Ho sostituito il testo in corsivo del libro con caratteri maiuscoli per una migliore evidenziazione,

distinguendolo dalle evidenziazioni mie con la seguente nota apposita:

"[l'evidenziazione in maiuscolo è mia - ndc]"

Nereo Villa, 30 Luglio 2017, Prato Barbieri

 

Roberto Monti

IL GRANDE BLUFF DI ALBERT EINSTEIN

 

Si veda anche: Roberto Monti, "Theory of Relativity: a critical analysis",

trad. it.: Roberto A. Monti, "Teoria della relatività: un'analisi critica").

 

Indice: Introduzione - Gli inizi - L'esperienza di Michelson - Dopo Laurea - Michelson 1881 - NOTA - La Teoria della Relatività - L'esperimento di Morley-Miller (1902-1905) e gli esperimenti di Miller (1925) - L'effetto Michelson Sagnac - La teoria della Relatività Generale - L'esperimento di Michelson Gale del 1925 - L'esperimento di Michelson, Pease e Pearson (1929) - L'esperimento di Kennedy e Thorndike (1932) - Conclusioni - La conduttività elettrica dell'Etere - L'infelice idea di Einstein - Soluzione dell'equazione d'onda completa e calcolo di σ0 - Conclusione.

 

Introduzione
 

Il questo opuscolo cercherò di spiegare gli eventi che hanno portato alla nascita di un mito, il mito di Albert Einstein "genio della Fisica moderna".
 

Riassumerò, nell'introduzione, gli elementi essenziali che hanno determinato la nascita della Teoria della Relatività senza fare uso di alcuna formula matematica, in modo tale da essere comprensibile alla gente comune.

 

Ciascuna delle affermazioni che seguono sarà documentata nel testo, accessibile agli specialisti del settore.
 

Il punto di partenza è una lettera di Maxwell scritta nel 1879 e pubblicata postuma nel 1880 nella quale sottolinea la difficoltà di misurare il termine β², ove β = v/c0, v = velocità della Terra, c0 = velocità elettromagnetica della luce.

 

Michelson, nella lettera di Maxwell, capisce solo la difficoltà di misurare termini in β² e afferma che, per lui, il termine β² è facilmente misurabile.
 

A questo scopo costruisce a Berlino un particolare tipo di Interferometro che doveva misurare la velocità della Terra.


Misura che comportava appunto la misura di termini in β².

 
Nello stesso anno (1880) Michelson "ammette a Mayer che egli non ha mai avuto la pretesa di essere un matematico" [A. E. Moyer, "Michelson in 1887", Physics Today, May, 1987, p. 52, cfr. R. Monti, "The real Einstein", nota 11 - ndc]. 
 

Vero: nel suo esperimento (1881) Michelson commette alcuni errori.

 

l) Il suo apparato sperimentale è sbagliato.
2) I risultati dell'esperimento sono, di conseguenza, sbagliati.
3) Egli non si rende conto (fìno al 1904) che esiste la possibilità di misurare non solo termini in β² ma anche, e più facilmente, termini in β.

 
Afferma inoltre, ignorando la realtà sperimentale, che il suo esperimento ha dato risultato nullo.

 
Il risultato nullo dell'esperimento di Michelson ripetuto nel 1887 viene riportato e accettato da Lorentz nel 1895.

 
Nel 1895 Einstein prende per buono il risultato nullo sulla base del libro di Lorentz e inventa poi una teoria per spiegare questo risultato nullo: la teoria della Relatività Speciale.

 
Einstein postula che l'espressione c = 2L/ΔT è una costante universale.

 
Con questa affermazione mostra di non essere a conoscenza degli esperimenti di Michelson 1881 e Michelson e Morley 1887.

 
Commette poi un grossolano errore postulando per definizione che il tempo di andata e il tempo di ritorno di un segnale lumino sono eguali.


Da questa definizione discende la conclusione che "c gioca fisicamente il ruolo di una velocità infinita" [A. Einstein, Ann. Physik, 1905, Italian Edition in: "Cinquant'anni di Relatività", Ed. Giuntine Sansoni, Firenze, 1955 - ndc] e quindi insuperabile.


Queste sono le affermazioni che mostrano come la Relatività non abbia niente a che fare con la Fisica sperimentale e sia semplicemente una teoria metafisica.


Vediamo ora i dettagli.

 

Indice: Introduzione - Gli inizi - L'esperienza di Michelson - Dopo Laurea - Michelson 1881 - NOTA - La Teoria della Relatività - L'esperimento di Morley-Miller (1902-1905) e gli esperimenti di Miller (1925) - L'effetto Michelson Sagnac - La teoria della Relatività Generale - L'esperimento di Michelson Gale del 1925 - L'esperimento di Michelson, Pease e Pearson (1929) - L'esperimento di Kennedy e Thorndike (1932) - Conclusioni - La conduttività elettrica dell'Etere - L'infelice idea di Einstein - Soluzione dell'equazione d'onda completa e calcolo di σ0 - Conclusione.

 

Gli inizi
 

Il 18 aprile 1955 (avevo 10 anni) fui informato dalla radio della morte "del più grande genio del secolo: Albert Einstein".

 
Poiché per me si trattava di un perfetto sconosciuto, chiesi a mio padre quali fossero i menti che gli avevano decretato questa fama universale.

 
Essendo mio padre un impiegato del Consorzio Agrario di Ravenna le risposte furono adeguate al suo livello culturale:
 

1) da giovane il nostro eroe era un po' ritardato, ma improvvisamente, nel 1905 si rivelò un genio della Fisica.
2) Aveva dimostrato che non si può superare la velocità della Luce.
3) Aveva dimostrato che la Matematica è un'opinione: 3+1 non sempre dà 4 ma anche 2.

 
Io feci le mie valutazioni:


l) nella mia classe avevo conosciuto molti studenti mediocri, che si erano evoluti naturalmente in peggio. Il "miracolo" Einsteiniano, da giovane ritardato a genio, mi sembrava alquanto improbabile.
2) L'impossibilità di superare la velocità della Luce mi sembrava un'altra sciocchezza: il fatto che nessuno fosse riuscito a superarla fino a quel momento mi ricordava "l'impossibilità di volare" dichiarata fino a quando i fratelli Wright avevano fatto il primo volo.
3) La Matematica è "un'opinione" per chi non la capisce e di questi, in effetti, c'è grande abbondanza.

 
In quinta liceo scientifico, alle soglie dell'Università, avendo deciso da tempo di laurearmi in Fisica, pensai di fare un assaggio di quello che mi aspettava.

 
Approfittando della grande sensibilità della mia insegnante di Storia e Filosofia che mi buttava fuori dall'aula dai primi minuti di lezione con grande reciproca soddisfazione, ero libero di consultare alcuni testi universitari disponibili nella biblioteca del liceo.

 
Mi concentrai su due testi in particolare: "Becker. Teoria dell'Elettricità". Vol. II, p. 321, "Teoria della Relatività", e un altro della Boringhieri, "Fisica Atomica", con la quale avevo da qualche tempo la volontà di cimentarmi,
 

Con il Becker mi fermai a pagina 315: non conoscendo gli Sviluppi in Serie non capivo alcuni calcoli elementari. Rimandai la questione a dopo il primo anno di Analisi Matematica.

 
Quanto al secondo, l'Atomo Planetario di Bohr mi sembrava semplicemente ridicolo. Rimandai la questione al corso di Fisica Atomica, previsto al terzo anno.

 

Indice: Introduzione - Gli inizi - L'esperienza di Michelson - Dopo Laurea - Michelson 1881 - NOTA - La Teoria della Relatività - L'esperimento di Morley-Miller (1902-1905) e gli esperimenti di Miller (1925) - L'effetto Michelson Sagnac - La teoria della Relatività Generale - L'esperimento di Michelson Gale del 1925 - L'esperimento di Michelson, Pease e Pearson (1929) - L'esperimento di Kennedy e Thorndike (1932) - Conclusioni - La conduttività elettrica dell'Etere - L'infelice idea di Einstein - Soluzione dell'equazione d'onda completa e calcolo di σ0 - Conclusione.
 

L'esperienza di Michelson


Questo era il titolo del paragrafo 47 p. 312 del Becker. Ora io avevo preso l'abitudine di controllare personalmente i calcoli riportati nei libri di testo (in questo caso il Becker). Li ripetevo da capo autonomamente per poi controllare se i risultati coincidevano. E così feci. Ma ebbi una spiacevole sorpresa: anziché dalla somma [l'evidenziazione in maiuscolo è mia - ndc] della lunghezza dei due bracci dell'Interferometro, come risultava dai calcoli di Beeker, secondo i miei lo spostamento delle frange di interferenza dipendeva dalla differenza delle lunghezze dei due bracci.

 
Mi trovavo in quel momento nella sala di lettura dell'Istituto di fisica (il Righi di Bologna) e davanti a me vidi sfilare un personaggio che mi era noto come il titolare del corso di Relatività, tal Minguzzi, al quale chiesi se qualcuno aveva mai fatto un esperimento con un Interferometro a braccia diseguali e se conosceva qualche risultato "anomalo" rispetto al "risultato nullo" dell'esperimento di Michelson.

Minguzzi, molto gentilmente mi disse che si sarebbe informato.

Un paio di giorni dopo mi si presentò di fronte con un sorriso smagliante: Kennedy e Thorndike avevano ripetuto l'esperimento a braccia diseguali. Risultato nullo. Poi c'era un certo Miller che aveva ottenuto un risultato non nullo: ma si era sbagliato.

 
Io, a quell'epoca, avevo un certo rispetto dei "professori universitari" pur non avendo avuto modo di sperimentarli. Inoltre stavo preparando l'esame di Fisica 2 e avevo poco tempo a disposizione.

Così presi per buona l'informazione del prof. e non controllai personalmente le fonti delle sue informazioni. Un errore gravissimo del quale fui totalmente responsabile e di cui ancora mi pento.
 

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Dopo Laurea
 

Mi ero comunque proposto appena laureato, di riprendere in mano la questione e come regalo di laurea mi concessi il lusso di acquistare un grosso volume, per me costosissimo intitolato "Cinquant'anni di Relatività", Edizioni Giuntine-Sansoni, Lire 15.000, che riportava in una buona traduzione italiana i lavori di Einstein a cominciare da "Sull'Elettrodinamica dei corpi in moto", 1905.

 
Rimasi sorpreso dalla genericità dei riferimenti ai "falliti tentativi di constatare un moto della Terra relativamente al mezzo luminoso" (A. Einstein, Ann. Phys., 1905. Edizione italiana in AAVV. "Cinquant'anni di Relatività", Ed. Giuntine Sansoni, Firenze, 1955).
 

Gli unici tentativi a me noti erano l'esperimento di Michelson del 1881 e l'esperimento di Michelson-Morley del 1887. Andai subito alla fine del lavoro, dove in genere si trovano le indicazioni bibliografiche, per vedere quali fossero questi "falliti tentativi". La bibliografia non c'era.

 
Io avevo imparato a fare riferimento nelle mie ricerche al "principio di banalità" (una variante del Rasoio di Occam: Entia non sunt multiplicanda praeter necessitatem) [Trad. letterale: "Gli enti non sono da moltiplicarsi per necessità" - ndc] (non è opportuno fare più ipotesi del necessario): la realtà è sempre banale.


In questo caso: Einstein era un giovane dilettante in campo scientifico. Non conosceva alcuna bibliografia e il suo unico riferimento bibliografico, come spesso capita ai dilettanti, era un libro di testo del l895 di Lorentz nel quale si affermava che "l'esperimento di Michelson e Morley aveva dato risultato nullo" (L. Kostro, B. Lange, "Proceedings of the Intemational Conference: Galileo Back in ltaly II", Ed. Andromeda, Bologna, 1999, p. 338).

