Conferenza di Rudolf Steiner
sulla TEORIA DELLA RELATIVITÀ
dedicata agli operai del Goetheanum di Dornach
il 27 febbraio 1924, 10ª del ciclo
"Natura e uomo secondo la scienza dello spirito"
(Ed. Antroposofica, Milano 2008)
(si veda anche: R. A. Monti, "Teoria della relatività: un'analisi critica")
Qualcuno ha pensato a un argomento che possiamo trattare oggi?
"Il signor Burle pone una domanda sulla teoria della relatività: vuole conoscere la situazione odierna al riguardo. Tempo fo si leggeva spesso qualcosa sulla teoria della relatività, oggi non se ne sente più parlare così spesso. Forse è nuovamente caduta nell'oblio?"
Rudolf Steiner: Quello della teoria della relatività è un argomento complesso, e oggi dovrete probabilmente prestare molta attenzione; anche se, alla fine, direte di non essere riusciti a capire nonostante la concentrazione. Lo stesso accade a tante persone che parlano della teoria della relatività. Spesso la esaltano, quasi fosse la più grande conquista della nostra epoca, ma non la capiscono [allo stesso modo si esprimeva nel 1985 un famoso docente di Fisica: Richard P. Feynman ("QED - The strange theory of light and matter", Princeton University Press, 1985, pp. 9-10). L'impossibilità di comprendere razionalmente i programmi ministeriali della fisica di Stato da insegnare fu ed è ancora qualcosa di aberrante, che Feynman ribadiva continuamente all'inizio delle sue famose lezioni di meccanica quantistica (vedi anche "The Feynman Lectures on Physics", Addison-Wesley Publ. Co., 1965). Anche esse testimoniano chiaramente che oggi si continua a imporre definitivamente un'antilogica rinuncia ad ogni tentativo di spiegazione razionale della fisica - ndc].
Mi impegnerò a illustrare la teoria della relatività nel modo più divulgativo possibile. L'incontro di oggi sarà certamente faticoso, ma la prossima volta torneremo ad occuparci di argomenti più interessanti.
La teoria di Einstein riguarda i movimenti eseguiti da un corpo qualsiasi. Sappiamo che i corpi si muovono perché cambiano la loro posizione nello spazio. Se vogliamo registrare un movimento diciamo: un corpo si trova nel punto A e si muove verso un altro punto B. Quando vediamo passare un treno, e siamo da qualche parte all'esterno, non dubitiamo del fatto che il treno ci passa davanti, che si muove, mentre noi stiamo fermi. Potremmo invece dubitarne - ma solo per un momento, qualora non riflettessimo a fondo - se ci mettessimo a sedere in una carrozza ferroviaria e ci addormentassimo: al risveglio, guardando dal finestrino, vedremmo passare un treno davanti ai nostri occhi: avremmo la netta sensazione che stia passando un treno. Ma ciò non deve necessariamente essere vero: prima di assopirci il nostro treno era fermo, e mentre dormivamo si è messo in moto; nel sonno non ci siamo accorti che il nostro treno si è messo in moto, e sembra che sia l'altro treno a passarci accanto. Guardando meglio, il treno fuori è assolutamente fermo, mentre il nostro treno si muove. Pur spostandoci, crediamo dunque di essere fermi, mentre pensiamo che a muoversi sia l'altro treno, che in verità è fermo. Si sa, può accadere che guardando fuori del finestrino crediamo di essere fermi nel treno in cui viaggiamo e che l'altro convoglio si stia muovendo nella direzione opposta. Ciò appare ai nostri occhi. Comprendiamo dunque che ciò che gli uomini dicono circa il moto non sempre è corretto. Ci svegliamo e abbiamo l'impressione: il treno, là fuori, si muove. Un attimo dopo, dobbiamo correggerci: non è vero, il treno è fermo, siamo noi che ci spostiamo!
Nella storia universale avvenne una o perfino più volte lo stesso cambiamento di opinione, anche se a un livello più vasto. Dobbiamo soltanto tornare indietro di sei o sette secoli; tutti gli uomini ritenevano che la Terra fosse fermamente collocata nello spazio, ne non si muovesse, e che l'intero firmamento passasse: davanti ad essa. La stessa convinzione fu corretta, come forse avrete sentito nel sedicesimo secolo con Copernico (Nicolò Copernico 1473-1543) che diceva: tutto questo non è vero; il Sole, le stelle fisse, in realtà, sono ferme e noi attraversiamo a velocità folle l'universo insieme alla nostra Terra. Sulla Terra credevamo di essere fermi - allo stesso modo in cui prima pensavamo di essere fermi nella carrozza del treno, e che fosse l'altro treno a spostarsi - ed ora abbiamo corretto questa convinzione. Copernico rivide l'intera astronomia sostenendo: "Non è vero che le stelle si muovono; esse sono ferme. La Terra e gli uomini su si essa, invece, attraversano l'universo a enorme velocità.
