Come noto, il sistema italiano AV dovrebbe essere alimentato a 25 kV in corrente alternata monofase. Questo tipo di alimentazione non è attualmente utilizzato dalle ferrovie italiane e la sua adozione comporterà la necessità di dotare di motrici politensione tutti i treni che dovrebbero accedere alle nuove linee, anche se non destinati al traffico verso l'estero. Questa scelta non è di poca rilevanza per via del costo e pertanto merita una certa attenzione.
Nel corso dei lavori del tavolo tecnico il problema è stato discusso e vale la pena di rilevare quella che sembra essere stata una costante nell'approccio di TAV ed FS nella discussione di obiezioni o semplici richieste di chiarimento sollevate via via, durante il definirsi del progetto complessivo.
La prima mossa è per lo più volta ad affermare che la scelta, quale che essa sia, è "obbligata" e deriva in primo luogo da esigenze e vincoli "europei". Nel materiale documentario fornito alla nostra commissione (lo abbiamo già citato) viene dichiarata l'esistenza di «... normative della Comunità Europea che escludono l'utilizzo del sistema 3 kV c.c. [nota 124] per linee ad Alta Velocità» [nota 125]. Tali "normative" in realtà non esistono, come è stato riconosciuto nel corso dei lavori, senza contare che non vi è alcuna intenzione di sostituire i 3 kV c.c. sulla direttissima Roma-Firenze, pur'essa ad alta velocità (250 km/h)..
Nei paesi della Unione Europea sono attualmente in uso almeno quattro diversi sistemi di alimentazione per le ferrovie. L'UE si limita a richiedere che le linee destinate al traffico veloce a lunga percorrenza risultino interoperabili, il che verrà e viene già comunemente ottenuto mediante l'adozione di motrici politensione.
Sgombrato il campo dalle argomentazioni "europee" la scelta è stata giustificata con motivazioni tecniche e in particolare con l'esigenza di passare gradualmente, ma globalmente, dall'alimentazione a corrente continua a quella a corrente alternata.
Pare comunque, come vedremo nel seguito, che la specifica scelta dei 25 kV dipenda fortemente dalla velocità di progetto di 300 km/h; quanto questa scelta sia fondata abbiamo già detto.
Un'ulteriore osservazione connessa con la scelta del tipo di alimentazione
è che si è ampiamente sottovalutata la questione dei possibili
effetti sulla salute, dei campi elettromagnetici generati dagli elettrodotti
richiesti dalle nuove linee AV. Il punto meriterebbe specifici e seri approfondimenti
in sede di valutazioni di impatto.
«... è ben noto che la più recente edizione delle specifiche di base per la costruzione della linea AV Milano-Napoli, redatta da ITALFERR-SISTAV, reca la data del 25 novembre 1991 e che su dette specifiche è ormai notevolmente avanzata la progettazione di massima della linea.
Le specifiche stesse prevedono l'elettrificazione a 3 kV c.c. ed è sintomatico il fatto che esse siano state emanate subito dopo che, appunto nel novembre scorso, le prove in linea del prototipo di seconda serie del materiale rotabile AV, l'ETR Y500, hanno confermato l'affidabilità della captazione di corrente anche a velocità fino a 300 chilometri all'ora.
Da tempo, poi, era stata acquisita la garanzia della potenzialità del sistema di alimentazione previsto e ciò anche nelle più severe condizioni di carico (treni assorbenti 12 MW, anche con tensione agli archetti di soli 2.800 Volt), di circolazione (un treno ogni 5') e di degrado dell'impianto (una sottostazione sì ed una no fuori servizio). Al più, nelle condizioni più gravose, poteva doversi prevedere l'aggiunta di un alimentatore nella tratta di qualche chilometro nelle prossimità delle sottostazioni.
(...)
É in questa situazione che è recentemente pervenuta, scoppiando come un fulmine a ciel sereno, la notizia della intervenuta decisione di modificare le specifiche adottando il sistema di alimentazione a 25 kV monofase a 50Hz al posto di quello in corrente continua a 3 kV.
(...) i minori costi degli impianti fissi - caratteristici dei normali impianti a 25 kV 50 Hz - potrebbero ridursi anche notevolmente e forse addirittura annullarsi nel caso della Milano Napoli.
Innanzitutto, per le notevoli potenze da derivare, per una linea AV, dalla rete primaria sarà quasi sicuramente necessario, come già avvenuto nelle linee AV della SNCF, ricorrere alla variante 2x25 kV, variante che fa crescere notevolmente il costo chilometrico della elettrificazione e che, richiedendo un elevato numero di autotrasformatori montati lungo linea, rende più complessi gli impianti e ne abbassa il fattore di affidabilità.
(...)
Qualche sorpresa potrebbe poi venire fuori dal paragone dei costi dei due tipi di materiale rotabile.