 
Einstein lo ava subito preso per buono non controllando l'originale (che evidentemente non aveva a disposizione). Subito appresso un'affermazione del tutto banale: "la Luce nello spazio vuoto si propaga sempre con uno velocità determinata V indipendente dalla velocità del corpo emittente" (A. Einstein, Ann. Phys.,1905, op. cit.).

 

Ora Maxwell aveva stabilito la sua Teoria Elettromagnetica della Luce sulla base del fatto che la velocità (elettromagnetica) della Luce era funzione di due proprietà fisiche (costanti) definite e misurabili del mezzo [l'evidenziazione in maiuscolo è mia - ndc] nel quale si propaga: la Permittività Elettrica dell'Etere ε0 (epsilon - zero) e la Permeabilità Magnetica dell'Etere μ0 (mu - zero). Precisamente: V = (ε0 μ0).

Ma secondo Einstein "l'introduzione di questo Etere Luminoso si manifesterà superflua" (ibid.).
 

Ora il termine "superflua" è decisamente ambiguo: l'Etere esiste e ovviamente non è superfluo ma essenziale. Ma quel superflua seguita dall'affermazione: "che non verrà introdotto uno spazio assolutamente in quiete corredato di particolari proprietà" (ibid.) ha portato ad una conclusione del tutto erronea e ridicola: l'Etere non esiste.
 

Einstein mi sembrava decisamente un povero sprovveduto. Ma il colpo finale che mi confermò la grande stupidità di questo sprovveduto era l'affermazione (pagina 481): "per definizione il tempo che la Luce impiega per percorrere uno spazio L da A (sinistra) a B, è uguale al tempo che essa impiega per giungere da B (destra) ad A: L/V-v = L/ V+v" (ibid.).
 

Questa equazione ha una sola soluzione: V = ∞ (infinito) e dunque "nella nostra teoria (della Relatività) la velocità della Luce ha fisicamente il ruolo di una velocità infinita" (pagina 489).
 

Mi tornarono in mente le parole di mio padre:
2) se la velocità della Luce è infinita allora non si può superare.
3) Se 3 + l non dà solo 4 ma anche 2, la matematica è un'opinione.


La soluzione banale è semplicissima:
2) la velocità della Luce è finita e misurabile
3) la matematica non è un opinione: 3 + l fa quattro e non 2,
 

1) Il giovane ritardato Einstein si era naturalmente evoluto in un povero deficiente.

 
A questo punto era per me necessario andare indietro nel tempo per ricostruire l'intera faccenda.
 

Indice: Introduzione - Gli inizi - L'esperienza di Michelson - Dopo Laurea - Michelson 1881 - NOTA - La Teoria della Relatività - L'esperimento di Morley-Miller (1902-1905) e gli esperimenti di Miller (1925) - L'effetto Michelson Sagnac - La teoria della Relatività Generale - L'esperimento di Michelson Gale del 1925 - L'esperimento di Michelson, Pease e Pearson (1929) - L'esperimento di Kennedy e Thorndike (1932) - Conclusioni - La conduttività elettrica dell'Etere - L'infelice idea di Einstein - Soluzione dell'equazione d'onda completa e calcolo di σ0 - Conclusione.

Michelson 1881
 

Poco prima della sua morte (1879) Maxwell scrive una lettera a "Nature", pubblicata postuma nel 1880, nella quale osserva che "non disponiamo di alcun metodo per misurare lo velocità della Luce che non comporti la necessità di far ritornare la Luce sul suo percorso, ritorno nel quale perderebbe pressappoco quanto guadagnato nel percorso di andata. Questa differenza, dipendendo dal quadrato del rapporto β² = v/c0 delle due velocità: c0 + v, c0 - v, è troppo piccola per essere misurata (J. C. Maxwell, "Nature", Jan. 29, 1880).


Maxwell, ovviamente, sta parlando della Velocità Cinematica della Luce: cM = 2L/ΔT [il termine al denominatore "ΔT" si legge "delta di T" ed indica un differenziale, cioè appunto la differenza fra due durate temporali; il termine "2L", dove L esprime la lunghezza, esprime la misura del cammino andata-ritorno della luce (supposti uguali, donde 2L) - ndc]

 

Michelson, invece, di questo discorso, capisce solo la difficoltà di misurare termini in β² e afferma che per lui, il termine β² è facilmente misurabile.

 
A questo scopo costruisce a Berlino un particolare tipo d'Interferometro, mostrato in fig. 1, 2, 3, che doveva misurare la velocità della terra rispetto all'Etere.

 


 

Misura che comporta a appunto la misura di  termini in β².
 

Nello stesso anno (1880) Michelson "ammette a Mayer che egli non ha mai avuto la pretesa di essere un matematico". Vero: nel calcolo delle frange d'interferenza Michelson commette alcuni errori:

 
l) la sua trattazione matematica dello spostamento delle frange è erronea.

 

Indice: Introduzione - Gli inizi - L'esperienza di Michelson - Dopo Laurea - Michelson 1881 - NOTA - La Teoria della Relatività - L'esperimento di Morley-Miller (1902-1905) e gli esperimenti di Miller (1925) - L'effetto Michelson Sagnac - La teoria della Relatività Generale - L'esperimento di Michelson Gale del 1925 - L'esperimento di Michelson, Pease e Pearson (1929) - L'esperimento di Kennedy e Thorndike (1932) - Conclusioni - La conduttività elettrica dell'Etere - L'infelice idea di Einstein - Soluzione dell'equazione d'onda completa e calcolo di σ0 - Conclusione.

 

NOTA [cfr. anche la Verifica della NOTA (tre fogli manoscritti con necessari riferimenti ad alcune nozioni di trigonometria e allo sviluppo in serie di Taylor - ndc].

 

Spostamento delle frange secondo Michelson-Lorentz:

 

 

Spostamento delle frange secondo Roberto Monti:
 

Tenendo conto delle relazioni:

 


 

2) Conseguentemente il suo apparato sperimentale è sbagliato.

3) Esiste la possibilità non solo di misurare termini in β² (~10-8), ma anche, e più facilmente, termini in β (~10-4).
 

I risultati di questo primo esperimento (1881) sono mostrati in fig. 4. Il risultato previsto "teoricamente" da Michelson è indicato da una curva tratteggiata. Quello sperimentale dalla curva continua.

 

 


 

Fig. 4
 

 

Il risultato sperimentale è chiaramente inferiore alle aspettative di Michelson che tuttavia "lo prende per buono" senza considerare la possibilità di un proprio errore.


Michelson è soprattutto affascinato dall' idea di aver trovato un risultato eccezionale, che può conferirgli grande fama tra i suoi contemporanei: "L'interpretazione di questi risultati è che non esiste alcuno spostamento delle frange d'interferenza. Il risultato dell'ipotesi di un Etere stazionario è cosi dimostrato incorretto e la conclusione che ne segue è che l'ipotesi è errata. Questa conclusione contraddice direttamente la spiegazione del fenomeno dell'aberrazione (Nota. Vedi il nuovo Zingarelli vocabolario della Lingua Italiana. Aberrazione: allontanamento apparente degli astri dalla loro posizione per effetto della composizione vettoriale della velocità della Luce con quella di chi osserva) che è stata finora generalmente accettata e presuppone che la Terra si muova attraverso l'Etere quest 'ultimo essendo a riposo" (A. A. Michelson, Am. J. Sci. 22, 120, 1881, p. 315).

 
Michelson comincia qui a mostrare i segni dello squilibrio mentale che di lì a pochi anni (1885) lo porterà in manicomio. È evidente infatti che la curva sperimentale non comporta un risultato nullo ma inferiore alle aspettative di Michelson se la sua aspettativa è corretta.

Michelson postula un risultato nullo che non esiste. Morley ipotizza che non avrebbe potuto più lavorare.
 

La moglie, Margaret Heminway, pensò seriamente di farlo rinchiudere a vita.
 

Di fronte a questa prospettiva Michelson recuperò in pochi mesi la ragione e ritornò alla Case School of Applied Science, che aveva lasciato per andare a curar i a NewYork.
 

All'inizio del 1887 Michelson scrive a Rayleigh una lettera in cui si dichiara "amareggiato per la scarsa attenzione rivolta al suo lavoro" (del 1881) (A. Pais, "Subtle is the Lord", 1982, Oxford University Press (Italian Edition) pp. 125-185).

In realtà se ne interessarono sia Kelvin che Rayleigh entrambi conosciuti da Michelson alla John Hopkins University nel 1884. Altrettanto fece Lorentz che trovò un errore nell'impostazione teorica di Michelson ed espresse perplessità su come egli interpretava i risultati.
 

Lo scetticismo di Lorentz e l'incoraggiamento di Rayleigh contribuirono alla decisione di Michelson, ritornato alla Case School of Applied Science, di ripetere l'esperimento, avvalendosi questa volta della collaborazione di Edward Williams Morley chimico della vicina Western Reserve University. Le differenze principali tra l'esperimento di Michelson 1881 e Michelson e Morley del 1887 consistevano in una diversa rappresentazione dell'esperimento, che non considera l'ipotesi dell'uso di un circuito ottico erroneo nell'esperimento del 1887.

 
La teoria e il metodo possono essere brevemente definiti come segue: fig. 5 e fig. 6.

 

Fig. 5 - 6

 

L'apparato sperimentale è rappresentato in prospettiva in fig. 7, in piano in fig. 8 e in sezione verticale in fig. 9 (A. A. Michelson, E. W. Morley, Am. 1. Sci. 34, 333, 1887).

 

 

La reale geometria del Cammino Ottico non ha niente a che fare con la rappresentazione teorica (fig. 5, fig. 6). Il solo motivo che giustifica questa geometria è aumentare la somma L1+L2 seguendo l'ipotesi sviluppata da Michelson nel 1881.

 

Lo spostamento delle frange non è certo calcolabile sulla base della formula del 1881.

 

Il grafico dello spostamento è, in effetti, peggiore di quello rilevato nel 1881, basta confrontare la fig. 4 con la fig. 10.


 

Fig. 10

 

 

Inoltre Michelson e Morley "fecero una sola serie di osservazioni nel Luglio del 1887 e non ripeterono mai più l'esperimento del vento d'Etere in nessun'altra occasione nonostante molte affermazioni per iscritto del contrario".

Ora: nel 1887 Michelson e Morley affermano che l'esperimento non consente una precisa conclusione. Sarà perciò ripetuto a pochi mesi di distanza e ogni incertezza sarà così risolta.

Io andai subito alla ricerca delle ripetizioni di questo esperimento. Non le trovai perché, banalmente, non c'erano.


Trovai la risposta a questo "mistero" in un lavoro preparato nel 1987 in occasione del "Centenario" di Michelson: in quell'anno (1887) Michelson fu coinvolto in uno "scandalo": molestie sessuali alla giovane cameriera, che lo portò prima in galera e poi in tribunale. "Lo scandalo distrusse la ricerca interferometrica di Michelson e contribuì a far saltare i loro piani (di Michelson e Morley) per una immediata ripetizione del test sull'Etere" (A. E. Moyer, "Michelson in 1887", Physics Today, May, 1987, p. 52).


La malattia psicologica di Michelson, debolezza cerebrale, lo aveva trasformato in un bugiardo patologico e un truffatore scientifico. Solo Michelson, in effetti, poteva spacciare per iscritto, come avvenute, ulteriori ripetizioni dell'esperimento che non c'erano mai state.

 
Nell'Agosto del 1887, inoltre, "Michelson scrisse a Rayleigh dicendo che di nuovo il risuLtato dell'esperimento era nullo. Il risuLtato negativo dell'esperimento fu una delusione per Kelvin, Rayleigh e Lorentz. MA QUESTO RISULTATO FU ACCETTATO: qualcosa nella teoria doveva essere sbagliato. Nel 1892 Lorentz scrive a Rayleigh: è possibile che nella teoria dell'esperimento di Michelson esista qualche punto di vista che non è stato considerato?" (A. Pais, op. cit.).

