Sul minimo vitale della triarticolazione sociale
Opera Omnia n. 189: […] Ognuno [il grassetto è mio - ndc] […] ha bisogno come minimo di determinati valori (diciamo di denaro, dato che abbiamo già convertito i valori in denaro) per poter provvedere alla sua vita […] si può parlare di un minimo vitale [...].
Che succede se la sua realizzazione è impossibile? [...]
Oggi la gente dovrebbe ormai sapere [...] cos’è la cosiddetta “rendita agraria” [...].
Senza avere un’idea di queste cose, nell’organismo sociale non si riesce ad avere un proficuo avanzamento nell’evoluzione dell’umanità. A poco a poco si è creata una grande confusione su questi argomenti, e i rapporti confusi portano oggi la gente alle idee che ha e non a rapporti autentici in questo campo. La rendita agraria, che in certo qual modo può venir valutata in base alla produttività che ha un terreno sito in una certa zona, da’ per così dire una determinata somma per una porzione di territorio nazionale. Il valore del terreno è determinato dalla sua produttività, vale a dire dal tipo e grado di sfruttamento razionale rispetto all’economia generale.
Oggi è difficile farsi un’idea chiara del semplice valore agrario, perché nell’economia capitalistica moderna la rendita da capitale o il capitale si sono confusi con la rendita agraria, perché l’autentico valore economico della rendita agraria è diventato un’immagine illusoria a causa del diritto ipotecario, del credito ipotecario, delle obbligazioni e di altro del genere. Di conseguenza tutto è stato trascinato in rappresentazioni assurde e non rispondenti al vero [...] Immaginiamo però che equivalga semplicemente al valore economico del fondo e del terreno di una zona (del fondo e del terreno con riferimento alla sua produttività).
Esiste un rapporto necessario tra la rendita agraria e quanto ho indicato prima come minimo vitale di un essere umano. Oggi esistono alcuni riformatori e rivoluzionari sociali che sognano di eliminare in assoluto la rendita agraria, che credono di eliminarla nazionalizzando o collettivizzando, come dicono loro, i terreni. Qualcosa non viene però eliminato cambiandole forma. Il fatto che sia tutta una collettività a possedere il terreno o che siano diverse persone non elimina l’esistenza della rendita agraria. La maschera solo, le conferisce solo altre forme. La rendita agraria di cui ho detto esiste sempre.
Se ora prendiamo la rendita agraria di un determinato territorio e la dividiamo tra il numero di abitanti del territorio in questione, ricaviamo un quoziente che fornisce l’unico possibile minimo vitale. È una precisa legge, come ad esempio lo è la legge di Boyle-Mariotte per la fisica, che non può essere diversa. È comunque un fatto primario, qualcosa di fondamentale, che in realtà nessuno, all’interno di un organismo sociale, guadagna di più dell’equivalente della rendita agraria globale suddivisa tra il numero degli abitanti: l’eventuale guadagno in più viene realizzato attraverso coalizioni e associazioni che instaurano rapporti che consentono a una persona di ricevere più di un’altra (*); ma in effetti nella proprietà mobiliare di una sola persona non può fluire nulla in più oltre a ciò che ho testé indicato. Tutta la vita economica, nella misura in cui si riferisce a quanto possiede il singolo in beni mobili, muove dal minimo che esiste davvero ovunque, anche se i rapporti reali lo coprono. [...] Tutto il resto viene prodotto da coalizioni et similia tra esseri umani. Contro un simile fatto possono intervenire le organizzazioni sociali e politiche e infrangerlo. Il problema è volgere tutto il pensiero organizzativo nella direzione verso cui tendono i fatti. Questo è il problema. Il soddisfacimento può esistere tra gli esseri umani solo tenendo conto di queste realtà. Se infatti si dirige il pensiero inteso a ordinare, a trasformare la realtà, nella direzione voluta dalla natura dell’organismo sociale, il resto va da sé e non può neppure succedere che uno si creda svantaggiato rispetto all’altro. È una legge che sta alla base della vera vita dell’organismo sociale. Su questi argomenti si può riflettere correttamente (ho portato l’esempio della relazione tra minimo vitale e rendita agraria), farsene concetti rispondenti alla realtà, solo a partire dalla TRIARTICOLAZIONE [il maiuscolo è mio - ndc] considerata come elemento fondamentale. Solo sotto l’influsso della TRIARTICOLAZIONE si possono prendere provvedimenti che sviluppino su un territorio la convivenza umana nel modo più produttivo. La vita si svilupperà infatti in maniera più produttiva solo seguendo le leggi sociali e non agendo contro di esse; si tratta cioè di vivere nel senso dell’organismo sociale. Va comunque detto che dall’osservazione esterna della vita non si acquisisce un’idea sui fondamenti della TRIARTICOLAZIONE, proprio come non si capisce il teorema di Pitagora per quanti triangoli rettangoli si osservino. Una volta che però lo si sia capito lo si può applicare ad ogni triangolo rettangolo. Lo stesso succede per le leggi fondamentali. Una volta afferrate nel modo giusto e secondo realtà, sono applicabili ovunque (Rudolf Steiner, “La questione sociale: un problema di consapevolezza”, 2ª conf. di Dornach del 16/02/1919).
(*) l'asterisco di p. 32 (del volume “La questione sociale: un problema di consapevolezza”, 2ª conf. di Dornach del 16/02/1919) rimanda alla 14ª conferenza de "I capisaldi dell'economia" (pag. 198-205").