Infatti con la scelta dell'alimentazione a 3 kV c.c. si sarebbe ottenuta la possibilità di realizzare il minor costo possibile del materiale rotabile in quanto la sua porzione maggiore, quella destinata al servizio interno, avrebbe potuto essere per la sola tensione continua mentre solo la porzione di minore consistenza, quella destinata al servizio internazionale, avrebbe dovuto essere bitensione»
Così, in una lettera pubblicata su Ingegneria Ferroviaria nel 1992, l'ing. Lucio Mayer domandava conto alle FS di una decisione che lo aveva colto «come un fulmine a ciel sereno». La scelta di adottare un sistema di alimentazione differente da quello in uso sul resto della rete FS non ha peraltro sorpreso l'ing. Mayer. Altri ed autorevoli esperti sono ritornati sulla questione, ricordando come tale scelta non sia senza conseguenze sulle possibilità di esercizio futuro della linea.
Le relative motivazioni, d'altra parte, fanno di volta in volta riferimento
a presunte necessità di integrazione con altre linee AV (e con quelle
francesi in particolare, essendo questa l'unica ferrovia "confinante"
ad adottare i 25 kV), ad ancor più presunte indicazioni "europee",
a fattori più strettamente tecnici.
Per quanto riguarda, in particolare, questi ultimi, il richiamo principale è alla limitazione di potenzialità della linea, conseguente all'adozione dei 3 kV cc, qualora si volessero conseguire distanziamenti minimi fra i treni: «le prove che sono state realizzate su una tratta della direttissima Roma-Firenze hanno dimostrato l'idoneità del sistema 3kV per treni con velocità fino a 300 km/h, ma nel contempo hanno evidenziato i suoi limiti relativamente a futuri aumenti di potenzialità della linea (2'30" di distanziamento fra due treni)» [nota 126], e ciò in quanto «Il sistema a 3 kV c.c. si è dimostrato idoneo per potenzialità fino a 1 - 1,2 MW/km e sarebbe risultato pertanto non in grado di soddisfare, nel tempo, le richieste crescenti di potenzialità» [nota 127].
La soglia degli 1,2 MW/km di linea appare dunque il "fattore limitante" da eliminare mediante la nuova tensione di alimentazione, ed in questo senso rispondeva, sul citato numero di Ingegneria Ferroviaria, l'ing. Emilio Maraini alle obiezioni avanzate dall'ing. Mayer: «il sistema 3 kV è in grado di far fronte al previsto traffico massimo di treni ETR 500 nella composizione M+12R+M, con frequenza di 5 minuti, traffico corrispondente ad una potenza specifica dell'ordine di 1,2 MW/km di linea (...) Sennonché, ultimamente, è sembrato più prudente e lungimirante (...) lasciare la porta aperta alla possibilità di un traffico anche notevolmente più pesante o/e intenso adeguandosi ai criteri seguiti dalle maggiori reti ferroviarie europee (...) che nelle nuove progettazioni prevedono punte di circolazione, con frequenza di 5 minuti, di convogli assorbenti ciascuno oltre 20 MW (treni ad alta velocità costituiti da due unità accoppiate oppure treni merci o speciali molto pesanti e relativamente lenti, e quindi meno distanziati spazialmente. Ciò fa salire la potenza specifica massima da prevedere ad oltre 2 MW/km di linea» [nota 128].
A quanto risulta dalla documentazione più recentemente fornita da TAV [nota 129], le caratteristiche prestazionali e funzionali delle nuove linee AV sarebbero state indicate da FS: «... in una specifica tecnica nella quale per il sistema di alimentazione è, tra l'altro, stabilito che "il sistema di alimentazione deve essere in grado di sostenere la circolazione di treni da 12 MW impostati alla velocità di 300 km/h distanziati di 5 minuti senza alcun limite ma con margini di potenzialità.
L'intervallo tecnico tra due treni successivi senza fermata deve essere inferiore a 2'30" alla velocità di 300 km/h" (...).
L'elevata potenzialità richiesta ha giustificato sia economicamente che tecnicamente l'adozione del sistema 2x25 kV.
Il dimensionamento e l'architettura del sistema (...) realizza una potenzialità di 2,2 MW/km di linea a doppio binario, in modo da consentire la circolazione anche di convogli con due unità accoppiate distanziati di 5 minuti».
Questi dunque sono gli obiettivi che giustificano l'adozione di una
tensione di alimentazione speciale sulle nuove linee (con l'esclusione
della DD Roma-Firenze, che ovviamente manterrà l'attuale alimentazione
a 3 kV c.c.) [nota 130], essendo come noto
ripetutamente stato escluso l'uso della linea veloce da parte di treni
merci pesanti e lenti (che comunque, proprio in quanto lenti, non richiederebbero
la potenza unitaria richiesta dai veloci ETR 500).