 
La risposta, come abbiamo visto è: Sì. Ma Lorentz non fu capace di individuare il corretto punto di vista.


Innanzitutto il risultato dell'esperimento era INFERIORE ALLE ASPETTATIVE, ma NON NULLO: la velocità relativa della Terra e dell'Etere è probabilmente meno di un sesto della velocità orbitale (5km/sec) e certamente minore di un quarto (7 km/sec) (A. A. Michelson, E. W. Morley, op. cit.). Michelson, sulla base di un esperimento non attendibile, vuole dunque forzare una conclusione nulla, per confermare l'ipotesi del 1881.
 

Questa forzatura fu accettata da Lorentz e dagli altri, senza controllare i due diversi cammini ottici: quello del 1881 (fig. 3) e quello del 1887 (fig. 8).

 

Indice: Introduzione - Gli inizi - L'esperienza di Michelson - Dopo Laurea - Michelson 1881 - NOTA - La Teoria della Relatività - L'esperimento di Morley-Miller (1902-1905) e gli esperimenti di Miller (1925) - L'effetto Michelson Sagnac - La teoria della Relatività Generale - L'esperimento di Michelson Gale del 1925 - L'esperimento di Michelson, Pease e Pearson (1929) - L'esperimento di Kennedy e Thorndike (1932) - Conclusioni - La conduttività elettrica dell'Etere - L'infelice idea di Einstein - Soluzione dell'equazione d'onda completa e calcolo di σ0 - Conclusione.


La Teoria della Relatività


Nel 1895, dunque, Einstein prese per buono il risultato nullo sulla base del libro di Lorentz, come capita spesso a giovani studenti sprovveduti, e inventò poi una teoria per spiegare questo RISULTATO NULLO: la Teoria della Relatività.


Il principio fondamentale della Teoria della Relatività è il seguente: "Stabiliamo, in accordo con l'evidenza sperimentale che la quantità: c=2L/ΔT è una costante universale, la velocità della Luce nello spazio vuoto" (A. Einstein, Ann. Phys., 1905, op. cit).


Ora: non esiste nessuna indicazione di questa supposta evidenza sperimentale. Einstein non ha alcuna nozione di Metrologia Elettromagnetica, in particolare non conosce la distinzione tra Misure Elettromagnetiche: c0 = 0 μ0)e Misure Cinematiche della velocità della Luce: cM = 2L / ΔT.


Fra le due, c0 e cM, esiste una precisa relazione (vedi fig. 11).

 


Fig. 11

 

 

CM = c0 (1 - β²) - in generale: cM = c0 (l - β² ) / (l - β² Sen² Θ)½. Sono cioè due grandezze distinte e misurabili.


Se non si distingue tra le due si ha invece il "paradosso Einsteiniano": c = c (l - β²).

 

Einstein prende per buono questo paradosso e cerca di spiegarlo con fantasiose "trasformazioni": le Trasformazioni di Lorentz.

 
Ma le trasformazioni di Lorentz furono inventate [l'evidenziazione in maiuscolo è mia - ndc] per spiegare il risultato nullo dell'esperimento di Michelson. Cioè: per spiegare un risultato sperimentale che non è mai esistito nella realtà fisica. Queste trasformazioni sono perciò semplicemente un non senso.

 

Indice: Introduzione - Gli inizi - L'esperienza di Michelson - Dopo Laurea - Michelson 1881 - NOTA - La Teoria della Relatività - L'esperimento di Morley-Miller (1902-1905) e gli esperimenti di Miller (1925) - L'effetto Michelson Sagnac - La teoria della Relatività Generale - L'esperimento di Michelson Gale del 1925 - L'esperimento di Michelson, Pease e Pearson (1929) - L'esperimento di Kennedy e Thorndike (1932) - Conclusioni - La conduttività elettrica dell'Etere - L'infelice idea di Einstein - Soluzione dell'equazione d'onda completa e calcolo di σ0 - Conclusione.

 

L'esperimento di Morley-Miller (1902-1905) e gli esperimenti di Miller (1925)
 

Al Congresso Internazionale della Fisica che si tenne a Parigi in connessione con l'Esposizione Internazionale del 1900, Lord Kelvin chiese urgentemente la ripetizione dell'esperimento di Michelson-Morley con un'apparecchiatura più potente. Michelson, dopo lo scandalo, non era più disponibile. Conseguentemente Morley (un chimico), dovette ingaggiare un giovane fisico, Miller, per ripetere l'esperimento.

 
Morley e Miller ripeterono l'esperimento di Michelson Morley dal 1902 al 1905: "Le osservazioni... hanno mostrato un effetto positivo ben definito leggermente superiore a quello ottenuto in precedenza, ma ancora troppo piccolo per essere in accordo con Le aspettative: v = 8.7 ± 0.6 km/sec" (D. C. Miller, "The Ether Drift Experiment and the Determination of the Absolute Motion of the Earth", Rev. Mod. Phys. 5, 203, 1933).

 
Miller, che non era particolarmente brillante come fisico, non ebbe l'idea di controllare l'impostazione del 1887.

 
Ottenne un risultato NON NULLO ma inferiore alle aspettative.
 

Ma nel 1921 ebbe una nuova occasione per ripetere l'esperimento: "I tests della Teoria della Relatività, effettuati durante l'eclisse solare del 1919, furono largamente accettati come una conferma della teoria. Poiché la Teoria della Relatività postula un effetto esattamente nullo dagli esperimenti di velocità rispetto all'Etere che di fatto non sono mai stati ottenuti, chi scrive (Miller) si sentì obbligato a ripetere l'esperimento allo scopo di ottenere un risultato definitivo" (ibid.).

 
Cioè: Miller capisce che la verifica sperimentale della Teoria della Relatività offre una ragione per nuovi esperimenti del tipo Michelson Morley, anche se essi non possono misurare direttamente la velocità assoluta della Terra. Infatti nel 1921 egli ottiene i fondi necessari per l'esperimento, che ha come scopo una verifica della Teoria della Relatività.

 
Sfortunatamente Miller non si rende conto del significato dell'effetto Michelson Sagnac, sperimentato da Sagnac nel 1913 e che può misurare termini in β².

 
Miller non capisce di avere la possibilità di valutare, misurando termini in β, il pieno effetto della velocità orbitale della Terra cambiando la geometria del Cammino Ottico nell'Interferometro. Infatti egli ripete un altro test di velocità del tipo Michelson-Morley: scegliendo di nuovo di misurare termini in β.

 
Ad ogni modo, con un Interferometro a due braccia, è possibile fare un confronto tra la Velocità Cinematica della Luce in diverse direzioni, senza effettuare misure di cM.


Ogni effetto giornaliero o stagionale distruggerà la Teoria della Relatività: è quanto basta per giustificare un nuovo test.
 

Si noti che Miller era un giovane sprovveduto nel campo delle misure interferometriche (Morley era un chimico) e non capisce l'inutilità di studiare un circuito ottico come quello che Michelson adottò nel 1887. Comunque anche con quel tipo di circuito è possibile fare un confronto tra la Velocità Cinematica della Luce in diverse direzioni senza effettuare misure di cM. Ogni effetto giornaliero o stagionale distruggerà la Teoria della Relatività: è quanto basta per giustificare un nuovo test.

 

Come Miller, anche Einstein comprende il significato di effetti periodici in una Constante Universale.

 
In una lettera a Millikan (Giugno 1921) egli afferma quanto segue: "Io credo di aver veramente trovato la relazione tra Gravitazione ed Elettricità, assumendo che gli esperimenti di Miller siano basati su un errore fondamentale. Altrimenti, l'intera Teoria della Relatività crolla come un castello di carte" (J. De Meo, "Dayton Miller's Ether Drift Experiments: A Fresh Look", http://www.orgonelab.org, A. Einstein, "Letter to Robert Millikan", June 1921 in Clark, 1971, p. 328).

 
Ma:

1) Einstein non ha trovato alcuna relazione tra Gravitazione ed Elettricità.

2) Gli esperimenti di Miller non hanno alcun "errore fondamentale: queste osservazioni mostrano tutte uno spostamento periodico positivo, come da un vento d'Etere, della stessa grandezza, circa 10 ± 0.33 km/s, come è stato ottenuto nei tests precedenti... Gli effetti furono mostrati essere reali e sistematici, al di là di ogni ulteriore questione" (D. C. Miller, op. cit.).

 
"Il 2 Aprile 1921, Einstein giunse per la prima volta negli Stati Uniti per una visita di due mesi... mentre era lì, giunse voce da Princeton che Miller aveva trovato un vento d'Etere diverso da zero durante un esperimento preliminare, effettuato (Aprile 8 - 21) all'osservatorio di Mount Wilson. Sentendo queste voci Einstein commentò: "Il signore è sottile, ma non malizioso". Non di meno, il 25 Maggio 1921, poco prima della sua partenza dagli Stati Uniti, Einstein fece visita a Miller a Cleveland, dove discussero la questione" (A. Pais, op. cit.). Einstein era dunque pienamente a conoscenza dei risultati di Miller.

 
Miller dal canto suo si accorse che sulle questioni relative alle misure interferometriche Einstein era un povero sprovveduto. Cosa che fece puntualmente notare sui giornali locali.


Dovendo scegliere tra l'evidenza sperimentale e la sua teoria, Einstein sceglie la sua teoria.

"Il 28 Aprile, 1925, Miller lesse un Lavoro di fronte all'Accademia Nazionale delle Scienze in Washington D.C. nel quale riportava che un vento d'Etere era stato chiaramente misurato... Einstein fu sommerso di telegrammi e lettere che gli chiedevano un commento" (ibid). Incapace di commentare e di replicare a un dato sperimentale, Einstein tacque, ma in una lettera al suo amico Besso (23 Dicembre 1925), scrive: "Io non ho preso neppure per un momento sul serio i risultati di Miller" (ibid.).

Cioè: "Se la mia Teoria è contraddetta dall'evidenza sperimentale, l'evidenza sperimentale deve essere sbagliata". Il vero Einstein rivela se stesso.

"Il lavoro di Miller ha costituito il principale ostacolo per la Teoria della Relatività di Einstein... Shankland rimproverò Miller per aver bloccato l'assegnazione ad Einstein del Premio Nobel per la Teoria della Relatività" (J. De Meo, op. cit.).

I risultati sperimentali di Miller dal 1921 al 1925 dimostrano la fondatezza dell'opinione di Miller sulla Relatività perché l'intera Relatività crolla come un castello di carte come conseguenza del fatto che cM risulta non essere una Constante Universale, essendo soggetta ad effetti giornalieri e stagionali. Ma, probabilmente, troppo confidente nei suoi propri risultati sperimentali, Miller non tenne conto, come avrebbe dovuto, dei risultati sperimentali di Michelson e Gale, pubblicati nello stesso anno (1925).
 

Indice: Introduzione - Gli inizi - L'esperienza di Michelson - Dopo Laurea - Michelson 1881 - NOTA - La Teoria della Relatività - L'esperimento di Morley-Miller (1902-1905) e gli esperimenti di Miller (1925) - L'effetto Michelson Sagnac - La teoria della Relatività Generale - L'esperimento di Michelson Gale del 1925 - L'esperimento di Michelson, Pease e Pearson (1929) - L'esperimento di Kennedy e Thorndike (1932) - Conclusioni - La conduttività elettrica dell'Etere - L'infelice idea di Einstein - Soluzione dell'equazione d'onda completa e calcolo di σ0 - Conclusione.

