L’assegnazione dei suoni ai corpi celesti
da "RICERCA '90" - Trimestrale di astrologia - Aprile 2000 - http://www.programmiastral.com/numero42.pdf

L’assegnazione dei suoni ai corpi celesti rappresenta, a mio parere, un tentativo di risoluzione di un problema straordinariamente difficile se non addirittura impossibile riguardante la conoscenza dell’armonia delle sfere celesti. Nonostante tutta la trattatistica musicale medioevale e tutti i lavori di eminenti studiosi come Zarlino, Gaffurio, Galilei, Keplero, Cartesio, Mersenne, Kircher e molti altri, una giustificazione storica e un chiaro fondamento, relativi a questa conoscenza, rimangono infatti ancora oggi oscuri. La medesima cosa oggi può dirsi anche della cosiddetta musicoterapia, i cui benefici fisici non sono mai stati provati e tantomeno documentati. L’aggiungere il termine "terapia" ad azioni piacevoli come l’ascolto della musica (musicoterapia), l’andare a cavallo (ippoterapia), l’odorare un profumo (aromoterapia), il ridere di una comicità (comicoterapia), ecc., è da questo punto di vista da considerarsi solo espressione del decadimento e dell’alienazione dell’uomo d’oggi, che chiama "terapeutico" il proprio piacere sensoriale e da esso si fa aiutare in quanto non riesce a volare più alto.

Che qualsiasi brano musicale possa suggestionare e giovare l’ascoltatore con effetti benefici (o malefici) su tutta la sfera del suo sentire, del suo pensare e del suo agire fino ad interessare la sua stessa vita fisiologica, certo non lo si vuole negare. Dunque, anche per i suoni, ricavati in qualche modo da un cielo di nascita, non si può escludere una certa carica di suggestione influente su chi ascolta, e soprattutto su colui al quale tale cielo di nascita appartiene. Attingere razionalmente dei suoni dalla posizione delle stelle e dei pianeti non significa però aver raggiunto la conoscenza esatta della musica delle sfere. Se si pensa secondo criteri scientifici a tale finalità, bisogna avere il coraggio, anzi, di ammettere che a tutt’oggi non è stato scoperto o raggiunto davvero nulla in questo campo e che l’uomo è ancora molto primitivo rispetto a queste conoscenze, per ora ancora prive di fondamento teorico e di una metodologia degna dell’uomo moderno. Si può invece dire che esistono tante interpretazioni diverse riguardo l’attribuzione delle note chiave ai segni, quanti sono gli interpreti sedicenti scopritori. Il fatto che Dane Rudhyar, uno degli studiosi più esperti di astrologia, conosciuto anche come compositore, filosofo e autore di molti libri di estetica della musica, in cinquant’anni di attività non abbia mai accennato a rapporti tra musica e astrologia, si commenta da sé.

Senza alcuna presunzione di verità su tale conoscenza, esporrò dunque il metodo da me usato per ricavare suoni dal cielo. Ed, anzi, proprio perché sono tanti i barbarismi che vengono accumulati nello stile scientifico ad opera di una gran massa di gente stravagante capace di scrivere su ogni sorta di cose, prego il lettore di non credere alle esperienze che presento nei miei appunti, finché non le abbia fatte egli stesso.

