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550 Forever
di Sergio Pierini

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“I giàpunìs….. ià cupìè tòt, ma… ià di bòn matèriel”
(i giapponesi.. hanno copiato tutto, ma… hanno delle buone leghe)

Nel modo di dire l’essenza del pensiero del mio amico Tiziano, restauratore e grande appassionato di moto d’epoca. Del resto è un luogo comune ricorrente, è noto i giap hanno copiato a destra e a manca ma è altrettanto evidente che hanno contribuito ad elevare la qualità ed l’affidabilità dei mezzi.

Nel 1976 la Yamaha lancia in Europa la XT500, una versione con targa della TT500 già nota in America per aver disputato gare nel deserto. Tali tipi di competizioni fuori strada, Enduro si disputano su distanze lunghe di varie centinaia di miglia e poi hanno il loro habitat naturale nei deserti del Sud-Ovest americano.
Gli Enduro avevano qualche punto di contatto con le nostre gare di regolarità.
La moto deve essere robusta per resistere ad un ritmo frenetico e alle relative sollecitazioni, il motore deve essere molto elastico, deve tirare fuori molta coppia su un'ampia gamma di giri, non è importante invece che giri molto forte, considerando che dovrà operare al limite per ore in un ambiente con temperature di 40 e più gradi.
A prima vista la XT500 pare una riedizione delle mono italiane ed inglesi degli Anni Cinquanta e Sessanta. Vista da vicino sembra un ibrido derivato della:

BSA Victor Enduro 441 (1970)
(www..motoclassiche.it)
Ducati Scrambler (1969)
(speciale Motociclismo 4/87)

La Ducati trionfò con la versione 350 del suo Scrambler nella Baja-Race, centinaia di miglia nei deserti della bassa California con 50° all'ombra (si corre a coppie tanto è lunga). Un percorso duro assieme a quello che si corre nel deserto del Mojave.
L’elegante Scrambler vanta ad oggi molti ammiratori, al tempo era universalmente considerato come il punto d’incontro tra le scuole di motociclismo americana ed europea
La diffusione dei mono negli anni '50 e '60 fu favorita da innegabili vantaggi, la coppia, la maneggevolezza, il ridotto costo di produzione, la facilità dì manutenzione, il consumo limitato.
Ma… questi motori vibravano in maniera insopportabile sino a far svitare ogni cosa, poi la messa in moto con la pidivella era oltre che un evento atletico anche un rito magico.
Un altro difetto cronico, specialmente delle inglesi erano i trafilaggi d'olio, una vera dannazione.
La 500 nonostante la diffidenza iniziale si guadagnò sul campo una grande stima anche per merito di una affidabilità e di una versatilità semplicemente eccezionali. Nelle prime edizioni della Parigi-Dakar non vi erano distinzioni di categorie tra macchine e moto, il pilota francese Cyril Nevue vinse la prima Parigi-Dakar del 1979.
Fu apprezzata anche per la coraggiosa adozione dell'innovativa sospensione posteriore inclinata in avanti e rovesciata.
Insomma ha dato il "la" a una tendenza che si è affermata alla grande con i modelli che la seguirono.

Poi arrivò l'XT 550
Presentato nel 1982, del progenitore il robustissimo motore conserva la corsa (84 mm) lo schema del manovellismo, quello della trasmissione primaria e del cambio. La lubrificazione a carter secco impiegata sia per contenere l'ingombro in senso verticale che per eliminare la coppa e per agevolare il continuo "pescaggio" dell'olio da parte della pompa di mandata anche nella marcia sui terreni più accidentati. Lo differenziavano dall'XT 500 la testa a quattro valvole e la catena di distribuzione spostata sul lato sinistro. L’Albero a camme in testa poggia su tre supporti lisci ricavati per metà nella testata e per metà nel coperchio