Per quanto riguarda il movimento non siamo dunque in grado, guardando, di poter dire che cosa sia vero. Non possiamo dire se noi siamo fermi e si muove l'oggetto che ci passa davanti, o se ci muoviamo noi mentre l'oggetto di cui pensiamo che passi davanti a noi ad alta velocità è immobile.
Considerando tutto ciò, dobbiamo dirci: forse, tutto quel che riteniamo "movimento" esige una revisione. Si pensi solo a questo: quanto impiegò l'umanità intera per rivedere la sua idea della Terra? Impiegò millenni. Se siamo seduti in treno, possono trascorrere invece anche solo alcuni secondi affinché cambiamo idea. Quindi il tempo necessario a cambiare idea, varia.
Ciò ha portare persone come Einstein a sostenere che non possiamo sapere se quanto percepiamo in movimento si muova realmente, o se noi che sembriamo fermi, ci spostiamo (in qualche modo misterioso), mentre l'altro è immobile. Ricaviamo la certezza conclusiva finale da clementi incerti.
Potrebbe veramente accadere quanto segue: supponiamo che questa sia un'automobile [viene disegnata]. Con quest'automobile si va dalla tal casa al Goetheanum. Chi può tuttavia dire se l'automobile salga veramente? Chi è in grado di dirlo con certezza? L'automobile potrebbe essere completamente ferma, porrebbero muoversi solo le ruote , ma potrebbe anche muoversi verso di noi l'intero Goetheanum, a cui si arriva. Sarebbe sufficiente che una volta accadesse ciò che capitò alla Terra con Copernico! [Ilarità.]
Einstein considerava cose di questo genere, quando diceva: non siamo mai assolutamente sicuri se si muova un oggetto o l'altro. Sappiamo solo che gli oggetti si muovono relativamente ai nessi che esistono tra loro e che modificano le distanze; questo è tutto ciò che sappiamo.
Di spostarci verso il Goetheanum, ovviamente, lo sappiamo, dato che ci arriviamo; non possiamo però sapere se siamo noi che ci avviciniamo al Goetheanum o se è il Goetheanum a venirci incontro. Badate bene: ciò di cui si può dire che è completamente fermo o totalmente in movimento, è assoluto. Che cosa è, dunque, una quiete assoluta, o un movimento assoluto? Sarebbe qualcosa di cui si potrebbe dire: nell'universo l'oggetto è fermo, oppure, nell'universo l'oggetto si muove. La questione può naturalmente risultare fatale: ancora ai tempi di Copernico si pensava che il Sole fosse immobile e che la Terra si muovesse intorno. Riguardo alla Terra questo è corretto, ma non riguardo al Sole, che si muove a velocità altissima verso un universo stellare, nella costellazione di Ercole - e tutti noi, ovviamente, ci muoviamo insieme al Sole (cfr. di M. Wilhelm, "Die Gesetze der Bewegungen am Himmel und ihre Erforshung", Berlino, che a p. 96 esprime quanto segue: "Sappiamo in modo del tutto casuale che la complessiva forza motrice degli astri conduce attualmente il nostro sistema solare verso la costellazione di Ercole nell'universo, alla velocità di 30 chilometri al secondo, verso una meta sconosciuta, per noi illimitatamente lontana e oscura"). Da un lato, ruotiamo intorno al Sole e contemporaneamente percorriamo rapidamente quello spazio col Sole. Non possiamo dire che il Sole sia assolutamente immobile nell'universo. Einstein, e chi pensava a quel modo, sostenevano: in nessun caso possiamo dire che un oggetto sia completamente immobile o che si muova, ma solo che è relativamente tale - il termine "relativo" indica la connessione tra gli oggetti - e che a noi appare immobile o in movimento [in tal modo però, tutto si svalorizza, dato che è proprio la connessione, la correlazione, il rapporto, a far scattare il valore delle cose: se si è nel deserto e si possiede un'enorme ricchezza in oro, diamanti, banconote, proprietà immobiliari, ecc., essa non vale un bicchiere d'acqua].
Durante un corso a Stoccarda, un signore credeva che noi antroposofi non conoscessimo a fondo la teoria della relatività. Era un sostenitore, e forse lo è ancora, della teoria della relatività di Einstein, e voleva spiegare alla gente in modo molto semplice in che cosa consistesse veramente. Che cosa fece quindi? Prese una scarola di fiammiferi e disse: "Ho qui un fiammifero. Ora tengo la scatola ferma e vi sfrego sopra il fiammifero. Il fiammifero si accende. Eseguo il secondo esperimento. Tengo fermo il fiammifero e muovo la scatola. Ancora una volta, il fiammifero si accende. È avvenuta la stessa cosa: si è accesa una fiamma. Tuttavia, non è assoluto il movimento che effettuo, ma totalmente relativo. La prima volta la scatola è qui, il fiammifero è là, e io muovo il fiammifero in questa direzione, mentre la seconda volta muovo la scatola. Per l'accensione di una fiamma, non conta che si muova la scatola o il fiammifero; è invece importante che si muovano relativamente, in collegamento.
