inventando la parola ambigua e polisensa. Il dramma si conclude nello sforzo
di inventare "nuovi fiori", un nuovo linguaggio poetico, accadde che non
era il poeta a evocare le immagini ma le immagini a evocare lui. L'alchimia
della parola diventava orgia incontrollabile della fantasia.
La stagione poetica di Rimbaud si
conclude con le "Illuminations", la cui
meravigliosa "prosa" poetica egli andò distillando sempre più
rarefatta e lucida, scintillante e impenetrabile. Al contrario di una "Saison
en Enfer", non più fiori, acqua fluente, sete, fuoco, torture infernali,
esclamazioni, bestemmie, invocazioni, castelli, speranze o sogni, e nemmeno
satire o imprecazioni politiche, ma puramente e semplicemente fiori artici,
ghiaccio, assenza di sete, freddo, immagini che in modo dichiarato ed esplicito
"non esistono", lamenti di orfanelli, pesanti verbi al passato remoto,
- e poi cristali, rocce, luci livide, orologi che non suonano, aria immobile,
noia, - solo rare e calde lacrime - e un diluvio placato, una saggezza
superflua perché disdegnata da tutti, un esilio, una filigrana di
taciturnità morente e, su tutto, la confessione risoluta, veramente
virile: "Ho rimescolato il mio sangue. Il mio dovere è condonato.
Bisogna che non pensi neppure più a quello. Sono realmente all'oltretomba,
e senza commissioni". Il poeta respinto dalla società ha giocato
la carta dell'oscurità impenetrabile: un modo per essere finalmente
ascoltato. Ed è appunto con quest'opera che Rimbaud abbandona la
poesia: non per rinuncia ma piuttosto perché non aveva più
nulla da aggiungere, come se fosse stata la poesia, oggetto ormai superfluo
nella sua evoluzione esistenziale, a staccarsi da lui.
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