Moto tecnica speciale yamaha 7-8/91 di Massimo Clark

Le due valvole di aspirazione a fungo da 36 mm, quelle di scarico da 30 mm (lo stelo un diametro di 7 mm); l'alzata di 8,5 mm.
Molto interessante l'adozione di due condotti di aspirazione individuali, ognuno dei quali è alimentato da uno dei corpi del "doppio" carburatore ad apertura differenziata.
A comandare l'albero a camme una lunga catena Morse con un tenditore a pattino arcuato e una guida antisbattimento disposta anteriormente.
Pistone fuso in lega di alluminio con cielo perfettamente piano, imbiellaggio con due semialberi in acciaio fucinato (dotati di volantini discoidali) uniti da un asse di accoppiamento inserito con rilevante interferenza e con una biella in acciaio da cementazione che lavora alla testa su di una gabbia a rullini.
Alla estremità destra dell'albero a gomito due ruote dentate; la più interna di tipo elastico comanda l'albero ausiliario di equilibratura (a singola massa eccentrica conformata a mannaia e poggiente su due cuscinetti a rotolamento) mentre l'altra in presa con la corona solidale alla campana della frizione.
Il sistema di lubrificazione, due pompe a lobi (mandata e recupero) un filtro a cartuccia ed un serbatoio separato ricavato direttamente nei tubi del telaio. Questo propulsore con rapporto di compressione di 8,5: 1, eroga 38 CV a 6500 giri/min.
La prima volta che la provai di certo ne ignoravo l’anatomia, mi piaceva il faro rotondo, il serbatoio inclinato, il rumore simile alle vecchie Gilera.
La temevo nella messa in moto, ero reduce dalla Honda XR (prima serie) la quale ad ogni minimo errore della procedura di avviamento mi puniva con dei rinculi da mulo.
Senza voler cadere nelle tipica sintomatologia dell’oggetto di culto, la apprezzai fin dall’inizio per le prestazioni, la ciclistica il motore e sopratutto l’equilibrio d’insieme.
La Yamaha, con la 500, 550 e Tènèrè ha costretto le concorrenti Suzuki, Honda, Kawa ad una continua rincorsa, per lo meno fino alla fine degli anni 80.
L’apice della evoluzione l’XT lo raggiunge con il 600 mod. 2KF (disco posteriore) poi dalla posizione di rendita inizia la decadenza con il modello 600E, ma questa è un’altra storia… (come direbbe Lucarelli)
Si dice che il mondo va avanti…. La trasformazione di tali moto ha creato da un lato gli enduro stradalizzati con sempre maggiori caratteristiche all’uso stradale, ridotte escursioni sospensioni, aumentato dei pesi. Dall’altro lato gli Enduro specialistici, dal punto di vista della guidabilità fuoristrada sono migliori, tuttavia difettano di comfort sulle lunghe percorrenze e richiedono una assidua e costosa manutenzione.

Ha ancora senso oggi una 550?
“Non eccelle particolarmente in nessuna specialità fuoristradistica, pur arrivando ad invadere tutti i campi. Essa è invece in grado di soddisfare pienamente le esigenze dell'appassionato che voglia fare un po' di tutto con la stessa moto” (Motociclismo77).
Questo affermazione è ancora valida, naturalmente la moto ideale ovviamente non esiste, al massimo ci possiamo identificare in un mezzo legato al nostro particolare modo di viaggiare nell’ambito di uno specifico intinerario. Le nostre moto, con un investimento contenuto, revisionate nel motore ed aggiornate nelle sospensioni, possono ancora rendere il loro servizio così come hanno fatto per anni. Viaggiatori d’ogni età si sono avventurati dalle Ande all’Himalaya ai deserti africani. Nel 83 il bergamasco Balestrieri è il primo italiano a portare a termine la Dakar su Yamaha XT 550 Nel ’84 il Team Yamaha Belgarda alla Parigi-Dakar è composto da Findanno e Balestrieri in sella alle TT600 e Zocchi su XT550 conquisterà la vittoria nella categoria Marathon.

Rallista anni 80

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