Possiamo applicare questo concetto al mondo intero.
Riguardo al mondo intero, possiamo dire: non sappiamo se si muove un oggetto o l'altro oggetto, se un oggetto si muove più velocemente e un altro più lentamente. Ogni volta sappiamo solo come si muovono in relazione tra loro, se si avvicinano o se si allontanano; non sappiamo altro. Non sappiamo se un corpo si muove più rapidamente o più lentamente. Supponiamo di viaggiare a bordo di un treno ad alta velocità; mentre guardiamo fuori dal finestrino passa in senso contrario un treno locale. Non riusciamo a valutare bene quel che allora accade: nel momento in cui, viaggiando a bordo del treno ad alta velocità, ci passa accanto in direzione opposta il treno locale, abbiamo la sensazione che il nostro treno cambi velocità. Proviamo ad osservare. In quel preciso momento abbiamo la sensazione che il treno, all'improvviso, cambi velocità. Nel processo di percezione, il treno cambia velocità in funzione del treno che ci passa accanto in direzione opposta. Diamo una valutazione totalmente sbagliata circa la velocità di movimento del nostro treno. Se invece il treno locale viaggia nella nostra tessa direzione, abbiamo di nuovo la sensazione che il nostro treno cambi velocità, ma in modo contrario rispetto al primo caso. Vedendo due movimenti, non giungiamo mai a un giudizio su come si rapportino tra loro, ma possiamo solo giudicare come si comportino due oggetti rispetto alle loro distanze.
Possiamo dunque fermarci a quest'aspetto e dire: Einstein era un uomo intelligente [qui Steiner ironizza ancora - ndc]; comprese finalmente che, riguardo all'universo, non si può parlare di movimenti assoluti ma solo di movimenti relativi. È un'affermazione intelligente [idem - ndc], e potete capire che è corretta riguardo a molti ambiti.
Se ad esempio vediamo una stella immobile, non possiamo mai sostenere che la stella non si muova. Se ci muoviamo ad una certa velocità, la stella sembra muoversi nella direzione opposta; però potrebbe anche muoversi verso di noi. Basandoci sull'osservazione non riusciamo a capire se la stella è immobile o si muove. È necessario che oggi si sia consapevoli di questo, poiché, essendolo, dovrebbe cambiare completamente il modo in cui si esprimono certe discipline scientifiche. Vi vorrei dimostrare ciò con il seguente esempio.
In che modo acquisiamo conoscenze riguardo alle stelle?
Non possiamo ottenere conoscenze sulle stelle, se abbiamo il punto di vista di quel principe che un giorno si recò all'osservatorio astronomico del paese da lui governato, e l'astronomo dovette mostrargli le proprie osservazioni riguardo alle stelle. L'astronomo lasciò che il principe guardasse nel telescopio, e insieme osservarono una stella. All'inizio, puntando il telescopio in una direzione, non videro nulla. Stettero in attesa per un po'; poi la stella "entrò nel telescopio", come si usa dire, ed uscì dall'altra parte. Il principe osservò tutto questo e quindi disse: "Ora capisco molto bene perché lei conosce il mondo delle stelle, e sa dove sono e come si muovono; ora lo capisco abbastanza bene. Non posso ancora comprendere, tuttavia, come mai lei, che è così distante, riesca a conoscere i nomi delle stelle". Avendo un punto di vista del genere, naturalmente, non è possibile fare astronomia. Che cosa avviene quando si osservano le stelle? Abbiamo un telescopio; l'astronomo si siede, appoggia la testa al telescopio e guarda dentro, dove è segnata una croce di collimazione; fintanto che la stella apparentemente si sposta, ancora non può vederla; la stella diventa visibile quando raggiunge quella posizione. Quando è visibile esattamente nel punto in cui gli assi si incrociano, l'astronomo stabilisce la posizione della stella.
Anticamente, quando l'uomo osservava le stelle poteva sempre dire: forse è la Terra che si è mossa! Allora spostava più avanti il telescopio e regolava l'obiettivo - "obiettivo" è la definizione della lente più lontana: la lente più vicina si chiama "oculare" - fino a scorgere la stella che appariva immobile. Prima era convinto che si muovesse la stella. Oggi dobbiamo dire: non sappiamo alcunché riguardo all'immobilità o al movimento di una stella. Possiamo affermare soltanto che, osservando al telescopio, la croce di collimazione coincide con la visione della stella; entrambe collimano. Possiamo riconoscere solo ciò che vediamo davanti a noi. Saremmo perciò nell'incertezza riguardo al mondo intero.
