Reddito di cittadinanza
uguale schiavitù
https://nereovillaopere.wordpress.com/o-di-maio-se-non-studi-sei-di-pejo/
Reddito di cittadinanza o schiavitù?
La risposta non può che essere REALMENTE scientifica, NON accademicamente scientifica (si veda a questo proposito la pagina: http://digilander.libero.it/VNereo/la-scienza-accademica-della-tradizione-tradimento-dei-chierici.htm):
Il minimo vitale è una precisa legge sociale come la legge di Boyle-Mariotte lo è per la fisica...
Del rapporto tra queste due leggi parlava con molta chiarezza Rudolf Steiner quando spiegava la fondamentale idea della triarticolazione dei poteri sociali, affermando che seguire le leggi sociali senza agire contro di esse È POSSIBILE!
Essere d'accordo sull'idea di lavoro del M5S significa essere a favore della schiavitù. Il "reddito di cittadinanza" dovrebbe chiamarsi "minimo vitale" in quanto diritto per ogni essere umano dalla nascita alla morte e senza condizioni. Non si può accettare un lavoro come se fosse una merce: il lavoro dovrebbe essere un'attività come lo è il gioco per i bambini, cioè l'estrinsecarsi dei talenti che ognuno possiede. Nessun partito però dice questo e purtroppo per questo motivo siamo ancora nel Medio Evo giuridico, economico, e culturale...
Il minimo vitale non è
un Reddito di Cittadinanza. Da tempi mitologici sappiamo ed accettiamo come cosa
buona e giusta che la fondazione della civiltà del diritto, cioè del civis
romanus e del jus, avvenne col fratricidio (Romolo e Remo) e con la rapina
(ratto delle sabine). Se ancora oggi non capiamo ancora questa anticristianità
della "civiltà" e del "diritto" è inutile qualsiasi "dialogo" e qualsiasi
politica: sarebbe come battersi per sostenere giuridicamente che il diritto non
sia storto. Occorre dunque cambiare l'impostazione stessa del diritto. E questo
è compito di ognuno, un compito che deve essere risolto dalla base, dunque
dall'uomo della strada, e non dalle altezze veterotestamentarie dei Monti,
Tremonti e di ogni nuovo partito in via di tramonto...
Durante la prima guerra mondiale Rudolf Steiner fu esplicito su questo punto:
"il diritto romano è una realtà anticristiana"
(Rudolf Steiner, conferenza di Berlino del 14 aprile 1917). E questo argomento
fu da lui affrontato più volte: «[...] Ciò che oggi
chiamiamo il diritto è certamente esistito, in qualche forma anche prima della
civiltà romana; però nella forma in cui lo conosciamo oggi, il diritto può
considerarsi in certo modo un'invenzione dei romani. Quel "giure" che si presta
particolarmente bene a distinguere ogni cosa in articoli di legge, a inscatolare
concetti l'uno dentro l'altro, è un'invenzione dei romani. E perché i romani non
avrebbero dovuto dire al mondo che cos'è il diritto, e in che modo si agisce
secondo diritto? È chiaro [...]: basta riflettere agli inizi della loro storia,
quali essi stessi ce la tramandano: a Romolo che uccise il fratello, per poi
raccogliere tutti i prepotenti dei dintorni e fare di loro i primi cittadini di
Roma; basta ricordare che essi riconducono al ratto delle Sabine l'origine, la
possibilità di esistere come popolo! Con l'aiuto della potenza che opera
mediante il "retto uso dell'ostacolo", sembra dunque che quel popolo sia stato
chiamato a inventare il diritto, a estirpare l'ingiustizia; quel popolo che fa
risalire le proprie origini maschili a dei briganti e femminili a un ratto!
Nella storia molte cose si possono imparare dai contrasti; ma occorre
considerare i fatti per quel che sono, senza simpatie, né antipatie»
(Rudolf Steiner, conferenza di Dornach del 16 settembre 1916, dal ciclo "Impulsi
evolutivi dell'umanità. Goethe e la crisi del secolo diciannovesimo",
Antroposofica, Milano 1976, pp.15-16).
Queste sconvolgenti
osservazioni aiuteranno ogni individuo a liberarsi dalla "politica" per
occuparsi spregiudicatamente della "polis".
«La romanità creò col "civis" un concetto avente
caratteristiche che non esistevano prima della civiltà romana. A comprendere
rettamente questo concetto si avverte che esso è un po' come una pianta nata dal
mero terreno politico-giuridico. Con ciò si attribuisce e si inserisce nel
concetto di uomo un carattere politico-giuridico. Il concetto del "civis romanus",
penetrato nel sangue dei popoli europei, sta in stretto rapporto con la
politicizzazione del mondo dei concetti» (ibid. p. 23), ovviamente ad
uso del Delfino di turno.
«Alcuni giuristi fondano il nesso tra l'umanità moderna
e la romanità, propriamente sul mero concetto del "civis", mediante il quale
[...] l'uomo si inserisce in senso politico-giuridico nella sua comunità. Anche
se non lo si ammette, con tale concetto l'uomo si inserisce nell'umanità in modo
politico-giuridico. Aristotele parlava ancora di "animale politico"; egli
metteva dunque ancora l'elemento politico in relazione con l'animale. Era un
modo di pensare ancora del tutto diverso, un pensare immaginativo, non ancora un
pensare politico; i concetti non erano ancora politicizzati. Venne così
formandosi un elemento che viene denominato secondo una categoria
politico-giuridica. Non ci si rende conto che si denomina questo elemento con
una categoria politico-giuridica, ma è proprio così; si sente l'effetto della
mentalità politico-giuridico romana (magari lo si sente spesso solo
inconsciamente) in quel mostro concettuale detto "civilizzazione" o "civiltà":
un concetto che si fonda su quello di "civis" e del quale si è tanto abusato.
Dietro a tutto ciò che è contenuto nella parola "civilizzazione" sta lo spirito
romano. L'insistere sulla civilizzazione nel modo come oggi viene spesso fatto è
indizio di mentalità romana, forse anche solo vagamente sentita: capita infatti
che, usando un termine col quale si vorrebbe esprimere qualcosa di
particolarmente elevato, si esprima senza saperlo una propria dipendenza da
determinate forze storiche. Per chi scorga tutto lo sfondo politico-giuridico
della parola "civilizzazione", il pronunciare questo termine, nel senso in cui
oggi è usato, produce spesso una specie di pelle d'oca, una specie di recondito
orrore. Fenomeni come questi bisogna pure enunciarli [...]. Di fronte a questa
seria conoscenza del mondo, molti concetti che oggi l'umanità adora come suoi
idoli, cadono dai loro piedistalli» (ibid., pp. 23-24).
Vi è dunque un diritto anticristiano oggettivamente di tipo imperiale,
dittatoriale, totalitario, violento, truffaldino, e criminale, partendo dal
quale si vorrebbe parlare ancora oggi di "cittadinanza" e di "reddito di
cittadinanza", ultima follia dei non pensanti e credenti nello statalismo.
Al fine di non cadere dalla padella nella brace, è essenziale che l'uomo
terrestre imparari a distinguere il cosiddetto reddito di cittadinanza dal
minimo vitale che gli compete in quanto terrestre, appunto: la base dei
terrestri è la TERRA, non il "civis", e il reddito che la terra offre ai
terrestri è la loro retribuzione, non la distribuzione, perché il distribuire
presume un soggetto padrone della terra che invece è di tutti i terrestri.
Nereo Villa, Castell'Arquato, 12 marzo 2018