Sul sangue sconosciuto

 

Dopo avere approntato la traduzione in italiano della contestazione della premessa di pressione propulsiva nella funzione cardiaca redatta ovviamente secondo il metodo delle scienze naturali (http://digilander.libero.it/VNereo/cuore.htm), e dopo avere rilevato che il cuore non è paragonabile ad una pompa e che se lo si volesse paragonare proprio a qualcosa di materialistico, lo si potrebbe tutt'al più comparare ad una piccola diga, occorre ora osservare le due correnti di questa "diga". Rivolte al mondo interno (sangue arterioso) ed a quello esterno (sangue venoso) queste due correnti scorrono le prime nei vasi arteriosi contenendo ossigeno che passa nell'organismo, mentre le seconde nei vasi venosi contenendo ciò che è stato utilizzato, cioè anidride carbonica che va eliminata attraverso l'espirazione. Questa osservazione non è però sufficiente per caratterizzare in senso qualitativo il sangue, dato che questo materiale è alquanto particolare, come già aveva fatto notare Goethe nel verso "Il sangue è un succo molto peculiare" del suo "Faust". Infatti il mondo accessibile all'uomo mediante i suoi soli cinque sensi non rappresenta tutto il mondo, essendo solo la manifestazione di un altro mondo più profondo, sovrasensibile o immateriale, nascosto dietro quello visibile. Questa conoscenza è molto antica.

 

Secondo l'antichissima massima di Ermete "Tutto è in alto come è in basso" - riportata, tra l'altro, anche nel "Padre Nostro" nelle parole "come in cielo così in terra" - questo mondo sovrasensibile è quello superiore mentre è detto inferiore, quello sensibile, cioè percepibile ai nostri sensi e mediante intuizione. Così, per esempio, come in genere non ci fermiamo alle forme del viso ed ai gesti quando consideriamo l'aspetto dei nostri simili ma in modo naturale siamo condotti dalle loro fisionomie e dai loro gesti a quanto in questi esprime la loro attività interiore, allo stesso modo il ricercatore scientifico non può accontentarsi di vedere nel mondo sensibile il fine ultimo della sua indagine, ma considerare che dalla fisionomia di ciò che osserva può scorgere la manifestazione di un mondo immateriale posto dietro quello materiale. Applicata all'uomo, la frase "Tutto è in alto come è in basso" significa quindi che nel viso si manifestano gli impulsi esistenti nell'attività interiore, per esempio la rozzezza di questa attività in un viso duro e aspro, la gioia interiore in un sorriso, il dolore e la commozione nelle lacrime.

 

Come si presenta questa realtà a proposito dell'importante problema del sangue?
 
Che cosa sia il sangue è noto a tutti attraverso la scienza corrente. Considerando l'uomo e gli animali superiori, è noto che il sangue è realmente vita che scorre. È noto che attraverso il sangue l'interno dell'uomo si apre verso l'esterno e che, mentre ciò avviene, l'uomo assimila attraverso il sangue sostanza di vita: l'ossigeno. Assimilando ossigeno il sangue subisce un rinnovamento. Il sangue, che l'interiorità umana presenta all'ossigeno entrante è una specie di sostanza velenosa per l'organismo, una specie di annientatore avente capacità distruttiva. Questo sangue bluastro è pertanto trasformato, mediante assimilazione di ossigeno entro una specie di processo di combustione, in vitale sangue rosso.

 

Il sangue rosso, penetrando in ogni parte del corpo depositandovi sostanze nutritive, ha il compito di accogliere direttamente in sé le sostanze del cosmo esterno, che impiega direttamente per l'alimentazione dell'organismo.

 

L'uomo e gli animali superiori hanno pertanto bisogno, prima di immettere sostanze nutritive nel sangue, di formare il sangue, accogliervi l'ossigeno dell'aria e infine, attraverso il sangue, di costruire il corpo e di conservarlo.