Mi sono basato innanzitutto sul testo "Manuale laico di Astrologia" di Haram, alias Sandro Bellenghi, che conobbi a Milano nel 1982. Come dissi anche al Bellenghi, il suo lavoro, pur essendo razionalmente impostato ed in qualche modo giustificato per quanto riguarda l’attribuzione dei suoni fondamentali ai dodici segni, è carente di spiegazioni soprattutto nella parte che riguarda l’attribuzione delle funzioni della nostra scala musicale eptatonica ai sette pianeti principali del nostro sistema solare. Poiché credo che una verità qualsiasi non possa essere trasferita semplicemente in modo dialettico o autoritario o anche per fede da una persona ad un’altra, glielo dissi: "Non posso credere a te o a una autorità qualsiasi per potere avere certezza di verità come queste. Posso accogliere tali verità comprendendole in me in modo razionale. Voglio capire perché per esempio un pianeta e non un altro possa essere attribuito a quella o a quell’altra funzione di scala". Lui mi rimandò a testi ebraici su cui si era basato, che verificai senza trovarvi però giustificazione alcuna. In altre parole, il Bellenghi, a mio parere, non essendo musicista, fa una ricerca intellettuale della musica delle sfere, quindi incompleta. Questo non significa che il suo lavoro non sia apprezzabile come ipotesi iniziale. Un giorno, quando venne a casa mia interessato alle mie ricerche di fisica sulla luce, che a lui servivano per suoi studi sul numero 12, gli feci notare che la distanza fra il pianeta Giove e il Sole espressa in unità di milioni di chilometri è un numero che "tradotto" in hertz musicali corrisponde a un suono molto vicino a quello di una dominante, e fu molto contento di questa mia osservazione perché sembrava comprovare in qualche modo la corrispondenza fra il pianeta Giove e la funzione appunto della dominante. Così mi incoraggiò su questo tipo di ricerca. Col passare del tempo però mi accorsi che proseguire questi studi era un po’ come affondare nelle sabbie mobili a causa della marea di testi scritti da finti studiosi interessati solo al business della "new age", dell’"era dell’acquario" e così via. Pertanto non potei più continuare questo tipo di ricerca.

Ho giustificato comunque per me stesso (vedi gli appunti "SULL’ATTRIBUZIONE DEGLI ASTRI ALLE FUNZIONI DI SCALA") tali attribuzioni astro-planetarie basandomi principalmente sul mio sentire (cioè sulla mia esperienza di musicista delle funzioni della scala), su ossevazioni concordanti di Rudolf Steiner riguardanti la musica e l’euritmia, e su punti essenziali dell’antico testo De Celeste Jerarchia compreso nel Corpus dionysiacum, al cui autore, tramandato sotto il nome di Dionigi l’Areopagita e citato negli Atti degli apostoli (17, 34) come seguace dell’apostolo Paolo, è valsa la considerazione di fondatore della teologia mistica e di massimo esponente dell’angeologia cristiana. (Il nome di "Pseudo-Dionigi", che a volte gli si attribuisce, proviene dal fatto che anticamente le conoscenze occulte venivano all’inizio tramandate oralmente e messe più tardi per iscritto col nome dell’autore morto da tempo. Alla fine del V secolo apparvero infatti in Siria come sue opere gli scritti Della gerarchia angelica e Della gerarchia ecclesiastica, tradotti poi nel IX secolo dal greco in latino da Scoto Erigena).

Il risultato di queste ricerche, pur rimanendo collocato senz’altro nella sfera dell’ipotesi, mi ha permesso di rispondere, se non altro, all’importante quesito etimologico posto a suo tempo dallo scopritore della dodecafonia Arnold Schönberg riguardante la denominazione musicale di "dominante". Tale quesito è il seguente: come mai si chiama "Dominante" quella tale funzione di scala se invece è essa stessa "dominata" da altra funzione?

Servendomi di una chitarra, mi è stato possibile sperimentare prima di tutto ciò che nel campo musicale si intende con il concetto di "armonico". Di solito infatti per spiegare come un certo suono sia "armonico" rispetto a un altro si mette in gioco la fisica e tutto si complica. Invece, semplicemente premendo una corda di una chitarra con un dito fino a farla battere contro il legno ho potuto notare che si possono udire contemporaneamente due suoni. L’esperimento riesce se si ha cura di fare ciò soprattutto nei tasti situati vicino alla cassa di risonanza, dalla parte cioè dell’apertura circolare da cui esce il suono. Se per esempio si preme sulla seconda corda (LA) nel 15° tasto fino a battere appunto contro il legno dell’impugnatura che la sottende, non si ode solo il suono relativo al 15° tasto, che è un DO, bensì contemporaneamente un altro suono, un SOL.