Quest'aspetto è di importanza notevole ed è rilevante per la nostra visione del movimento, non solo dei corpi celesti, ma anche degli oggetti sulla Terra.
Le conclusioni tratte da Einstein e da coloro che la pensano al suo stesso modo, sono di ampia portata. Essi sostengono, ad esempio: se il movimento è semplicemente relativo, e non è assoluto, non possiamo dire nulla di concreto sulla simultaneità o sui tempi diversi. Se per esempio ho un orologio a Dornach ed uno a Zurigo, e le lancette sono nella stessa posizione, non posso essere certo di non essermi sbagliato a guardare, poiché gli orologi sono distanti tra loro; forse la simultaneità non esiste!
Vediamo dunque che sono state tratte qui conseguenze più vaste dallo stesso argomento. Dobbiamo tuttavia domandarci: possiamo risolvere la questione in qualche modo? Non possiamo dire proprio nulla riguardo alle cose stesse, quando sono in movimento? Questa è la domanda più importante. Innanzitutto, è assolutamente certo che vedendo dei movimenti non possiamo concludere nulla. In senso più ampio, è anche vero che se vado verso il Goetheanum in automobile, potrebbe anche essere che sia il Goetheanum a venirmi incontro.
Avviene però un fatto. Già l'esempio della scatola di fiammiferi che ho illustrato prima non funziona del tutto. Avrei voluto dire a quel signore, che era così bravo: prova a inchiodare la scatola di fiammiferi sul tavolo, e cerca, se riesci, di muoverla su e giù. Se tu dovessi spostare su e giù tutti il tavolo, dovresti applicare molta forza. Dunque, da qualche parte si nasconde un cavillo.
Riusciamo a renderei conto del cavillo avvicinandoci all'argomento con attenzione. Supponiamo di recarci in automobile da Dornach a Basilea; potremmo dire: non è vero che l'automobile si muove; essa resta ferma, girano solo le ruote, mentre Basilea viene incontro all'automobile. A ciò si oppone però un fatto: 1'automobile si deteriora nel corso di qualche anno. Possiamo spiegare il deterioramento dell'automobile solo con il fatto che non è la strada a muoversi, ma l'automobile, e questa si deteriora a causa di ciò che avviene al suo interno. Se non ci concentriamo solo sul movimento, ma guardiamo nell'oggetto per vedere l'effetto del movimento, capiamo che non possiamo appoggiare del tutto la conclusione di Einstein. Ci accorgiamo che l'automobile si deteriora veramente, e non solo le ruote perché girano. A questo punto, uno potrebbe affermare che le ruote girerebbero anche se fosse la montagna o Basilea a venirci incontro; le ruote si consumerebbero comunque. Potremmo però sempre dire: sì, forse è veramente così: riguardo agli oggetti privi di vita in effetti non è facile giudicare; possiamo solo dire di non sapere con certezza quanto velocemente si muova l'uno o l'altro oggetto. Guardiamo l'organismo vivente, invece! Immaginate di essere andati a piedi a Basilea, mentre un'altra persona è rimasta qui a Dornach in piedi per due ore. Se non foste andati a Basilea, ma Basilea vi fosse venuta incontro, non avreste agito diversamente dalla persona che è rimasta immobile. Voi però vi sentite stanchi; un cambiamento è avvenuto dentro di voi. Il cambiamento che è avvenuto in voi, vi permette di percepire che vi siete mossi. Considerando il cambiamento che avviene nei corpi viventi, possiamo capire se essi si muovono realmente, o solo in apparenza, e dunque immobili.
Ciò deve condurci a riconoscere che non dobbiamo formarci una teoria su qualcosa che appare evidente, come il movimento, partendo dall'osservazione esteriore del mondo, ma dobbiamo dare vita ad una teoria che riguardi i cambiamenti interiori. In tal caso siamo nuovamente tenuti a sostenere, anche riguardo alla teoria della relatività, che chi osserva solo il lato esteriore della questione non ottiene alcun risultato. Dobbiamo contemplare la parte interiore. Proprio la teoria della relatività ci stimola ad avvicinarci alla scienza dello spirito, all'antroposofia, perché grazie all'antroposofia siamo esortati, in molti campi, ad osservare l'aspetto interiore.
La teoria di Einstein ha portato a conseguenze straordinariamente singolari. La questione appare particolarmente interessante quando Einstein propone i suoi esempi. In un esempio egli ha voluto dimostrare che il cambiamento di luogo non ha alcun significato. Guardando soltanto, non si può stabilire se un corpo abbia cambiato luogo oppure no, e dunque, secondo Einstein, il cambiamento di luogo non può avere importanza. Einstein dice: se lanciamo nell'universo un orologio le cui lancette sono in una posizione ben definita, e l'orologio vola alla velocità della luce ma poi inverte la rotta e torna indietro, questo movimento non avrà alcun significato per la parte interna dell'orologio. L'orologio tornerà indietro immutato. Einstein propone gli esempi come segue: noi non siamo in grado di stabilire se un corpo si muove o no. L'orologio rimane invariato, che sia fermo o si muova; per l'orologio è uguale. Vorrei invitarvi ad osservare un orologio che voli nell'universo alla velocità della luce e torni indietro! Dell'orologio, non riuscireste più a vedere alcunché. Si ridurrebbe in polvere, e non lo vedreste più.