 

Pertanto si può dire che, con questo suo moto, funzionale alla vita, il sangue è come un secondo uomo che si comporta come un cosmo esterno rispetto al primo uomo costituito di ossa, muscoli e masse nervose, dato che l'intero organismo prende continuamente le proprie forze nutritive dal sangue e vi abbandona invece ciò che non usa. Ripeto: nel sangue vi è un vero e proprio doppio, che continuamente accompagna l'uomo, e da cui l'uomo attinge di continuo forze, abbandonandovi ciò che più non usa.

 

Con pieno diritto il sangue fu denominato vita umana fluente e gli fu attribuita importanza analoga a quella del protoplasma per gli organismi inferiori: quello che il protoplasma è per gli organismi inferiori, per l'uomo è sangue trasformato.
 

Queste cose relative alla vitalità sono realmente osservabili anche se sono eteree, invisibili. La vitalità è ciò che chiama alla vita le sostanze inorganiche, le solleva da uno stato privo di vita e le unisce al filo della vita. Il corpo vitale o eterico, o l'etere stesso della vita non è qualcosa da aggiungere col pensiero al mondo privo di vita, come cerca di fare la scienza della materia. Gli scienziati cercano di completare quel che possono vedere nelle cose col microscopio o con altri mezzi, escogitando qualcosa che poi chiamano principio vitale. Una vera scienza però non si dovrebbe porre in questa prospettiva ma seguire un principio preciso. Invece oggi si accetta come cosa buona e giusta il fatto che se si è scienziati si deve vedere le cose secondo il punto di vista che nega in partenza ciò che non si può materialmente conoscere. Questo modo di fare è paragonabile all'intelligenza di un cieco che affermasse che i colori sono una fantasticheria. In merito a qualcosa non dovrebbe decidere chi non ne sa nulla, ma chi ne ha sperimentato qualcosa. L'uomo è in evoluzione, e quindi la scienza dovrebbe dire: "Se resti come sei, non puoi vedere nulla dell'Etere e puoi con ragione parlare kantianamente di limiti del conoscere, oltre i quali può subentrare solo la fede. Se però diventi un altro, cioè se ti emancipi acquisendo le facoltà necessarie per percepire il sovrasensibile, allora non puoi più parlare di limiti della conoscenza".

 

I limiti alla percezione sovrasensibile, o dell'Etere, esistono fino a quando non apriamo i nostri sensi interiori. Di conseguenza anche l'agnosticismo non è altro che un peso che blocca "scientificamente" la cultura. L'agnosticismo afferma che gli uomini sono costituiti da meri corpi fisici e che pertanto possono conoscere solo determinate cose fisiche.

 

D'altra parte se è vero che se oggi l'uomo è fatto in un certo modo, è anche vero che l'uomo deve evolversi, ed allora potrà conoscere dell'altro: l'eterico corpo della propria vitalità.

 

Vi è dunque un corpo visibile e fisico ed un corpo invisibile avente la funzione della vitalità.

 

Inoltre vi è sia per l'uomo che per l'animale un'altra funzione, quella di chiamare la sostanza vivente ad avere una sensibilità, così che nella sfera vitale non vi sia solo un moto di succhi ma che si animi piacere o dispiacere, gioia e dolore. Solo così è possibile prendere atto della differenza tra pianta e animale, malgrado vi siano stadi di transizione.

 
La scienza teorica, giocando con le parole, afferma che anche le piante hanno la sensazione. Per certe piante avviene senz'altro che reagiscano a sollecitazioni, se qualcosa venga loro vicino, o se una sollecitazione agisca su di loro, ma questo non è ancora sensazione. Perché lo sia, occorre che nell'interiorità dell'essere sorga un'immagine, quale riflesso della sollecitazione. Se anche in certe piante avviene una reazione a seguito di un'azione esterna, questo non è ancora una prova che la pianta abbia portato interiormente la reazione a diventare sensazione, affinché la pianta interiormente senta. Anche una trappola scatta se "sollecitata" dal topo che "ruba" il formaggio. Ciò però è solo un meccanismo, che nulla c'entra con ciò che si sente dentro e che ha la sua sede nell'animarsi interiore.

