Ocolingo docet

 

Lettera aperta al Comitato scientifico di UPMAT

 

 

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Lettera aperta di Nereo Villa al comitato scientifico UPMAT (Università Popolare di MusicArTerapia) di GdL (Globalità dei Linguaggi)
 

Spett. UPMAT del Centro Globalità dei Linguaggi (www.centrogdl.org),
a me pare che la forma "ad gradere", in vari Vs. scritti fondamentali per la caratterizzazione dell'aggressività come gradevole, non esista in latino. Il termine "gràdere" (con l'accento sulla "a") è 2ª p. sing. dell'imperativo presente del verbo "gradi" (da "gradior"), che significa "camminare", "avanzare", "procedere", "andare".
Vi chiedo pertanto spiegazioni in merito a tale etimologia che mi sembra poggiare su latino maccheronico, "ad-gradere", appunto, per connetterlo all'"aggradire" o all'"aggradare" nel senso di "avere come cosa gradita" o di "accettare con piacere". Anche in "aggredi" (infinito di "aggredior"), che significa in ordine di importanza: "avvicinarsi, accostarsi"," avvicinare qualcuno per parlargli", "accingersi a, cominciare", "aggredire, assalire", "accattivarsi, corrompere", ed il cui imperativo presente (2ª persona singolare) è "aggrédere" (con l'accento sulla prima "e"), non può presumersi alcuna gradevolezza o piacere. 
L'etimologia dell'italiano "aggredire" si compone della particella "ad" e di "gradi" (da "gradior" e da "gradus", che significa "passo"), indicanti, appunto, l'andare verso qualcuno per assalirlo, non certo per fargli "gradire" qualcosa. Per esempio "graditur ad bellum" significava "egli va alla guerra", non significava "egli gradisce la guerra"; ed ancora: "fidenti animo gradietur ad mortem" significava "con animo imperturbabile egli andrà incontro alla morte", non significava "con animo imperturbabile egli gradirà la morte"! Dunque l'imperativo latino "gràdere" (e non "ad-gradere") significava "Va'!" e non "Va' verso il piacere o il gradimento di qualcosa". Per dire "ricevere grandi onori", i latini dicevano casomai "aggredi magnos honores". Sostituire "aggredi" con l'inesistente "ad-gradere" per "formare" la convinzione che la parola aggressione comporti "gradimento" mi sembra una forzatura della realtà, dato che essere aggrediti non potrà mai essere qualcosa di piacevole, così come la guerra non potrà mai essere la pace! Ecco perché mi sembra ingiustificato ipotizzare un "piacere dell'aggressività". È ovvio che nell'"aggradire", cioè nel piacere di accogliere una cosa gradevole, si tratti di un grado buono, e ciò è testimoniato anche da espressioni come "a buon grado", "di buon grado", ecc. Ma nell'"aggressione" non si può e non si potrà mai parlare di bontà o di piacere, a meno che non si opti per il piacere del male, perché il piacere dell'aggressività può trovarsi solo in una mente malata. Insomma, per aggressività si è sempre inteso una forza avente fini tutt'altro che piacevoli o gradevoli. Oggi invece esistono "formatori" che insegnano il piacere dell'aggressività, dando per scontato il latino "ad gradere", che invece non esiste. Potete darmi qualche spiegazione o informazione che corregga il mio punto di vista?
Grazie.
Distinti saluti.
Nereo Villa

 

Gli studiosi conoscitori di latino possono, se vogliono, aderire o contestare questa iniziativa scrivendo a Nereo Villa una mail con la parola "SONO D'ACCORDO" o "NON SONO D'ACCORDO" nell'"Oggetto", aggiungendo le loro considerazioni (che saranno pubblicate in https://nereovillaopere.wordpress.com/). Possono comunque farlo tutti, indicando nome e cognome.    

 

 

 

«Aggredire è un modo per avere contatto ("ad-gradere" cioè andare incontro) con l'altro e se pure non è la risposta adeguata, cioè un contatto sano e protettivo di cui il mambino avrebbe bisogno, è un valido sostituto...».

 

Cosa? "Aggedire" proverrebbe da "AD-GRADERE", e pertanto sarebbe un valido sostituto per andare incontro all'altro?