 

L'Effetto Michelson Sagnac

 


L'affermazione: "∆ tA = L / c - v: ∆ tR = L / c + v sono uguali PER DEFINIZIONE" [A. Einstein, Ann. Physik, 1905, op. cit. - ndc] (dalla quale discende l'impossibilità di superare la velocità della Luce, in quanto velocità infinita) mi era sembrata da sempre una grossolana sciocchezza.

Ora, se ∆ tA ≠ ∆ tR, esiste un metodo molto semplice per verificarlo: calcolare la differenza ∆ tA - ∆ tR .

 

Dopo semplici calcoli si ha:
 

∆ T = ∆ tA - ∆ tR = 2 L β / c0 .

 

Il corrispondente spostamento di frange è: ∆L = (2 L β / λ).

Michelson ebbe l'idea di misurare questo spostamento nel 1904.
Ma non gli fu possibile trovare i fondi per l'esperimento, che come sappiamo, avrebbe avuto un risultato positivo in accordo con la Teoria dell'Etere (a parte un errore matematico facilmente correggibile: un 2 al posto di un 4).

 
Sagnac, nel 1913, ebbe la stessa idea e, come matematico, era molto meglio di Michelson.

 

Il suo risultato (vedi figura 12) ∆L = (2 L β / λ) = 2 (2π R) v / λ c0 = 4 ωS/ c0λ era, inoltre, del tutto generale: non dipendeva dalla forma della superficie S e non dipendeva dalla collocazione del centro di rotazione.

 

 

 

 

Fig. 12

 

 

Nel 1913 Sagnac provò la validità della formula ∆L = 4 ωS/ c0λ e dimostrò infondata sperimentalmente la Teoria della Relatività, fondata sull'identità: ∆ tA = ∆ tR e la sua ridicola conclusione sull' impossibilità di superare la velocità della Luce. Inoltre Sagnac suggerì che "un circuito di Sagnac fissato su una struttura portante (una nave nel suo esempio), potrebbe essere sensibile a piccole e lente deviazioni attorno ad una velocità fissata, così che potrebbe funzionare come un Giroscopio Ottico" (M. G. Sagnac, "Comptes Rendus, 27 Octobre 1913", p. 708; "Comptes Rendus, 22 Dicembre 1913", p. 1410; J. De Phys. 5 Ser. T. IV, p. 177, March, 1914).

 
Com'è noto dall'esperimento di Sagnac furono poi sviluppati i Giroscopi Ottici la cui sensibilità è di 0,001 deg/ora.

 

Un Giroscopio Ottico moderno può stare nel palmo di una mano [vedi nell'immagine a destra la differenza di grandezza con una comune moneta - ndc]. Ogni giorno i Giroscopi Ottici su vettori passeggeri come i Boeing e gli Airbus dimostrano l'inconsistenza della Relatività Speciale. Einstein, un presuntuoso e codardo ignorante, fece finta di nulla. Probabilmente pensò che di nuovo il suo Dio "era sottile ma non malizioso". Stava pensando ad una nuova e più incredibile sciocchezza: la Teoria della Relatività Generale [l'evidenziazione in maiuscolo è mia - ndc].
 

 

 

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La Teoria della Relatività Generale
 

Nel 1916 Einstein riuscì a pubblicare una Nota: I fondamenti della Teoria della Relatività Generale: «La Teoria della quale tratto nella seguente nota, rappresenta la massima generalizzazione che si possa immaginare della Teoria che oggi prende ordinariamente il nome di Teoria della Relatività; nel seguito chiamo quest'ultima, per distinguerla da quella che ora espongo "Teoria della Relatività Ristretta"... I mezzi matematici necessari per la Teoria della Relatività Generale erano già noti nel "calcolo differenziale assoluto", il quale si basa sulle ricerche di Gauss, Riemann e Christoffel sulle varietà non Euclidee ed è stato eretto a sistema da Ricci-Curbastro e Levi-Civita e da essi applicato a problemi della Fisica teorica... da ultimo debbo esser grato al mio amico M. Grossmann che con la sua assistenza di matematico non solo mi ha risparmiato lo studio della letteratura matematica sull'argomento, ma mi ha altresì aiutato nella ricerca delle equazioni del campo gravitazionale» (A. Einstein, Ann. Phys., 1916, Ed. italiana in AAVV. "Cinquant'anni di Relatività", Ed. Giuntine Sansoni, Firenze, 1955).

La Relatività Generale è dunque "una generalizzazione della Relatività Ristretta", cioè di una teoria grossolanamente infondata. Dopodiché Einstein passa ad illustrare ciò che ha imparato da Grossmann.


Dopo un lungo e noioso preambolo matematico, arriva alle conseguenze sperimentali della Relatività Generale. Paragrafo 22, p.556:
 

1) Comportamento dei campioni di lunghezza c degli orologi nel campo gravitazionale statico.
 

7) Curvatura dei raggi luminosi.
 

8) Movimento del Perielio delle orbite dei pianeti.

 

 
1) Comportamento dei campioni di lunghezza e degli orologi nel campo gravitazionale statico
 

"Un orologio dovrebbe marciare più lentamente se viene collocato nelle vicinanze di masse ponderabili. Da ciò segue che le righe spettrali della Luce che ci raggiunge dalla superficie delle grandi stelle risulteranno spostate verso il lato rosso dello spettro".
 

Fenomeno mai osservato [l'evidenziazione in maiuscolo è mia - ndc].
 

 

2) Curvatura dei raggi luminosi
 

"In base alla Relatività Generale un raggio di Luce che passa nelle vicinanze del sole subirà una deflessione di 1' e 7" (quella di Newton era: 0, 86").
 

Questa conseguenza della Relatività Generale fu sottoposta a verifica sperimentale. Il 29 Maggio 1919 una Eclissi totale offrì la possibilità di effettuare un confronto.


Vennero allestite due spedizioni, una a Sobral in Brasile, guidata da Andrew Crommelin dell'Osservatorio di Greenwich e una all'isola del Principe, di fronte alla costa della Guinea Spagnola guidata da Eddington. Sotto il titolo "Ultimissime Notizie", il numero di Giugno di Observatory contiene il testo di due telegrammi, uno da Sobral: "Eclissi Splendida: Crommelin", e uno dall'isola del Principe: "Attraverso le nuvole. Speriamo. Eddington".

 

Le osservazioni di Crommelin furono trascurate mentre Eddington, invece, concluse le sue osservazioni con le seguenti parole: "Dopo un attento studio delle lastre sono pronto a dichiarare che esse confermano le previsioni di Einstein. Il risultato ottenuto è ben preciso: la Luce viene deflessa in accordo con la legge di gravitazione di Einstein" (P. Marmet, "Einstein Theory of Relativity versus Classical Mechanics", Newton Physics Books, Canada, 1997, pp. 189-196).


Eddington, che era a Principe, riportò, nonostante le avverse condizioni atmosferiche, alcuni risultati che potevano avvicinarsi alle aspettative della Relatività, trascurando quelli che li contraddicevano (come risultò poi da una nuova recente analisi delle lastre fotografiche) e in una famosa relazione tenutasi a Londra, la Teoria di Einstein fu dichiarata "conforme ai dati sperimentali". Prima ancora della diffusione dei dati sperimentali (1920) [l'evidenziazione in maiuscolo è mia - ndc].


In una riunione congiunta della Royal Society e della Royal Astronomical Society viene ribadito che le osservazioni del Maggio 1919 confermano le previsioni di Einstein. Il 7 Novembre 1919 il Times di Londra intitola: "Rivoluzione nella Scienza - Nuova teoria dell'Universo. La concezione newtoniana demolita".

 
Il 10 Novembre il New York Times intitola: "La Luce va storta in cielo - La Teoria di Einstein trionfa".

 
Si noti che il lavoro scientifico di Dyson ed Eddington fu pubblicato solo nel 1920. Costoro senza alcuna prova sperimentale avanzarono l'ipotesi che l'indice di rifrazione dell'atmosfera solare ha un valore costante: n = 1,00000212. Ipotesi semplicemente ridicola se si osserva la variabilità dell'atmosfera solare.

 

I risultati di Sobral furono trascurati. Il trionfo di Einstein fu decretato dalla stampa prima ancora che i risultati sperimentali fossero noti [l'evidenziazione in maiuscolo è mia - ndc]. Joseph J. Thomson, ordine del merito e presidente della Royal Society assiso in cattedra, dopo che gli fu presentata la petizione "instanter, instantius, instantissime, pronunciò la sentenza di canonizzazione: questo è il risultato più importante ottenuto in connessione con lo teoria della gravitazione dai tempi di Newton, ed è opportuno che sia annunciata ad una riunione di quella società che ebbe così stretti legami con lui... Tale risultato è una delle conquiste più alte del pensiero umano" (A. Pais, op. cit.).

 
Qualche settimana dopo aggiunse: "La deflessione della Luce ad opera della materia, suggerita da Newton nella prima delle sue queries sarebbe per sé un risultato scientifico di primaria importanza; ma la sua importanza è ancora maggiore dal momento che il suo valore è in accordo con la legge di Gravità proposta da Einstein" (ibid.).


Non si capisce, ma il motivo deve esserci, come una balla [l'evidenziazione in maiuscolo è mia - ndc] così grossolana, come di fatto fu quella di Eddington, abbia potuto affermarsi a livello mondiale, pur non essendo mai più stata verificata negli anni successivi.
 

Nell'appendice II del suo libro "La Teoria della Relatività di Einstein", Marmet svolge un'attenta analisi delle spedizioni effettuate durante l'eclissi solare del 1919 dimostrando l'inconsistenza della conclusione favorevole ad Einstein [l'evidenziazione in maiuscolo è mia - ndc].
 

 

3) Movimento del Perielio dell'orbita dei Pianeti

 

Il movimento del Perielio dell'orbita dei pianeti era un fenomeno ben conosciuto dagli astronomi e interpretato sulla base della Legge di Gravitazione Newtoniana. Più recentemente l'astronomo Grossmann, con uno studio accuratissimo dei risultati delle osservazioni ha mostrato che, in realtà, l'avanzo inesplicato del moto del Perielio di Mercurio non è di 41,2 secondi d'arco per secolo, ma di 42,3 secondi: "Lo spostamento totale del Perielio dell'orbita di Mercurio è di circa 574 secondi di arco mentre secondo la Legge di Newton tenendo conto delle perturbazioni prodotte dall'attrazione dei pianeti esso dovrebbe essere soltanto di 532 secondi; resta quindi inesplicato un eccesso di 42 secondi di arco circa per secolo (Marmet, op. cit) .

 

Secondo Armellini nella formula di Einstein il coefficiente k non è arbitrario ma è legato alla massa del Sole, alla costante attrattiva e alla velocità della Luce. "Dobbiamo però aggiungere che la Teoria della Relatività non spiega il moto del nodo di Venere, e spiega solo parzialmente (dando il valore di 1",5 per secolo) il moto del Perielio di Marte che in realtà è di 10",5 per secolo" (A. Einstein, Ann. Phys. 1916, op. cit).


C'è tuttavia un altro fattore nella Relatività Einsteiniana sicuramente erroneo: il fatto che la velocità dell'interazione gravitazionale sia postulata essere uguale alla velocità della Luce: "c gioca fisicamente il ruolo di una velocità infinita" (A. Einstein, Ann. Phys., 1905, op. cit.) e quindi insuperabile, mentre Pierre Simon de Laplace Laplace e Tisserand (Meccanica Celeste) avevano calcolato in modo ben più credibile che la velocità dell'interazione gravitazionale è centinaia di migliaia di volte superiore a c, quanto basta per giustificare i moti coordinati di ammassi e superammassi di galassie: un dato sperimentale ampiamente verificato di fronte al qualela variante Einsteiniana dell'avanzo del moto del Perielio di Mercurio (da 41,2 a 42,3") è del tutto irrilevante: come l'intera Teoria della Relatività Generale.
 

