OPERE PUBBLICATE DURANTE LA VITA
DEL POETA
Salon de 1845
e Salon 1846 - critiche d'arte e approfondimenti su Delacroix.
Histoires extraordinaires
(1856), Nouvelles Histoires extraordinaires (1857), Les Aventures
d'Arthur Gordon Pym (1858), Eureka (1864) - traduzioni da
Edgar Allan Poe.
Les Fleurs du Mal
- I edizione (1857), II edizione (1861).
Les Paradis Artificiels
(1860).
Les Epaves (1866)
- raccolta di ventitré poesie (tra cui quelle condannate) e inedite.
OPERE POSTUME
Oeuvres complètes
(1868-69) - contenente la III edizione de "Les Fleurs du Mal".
Complément aux
Fleurs du Mal de C.B. (1868-69).
Oeuvres posthumes et
Corréspondances inédites (1887) - contenente "Mon coeur mis
à nu" e "Fusées".
Petits poèmes
en prose (1869) - contenente "La Fanfarlo" e "Le Spleen de Paris".
.
"Les Fleurs du Mal", viene sottoposto
a un processo dove alcune poesie ("Lesbos", "Femmes damnées", "Le
léthé", "A celle qui est trop gaie", "Les bijoux", "Les métamorphoses
du vampire") vengono condannate e soppresse.
Si compone di raccolte
di poesie che segnano il percorso della vita di Baudelaire: Spleen et
Idéal, Tableaux parisiens, Le vin, Fleurs du mal, Révolte,
La mort.
Baudelaire è
il primo poeta che canta il paesaggio moderno per eccellenza: la città,
i suoi oscuri meandri fisici e umani, la folla, i poveri, i reietti, le prostitute;
che canta il marciume, la "carogna", la pioggia della noia, le strade
avvolte ancora nella livida luce dell'alba, gonfie di rifiuti e di corpi sfiniti
di mendicanti.
La prima sezione Spleen
et Idéal , evoca in tre cicli la miseria e la grandezza dell'uomo:
anzi, prima la grandezza, perché dopo la cupa enunciazione di "Al lettore",
Baudelaire scopre le luci: l'arte e l'amore.
Le prime poesie ("Bénédiction",
"Hymne à la beauté") formano il ciclo dell'arte. Rievocando
l'esistenza del poeta, preda dell'incomprensione della società, questi
brani illustrano la sua grandezza nel cuore stesso della sua miseria.
Le altre poesie ("Parfum
exotique", "Chant d'automne"), formano il ciclo dell'amore; ciclo nel quale
però l'arte continua a mescolarsi all'amore, essendo la salvezza attraverso
la poesia molto più certa della salvezza attraverso l'amore. Vi sono
poi più cicli sentimentali: quello di Jeanne Duval, M.me Sabatier,
Marie Daubrun.
Dopo l'amore inizia
il ciclo dello Spleen, quel mal di vivere che lungi dall'essere una
sensazione passeggera, o semplice stato di privazione, è espressione
profonda del male positivo di coscienza.
L'ultimo ciclo che
chiude la sezione è formato dalle poesie "Eautontimorumenos", "L'irrémédiable",
"L'horloge", e sembra precludere all'uomo qualsiasi via d'uscita e pone l'accento
sull'amaro compiacimento dell'uomo nei riguardi della sua stessa felicità.
I Tableaux parisiens
sono le poesie della città, dove il poeta
cerca in quel "mostruoso ammasso di uomini e pietre" un'esperienza di disumanizzazione
che lo aiuti a cancellare lo spleen. Ma Parigi non fa
altro che restituirgli l'immagine stessa di quello spleen. La città
è una vasta allegoria dell'infelicità di essere uomo. Il poeta
allora cerca le vere evasioni nel vino.
In Le vin
viene descritta la tentazione dei paradisi artificiali, illusori: il risveglio
segue troppo da vicino l'ebbrezza e il sogno.
I Fleurs du
mal è la sezione più cupa del libro: di tutti i tentativi
questo è il più vano. Il vizio non riesce neppure a dare l'illusione
dell'ebbrezza, perché implica constantemente il sentimento della colpa.
E' un punto ormai troppo lontano dalla luce, e il vizio è il limite
estremo a partire dal quale non possiamo più mentire a noi stessi.
La condizione umana non possiamo più accettarla e allora nasce la
rivolta, bestemmia, insurrezione romantica, opzione per Satana contro Dio.
Nell'ultima sezione
La mort, la Morte è l'ultima tappa,
che corrisponde a un desiderio e non un'ossessione, anzi speranza di vita.
"Les Paradis Artificiels", in
parte parafrasi de "Le confessioni di un mangiatore d'oppio inglese" di De
Quincey, si compone di vari articoli pubblicati su la "Revue contemporaine":
Le poèmes du haschisch, Un mangeur d'opium.
Viene inclusa anche una critica del poeta sugli effetti del vino e dell'haschisch:
Du vin e du haschisch.
In Du vin e du haschisch vi è una descrizione
su due droghe, l'oppio e l'haschisch che Baudelaire considera dannose opponendole
al vino dai positivi risvolti sociali. Il rifiuto della droga è giustificato
in nome dei superiori princìpi dell'arte. Per il poeta, droga e poesia
sono egualmente evocatrici di immagini e di esaltazioni; ma la droga si oppone
alla poesia in quanto cancella nel poeta una delle sue qualità sovrane:
la volontà. Compromette la possibilità stessa di esere poeta,
di tradurre in poesia sensazioni e sofferenze. Perché poesia non è
spontaneità, ma studio e ricerca assidua.
In Le poème du haschisch la contrapposizione "droga-poesia"
ci viene dimostrata sulla base di esperienze personali, con riferimenti velati,
ma non per questo meno chiari, a situazioni e persone vicine all'entourage
del poeta.
In Un mangeur d'opium, la contrapposizione
viene affidata alla terribile esperienza con la droga dell'inglese De Quincey,
che per Baudelaire fu un esempio straordinariamente significativo, ma da
cui lo stesso De Quincey non fu in grado di trarre la conclusione che si
proponeva, perché troppo preoccupato a rispettare le convenzioni borghesi.
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