 

Vediamo così che gli esseri fino agli animali consistono di corpo fisico, corpo eterico o vitale, e corpo del movimento, anticamente detto astrale (dato che tutto il cosmo è in continuo movimento come è dimostrato dal moto della precessione solare degli equinozi).

L'uomo però, avendo un "io" (1), è superiore all'animale. L'uomo non è solo un corpo fisico, compenetrato da vitalità e da movimento: è anche un "io". Ogni uomo è quindi anche un essere che interiormente può dire "io" a se stesso.

 

 

Attraverso l'io l'uomo può migliorare sempre più il proprio movimento influendo sulle proprie emozioni. Attraverso questo miglioramento sempre perfettibile del proprio muoversi e commuoversi, l'uomo può elaborare il corpo vitale o eterico, detto anche corpo delle abitudini, per esempio acquistando - sempre in modo mai esaustivo - abitudini positive o sostituendo quelle negative. Con l'individualizzazione del moto e della vitalità, avviene perciò che l'io umano possa influire perfino sul corpo fisico stesso, che ne risulta trasformato.

 

La funzione del sangue in questa dinamica migliorativa delle condizioni fisiche umane consiste in un fatto preciso: così come il cervello e il midollo spinale sono un'espressione del movimento individualizzato, in cui l'individualizzazione nasce da ciò che si esprime nell'"io", allo stesso modo l'io può trasformare il corpo fisico. Faccio notare che questa dinamica è fisiologica, pur avendo risvolti etici: nella trasformazione del corpo vitale o eterico, o corpo delle abitudini, al sistema nervoso simpatico si aggiunge il sistema del midollo spinale e del cervello. La vitalità (corpo eterico), dopo aver accolto la circolazione inferiore dei succhi, determina il loro modificarsi nel sangue.

 

Il sangue è pertanto espressione del corpo eterico individualizzato, così come il cervello e il midollo spinale sono espressione del corpo astrale individualizzato. Ed è, appunto, attraverso questa individualizzazione che nasce poi ciò che si esprime nell'"io".
 

In tal modo, accogliendo le immagini del mondo esterno interiorizzate dal cervello, il sangue le trasforma in vive forze, attraverso le quali edifica perciò il corpo umano.

Ci si presenta qui un processo mediante il quale il sangue assimila l'elemento più prezioso che possa prendere dal mondo circostante: l'ossigeno, cioè l'elemento che di continuo lo rinnova, fornendo nuova vita all'intero organismo. Ed è propria in questa dinamica che il sangue è spinto ad aprirsi al cosmo esterno. Questo è pertanto il percorso universalmente intuibile dal macrocosmo esteriore al microcosmo interiore e di nuovo del continuo ritorno da quest'ultimo al primo.

 

Si può intuire a questo punto qualcosa di molto interessante.

 

Quando, a partire da sensazioni derivate dal mondo esterno, l'uomo crea autonomamente figure e immagini cioè quando l'io, diventando creativo, può esprimersi con volontà propria, avviene il formarsi del sangue. In altre parole, il formarsi del sangue avviene quando l'uomo si contrappone come essere indipendente al mondo esterno. In ogni essere umano questo processo è ravvisabile. Nessun essere, che non ravvisi in sé questo processo, potrebbe infatti dire "io" a se stesso a partire dal suo intimo. Nel sangue vi è dunque il principio per il divenire io. Un io può manifestarsi solo quando un essere può dar forma in se stesso alle immagini che produce ricavandole dal mondo esterno. Un essere dotato di io deve avere la capacità di accogliere in sé il mondo esterno e di riprodurlo nella propria interiorità.