 

Secondo questa etimologia l'aggredito troverebbe l'aggressione SANA COME un contatto protettivo? Sembra proprio di sì. Ma è un'etimologia aberrata e aberrante. Leggi bene questo pezzo di p. 25 di B. Fabbroni, "Io ho paura. Diari di vita", Ed. Univ. Romane, Roma 2007. Leggi, leggi!

«D'altra parte aggredire è un modo per avere contatto (ad-gradere cioè andare incontro) con l'altro e se pure non è la risposta adeguata, cioè un contatto sano e protettivo di cui il bambino avrebbe bisogno, è un valido sostituto che tra l'altro sposta la paura (vissuta come elemento scomodo) nell'altro che proverà questa emozione come risposta all'aggressione subita».

Infatti AD-GRADERE non esiste in latino. Esiste tutt'al più GRÀDERE (senza AD e con l'accento sulla A) come seconda persona singolare dell'imperativo presente del verbo "gradi" (da "gradior") per dire "Vai!", "Cammina!", "Avanza!", "Procedi!"... Ma in "gradior" non c'è alcun riferimento al "gradire", o all'"avere come cosa gradita", nel senso di accettare con piacere qualcosa. Perché se mi aggredisci non provo alcun piacere... NON GRADISCO. E tu? Gradisci se ti dò una badilata in testa?

 

Oggi è il tempo dell'OCOLINGO. «La parola "ocolingo" (duckspeak)», scriveva nel 1948 Orwell nel suo romanzo "1984", «esprime il limite estremo a cui si vuol far giungere il processo di riduzione linguistica: "ocolingo" è colui che può "articolare il discorso nella laringe stessa, senza chiamare in causa i centri del cervello" (parlare con lo stesso meccanismo con cui l'oca emette i propri versi)» (George Orwell, “1984”, Mondadori, Milano 1967, p. 324).

 

Ocolinghi sono dunque coloro che parlano come oche o corvi o pappagalli: soggetti umani talmente disabituati all'esperienza del concetto, che quando parlano o scrivono non collegano più le parole usate con i contenuti concettuali evocati.

 

Di ocolinghi e di ocolinghe oggi è pieno il mondo e sono in costante aumento (si veda per esempio il titolo della tesi seguente di M. Innocenti: "La scarica dell'ad-gradere nei bambini vittime di violenza assistita…"). Ne parlai anni fa in "La Guerra è Pace?" e in "Sull'aggredire gradito all'u-mano" (https://digilander.libero.it/VNereo/la-guerra-e-pace.htm e https://digilander.libero.it/VNereo/sull-aggredire-gradito-all-u-mano.htm).

 

Oggi le manipolazioni linguistiche in Italia aumentano in modo esponenziale, a causa della schiavizzazione dei "badanti professionali" ai "diversamente abili". La mancanza di lavoro genera anche questo: se vuoi lavorare fai il corso... (alias: Se vuoi lavorare, paghi).

 

Hanno infatti la loro scuola di Stato che li seleziona a dovere in base alla loro fede nella kultura di Stato: http://www.centrogdl.org/images/diploma_scuola_quadriennale.pdf
 

Insomma, peggio di così c'è solo L'INVENZIONE MINISTERIALE dell'OBBLIGO FLESSIBILE. Siamo davvero al TOP, anzi al TROP, del linguaggio insensato...

 

Oltre alla tesi sopracitata di Monica Innocenti, "La scarica dell’ad-gradere nei bambini...", ecco altre tesi con altrettante cianfrusaglie linguistiche: M. Francesca Abate, «Il senso "estetico" come anestetico"»; S. Cecchi, "Dante il via-andante"; B. M. Dappiè, «La "devianza" è l'ombra della "viandanza"»; E. Errico Agnello, "Emos-azionarsi per…emos-azionare"; S. Masini, "Trans-Form-Azione"; S. Moreno, "Evoluzione e trans-formazione"; M. Mugnai, "Tras-form (a)-zione"; J. Prebanda, "M'assaggio"; M. Bertilla Girotto, "L’Io… Essere U-Mano" in cui si fa provenire etimologicamente l'umano dalla "mano" presente in "umano", senza minimamente sospettare che ciò potrebbe valere anche per il caimano.

 

O terapeuti dell'aggressione e della Guerra, vi saluto: il salame è il mio pastore. Non manco di nulla. Salam!