Una semplice verifica delle limitazioni poste alla potenzialità
(o, meglio, alla combinazione di potenzialità e velocità)
dall'alimentazione 3 kV cc è stata fatta a partire dai dati di potenzia
richiesta al cerchione dei TGV francesi, dati reperiti in letteratura e
di seguito riportati [nota 131]:
Potenza (MW) |
||||
Al cerchione |
All'archetto |
|||
Composizione | Singola | Doppia | Singola | Doppia |
TGV Atlantique 300 km/h | 8.8 | 17.6 | 11.2 | 22.3 |
TGV Paris SE 270 km/h | 6.0 | 12.0 | 8.1 | 16.3 |
TGV Atlantique 220 km/h | 3.9 | 7.8 | 5.9 | 11.8 |
La potenza all'archetto viene stimata in considerazione di un rendimento (motore e trasmissione) pari complessivamente a 0.93, e di un assorbimento per ogni convoglio (inverter, filtri entrata, servizi ausiliari della motrice e delle rimorchiate) di complessivi 1,7 MW (per una composizione con 14 vagoni).
La combinazione della potenza necessaria (per le tre velocità
considerate e le due possibilità di composizione - singola o doppia
- dei convogli) con le possibili frequenze di transito dei convogli stessi
è rappresentata nella figura successiva, dove in ascissa sono riportate
le frequenze e in ordinata le potenze unitarie di linea (MW/km); è
inoltre evidenziata la soglia di 1.2 MW/km che, secondo TAV, rappresenta
il limite superiore della potenza unitaria conseguibile con l'alimentazione
3 kV c.c.
Fermo restando il carattere del tutto indicativo della rappresentazione sopra riportata, è comunque possibile derivarne qualche considerazione generale circa le reali limitazioni che la scelta di mantenere i 3 kV c.c. imporrebbe all'esercizio della nuova linea, quanto meno in termini di potenza disponibile per chilometro di linea.
Restando al di sotto della soglia di 1,2 MW, non risulta infatti possibile:
La limitazione dei 1,2 MW km/linea sembra invece essere compatibile:
Ora, senza entrare nel merito della credibilità di ipotesi di frequenza estreme (a 600 posti/treno in media, una frequenza di 2 minuti e mezzo si traduce in una potenzialità massima teorica di oltre 14.000 pax/ora per direzione, senza considerare i problemi di adeguamento delle stazioni che deriverebbero dall'adozione sulla rete ferroviaria di frequenze tipiche delle reti metropolitane), si può convenire sul fatto che i problemi di limitazione della potenzialità sono, in realtà, problemi di limitazione della velocità massima: fino a 250 km/h è infatti possibile ipotizzare un esercizio assai frequente senza ipotizzare limitazioni di potenza.
Non sono dunque i problemi di distribuzione della potenza lungo la linea a richiedere l'alimentazione a corrente alternata: il sistema 3 kV c.c. potrebbe infatti sostenere domande di potenza anche elevate, sia riducendo la distanza fra le sottostazioni (che dovrebbero essere posizionate ogni 10 - 12 km) sia ricorrendo ad altre soluzioni che pure sono state proposte ancorché non sperimentate (ad es. feeder ad alta tensione a lato della linea).
Restano, a sfavore dei 3 kV c.c., i problemi di captazione della potenza
lungo la linea: problemi, questi, attualmente insormontabili e legati alla
necessità di mantenere elevate pressioni di contatto fra pantografo
e linea aerea, con conseguente surriscaldamento delle superfici di contatto
(determinato anche dalle elevate correnti in gioco). Problemi che, stante
l'esperienza nazionale ed internazionale, si pongono in tutta la loro gravità
per velocità superiori a 250 - 260 km/h. E si ritorna alla questione
della velocità di punta del sistema.
Un ulteriore contributo all'analisi della questione viene dal già citato articolo dell'ing. Francesco Perticaroli, dal quale si riprendono di seguito ampiamente le considerazioni conclusive, in particolare per quanto concerne la pretesa "interoperabilità" della linea a 25 kV con le linee europee (le sottolineature sono nostre):
«la forte intensità di circolazione prevista (intervallo minimo fra elettrotreni di tipo ETR 500, eventuale loro accoppiamento in multiplo o riduzione a 2,5 min dell'intervallo) e, soprattutto, la velocità di esercizio di 300 km/h (...) impongono l'adozione della c.a. monofase a 50 Hz, come secondo sistema di elettrificazione della rete FS. La scelta del doppio sistema ha pesanti conseguenze sull'esercizio e comporta, in particolare, la necessità di adottare mezzi di trazione ad azionamento bicorrente (...). Alle ragioni strettamente tecniche (...) si aggiunge l'opportunità di tenere conto con lungimiranza dell'integrazione europea e dell'interoperabilità tra le diverse reti. In proposito occorre osservare che l'unificazione potrà riguardare, ad esempio, il materiale rotabile ma (...) non potrà verosimilmente portare a cancellare 3 dei quattro sistemi di trazione attualmente in uso (...). Va ricordato, in proposito, l'animato dibattito svoltosi negli anni scorsi in Germania tra coloro che proponevano di elettrificare a 25 kV- 50 Hz i nuovi tronchi ad AV e coloro che sostenevano, con argomenti convincenti, la convenienza di mantenere il sistema classico: tesi, quest'ultima, prevalsa.