 

Si può osservare che la sola funzione cerebrale, che è quella di rispecchiare ("speculare") il mondo esterno, non basta per questa funzione. Se l'uomo avesse soltanto il cervello, potrebbe solo produrre in sé immagini del mondo da sperimentare in sé ma proprio per questo potrebbe allora solo dirsi: "Il mondo esterno è riprodotto in me come immagine riflessa". Quando però riesce a costruire in forma nuova la riproduzione del mondo esterno, quella non è più allora semplicemente il mondo esterno ma è l'io. Un essere avente solo il sistema nervoso del gran simpatico rispecchierebbe, sì, il mondo esterno ma non potrebbe ancora sentirlo come suo, cioè non lo sentirebbe ancora come vita interiore. Un essere meramente dotato di midollo spinale e cervello non potrebbe sentirebbe il rispecchiarsi come vita interiore.

 

Solo un essere con sangue può invece sperimentare come propria la sua interiorità: mediante il sangue e con l'aiuto dell'ossigeno del mondo esterno, viene data forma al proprio corpo secondo le immagini della vita interiore e tale forma giunge ad espressione come percezione dell'io. L'io indirizza verso due direzioni e il sangue è l'espressione esteriore di tali indirizzi. L'io è rivolto verso l'interiorità, la sua volontà verso l'esterno. Le forze del sangue sono rivolte verso l'interno e lo costruiscono, sono invece rivolte all'esterno verso l'ossigeno del mondo. Di conseguenza quando l'uomo si addormenta, cade nell'incoscienza, vale a dire in ciò che la coscienza può sperimentare nel sangue. Quando però l'uomo apre i suoi occhi al mondo esterno, il sangue accoglie nelle sue forze formative le immagini prodotte dal cervello e dai sensi. Il sangue sta così a metà fra il mondo interiore delle immagini ed il vivente mondo delle forme esterne.

 

Questa funzione del sangue può essere chiarita considerando due fenomeni. Il primo consiste nella discendenza, o nella la parentela degli esseri coscienti; il secondo nell'esperienza del mondo attraverso i fatti esterni. Grazie al sangue, la discendenza ci porta dove siamo. L'uomo nasce in un determinato contesto di razza e di popolo da una serie di antenati e quanto eredita da questi trova la sua espressione nel sangue. Nel sangue è come riassunto ciò che si è venuto formando dal passato materiale dell'uomo. Ma nel sangue è anche prefigurato per immagini e grazie all'io ciò che si prepara nel suo futuro (1).