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L'esperimento di Michelson-Gale del 1925
 

Dopo il risultato dell'eclissi solare del 1919 Michelson trovò il denaro per un nuovo test della Relatività sia Speciale che Generale.

 
Nell'esperimento di Michelson-Gale la nave di Sagnac era la Terra stessa. L'apparato di Michelson-Gale grazie alle sue dimensioni era sensibile alla rotazione della Terra. Esso consisteva di due esperimenti interferometrici accoppiati, fissati a Clearing, Illinois (rotanti insieme alla Terra, fig. 13) dei quali uno fornisce un effetto Michelson-Sagnac nullo dovuto ad una insufficienza della superficie racchiusa dal Cammino Ottico, e funziona come segno di riferimento, mentre il secondo fornisce un effetto Michelson-Sagnac positivo a causa della superficie abbastanza grande racchiuso dal Cammino Ottico dei due raggi di Luce.

 

 

 

Fig. 13

 

L'esperimento in realtà è sovrabbondante nel senso che il circuito che fa da segno di riferimento non è necessario. Come dato di fatto la distribuzione dei dati sperimentali dell'esperimento di Michelson-Gale mostra larghe oscillazioni attorno al valore teorico costante: ∆L = 0.23.

 

 

Fig. 14

 

 

L'apparato di Michelson-Gale lavora esattamente come un Giroscopio Ottico mostrando in aggiunta all'effetto costante dovuto alla rotazione della Terra attorno al suo asse altre deviazioni dovute ad altre velocità (velocità di rivoluzione, velocità relativa alla radiazione di fondo). Michelson mostra ancora una volta di essere un povero truffatore: omettendo di fornire i suoi dati sperimentali in sequenza temporale (vedi fig. 14) egli simula una gaussiana per mascherare un andamento sinusoidale, ma i dati mostrano chiaramente che cM non è una Costante Universale, in contraddizione con la Relatività Speciale.

 

Michelson tuttavia cerca di salvare il salvabile affermando che il valore dell'esperimento può anche essere in accordo con la Relatività Generale se la Relatività Generale è vera.

 
Ma la Relatività Generale è sperimentalmente infondata: il risultato positivo in favore della Relatività Generale, come abbiamo visto, è semplicemente una truffa giocata da Eddington.

 
Einstein "mantenne per iscritto uno studiato silenzio in relazione alle pericolose scoperte di Sagnac, Michelson e Gale" (D. Turner, "The Einstein Myth and the Ives Papers", Devin-Adair, Greenwich, Connecticut, 1979, p. 87).
 

 

Secondo la Relatività Speciale: ∆tA = ∆tR


Il Giroscopio Ottico funziona perché ∆tA ≠ ∆tR  cioè: in contraddizione con la Relatività Speciale [l'evidenziazione in maiuscolo è mia - ndc].


Einstein di conseguenza considerò il Giroscopio Ottico teoricamente impossibile (A. Einstein, "Relativity - The Special and the General Theory", Methuen, 1920, p. 66; vedi anche: T. Theocharis, "Translation and Rotation Sensors, Proceedings of the International Conference Galileo Back in Italy II", Ed. Andromeda, Bologna 2000, pp. 441-446) [Pertanto delle due l'una: o Albert Einstein è il prototipo del cretino, oppure è il prototipo del malato di ipertrofia dell'ego, dunque tutt'altro che il prototipo del genio - ndc].

 

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L'esperimento di Michelson, Pease e Pearson (1929)


Dopo il risultato sperimentale di Miller, Michelson non poté esimersi da una ripetizione del suo esperimento.
 


 

Fig. 15


 

Michelson diede un primo annuncio del suo risultato al Michelson meeting del 31 Ottobre - 3 Novembre 1928: "Il risultato non mostra alcun spostamento superiore ad un cinquantesimo (1/50) di quello da aspettarsi sulla linea dell'ipotesi di un effetto dovuto al moto del Sistema Solare di 300 km/s (6 km/s, simile a quello del 1887). Questi risultati sono differenze tra gli spostamenti di massimi e minimi osservati a tempi siderali. Queste direzioni corrispondono ai calcoli del Dr. Stromberg della supposta velocità del Sistema Solare" (A. A. Michelson, F. G. Pease, F. Pearson, "Nature", 123, 3090, RR, January, 1929).
 

Ma più tardi (Gennaio 1929) egli corresse l'annuncio precedente: "... nessuno spostamento dell'ordine anticipato fu ottenuto... i risultati non hanno fornito alcuno spostamento superiore a un quindicesimo (1/15) di quello atteso nell'ipotesi di un effetto dovuto al moto del sistema solare di 300 km/s" (A. A. Michelson, F. G. Pease, F. Pearson, J.O.S.A.,18, 181, 1929).

 

20 km/s: il doppio del risultato di Miller.
 

Michelson aveva solo due possibilità:


1) confermare, in accordo con Miller, che l'esperimento di Michelson Morley non ha mai dato risultato nullo e, conseguentemente, la Relatività crolla come un castello di carte.

 

2) Fermare l'esperimento e non pubblicare i dati sperimentali già disponibili. L'esperimento fu interrotto e i dati sperimentali, per quanto ne sappiamo, non furono pubblicati. Probabilmente Pease e Pearson non vollero rendersi complici della nuova truffa di Michelson.
 

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L'esperimento di Kennedy e Thorndike (1932)


Nel 1929 Kennedy c Thorndike supposero che, secondo i loro calcoli teorici, un Interferometro di Michhelson Morley a braccia diseguali (L1 ≠ L2) avrebbe potuto mostrare evidenza sperimentale non solo delle contrazioni longitudinali L = L0(1-β²)½, ma anche delle dilazioni temporali ∆T = ∆T0 / (1-β²)½.

 

Conseguentemente essi costruirono un Interferometro a braccia diseguali.

 

Fig. 16
 

 

Si noti che finalmente si è compresa l'inutilità di lavorare con braccia di lunghezza enormi, tipo Michelson e Miller.


Ed ebbero una sorpresa sconvolgente: l'Interferometro lavorava come un Giroscopio Ottico, mostrando effetti giornalieri dovuti alla rotazione della Terra attorno ad una velocità definita. L'effetto giornaliero era un effetto reale: poteva chiaramente essere osservato sulle lastre fotografiche. Ancora una volta l'esperimento aveva dimostrato che il risultato esattamente nullo postulato dalla Teoria della Relatività non è mai stato ottenuto.

 
La giustificazione che Kennedy e Thorndike cercarono di dare per "spiegare" questo risultato fu un insulto alla ragione dei loro lettori: "La velocità trovata fu di circa 15 ± 4 km/s... in vista di velocità relative di migliaia di km/s che si sa esistono tra le Galassie, questo risultato può senz'altro essere considerato come un risultato chiaramente nullo; esso è dello stesso ordine di grandezza di quello dell'esperimento di Michelson-Morley" (R. J. Kennedy, E. M. Thorndike, Phys. Rev. Vol. 42, November, 1932, p. 400).
 

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Conclusioni


Come abbiamo visto, c'è una definita coerenza e continuità dei risultati non nulli degli esperimenti interferometrici, che misurano effetti in β o β². Shankland, dopo un'estensiva consultazione con Einstein, decise di assoggettare le osservazioni di Miller ad una attenta revisione... Einstein vide la versione finale (del manoscritto di Shankland) prima della pubblicazione e scrisse personalmente una lettera di apprezzamento per avere finalmente spiegato i piccoli residui periodici negli esperimenti (di Miller) a Mount Wilson (R. S. Shankland, S. W. Mc Kuskey, F. C. Leone and G. Kuerti, "A New Analysis of the Interferometric Observations of Dayton C. Miller", Rev. Mod. Phys. 27, 167, April, 1955). Ma, di fronte all'evidenza sperimentale mostrata da Miller e circa al tempo della morte di Einstein, Shankland decise di non imbarcarsi in una accurata revisione dei dati relativi alla soluzione cosmica (ibid.).

 

Nel 1997 Maurice Allais effettuò un'accurata revisione dei dati relativi alla soluzione cosmica mostrati da Miller, confermando la correttezza dei risultati di Miller (M. Allais, Michelson, Morley, "Miller: the cover-up, 21th Century", Vol.11, n. l, Spring, 1998, p. 26).

 
Nel 2006 Allais ha scritto un altro lavoro, che conferma ulteriormente i risultati di Miller, dicendo: "Tenendo conto di ciò che precede, la Teoria della Relatività non ha più alcuna validità e di conseguenza una gran parte degli sviluppi attuali della Scienza devono essere completamente rivisti. Non restano altro che delle rovine" (M. Allais, "Libres Débats sur la Théorie de la Relativité. Private communication to R. A. Monti", Article à publier en anglais dans la revue "Physics Essays").
 

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La conduttività elettrica dell'Etere
 

Einstein non era a conoscenza sia dell' American Journal of Science, che del Philosophical Magazine.
 

Omettendo di leggere i lavori di Michelson-Morley e di Michelson egli perse non solo l'occasione di prestare attenzione alle proprietà speciali dell'Etere: ε0 μ0, ma anche alla terza proprietà dell'Etere: σ0.

 
Nel 1897 John Trowbridge, il cui nome Einstein avrebbe potuto incontrare nell'ultima pagina del lavoro di Michelson-Morley, comunica il lavoro: "The Electrical Conductivity of the Ether" al Philosophical Magazine.

 
La conduttività elettrica dell'Etere fu considerata trascurabile da Maxwell: "L'Etere trasmette vibrazioni trasversali a distanze molto grandi con una trascurabile dispersione di energia", perché noi possiamo vedere la Luce del Sole e delle Stelle (J. C. Maxwell, "On Action at a Distance: Ether", Scientifìc Papers, 1890; Ed. it. in: A. Einstein, "Relatività", Ed. Boringhieri, Torino, 1967, pp. 251-280).

 
"Edlund mantenne la conducibilità elettrica dell'Etere, che è stata apparentemente smentita da varie recenti investigazioni, in particolare quelle del Prof. J. J. Thomson. Quest'ultimo autore, nel suo trattato intitolato "Recenti Ricerche in Elettricità e Magnetismo", osserva che (p. 98): Questi esperimenti mostrano che dopo che un certo livello di vuoto è stato raggiunto, la difficoltà di ottenere che una scarica attraversi un tubo ad alto vuoto, aumenta al crescere del vuoto. Questo risultato è in diretta opposizione a una teoria che ha trovato favori tra alcuni fisici, e cioè che il vuoto è un condutture di elettricità... numerosi altri esperimenti di vario tipo portano a concludere che il vuoto non è un conduttore... Di nuovo se accettiamo la Teoria Elettromagnetica di Maxwell, il vuoto non può essere un conduttore o sarebbe opaco e noi non potremmo ricevere alcuna Luce dal Sole o dalle Stelle" (J. Trowbridge, "The Electrical Conductivity of the Ether", Phil. Mag. S5, 43, 264, 378, 1897).

 
A questa affermazione, fatta da Thomson, Trowbridge risponde quanto segue:

 
"Ho studiato la resistenza di mezzi altamente rarefatti a scariche distruttive e sono giunto alla conclusione che con una scarica abbastanza potente, ciò che noi chiamiamo un vuoto può essere spezzato, e che la carica distruttiva durante le sue oscillazioni incontra una resistenza mollo bassa... L'Etere offre una resistenza molto piccola... I miei esperimenti mi hanno portato alla conclusione che sotto una forte tensione elettrica l'Etere si spezza e diventa un buon conduttore" (ibid.).


Thomson intese il suo Trattato come il seguito al "Treatise on Electricity and Magnetism" del Professor Clerk Maxwell (ibid.).