Che cosa significa ciò? Significa che non possiamo pensare in questo modo. Giungeremmo a pensieri "privi di pensiero". Notiamo da un lato che Einstein è un uomo molto colto [anche qui Steiner ironizza, dato che la cultura di Einstein, il quale, tutto sommato, mostra di non saper distinguere tra unità di misura e unità aritmetiche, mi sembra alquanto puerile - ndc], trae conclusioni e formula giudizi che affascinano la gente. La gente comune non è molto ferrata in matematica e non capisce bene la teoria, a un certo punto legge qualcosa in una pubblicazione divulgativa che riguarda la teoria di Einstein, ma inizia a sbadigliare dopo aver letto la prima pagina; arriva solo a metà della seconda pagina, poi smette. Quindi afferma: deve essere un libro molto intelligente. Se non fosse molto intelligente, dovrei riuscire a comprenderlo. Molte persone sostengono addirittura che sia estremamente intelligente. Il giudizio sulla teoria della relatività deriva da questo. Tuttavia, esistono anche uomini che la capiscono. Coloro che la comprendono seguono Einstein, e il gruppo di discepoli aumenta di giorno in giorno. Non è come credeva il signor Burle, la teoria di Einstein non è stata dimenticata. Qualche anno fa, quando parlavate con dei professori universitari, non ne volevano sapere della teoria di Einstein. Oggi la teoria della relatività è invece pienamente diffusa, proprio nell'ambiente accademico.
Riguardo ad essa, la gente può formarsi però delle opinioni molto strane. Ad esempio, ebbi una discussione sulla teoria di Einstein con dei professori universitari. La teoria di Einstein è corretta, se rimaniamo nell'ambito che abbiamo spiegato prima [l'ambito superficiale di osservazione del mero lato esteriore - ndc]; non possiamo farci nulla: essa vale per il treno della ferrovia, il sistema solare, i movimenti del mondo intero. Fin qui, la teoria della relatività è abbastanza giusta. Quei signori la applicano tuttavia ad ogni cosa e affermano, per esempio, che l'altezza di un uomo è relativa, che l'uomo non ha un'altezza assoluta, ma solo un'altezza relativa; ha una certa altezza, che però è soltanto apparente. Considerando che ci troviamo in questo luogo, l'altezza dell'uomo è in rapporto alle sedie o agli alberi, e non possiamo parlare di altezza assoluta. Tutto ciò è vero finché rimaniamo nell'ambito della matematica e abbiamo a che fare solo con la geometria. Nel momento in cui non abbiamo più a che fare con la geometria, ma entriamo nella sfera della vita, la questione si fa seria, la musica cambia! Una persona priva di sensibilità potrà magari scolpire una testa di legno cento volte più grande della vostra, per poi tenersela. Chi invece ha sensibilità per aspetti del genere, non farà mai una cosa simile, perché è consapevole che la grandezza di una testa umana non è relativa, ma definita in tutto l'universo. La testa può essere un po' più grande o un po' più piccola; ma se uno è nano, lo è per una malattia: se è un gigante, lo è sempre per una malattia. Non è un fatto meramente relativo, ma possiamo già intravedervi l'assoluto. L'altezza dell'uomo varia, ovviamente, e raggiunge diverse misure. Nell'universo, l'uomo è destinato ad arrivare ad una certa altezza. Anche in questo caso non possiamo parlare di relatività. Possiamo solo affermare che l'uomo raggiunge la propria altezza in relazione all'universo. Un unico professore dell'intero collegio con cui ebbi la discussione lo ammise. Gli altri avevano la mente tanto distorta dalla teoria della relatività da sostenere che anche l'altezza dell'uomo è relativa, perché dipende da come la vediamo.
Come sappiamo, se vediamo un quadro, esso può apparire grande; retrocedendo, il quadro diventa in prospettiva sempre più piccolo. La grandezza del quadro che vediamo è relativa. I seguaci della teoria della relatività ritengono che l'altezza di una persona vada sempre vista in relazione ad uno sfondo. Ma è una sciocchezza. L'altezza dell'uomo porta già in sé qualcosa di assoluto, e l'uomo non può essere molto più grande o più piccolo di quanto gli sia stato assegnato.
