OPERE
Scies (1862)
Hérodiade (1867) -
vero e proprio poema dell'assenza, con i suoi splendori verbali, la sua
stranezza e la sotterraneità dei significati
Le Corbeau (1875) - traduzione
da Edgar Allan Poe
L'Après-Midi d'un
Faune - I edizione 1876, II e III edizione 1887 - è un prodotto
della suggestione paesaggistica e pagana, ma anche una concezione erotica
personale
Les Mots Anglais (1877)
Les Dieux Antiques (1880)
L'Etoile des Fées (1881)
Les Contes favoris (1885)
Les Poésies (1887)
Album de vers et de prose
(1888)
Les Poèmes d'Edgar Poe
(1888/89) - traduzione in prosa da Edgar Allan Poe
Villiers di l'Isle-Adam (1890)
Pages (1891)
Vers et prose (1893)
La Musique et les Lettres
(1895)
Divagations (1897)
Un Coup de Dés jamais n'abolira
le Hasard (1897) - poema in cui le intuizioni poetiche splendono isolate
e distinte come stelle in un cielo notturno e dove da un vuoto pauroso
e capovolto germina in continuazione, come suggerimento e presenza immanente,
il Caso.
"Hérodiade",
poema nato da varie suggestioni artistico-letterarie (Flaubert,
Heine, Baudelaire, Banville e poi la Bibbia), composto dall'ottobre 1864
al settembre 1867 si divide in Ouverture, Scène e
Cantique de Saint Jean, è uno dei più alti e più
oscuri della letteratura francese. Mallarmé si è messo o
cerca di mettersi in comunione diretta con l'inconscio e la nutrice simbolizza
la vita e le sue tentazioni, non direttamente ma attraverso la dottrina
freudiana, con un'evocazione della prima infanzia. "Hérodiade" può
essere anche un'alternanza di colori: il nero della nutrice, nozione di
negatività immersa in una totale assenza, esaurimento dell'essere
e scoperta del Nulla; "Hérodiade" il bianco virginale, purezza,
Concezione astratta della castità, il Fenomeno futuro, essere vivo,
nobilmente estasiato di sé stesso, adorazione profana della propria
verginità, condizione intangibile, in attesa dell'estasi e di fatti
che sfuggono alla comune percezione, come alla logica servile degli uomini.
San Giovanni, simbolo del martirio, può essere invece la componente
che assomma le altre due, ma può essere anche la loro elisione.
La testa del Santo che s'innalza e si abbassa davanti al sole, nel
famoso Cantique, può attrarre su di sé tutta l'attenzione.
Saluto di morte e saluto di vita, illuminata e resa oscura, nel medesimo
tempo, da un principio e principia alla sua fine. Estasi e caduta, ansia
di assoluto e rinuncia anche fisica all'altezza, "Hérodiade" è
uno dei punti più alti della sublime avventura mallarmeana.
La prima concezione di L'Après-Midi
d'un Faune", Mallarmé dovette averla nei fitti boschi di
Richmond e forse dallo svagato paesaggio marino di Honfleur. Se "Hérodiade"
fu la creatura, anzi la proiezione di un amore cittadino, sofisticato ed
eroticamente assente, il "Faune" è il frutto acre e selvaggio, impregnato
di ferini umori, di abbandoni istintivi e feroci di un amore silvestre,
vissuto dal poeta o sognato, non conta. Come non contano i precisi riferimenti
mitologici e topografici (l'Etna). Ciò che importa è il lievito
sublimare che ogni poeta porta con sé e che dà frutti inaspettati
al momento meno atteso, e Mallarmé non era scrittore dalle suggestioni
improvvise e non meditate. L'opera nella sua panica misura, nella sua autonoma
bellezza, nella corposità densa e sensuale, nelle molteplici inquietudini
che sfiora o affronta, nei suoi legami cocenti con l'esperienza simbolica
cui il poeta si sentiva sempre più attratto, appartiene alla sua
poesia più compiuta, trascendente ed eterna, radicata alla terra
e lanciata verso l'"azzurro", in un'alternanza indissolubile di carnalità
e di astrazione.
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