 
Ma Maxwell scrisse correttamente: "poiché noi possiamo vedere la Luce del Sole e delle Stelle la dispersione dell'energia delle onde elettromagnetiche è trascurabile" (Maxwell, "On Action at a Distance: Ether", op. cit).

 

Thomson invece scrisse: "il vuoto non può essere un conduttore... o non potremmo ricevere alcuna Luce dal Sole o dalle Stelle" (J. J. Thomson, "Recent Researches in Electricity and Magnetism", Clarendon Press, Oxford, 1893).


L'affermazione di Thomson è chiaramente in contraddizione con il Terzo Principio di Newton (Azione e Reazione): se la Conduttività Elettrica dell'Etere è nulla, le onde elettromagnetiche sarebbero un esempio di moto perpetuo (nessuno smorzamento per l'energia delle onde elettromagnetiche durante il loro viaggio).
 

Thomson non vide questa contraddizione e non fece nessuna errata corrige nel suo Trattato per tener conto dell'esperimento di Trowbridge.

 
Il suo Trattato (probabilmente) divenne un libro di testo ai suoi tempi: come dato di fatto, per ciò che sappiamo, la questione di σ0 scomparve dalla letteratura scientifica.

 
Einstein (probabilmente) conosceva ε0 e μ0: le due proprietà fisiche dell'Etere, che - nella sua Teoria - divennero superflue.


Può darsi che egli abbia avuto occasione di notare la resistenza d'onda dell'Etere: R0 = (μ0 / ε0)½ = 377 Ω, ma egli mostra di essere completamente all'oscuro della terza proprietà specifica dell'Etere: σ0... fino al 1925. Nel 1925 i risultati sperimentali di Miller e Michelson-Gale, diedero un terribile shock alla Relatività e, in aggiunta, qualcosa di nuovo entrò in gioco: la questione dimenticata della σ0.

 
Dal 1912 in avanti Slipher fece le prime osservazioni riguardanti lo spostamento sistematico nello spettro delle galassie più vicine. Se la prima, Andromeda, aveva uno spostamento verso il blu, gli spostamenti verso il rosso divennero presto dominanti nella lista compilata fino al 1925. Walther Nernst fu, probabilmente, il primo a prender nota delle osservazioni di Slipher, nello stesso anno (1912).

 

Certamente nel 1921 egli [Nernst - ndc] aveva correttamente focalizzato la questione: «L'aspetto più importante delle mie osservazioni consiste nell'ipotesi, di cui mi sono già occupato nel lavoro che ho sviluppato nel 1912, e che è stato già dimostrato, e cioè che fondamentalmente l'Universo è in uno stato stazionario... dal 1921 io ho sottolineato, in "Structure of the World", (p.40), che in presenza di un Universo in libera espansione di età illimitata, la temperatura interstellare dovrebbe aumentare continuamente a causa della radiazione; ma in realtà siamo certi che questa temperatura è rimasta estremamente bassa.


Allo scopo di spiegare ciò, io conclusi che l'Etere Luminoso... supposto essere un conduttore capace di assumere energia, un fatto che può essere disputato solo con grande difficoltà, ha la capacità di assorbire energia radiante anche in quantità estremamente piccole. Si potrebbe immaginare che questo assorbimento ridistribuisca l'energia irradiata nel lungo termine, così ritornando al punto zero di energia dell'Etere Luminoso.

 
Si può concludere che anche nello stato stazionario, la temperatura dell'Universo può essere molto bassa»
[W. Nernst, ZS. F. Phys. Bd 106, 1938, p. 633 - ndc].

 

Nel 1938 «questo concetto ha avuto una prova sperimentale di considerevole importanza.

Mentre stavo cercando una verifica sperimentale del fenomeno sopra menzionato, io incontrai il famoso spostamento verso il rosso delle galassie e pensai che significasse ciò che stavo cercando, in altre parole una diminuzione del quantum di energia luminosa risultante solo in una diminuita frequenza, cioè assorbimento della Luce... Facciamo la seguente semplice ipotesi per la graduale sparizione del quantum di Luce:

 
In
(v0/v) = Ht [2]... sulla base di questa semplice formula, noi pensiamo di avere sostituito la poco credibile teoria dell'Universo esplosivo con un cancello molto più semplice di grande importanza, che spiega anche lo spostamento verso il rosso degli oggetti più lontani... ed è significativo che Hubble, uno degli scopritori dello spostamento verso il rosso, consideri il modello di un Universo in espansione non affidabile... continuando la ricerca di Hubble con un telescopio più potente... possiamo d'altra parte giungere ad una risposta ad una domanda molto importante, e cioè secondo quale legge la frequenza dei quanti di Luce è modificata.

 
Hubble ha fatto l'ipotesi di una relazione lineare, mentre il nostro approccio è una relazione logaritmica. Nei suoi lavori successivi Hubble dichiarò ancora che l'interpretazione dello spostamento verso il rosso come Effetto Doppler non è credibile. Egli basa questa affermazione sul fatto che la diminuzione nella luminosità delle galassie con la distanza non procede come un Effetto Doppler, ma molto più lentamente, e ciò corrisponde alla mia nuova interpretazione.

Dal punto di vista astronomico, l'equazione [2] pone limiti precisi alla possibilità di penetrare territori sempre più grandi con l'aiuto del telescopio... a una distanza di 1.8 miliardi di anni Luce, l'energia irradiata da una sorgente luminosa è ridotta a 1/3 e così via. A distanze crescenti le sorgenti di Luce individuali non possono più essere distinte... come nel caso del paradosso di Olbers, una soluzione al cosiddetto paradosso gravitazionale può essere trovata nell'equazione [2]... al posto della legge di gravità:
K = f(m m' / r²) si avrà: K = f(m m' / r²) exp (- rH/c)... È importante osservare che non si tratta di una modifica arbitraria della legge di gravità, poiché (questa modifica) è nata da osservazioni sperimentali (spostamento verso il rosso, etc)...

 

Potremmo ipotizzare, come ha fatto Regener, che la sorgente di questa radiazione sia l'intero Universo, come secondo la mia ipotesi del 1912 prima che questa fosse stata scoperta, e seguendo le idee che stanno alla base di tutte le mie osservazioni astrofisiche... L'importante lavoro di Regener che ho citato contiene il fatto che un corpo nell'Universo che assorbe la radiazione cosmica dovrebbe riscaldarsi a 2.8° K... Tutte le singole parti della radiazione cosmica subiscono in base all'equazione [2], uno spostamento verso il rosso... dell'energia disponibile nell'Universo... la maggior parte serve a mantenere costante la radiazione cosmica... ciò sottolinea di nuovo l'importanza fondamentale offerta dallo studio della radiazione cosmica nei campi della Fisica e dell'Astrofisica... La convinzione che mi guida è stata lo studio dell'ipotesi che afferma che l'Universo è in uno stato stazionario... nel 1912 questa ipotesi mi ha già portato a concludere che lo spazio deve essere pieno di radiazione cosmica... studi ulteriori delle mie idee renderanno alcune parti della radiazione cosmica più comprensibili... Come ho già anticipato nel 1921, gli spostamenti verso il rosso ancora una volta formano la base della mia teoria... nella quale essi non costituiscono un Effetto Doppler... questa conferma finale del punto che io voglio porre può esser provata, indipendentemente da uno qualunque dei miei studi, dalle misure astronomiche di Hubble, che escludono anche l'ipotesi dello spazio esplosivo, una teoria che non è mai stata inclusa in nessuna delle mie osservazioni... Per il momento la mia equazione per lo spostamento verso il rosso conduce ad alcune generalizzazioni fisiche che possono essere dedotte da osservazioni che non sono ancora state completate.

Comunque, esse dovranno essere tenute in conto... le osservazioni astrofisiche pubblicate nei miei lavori sono un tentativo di creare una coerente, e tuttavia semplice concezione che risponde ampiamente a tutte le questioni essenziali anche in termini quantitativi... per il momento essi non sono in contrasto con alcun risultato sperimentale... se una qualunque obiezione fondamentale dovrà essere fatta nel campo della ricerca astronomica, questo è ciò che il futuro ci mostrerà» (W. Nernst, ZS. F. Phys. Bd 106, 1938, p. 633).

 

Indice: Introduzione - Gli inizi - L'esperienza di Michelson - Dopo Laurea - Michelson 1881 - NOTA - La Teoria della Relatività - L'esperimento di Morley-Miller (1902-1905) e gli esperimenti di Miller (1925) - L'effetto Michelson Sagnac - La teoria della Relatività Generale - L'esperimento di Michelson Gale del 1925 - L'esperimento di Michelson, Pease e Pearson (1929) - L'esperimento di Kennedy e Thorndike (1932) - Conclusioni - La conduttività elettrica dell'Etere - L'infelice idea di Einstein - Soluzione dell'equazione d'onda completa e calcolo di σ0 - Conclusione.

 

L'infelice "idea" di Einstein

 

Il pericolo costituito dai dati sperimentali di Hubble e dall'ipotesi di Nernst del 1921 fu finalmente compreso da Einstein, che nel 1931 cambiò l'infelice idea del 1917 circa un Universo Stazionario, in favore dell'Universo in Espansione avanzato da Friedmann nel 1922.

 

Di fronte all'evidenza sperimentale dei redshifts Galattici, esistevano solo due possibilità:

1) spiegare i redshifts come una conseguenza dell'esistenza di un Etere dotato della speciale proprietà conduttività elettrica: σ0. Ma questa spiegazione avrebbe irrimediabilmente distrutto la Relatività.
 

2) Spiegare i redshifts come un Effetto Doppler, dovuto all'espansione dell'Universo. Questa spiegazione, secondo Einstein, poteva salvare la Relatività.

Einstein abbandonò l'infelice idea. Ancora una volta egli dimostrò di essere ignorante della Fisica sperimentale elementare: l'Effetto Doppler per le onde sonore esiste perché la velocità del suono dipende da alcune specifiche proprietà fisiche del mezzo (Aria).


Analogamente l'Effetto Doppler per la Luce dipende dal fatto che la Velocità della Luce è una constante che dipende solo da alcune proprietà fisiche dell'Etere: ε0 e μ0.

 

La vera costante dell'Effetto Doppler per la Luce è: c0 = (ε0 μ0) - ½ = λ0v0, non cM = 2L/ΔT = λv.


L'esistenza di un Effetto Doppler per la Luce, in se stessa, significa che: un mezzo (Etere) esiste, dotato delle proprietà fisiche: ε0 e μ0 che sono essenziali, non superflue.


Nel 1938 Ives e Stillwell volevano usare l'Effetto Doppler appena scoperto nei raggi canale per "An experimental study of the Rate of a Moving Atomic Clock".

 

Sfortunatamente, Ives dimostrò di essere un buon fisico sperimentale, ma un pessimo teorico.
 

La sua "Graphical exposition of the Michelson-Morley experiment" dimostra che egli non aveva mai capito il significato fisico dell'effetto Michelson-Sagnac.

 
In aggiunta, Ives dimostra di essere all'oscuro della distinzione tra cM e c0, così che egli è incapace di capire il significato del suo stesso esperimento.


Un primo errore è compiuto da Ives accettando l'idea di un effetto nullo caratteristico degli esperimenti di Michelson-Morley e Kennedy e Thorndike: effetti, come abbiamo visto, chiaramente non nulli.

Un secondo errore è compiuto accettando la definizione Effetto Doppler Trasversale per l'effetto che voleva studiare. Una semplice occhiata all'esperimento mostra che: non c'è niente di trasversale nell'Effetto Doppler trasversale (vedi fìg. 17).
 