La gente escogita tutto questo perché non si forma un'opinione su ciò che fa parte di un processo o di un evento che si svolge sulla Terra, nell'ambiente circostante. Richiamando alla mente quel che ho esposto fino a questo momento, potete cogliere quanto segue: la Terra è qui; sulla Terra vi è una persona qualsiasi. Sapete che l'uomo non dipende unicamente dalle forze della Terra, ma anche dalle forze che agiscono dal cosmo. La nostra testa, ad esempio, rispecchia l'intero cosmo. Di questo abbiamo parlato. Ora, se l'altezza di un uomo fosse indifferente, che cosa dovrebbe accadere? Supponiamo che la testa del signor Burle, del signor Erbsmehl, del signor Muller vengano create e plasmate dall'azione del cosmo. Se le teste fossero tre o quattro volte più grandi 1'una dell'atra, per ciascuna dovrebbe sussistere un universo particolare. Tuttavia, esiste un unico cosmo, e per il singolo uomo esso non diventa più grande o più piccolo, ma è sempre lì uguale; quindi le teste degli uomini possono diversificarsi fra loro solo di poco. La gente non si rende conto che viviamo in un mondo comune, il quale ha anche un'azione spirituale; la gente crede invece che la grandezza della testa di un uomo sia indifferente, che sia semplicemente relativa. Essa non è relativa, ma dipende dalla grandezza assoluta che l'universo ha.
Comprendiamo dunque perché dobbiamo dire: nel momento in cui riflettiamo correttamente sulla teoria della relatività, accediamo alla scienza dello spirito e non alla scienza materialistica.
Osservando l'uomo ancora più attentamente, vediamo che alle persone che ragionano come Einstein scarseggiano sempre i pensieri, quando si avvicinano al vivente o allo spirituale in generale. Quando ero ancora giovane ebbi modo di partecipare a discussioni infervorate che trattavano della forza di gravità. La forza di gravità: quando un corpo cade per terra, affermiamo che è pesante. Cade per terra perché ha peso, è pesante. La forza di gravità agisce però in tutto l'universo. I corpi si attraggono reciprocamente. Se abbiamo qui la Terra e lì la Luna (vedi figura), la Terra attrae la Luna; e la Luna non vola via, ma ruota intorno alla Terra, poiché ogni volta che la Luna vuole volare via, la Terra l'attira a sé. Quando ero giovane, la gente discuteva spesso su che cosa si basi propriamente la forza di gravità.
Il fisico inglese Newton (Isac Newton 1643-1727), di cui abbiamo già parlato, disse semplicemente: i corpi si attraggono reciprocamente, un corpo attrae 1'altro. Non è una visione propriamente materialistica; infatti, se ipotizziamo che l'uomo abbia solo bisogno di toccare qualcosa per attrarla verso di sé, sappiamo già che occorre ogni genere di forze, oltre alla materia. Non è facile collegare a una visione materialistica l'affermazione che la Terra debba attrarre la Luna. Ma proprio nel periodo della mia giovinezza fioriva il materialismo. Si potrebbe meglio dire che il materialismo prosciugasse gli uomini, che li portasse ad appassire, ma si può anche dire che fiorisse. La gente affermava quindi: non è vero, la Terra non e in grado di attrarre la Luna, perché non ha mani per avvicinarla a sé; e allora concludeva: in ogni dove si diffonde l'etere universale [vedi figura]. Ciò che raffiguro in rosso, l'etere del mondo, è costituito da molti, piccolissimi grani. Quei grani minuscoli cozzano qui e là, ma in questo punto cozzano più fortemente che non al centro. Ora, quando sono presenti due corpi, la Terra e la Luna, e la spinta dall'esterno è più forte della spinta che proviene dall'interno, allora è come se essi si attraessero. Gli uomini spiegavano dunque la forza d'attrazione, la forza di gravità, con la spinta dall'esterno.
Non riesco ad esprimere quale sorta di sofferenza conoscitiva mi procurasse ciò. Dal dodicesimo al diciottesimo anno di vita mi sono realmente chiesto se fosse la Terra ad attrarre la Luna o se la Luna venisse spinta verso la Terra. Infatti argomenti esposti solitamente in quest'ambito, infatti, non sono insensati, sono intelligenti. Tuttavia nella questione si cela già, in un certo modo, la teoria della relatività. Ci si chiede: abbiamo a che fare con qualcosa di assoluto, o anche in questo caso è tutto relativo? È forse veramente indifferente, se affermiamo che la Terra attrae la Luna o che la Luna è spinta verso la Terra? Forse non è possibile giungere ad una conclusione su questo punto. La gente, un tempo, rifletteva molto su queste cose. Quel che intendo dire, è propriamente che in quel periodo gli uomini furono in grado di comprendere che oltre alla materia visibile esiste l'etere. L'etere aveva un significato per loro: che cosa causerebbe la spinta, infatti, se non i grani dell'etere? Quando Einstein fondò la sua teoria della relatività, la gente riteneva ancora che dovesse esistere l'etere. Quindi Einstein proiettava nello spazio colmo di etere, ciò che descriveva come movimento relativo. Egli giunse alla seguente conclusione: perbacco, se il movimento è solo relativo, non è indispensabile che esista anche l'etere. Nulla deve spingere e attrarre. Riguardo a ciò, non è possibile trarre delle conclusioni. Lo spazio dunque può anche essere vuoto.