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(1) L'io è l'elemento immateriale che vive concretamente nell'uomo come pienezza o pleroma, fuori dal quale c'è solo pusillaminità, che è il contrario dell'"avere fegato". In base a logica numerica si può stabilire un rapporto fra il coraggio dell'io e l'antico Tetragramma (Nome di Dio): di solito il termine ebraico "cavòd" è tradotto dalla Bibbia con "gloria", e ogni altra qualità onorifica. La mia spiegazione è la seguente. "Mekhabbèd" è in ebraico l'onorante, colui che onora. La radice caf+bet+dàlet, כבד, rende l'idea fondamentale di aver peso, essere pesante. Infatti l'aggettivo "pesante" si dice "cavéd", כבד, che, come sostantivo maschile, significa anche "fegato" e si scrive allo stesso modo. Il valore numerico del termine  "cavéd",  כבד, parola formata dalle lettere caf (כ) + bet (ב) + dalet (ד) è: 26 (i valori numerici di caf, bet e dalet, sono infatti rispettivamente 20, 2 e 4, la cui somma è 26. Ne accennai nel mio saggio "Un futuro di consapevolezza dall'antica visione del cielo" (Ed. Ricerca '90, n° 45, Gennaio 2001, cirodiscepolo.it) ed anche precedentemente a proposito della forza interiore: "La durata temporale del ciclo della precessione solare è di 2.160 x 12 = 25.920 anni e l'astronomia arriva vicino a questo numero arrotondando a 26.000 anni [...]. La storia è sacra per l'estrinsecarsi del 26 nel tempo" (Nereo Villa, "Numerologia biblica. Considerazioni sulla matematica sacra", Ed. SeaR, Reggio Emilia, 1995, p. 52). Che ciò sia connesso all'uomo è evidente anche nella fisiologia del corpo umano. L'io, lo spirito nell'umano, ha per veicolo il sangue. I fenomeni del pallore e del rossore, caratterizzano infatti rispettivamente lo spavento e la vergogna. Nel primo, il sangue si dirige a difendere il nostro centro interiore, il cuore, che batte più forte mentre impallidiamo. Nella seconda, vorremmo uscire, scappare via da noi stessi, da tale centro, verso il cosmo esteriore, così che arrossiamo. Nel nostro corpo vi sono circa 26 bilioni di globuli rossi. Forse potrà anche essere un caso, ma il ferro, 26° elemento, è presente nell'emoglobina "e il suo nucleo atomico è circondato da 26 elettroni" (Peter Plichta, "La formula segreta dell'universo", Ed. Piemme, Alessandria 1998, p. 108). E vi è dell'altro in merito a questo numero. Cavéd, che come ho detto significa "fegato" ed ha valore numerico 26, ha lo stesso valore numerico dell'antico Tetragramma (Nome di Dio, detto anche Nome dei nomi). Proprio per la grande quantità di sangue che contiene, il metabolismo del fegato può svolgere due funzioni opposte: la principale è quella di spingere l'uomo verso l'impulsività, oppure in direzione diametralmente opposta, la pusillanimità". "Compito dell'io - scriveva saggiamente Luciano Orsini, amico e medico - è quello di procedere di vita in vita alla progressiva trasformazione della volontà egoica in volontà spirituale. Senza una perdita energetica ma per mezzo di un pleroma di forza spirituale la brama tende alla realizzazione dell'anelito, l'inclinazione tende alla realizzazione del proposito e l'istinto tende alla realizzazione della risoluzione. Finché questo processo non giunge a compimento, il movimento umano è costretto ad agire essenzialmente secondo le necessità volitive indotte dalla brama, dall'inclinazione e dall'istinto, ovvero dal karma individuale" (L. Orsini, "Movimento muscolare e libertà" in "Metamorfosi morale della bioetica", Ed. L'Opera, Roma 1996). Come verbo, nella costruzione semplice (kal), "cavéd" significa dunque "essere pesante, grave". Quando i Filistei si impadronirono dell'Arca di יהוה, YHWH (o "Ihvh", "Iavé", "Geova", ecc., in quanto nessuno con osce la vera pronuncia di questo nome, detto Nome dei nomi o Tetragramma) e la trasportarono in Ashdòd, molti malanni caddero su di loro e il testo dice: "cavedà meòd iad ha-Elohim = fu pesante molto (su di loro) la mano di Elohim (1 Samuele 5,11: «Fatti perciò radunare tutti i capi dei Filistei, dissero: "Mandate via l'arca del Dio d'Israele!". Infatti si era diffuso un terrore mortale in tutta la città, perché la mano di Dio era molto PESANTE») (cfr. C. A. Viterbo, "Una via verso l'ebraico", pp. 117-118, Ed. Carucci, Roma 1988). "Cuore" e "sangue" si dicono in ebraico rispettivamente "dam" (דם, in numeri 4 e 40, somma 44) e "lev" (לב, in numeri 30 e 2, somma 32; la lettera "bet", ב, in fine di parola non si pronuncia "b" ma "v"). Per l'approfondimento del rapporto tra cuore, sangue ed il 26, si veda anche "DAM, il sangue in ebraico" (http://digilander.libero.it/VNereo/DAM-il-sangue-in-ebraico.htm).

 

Bibliografia di riferimento:

R. Steiner, "Il sangue è un succo molto peculiare. Conferenza tenuta a Berlino il 25 ottobre 1906", Ed. Psiche, Torino 2005.

R. Steiner, "Conoscere l'uomo secondo corpo, anima e spirito", Ed. Antroposofica, Milano 1991.