 

Fig. 17

 

 

La quantità da misurare è la media aritmetica di due Effetti Doppler longitudinali in opposte direzioni: "La seconda difficoltà... può essere evitata osservando non ad angolo retto, ma in due direzioni, verso e contro il moto delle particelle; le osservazioni essendo fatte simultaneamente mediante l'uso di uno specchio nel tubo. In queste condizioni le linee Doppler spostate sono osservate in corrispondenza del moto verso e contrario all'osservatore, e l'effetto da osservare è uno spostamento del baricentro della linea spostata rispetto alla linea non spostata. Come mostrato in un precedente lavoro di questa serie lo spostamento del centro di gravità è espresso dall'equazione: λ=λ0(1-V²/c²)½, ove V è la velocità misurata delle particelle cariche positivamente... il presente esperimento stabilisce che questa variazione (della frequenza di un Orologio Atomico in movimento) avviene in accordo con la relazione: v=v0(1-V²/c²)½, ove v0 (è) la frequenza di un orologio quando è fermo rispetto all'Etere, v la sua frequenza quando è in moto (H. E. Ives, G. R. Stilwell, J. Opt. Soc. Am. 27, 389, 1937; 28, 215, 1938).

Combinando queste due espressioni per λ e v abbiamo: λv = λ0v0 (1-β²).

 

Distinguendo tra cM e C0 Ives avrebbe potuto dimostrare che la Velocità Cinematica della Luce sulla Terra: cME = λE vE è molto vicina alla Velocità Elettromagnetica: λE vE ≡ λ0 v0 = c0 = (ε0 μ0)-1/2.

Di conseguenza egli avrebbe potuto definitivamente dimostrare che: cM = λ v ≠ c0 ; cM = λ0v0 (1-β²) = c0 (1-β²), che è la corretta soluzione del paradosso Einsteiniano: c = c (1-β²).

 
Al contrario prendendo per buoni i risultati nulli degli esperimenti di Michelson-Morley e Kennedy e Thorndike (che sono definitamente non nulli) egli sostiene di fatto la Relatività. Parlando ad un reporter (New York Times, 27 Aprile 1938, p. 25), Einstein loda l'esperimento di Ives e Stillwell come la prova più diretta mai portata in favore della Relatività.


Di fatto gli errori di Ives, nel prendere per buoni i risultati nulli degli esperimenti e nel non distinguere tra c0 e cM, costituiscono una prova a sostegno non della teoria di Larmor Lorentz, ma della Relatività.


Inoltre la quantità misurata: Δλ = λB0 ≈ (1/2) λ0 β² ; λB = λ12 / 2 =  λ / (1-β²) non ha niente a che fare col tempo: λB è solo la media aritmetica tra il redshift e il blueshift della Luce che proviene dallo stesso orologio.

 
Sfortunatamente, atterrito dalla verifica sperimentale dell'Effetto Doppler Trasverso, Ives non fece attenzione al fatto che l'esistenza di un Effetto Doppler per la Luce, di per se stesso, contraddice la Relatività [l'evidenziazione in maiuscolo è mia - ndc].


Grazie a questi fraintendimenti Einstein trionfa ancora (New York Times, 27 Aprile 1938, p. 22) e l'Effetto Doppler continua ad essere la spiegazione Relativistica del redshift.

 

Indice: Introduzione - Gli inizi - L'esperienza di Michelson - Dopo Laurea - Michelson 1881 - NOTA - La Teoria della Relatività - L'esperimento di Morley-Miller (1902-1905) e gli esperimenti di Miller (1925) - L'effetto Michelson Sagnac - La teoria della Relatività Generale - L'esperimento di Michelson Gale del 1925 - L'esperimento di Michelson, Pease e Pearson (1929) - L'esperimento di Kennedy e Thorndike (1932) - Conclusioni - La conduttività elettrica dell'Etere - L'infelice idea di Einstein - Soluzione dell'equazione d'onda completa e calcolo di σ0 - Conclusione.


Soluzione dell'equazione d'onda completa e calcolo di σ0
 

Hubble e Nernst compresero che il redshift delle nebulose non era un Effetto Doppler. Hubble fece riferimento ad un effetto fisico sconosciuto o un principio di Natura Fisica fino ad oggi sconosciuto.


Nernst fece riferimento ad un Etere... pensato come un conduttore capace di assumere energia.


Hubble e Nernst sembrano, entrambi, non conoscere la soluzione dell'equazione d'onda completa: ε0 μ0 (δ² F/δt²) + σ0 μ0 (δF / δt) = ΔF.

 
Da questa si ottiene la semplice relazione: r = (1- R0 σ0) 1n (z + 1). [5]


Ora, i redshifts Galattici possono, ovviamente, essere attribuiti allo smorzamento delle onde elettromagnetiche emesse dalle varie Galassie in moto casuale entro un universo stazionario nel quale una velocità dell'interazione gravitazionale vg >> c0, secondo Laplace, consente moti localmente coordinati di clusters e superclusters di Galassie.

 
E la misura dei redshifts e delle distanze Galattiche ci consente di determinare la conduttività elettrica:

 

σ0 = (2.85 ± 0.15) x 10-29 (Ω m)-1

 

(R0 σ0 / 2)² ≡ 3 x 10-53

 
L'equazione [5] lega la distanza r e il redshift z della radiazione emessa dalle Galassie. Una comparazione tra la legge lineare Relativistica (Hubble) e la legge logaritmica che si ottiene dall'equazione delle onde elettromagnetiche di Maxwell mostra che, in ogni caso, la legge logaritmica corrisponde molto meglio ai dati sperimentali della legge lineare; inoltre, non ha problemi con l'età dell'Universo.

 
Per z > 1/2, per esempio (vedi fig. 18 ), la differenza è inconfondibile.

 

 


 

Fig. 18
 

 

Tutte le sorgenti extragalattiche mostrano un flusso assoluto straordinario (una magnitudine assoluta straordinaria) se non sono poste alla distanza "giusta" r = (1 / R0 σ0) 1n (1 + z), che è molto più piccola della distanza di Hubble in una qualunque delle sue versioni secondo la Cosmologia Relativistica.

 
L'effetto energia hv0 / hv = l + z si considera dovuto all'esistenza di una Conduttività Elettrica dell'Etere σ0 che diminuisce l'energia dei fotoni senza diminuire il loro numero (Hubble e Tolman, 1935).

 
L'esistenza di questo effetto energia mostra che, in aggiunta a ε0 e μ0 esiste una terza proprietà speciale dell'Etere: la conduttività elettrica σ0 .


Si noti inoltre, che l'esistenza del termine ε0 e μ0 (δF / δt) fa svanire la questione dell'invarianza di Lorentz delle onde Elettromagnetiche.

 
Le trasformazioni di Lorentz erano una conseguenza del tentativo di spiegare il risultato nullo dell'esperimento di Michclson-Morley.


Cioè: di spiegare un risultato sperimentale che non è mai esistito nella realtà fisica.

 

Queste trasformazioni e le loro conseguenze sono, ovviamente, sperimentalmente infondate.


Nel caso dell'Universo in Espansione, ad esempio, z assume la valenza di un indicatore di velocità di recessione, secondo la legge (attribuita ad Hubble): v = cz = Hr.

Questa affermazione priva di fondamento diviene l'origine di un paradosso Relativistico non appena si trovarono valori: z > l (vedi fig. 19)

 

Il paradosso fu risolto - secondo i relativisti - per mezzo delle trasformazioni di Lorentz.


Applicando le trasformazioni di Lorentz la velocità di recessione diventa: v = [(1 + Z²) - 1] / [( 1 + Z² ) + 1].

 
Cioè: v è sempre < c,  e la Relatività è salva.

 
In realtà si raggiunge il nuovo paradosso per cui, per alcune galassie, quelle a z più alto, la velocità di recessione è quasi uguale alla velocità della Luce.


Non c'è nessun paradosso: z è un indicatore di distanza, non di velocità di recessione, secondo la relazione:

 

r = (1 / R0 σ0) 1n (1 + z)

 

e può assumere qualsiasi valore z > l.

 

La Relatività prova di essere ancora una volta sperimentalmente infondata.

 
Le trasformazioni di Lorentz, nella realtà fisica, sono semplicemente un nonsenso.

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Conclusione
 

Al termine di questa ricerca, non mi restava che prendere atto dei suoi risultati: la Fisica e l'Astrofisica del ventesimo secolo, sfortunatamente il mio secolo, erano un grossolano falso, perpetrato ai danni di chi, come me, aveva ritenuto in buona fede di potersi fidare della serietà scientifica dei suoi contemporanei.

 
Michelson, celebrato come un grande scienziato, era in realtà un bugiardo patologico, capace - cosa per me inconcepibile e inaccettabile - di falsificare i suoi dati sperimentali, prima per potersi spacciare come autore di un eccezionale risultato sperimentale, che poteva conferirgli grande fama tra i suoi contemporanei: "Questa conclusione contraddice direttamente la spiegazione del fenomeno dell'aberrazione che è stata finora generalmente accettata, e presuppone che la Terra si muova attraverso l'Etere quest'ultimo essendo a riposo" (A. A. Michelson, Am. J. Sci. 22, 120, 1881, p. 315).

 
In seguito, per coprire questa prima balla cercò di truccare i dati degli esperimenti di Michelson Gale, Michelson, Pease e Pearson.
 

Lorentz, fece alcune osservazioni irrilevanti "sull'impostazione teorica di Michelson". Sua è probabilmente la variante teorica delle figure 5 e 6 che compare nel lavoro del 1887. Ma non ha nulla da obiettare sulla geometria del Cammino Ottico di figura 8, accettando l'idea che il fenomeno dell'interferenza possa dipendere dalla SOMMA e non dalla DIFFERENZA tra le due braccia dell'Interferometro, limitandosi a chiedere come un deficiente a Rayleigh: "È possibile che nella Teoria dell'esperimento di Michelson esista qualche punto di vista che non è stato considerato?" (A. Pais, "Subtle is the Lord", op. cit.).

 

Einstein, lo scemo del villaggio, "venne a conoscenza dell'esperimento di Michelson quando era studente, leggendo il libro di Lorentz del 1895" (L. Kostro, B. Lange, "Proceedings of the Intemational Conference: Galileo Back in ltaly II", op. cit.) e "subito arrivai alla conclusione che la nostra (sua) idea circa il moto della Terra non è corretta, se accettiamo il risultato nullo dell'esperimento di Michelson come un dato di fatto" (A. Einstein, "Speech at Kyoto University", December 22, 1922; NTM Shriftenreiche für Geschichte der Naturvissenshaften. "Technik und Medizin", Leipzig, 20, 1983, p. 25-28).


Ma non gli viene in mente di controllare se il risultato nullo è effettivamente un dato di fatto.
 

Della grossolana ignoranza scientifica dell'impiegato dell'Ufficio Brevetti di Berna è prova evidente l'incapacità di distinguere la differenza tra c0 e cM ereditata da Lorentz.


Einstein, come Lorentz, non ha alcuna nozione di Metrologia Elettromagnetica.
 

Del resto, per riportare alla Luce la questione, constatata l'ignoranza dei miei contemporanei, ho dovuto scrivere una Storia delle Misure Elettromagnetiche della Velocità della Luce (vedi sito: www.lowenergytransmutations.org).


Infine, terrorizzato dall'idea che l'ignobile truffa da lui perpetrata fosse scoperta, Einstein cerca, con l'aiuto di Grossmann, di dare un seguito ai suoi deliri con la Relatività Generale, trovando la complicità di un miserabile cialtrone: Eddington. Nasce così il mito della Eclissi Totale del 1919, il cui risultato fu esaltato da Thomson come "una delle conquiste più alte del pensiero umano".

 
Per tutta la vita, tuttavia, Einstein dovette difendersi dagli attacchi dei suoi critici, aspettando che uno dopo l'altro morissero.
 