Nel corso del tempo, si delinearono fondamentalmente due teorie di Einstein. Ovviamente, provengono dalla stessa persona. Un tempo Einstein nei suoi libri scriveva che l'intero spazio universale fosse colmo di etere. Successivamente, seguendo la sua teoria della relatività, egli disse: lo spazio è vuoto. Per la teoria della relatività, non è rilevante dire alcunché riguardo all'etere in generale, perché non si sa se esiste. Gli esempi di Einstein a volte paiono veramente grotteschi. Egli afferma, ad esempio: qui vediamo la Terra, in questo punto cresce un albero, e io mi ci arrampico; quindi, scivolo e cado giù - avrete sperimentato anche voi una situazione simile; a me capitava spesso, quando ero ragazzo: mi arrampicavo su un albero, scivolavo e cadevo -, e in questo caso si usa dire: la Terra mi attrae, io ho un certo peso, l'episodio è dunque causato dalla forza di gravità; altrimenti, se la Terra non mi attraesse, resterei sospeso dimenandomi nell'aria. Einstein sostiene invece che non possiamo parlare in questo modo, ma dovremmo immaginare quanto segue: qui vediamo la Terra, e questa volta io sono in cima ad una torre; sono in cima alla torre, ma non circondato dallo spazio aperto, bensì chiuso in una cassa, e la cassa è appesa alla torre. Se cado dalla torre stando nella cassa, rimane invariato il rapporto tra me e le sue pareti. Non mi rendo conto del movimento, le pareti si spostano insieme a me. A questo punto, perciò, non sono in grado di stabilire se qualcuno stia calando la corda alla quale è appesa la cassa in cui mi trovo; non so se vado giù perché qualcuno mi sta facendo scendere da lassù, o perché la cassa si è sganciata e la Terra mi sta attraendo.
L'esempio scelto da Einstein somiglia però a un altro, adottato in tutte le scuole. Ai bambini s'insegna come nasce il sistema planetario: in principio, esiste una nebulosa da cui si staccano i pianeti, e il Sole rimane al centro. Quindi si sostiene di poter dimostrare facilmente come ciò avvenga. Si fa galleggiare sull'acqua una goccia d'olio, si infilza una spilla al centro di un foglio di cartone, si appoggia il foglio sull'acqua e lo si fa girare. Piccole gocce si separano dalla goccia più grande, e nasce un sistema planetario in miniatura (qui l'autore si riferisce al celebre esperimento di J. A. F. Plateau, 1801-1883, fisico belga). Lo stesso processo deve dunque necessariamente avvenire anche all'esterno: un tempo si estendeva una nebulosa; si distaccarono i pianeti e al centro rimase il Sole. Chi potrebbe negarlo: ancora oggi lo si può osservare nell' esempio delle gocce di olio! Nell'esempio, però, viene tralasciato un piccolo dettaglio: io sono lì a girare il foglio, sono il maestro dei bambini e conduco la dimostrazione! Se non faccio girare io il foglio, il sistema planetario di olio non si forma assolutamente! Il maestro dovrebbe dunque spiegare ai bambini che là fuori deve esserci un grande maestro, un maestro gigante che ha dato il via a ogni cosa. Solo in questo caso l'esempio è completo. Se nelle sue riflessioni Einstein si attenesse pienamente alla realtà - ammesso che sappia dare vita ad un pensiero del genere - dovrebbe supporre che qualcuno lassù governi la corda. Ciò sarebbe necessario, ovviamente. In caso contrario, non potremmo dire che non è interessante il modo in cui andiamo giù, se cioè uno ci cala o noi precipitiamo; è ovvio che in alto ci sia qualcuno. Proponendo l'esempio, Einstein dovrebbe quindi considerare: chi è in alto e tiene la corda? Ma egli non ragiona in questo modo, perché l'attuale materialismo glielo impedisce. Per questo Einstein escogita esempi che non si fondano sulla realtà concreta. Non è possibile concepirli, non è possibile pensarli.
A ciò è collegato dell'altro. Immaginiamo una montagna. Qui si trova Friburgo di Bresgovia. Sulla montagna piazziamo un cannone; lo sparo è udibile fino a Offenburg. Tuttavia, lo sentiamo più tardi. Se un uomo controlla sull'orologio a che ora avverte lo sparo a Friburgo, e un altro fa lo stesso a Offenburg, si ottiene una differenza di orario. Il suono impiega un certo periodo per arrivare da Friburgo a Offenburg.
