IL VINO
 

 

"Luna o non luna pota de marzo, si tu vu' l'ua.

"A San Martino, ogni mosto è vino"

"Per San Martino chjude la botte e asàggia'l vino"

...il vino, che allieta il cuore dell’uomo, ’olio, che fa brillare il suo volto...(Salmo 104, 15)

Da quando la Luna e i Pianeti comparvero in cielo

Nessuno vide mai cosa più dolce di purissimo Vino,

Pien di stupore son io pei venditori di vino, ché quelli

Che cosa mai posson comprare migliore di quel ch’han venduto?

(Omar Khayyâm)

Il vino è uno dei maggiori segni di civiltà nel mondo (Hemingway)

Il bronzo è lo specchio del volto, il vino quello della mente (Eschilo)

Nel vino la verità (Plinio il Vecchio)

Il riso nasce nell’acqua e ha da morir nel vino. (Anonimo)

Il vino è la poesia della terra (Soldati)

 

Autorevoli studiosi sostengono che i vocaboli WOIN e WAIN dai quali sarebbero derivati il greco OINOS, e quindi il latino VINUM, siano forme della stessa antichissima parola, anteriore alla suddivisione dei popoli indioeuropei e semitici.

Non si sa esattamente quale sia la patria d'origine della pianta sacra a Bacco e nemmeno si sa se discenda dalla vite silvestre, che era selvatica e cresceva in forma selvaggia, con tronchi molto robusti e tralci grossi come rami. Invece, studi paleontologici hanno dimostrato che la pianta era già diffusa sul nostro pianeta prima della comparsa dell'uomo.

Sicuramente la vite costituì un incentivo per far abbandonare all'uomo la vita nomade, inducendolo a stabilirsi in luoghi collinari ameni per seguire il ciclo che dura tutto l'anno prima che l'uva giunga a maturazione e sia pronta ad essere trasformata prima in mosto e poi in vino.

La leggenda attribuisce l'invenzione del vino a Noè, che sarebbe stato anche il protagonista della prima ubriacatura, suscitando le apprensioni dei figli. Pur non potendosi sostenere a fondo questa tesi, resta a suo favore il fatto che il vino si produce ancora, se non proprio alle pendici del Monte Ararat, almeno in quel grande centro semitico che era allora la Transcaucasia.

Da questa terra la vite sarebbe passata nella Tracia; poi, ad opera dei navigatori fenici, dalla Siria alla Grecia, da questa all'Italia ed, infine, nella Gallia e nel centro Europa, fino ai limiti climatici di coltivazione, dopo esservi stata portata dai legionari romani. Del resto i documenti attestano la presenza della vite in Egitto, in Mesopotarnia, a Creta, oltre che in Grecia. Per quanto riguarda l'Italia va ricordato che essa era chiamata ENOTRIA o ENOTRIA TELLUS, cioè "terra dei vino"; si dice fosse un pioniere greco, di nome Enotrio, a colonizzare una zona compresa tra la Basilicata e la Calabria e ad impiantarvi le prime barbatelle che provenivano dall'Egeo. Infatti gli Enotri occupavano la parte meridionale della Penisola corrispondente a quelle regioni. Piano piano la vite si diffuse in Sicilia, in Puglia, in Campania, in Toscana, nel Lazio fino ad arrivare all'antica Rezia, una vasta regione che abbracciava il Trentino, la Valtellina, il Friuli.

Nella vendemmia l'uva veniva messa in grosse tinozze, che servivano sia per il trasporto che per la pigiatura, eseguita con i piedi o nel vigneto stesso o sotto il porticato della fattoria. Il nostro si raccoglieva in una cisterna in muratura o in un recipiente di terracotta, lacus vinarius". Dal "lacus" veniva passato in recipienti appositi di terracotta detti "dolia", e più tardi anche di legno, "cupae" (botti), dove compiva la sua fermentazione. Dai "dolia" veniva travasato nelle anfore d'argilla, che poi erano chiuse con la pece. Sulle anfore si scriveva il nome dei consoli dell'anno in cui il vino era stato fatto.

La conservazione avveniva nella cantina sotterranea o, al pianterreno, nella cella vinaria.