Nel 1937 Nernst sottolineò che i redshifts Galattici non costituiscono un effetto Doppler. La Cosmologia di Nemst ha ignorato completamente, in quanto irrilevante, l'intera Teoria della Relatività, sia Speciale che Generale. Le sue implicazioni cosmologiche, il Big Bang e l'Universo in Espansione erano pura fantasia così che egli non le aveva considerate ovviamente di alcuna importanza. Ma grazie agli errori di Ives nel 1938 l'Effetto Doppler ha potuto continuare ad essere una spiegazione Relativistica dei redshifts Galattici.


Nel 1941 Miller morì. Ma nel 1955, al termine della sua vita, il vero Einstein stava ancora cercando di nascondere i risultati sperimentali di Miller, usando la complicità di Shankland, per evitare che la Relatività crollasse come un castello di carte.
 

Nel 1942 Nernst morì, e il vero Einstein tentò di seppellire il significato del suo lavoro scientifico dicendo che Dopo il 1930 - quando Nernst scrisse il suo lavoro contro la Relatività e l'Universo in Espansione - egli (Nernst) era sopraffatto da debolezza egocentrica.

 

Nernst fu, di conseguenza, dimenticato, e quando nel 1964 Penzias c Wilson riscoprirono la radiazione di fondo a 2.7° K, Gamow giocò una nuova disinformazione cercando di convincere tutti che egli aveva predetto correttamente e prima di chiunque altro, la giusta temperatura della Radiazione di Fondo Cosmica sulla base dell'ipotesi del Big Bang.

 
Il 4 Aprile 1955, Einstein scrive una prefazione al testo: "Cinquant'anni di Relatività", nella quale ammette che: "Siamo molto lontani dall'avere una base concettuale della Fisica nella quale possiamo confidare".
 

Almeno in fin di vita, aveva ragione: perché la Relatività ha dimostrato di essere la più colossale truffa nella storia della Scienza Moderna.

 
Einstein morì il 18 Aprile 1955.

 
Dopo 100 anni di Relatività Einsteiniana Il n'en reste plus que des ruines (Allais).


Ma il danno più grave è costituito dal fatto che il dominio della Relatività durante il secolo scorso ha impedito alla maggioranza della Comunità Scientifica di studiare le proprietà Fisiche dell'Etere, considerato come una sorgente di energia disponibile per l'umanità.

 
Uomini come Trowbridge sono stati dimenticati.
 

La "macchina ad Etere" (Nexus, Italian Edition, Anno XI, Numero Gold, Maggio-Giugno 2005, p. 49) di Tesla (1931) è stata ignorata da Case Automobilistiche, Compagnie Petrolifere e di Energia, non interessate a una "energia libera": l'energia dell'Etere, disponibile liberamente a tutti e gratis.


Nel 1943 Tesla morì.
 

Recentemente una nuova Compagnia, Steorn, sembra aver scoperto di nuovo come attingere energia dall'Etere, una tecnologia simile a quella di Tesla (www.steorn.com).

 

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Riflessioni di Nereo Villa su questo ottimo libro di Roberto Monti

 

Non posso dire che Roberto Monti abbia avuto totale consapevolezza della realtà della luce e dell'Etere, dato che parla di velocità della luce. Tuttavia sento che i suoi riferimenti all'Etere, alla velocità della luce ed al superamento di questa, anche se ancora impostati secondo mera logica matematica, non sono distanti dalla logica di realtà, a cui conduce l'antroposofia di Rudolf Steiner: LUCE è, sì, tutto il percepibile ma - spiega Steiner - "un oggetto di percezione in quanto illuminato non è la LUCE che lo illumina. La vibrazione non è altro che la manifestazione della luce nell'ETERE [...]. La rifrazione della luce risulta dall'azione di certe direzioni di forza sulla direzione della luce. Gli anelli colorati di Newton, i fenomeni di interferenza, sono i risultati di irraggiamenti della luce (azione della LUCE nell'ETERE) e di altre azioni di forze che si trovano sul percorso della luce (attenuanti, cioè gradualmente indebolenti). Lo stesso vale per i fenomeni di polarizzazione. Non si dovrebbero cercare le figure di polarizzazione nella struttura dell'essere della luce, ma nella struttura del MEZZO che si pone sul percorso della luce. La velocità della luce è il risultato di una specie di attrito della luce in tale mezzo" (R. Steiner, "Impulsi scientifico-spirituali per lo sviluppo della Fisica. Primo corso di scienze naturali", Ed. Antroposofica, Milano 2013, pp. 175-176; cfr. anche l’introduzione di Steiner a “La teoria dei colori” di Goethe). E ancora, a proposito della luce elettrica: "La LUCE non va considerata come una funzione dell'elettricità ma l’elettricità come una sorta di veicolo corporeo della luce. La materia caricata elettricamente consiste nel fatto che certi ammassi di forze tengono insieme tali ammassi di forze che si manifestano come elettricità" (ibid.).

Pervenire alla consapevolezza dell'Etere o del CORPO ETERICO UNIVERSALE implica la coscienza dell'etere di luce e dell'autentico tessuto dell'universo, uno col pensare non riflesso, o "noosfera", o "corpo bioplasmatico", che è poi la "forza coesiva del nucleo atomico", individuata, anche se come in un primo balbettio, da altri scienziati come Maria Goeppert Mayer, Jensen, e Wigner (ne ho accennato anche nel post "Sull'energia nucleare"). L'Etere di cui parla Roberto Monti non è diverso. In base a questa realtà "materiale", cioè costituita di materia massimamente sottile o rarefatta non si può dire che la luce si muova, o che abbia una velocità misurabile. Si può solo dire che, modificandosi grazie alla luce, tale eterea materia di cui è costituito l'Etere universo, è mossa. La luce però NON si muove, dato che è un’entità onnipresente ed extrasensibile (o sovrasensibile), cioè posta al di là del sensibile, al di là della materia, e che solo l’elemento interiore del percepire può cogliere.

Non la luce, dunque, è misurabile, bensì la reazione dell'Etere alla luce, dato che la Fisica classica chiama etere il MEZZO in cui si propaga la luce. Auspico però che questo termine, Etere, incominci ad essere applicato anche e soprattutto al sovrasensibile mondo delle forme che conformano, appunto, le sostanze sia minerali (o materiali) che immateriali come, appunto, le forme del nostro pensieri, nascoste nel nostro percepire le cose. Un esempio: vi è un elemento nascosto che nel nostro corpo fisico lotta incessantemente contro la decomposizione. Io lo posso osservare non solo tramite una visione superiore, ma anche nei suoi effetti visibili anche materialisticamente: di fronte a un cadavere posso dire di vedere un reale corpo fisico; non così di fronte a un uomo vivo: in lui non "vedo" solo un corpo fisico ma qualcosa che impedisce alle sostanze e alle forze fisiche di seguire le loro vie, le quali di per sé condurrebbero alla dissoluzione il suo corpo. Questo qualcosa è l'Eterico, cioè il corpo eterico o vitale di quella persona.

Affinché certi processi che si svolgono nella materia sottile detta Etere si manifestino come luce e colore è necessario un occhio. Io so qualcosa di un essere o di un oggetto solo se ne ricevo un'impressione attraverso uno dei miei organi di senso. In tal modo posso avvicinarmi all'essere di una cosa, anche se è solo un timido avvicinarmi, dato che poi è difficile esprimerlo. Allo stesso modo è difficile esprimere l'essere della luce. Della luce vediamo gli effetti di luce; però per abbracciare davvero l'essere della luce o di quella luce o cosa o di quella persona dovrei rapportarmi alla completa storia di quegli effetti...

Etere universale, etere universo è ciò che a volte sperimentiamo in noi come etere luminoso o come universalità del pensare, che a sua volta ci fa risplendere. Se per esempio abbiamo un buon pensiero su qualcosa, questo pensiero riecheggia perché permane come processo oggettivo nell’etere universale. Ogni nostro pensiero è Etere. Quando il nostro etere individuale si scontra con l’etere universale, tra noi e l’etere universale si determina un dialogo. Questo dialogo non può che condurre all'universalità del pensare se poggia su regola... di luce. Perché "la nostra vita è una continua oscillazione alternante, come di un pendolo, fra la comunione col divenire universale e la nostra particolare esistenza. Quanto più in alto saliamo verso la natura universale del pensare [...], tanto più si perde in noi il carattere di essere particolare, di singola determinata personalità; quanto più discendiamo invece nelle profondità della nostra vita e lasciamo che il nostro sentire si accordi con le esperienze del mondo esterno, tanto più ci distacchiamo dall'esistenza universale" (cfr. R. Steiner, "La filosofia della libertà", cap. 6°). In tal senso l'Etere può essere considerato distinto dalla luce (almeno nella fase dell'accorgersi che la luce che si crede di misurare non è altro che una reazione del MEZZO eterico alla luce) così come può essere considerato Uno con la Luce nella misura in cui è "uno col pensare non riflesso", cioè pre-dialettico.

Al sedicente scienziato della velocità della luce occorre una coscienza più rigorosa circa la funzione dell'intuire nel percepire. Senza questa coscienza, la materia (compresa la materia che egli attribuisce alla luce, che poi crede di misurare dogmaticamente come velocità) diventa purtroppo ancora e sempre per lui un mito, una fede, che è poi il segno della sua incapacità di penetrarla. Si tratta di una fede in spettri di luce creduti luce percepita. Ovviamente, neanche l'impostazione scientifico-spirituale dovrà considerarsi come qualcosa di dogmatico: "nemmeno le conoscenze spirituali acquisibili nel tempo presente, per quanto rilevanti possano essere, sono da intendersi come una somma di dogmi assoluti. Occorre comprendere chiaramente che in futuro appariranno individualità che saranno in grado di scorgere, proprio nelle comunicazioni che noi oggi siamo capaci di trasmettere, delle verità più profonde di quelle che possiamo cogliere noi stessi. Su questo si fonda, in verità, l'evoluzione spirituale dell'umanità" (R. Steiner, "Polarità fra Durata ed Evoluzione nella vita umana. La Preistoria cosmica dell'Umanità", Vol. I, Ed. Antroposofica, Milano 2011, p. 11).


Il grande merito di R. Monti è comunque stato quello di spiegare in modo semplice quali sono i due errori fondamentali che tolgono qualsiasi validità alla Teoria della Relatività di Einstein:

1) L'esperimento di Michelson-Morley non ha mai dato risultato nullo.
2) I tempi di andata e ritorno di un segnale ottico NON SONO UGUALI PER DEFINIZIONE. La loro differenza è dimostrata dall'esistenza dei Giroscopi Ottici.
 
Nel retro copertina del libro che presento qui vi è una frase che riassume sinteticamente il mio medesimo punto di vista su questo argomento. Eccola: "È ormai tempo di gettare alle ortiche l'intera Teoria Einsteiniana e già che ci siamo anche il cervello del suo ideatore, attualmente conservato in formalina".

Roberto Monti (1945-2014), laureato in Fisica Generale nel 1969 nell'Università di Bologna, con una tesi di Biofisica, lavorò dal 1969 al 1972 come Ricercatore presso il Centro di Chimica Macromolecolare del Dipartimento di Chimica dell'Università di Bologna. Dal 1972 fu Ricercatore presso l'Istituto TESRE del CNR (Centro Nazionale Ricerche) di Bologna. Nel 1984 fu co-fondatore della casa editrice Andromeda (SEA) e fu Direttore Scientifico della rivista "Seagreen". Dal 1993 al 1994: Research Associate presso "Crystal Mountain Ltd", Anacortes, WA, USA. Dal 1994 al 1998: Research Associate presso Burns Developments Ltd, Vancouver, BC, Canada. Dal 1998 al 2003: Director of Research, Monti America Corporation, Vancouver, BC, Canada. Fino al 2010 fu Ricercatore presso l'Istituto TESRE - CNR (IASF), continuando poi a lavorare come ricercatore indipendente fino alla morte, avvenuta a 69 anni di età.