Questo episodio fu anche utilizzato a favore della cosiddetta teoria della relatività: supponiamo di non essere a Offenburg quando udiamo lo sparo, ma a Friburgo. Udiamo il suono nello stesso momento in cui è generato. Andiamo quindi da Friburgo a Offenburg, in treno. Partendo prima, percepiamo il suono un po' più tardi rispetto a quando è stato generato. Andando oltre in direzione di Offenburg, il suono arriva ancora più tardi; più ci avviciniamo a Offenburg, più tardi lo udiamo.
Tuttavia, ciò avviene solo fintanto che viaggiamo più lentamente del suono. Che cosa succede se procediamo alla stessa velocità con cui il suono viaggia da Friburgo a Offenburg? Che cosa accade, dunque? Se viaggiamo alla stessa velocità con cui si diffonde il suono, nel momento in cui arriviamo ad Offenburg, il suono svanisce e non riusciamo ad udirlo. Se viaggiamo alla stessa velocità del suono, non riusciamo assolutamente a udirlo, perché svanisce nel momento in cui dovremmo sentirlo. Dovremmo udirlo, ma il suono è già svanito. La gente pertanto afferma: perbacco, quest'affermazione è corretta; non udiamo più il suono, nel momento in cui ci spostiamo alla sua stessa velocità! Ma che cosa succede se viaggiamo più velocemente del suono? Se viaggiamo più lentamente, udiamo che il suono arriva più tardi; se viaggiamo alla stessa velocità, non possiamo udirlo. Se viaggiamo più velocemente, udiamo il suono prima che sia stato generato! La gente sostiene che questo è un ragionamento ovvio, pienamente corretto. Se viaggiamo più lentamente del suono, lo udiamo due secondi dopo a Offenburg, ma non lo sentiamo se viaggiamo alla sua stessa velocità. Se invece viaggiamo più velocemente del suono, lo udiamo due secondi prima che sia stato generato a Friburgo! Per una sola volta, vi esorterei a tentare di udire il suono prima che sia stato generato a Friburgo! Controllate se riuscite ad udirlo prima, anche se viaggiate a velocità elevatissima.
Potremmo inoltre obiettare: in che modo appariremmo, se viaggiassimo alla stessa velocità del suono o perfino più velocemente?
Qual è la conclusione? Se non ci atteniamo alla realtà, possiamo pensare ogni cosa. Grazie alla teoria della relatività giungiamo alla conclusione che noi udiamo il suono prima che avvenga la detonazione! [Ilarità]. Possiamo figurarci l'episodio nella mente, ma non può essere reale. Questa è dunque la differenza! Gli uomini che oggi si occupano di scienza, vogliono soprattutto ragionare in modo logico; il pensiero di Einstein è meravigliosamente logico. Ciò che tuttavia appare logico, non è ancora reale. Due qualità debbono contraddistinguere il nostro pensare: primo, le cose debbono indubbiamente essere logiche e, secondo, debbono corrispondere alla realtà. È necessario saper vivere nella realtà. Non immagineremo, quindi, una cassa appesa ad una corda che viene tirata su e giù. Non immagineremo un orologio che vola nell'universo alla velocità della luce, e torna indietro. Non ci rappresenteremo, inoltre, un uomo che viaggia più veloce del suono e lo sente prima che avvenga la detonazione. Ciò che leggete oggi nei libri, in gran parre è frutto di belle riflessioni, ma nella realtà concreta non serve a nulla.
Possiamo allora dire: di fatto, la teoria della relatività è intelligente, e riguardo a cerri ambiti del mondo essa è anche efficace; se tuttavia penetriamo con il nostro sguardo la realtà, la teoria della relatività non serve a nulla. Attraverso la teoria della relatività non siamo assolutamente in grado di comprendere il motivo per cui un uomo si stanchi terribilmente recandosi a Basilea a piedi, anche se non è in grado di dire, secondo la teoria della relatività, se è lui che va a Basilea o è Basilea che gli viene incontro. Se fosse Basilea a venirgli incontro, la spossatezza dell'uomo sarebbe inspiegabile, e inoltre non si capirebbe perché l'uomo muova le gambe: potrebbe restare fermo ed aspettare fino a che gli venga incontro Basilea! Tutti questi argomenti dimostrano soltanto che non è sufficiente pensare correttamente, in maniera intelligente, ma che occorre anche qualcos'altro: dobbiamo essere pienamente collegati con la vita e valutare le cose attenendoci ad essa.
Questo è quanto sono in grado di dirvi a proposito della teoria della relatività. Essa ha suscitato parecchio scalpore, ma, come abbiamo detto, la gente non la comprende appieno, altrimenti rifletterebbe su queste cose.
Ci incontreremo nuovamente sabato prossimo.