Sembra quindi inevitabile che si debba continuare con l'impiego dei
mezzi di trazione ad alimentazione policorrente, ma nella nostra posizione
geografica le interconnessioni riguardano quasi esclusivamente il sistema
a 15 kV-16,7Hz, con i casi limite di Chiasso, a soli 50 km dal nodo di
Milano, e del transito del Brennero, situato oltre i 1300 metri sul mare.
La rete FS confina oggi con il sistema a 25 kV 50 Hz soltanto a Ventimiglia,
in attesa della nuova transalpina Lione-Torino» [nota
132].
Ulteriori elementi di perplessità derivano poi dalla presunta maggiore economicità della alimentazione a corrente alternata, argomento questo sul quale si soffermano diversi documenti predisposti da Italferr e TAV.
Più in particolare, meritano attenta considerazione alcuni elementi riportati in un saggio di Vittorio Maria Cortese [nota 133] in ordine alla frequenza delle sottostazioni, alla dimensione dei conduttori, al sezionamento della linea:
«Nel sistema ad alta velocità italiano si prevede che le sottostazioni abbiano una distanza media di circa 50 km, con posti di alimentazione intermedi ogni 12,5 km, cioè circa con lo stesso passo di un impianto a corrente continua a 3 kV di pari potenzialità.
(...).
Per ridurre al minimo le dispersioni di corrente nel terreno e le interferenze elettromagnetiche, la linea di terra, oltre alle rotaie, comprende un conduttore interrato, di rame da 95 mm2 di sezione, collegato ad ogni palo, e un conduttore di ritorno, di alluminio da 150 mm2, fissato alla sommità dei pali e collegato al binario ogni 1,5 km tramite connessioni induttive (...). Questa complessità d'impianto fa sì che nel sistema 2x25 kV la sezione complessiva dei conduttori risulti addirittura maggiore che in un impianto a corrente continua di pari potenzialità: precisamente, nel caso italiano, 923 o 973 mm2 (escluse le rotaie) contro i 910 mm2 della corrente continua (nelle tratte ad alta velocità).
Nel sistema 2x25 kV ogni tratta è alimentata a sbalzo dalla sottostazione più vicina (a differenza della corrente continua, ove l'alimentazione è di norma bilaterale: ogni sezione viene alimentata in parallelo dalle due sottostazioni adiacenti). Poiché per ridurre gli squilibri apportati alla rete industriale le sottostazioni vengono allacciate a fasi diverse della linea primaria trifase, le tratte consecutive vengono a trovarsi sfasate tra di loro. Di conseguenza sono necessari sezionamenti ogni 25 km, con tratti tampone sotto i quali i treni devono transitare con motori ed apparecchiature disinseriti per evitare l'innesco di archi elettrici. Per prevenire inconvenienti per errate manovre e ridurre al minimo la perdita di velocità del treno (che a 300 km/h incontra questa situazione ogni 5 minuti) si prevede che la disinserzione delle apparecchiature di bordo venga controllata automaticamente mediante boe collocate sul binario. Analoghi dispositivi sono previsti per comandare automaticamente l'abbassamento dei pantografi sotto i sezionamenti di confine tra corrente alternata e corrente continua, particolarmente numerosi nell'alta velocità italiana, data la frequenza delle interconnessioni fra le nuove linee e quelle esistenti; qui dovranno essere adottati particolari provvedimenti per evitare che il campo elettromagnetico della corrente alternata possa interferire sui dispositivi di segnalamento presenti nel ramo a corrente continua».
Il problema che si pone in ordine alle economie conseguibili mediante l'adozione dei 25 kV è dunque di duplice ordine:
Si consideri infine il fatto che, in forza dell'architettura finanziaria
e societaria del progetto AV italiano, i soggetti che sopportano i costi
di realizzazione delle linee sono diversi da coloro che sopporteranno i
costi di acquisto del materiale rotabile. Più precisamente, occorre
dunque stabilire se un risparmio (tutto da verificare e da analizzare in
dettaglio) conseguibile oggi da TAV sia preferibile ad un incremento di
costi sopportato domani da FS (o da chi altro esercirà la rete AV
nazionale). Non risulta che un bilancio in tal senso sia stato ad oggi
compilato.