Quando la preparazione di vini divenne più raffinata, il vino pregiato fu portato dalla cella vinaria al piano superiore della casa, nelle stanze chiamate APOTHECAE, situate sopra i bagni e le cucine e che dovevano comprendere un ambiente, il "Tumanitun", invaso dal fumo, dove il vino giovane veniva tenuto per un po' di tempo, finito il quale, passava in un altro ambiente, senza fumo, dove compiva il suo invecchiamento. Durante il Medioevo, il vino era considerato sotto l'aspetto liturgico, terapeutico e ludico, oltre a quello propriamente alimentare. E' nota l' importanza del vino nel culto cristiano, dove assunse quel carattere mistico, sacrale (il vino come "sangue di Cristo"), che contribuì a valorizzarlo socialmente ed a favorire la coltivazione della vite in zone climatiche proibitive. Il valore sacrale del vino, del resto, non era esclusivo del cristianesimo: anche i culti pagani, rimasti profondamente radicati nella cultura popolare, ne facevano ampio uso in quelle bevute rituali, di cui sono rimasti scarsi documenti.

Il valore terapeutico del vino era affermato dalla Scuola Salernitana, che faceva di questa bevanda la base per la preparazione di molti farmaci. E farmaco era lo stesso vino che per il suo contenuto di alcool era una bevanda igienicamente sana e funzionava da antisettico, limitando il diffondersi di tante epidemie, che nell'acqua trovavano un eccellente veicolo di propagazione. Naturalmente, era considerato una panacea per tutti i mali. Fiducia che è durata fino a pochi anni fa, quando problemi di ipertensione o di obesità lo hanno collocato tra gli alimenti pericolosi. Inoltre, il vino era inteso sotto l'aspetto ludico come forma di evasione; ad ogni livello sociale. La bevuta con gli amici, a casa o all'osteria, era un gradito momento di distrazione che tutti si potevano concedere. L'invecchiamento del vino cominciò nel settecento, quando l'invenzione del turacciolo di sughero, accoppiato alla bottiglia di vetro, già in uso da qualche secolo, permise di conservarlo. Fino ad allora, il vino veniva protetto da un leggero strato d'olio e il collo del recipiente era poi coperto con una pezzuola o con della carta oleata; accorgimenti che non bastavano a garantire la conservazione.

La viticultura tradizionale è durata fino alla seconda metà del secolo scorso quando in Europa comparvero alcuni parassiti, importati con vitigni di provenienza nordamericana, che distrussero un'incalcolabile quantità di vigneti. Soprattutto, uno di essi, la fillossera, si dimostrò nemico inesorabile: le punture di questo insetto davano (e danno) luogo alla formazione di galle fillosseriche causando la morte della vite.

Se da un lato non fu facile trovare rimedi adeguati (nella metà dell'ottocento si verificò la comparsa di tre parassiti: l'Oidio, 1845; Fillossera, 1868; Peronospera, 1878), d'altro lato, gli studi per combattere tali malattie portarono ad una rivoluzione nella tecnica vinicola, dimostrando che la viticultura non poteva più basarsi sull'esperienza tramandata di padre in figlio, ma doveva appoggiarsi al progresso scientifico. La fillossera fu vinta innestando le viti europee su ceppi di vite americana che si erano dimostrati resistenti al parassita.

Per i travasi del vino (tre o quattro) il contadino teneva conto della luna, che doveva essere "dura", cioè calante "pitosto che ténera". Alcuni guardavano anche alle "giornate chiare", non nuvolose. Si attendeva la luna calante anche per la semina degli ortaggi, per evitare la precoce spigatura, per il taglio della legna, altrimenti tarlava, per l'incubazione delle uova sotto la chioccia, altrimenti nascevano con imperfezioni, per la potatura delle viti, e addirittura, per il taglio dei capelli.

La potatura delle viti pare sia legata ad un caso o, come tante scoperte, ad una coincidenza. Infatti, la leggenda racconta che un contadino avesse lasciato libero il somaro, il quale si mise a mangiare una vite, fino a consumarla tutta. Figurarsi la rabbia del contadino che vedeva infranto il suo desiderio di avere del vino, ma, soprattutto, la sua meraviglia nel vedere, dopo alcuni mesi, una pianta più forte e carica di grappoli, come prima non era stata mai.

Una tradizione della Valdichiana, ma che è diventata comune a tanti paesi è la seguente: "Maggné l'ua a chèpodànno porta fortuna: se contono i solghje."

 

E' un augurio di prosperità mangiare almeno uno "schjantolo d'ua" nel pranzo di Capodanno, per cui anche chi faceva il vinsanto ne serbava qualche grappolo per il primo gennaio.

 

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