Con tale esperienza l’orecchio umano può dunque udire ciò che in quel punto della corda corrisponde al primo armonico di DO (diverso da DO) che è precisamente un SOL, e realizzare in modo analogo che esistono suoni di varia altezza, fusi col fondamentale (o tonica) e che costituiscono un suono composto. Ogni suono è infatti costituito dai suoi "armonici". Nel nostro esempio, il DO incorpora in sé come primo armonico, differente da sé, il SOL.

Sul piano degli intervalli della nostra scala, SOL, rispetto a DO, viene chiamato la 5ª di DO. Infatti SOL è la quinta nota della nostra scala "eptatonica" (da "epta" = 7).

Per ottenere la 5ª di una nota fondamentale, basta procedere di 4 gradi dopo la nota fondamentale. Con tale procedere si apre una porta di accesso verso l’enucleazione del relativo armonico in qualsiasi suono dato e verso la possibilità di applicare l’estensione di questo concetto di "porta" all’armonia delle stelle. Si tratta di un accesso archetipico dominante, costituito da 4 gradi successivi della scala secondo il seguente schema:

1

2 3 4 5

1

2 3 4 5

1

5

1

2 3 4 5

1

2 3 4 5

DO

RE MI FA SOL

LA SI DO RE

MI FA SOL LA

SI DO RE MI

4

1 2 3 4

1 2 3 4

1 2 3 4

1 2 3 4

Ho chiamato accesso archetipico dominante questa possibilità del numero quattro anche per motivi linguistici. Qui si può realizzare, credo, il luogo preciso in cui suono e parola, si danno per così dire la mano. Il nome della quarta lettera dell’alfabeto ebraico, DALET, significa infatti propriamente (magicamente si potrebbe dire) "porta".
Comprendere l’accesso dal suono al linguaggio comporta allora anche un’altra consapevolezza e cioè comprendere che tra il sistema macrocosmico (astrale-zodiacale) e quello musicale intercorrono rapporti molto stretti e significativi: l’armonia delle sfere e l’armonia dei suoni si sovrappongono e si spiegano reciprocamente.

Dei rapporti tra sistema astro-zodiacale e sistema musicale si parla solitamente molto poco, e questo nonostante fra essi esistano connessioni solidissime sia sul piano teorico, sia sul piano operativo. Si pensi solamente che la musica si fonda su dodici semitoni, come lo Zodiaco si basa su dodici costellazioni. La musica identifica sette note in una scala tonale, così come vi sono sette pianeti principali nel sistema solare. La musica parla di "accordi" consonanti e dissonanti; l’antico scrutatore del cielo parlava di "aspetti" consonanti e dissonanti degli astri. Le analogie sono evidenti, e tuttavia sono state analizzate molto raramente, e superficialmente sia nel campo dell’astrologia e nella musica, mai in quello del linguaggio.

Per affrontare questo problema, cominciamo dunque a collegare ogni segno zodiacale, partendo dall’Ariete, ai dodici semitoni sopra accennati, che devono essere intesi come dodici tonalità e singole note (fondamentali). Si tratta quindi di rapporti fra le dodici "tonalità" dei mesi dell’anno e le dodici "scale musicali" possibili, cioè tra segni zodiacali e tonalità musicali. Ogni segno zodiacale corrisponderà dunque a un "modo" musicale definito dalla nota fondamentale attribuita al segno. Tale attribuzione è calcolata secondo la sequenza del cerchio delle quinte di Schönberg, scopritore della musica dodecafonica.

Il "circolo delle quinte" di Schönberg con tonalità maggiori e minori
(dal "Manuale di Armonia", Ed. Il Saggiatore, pag. 191)

"L’espressione ‘circolo delle quinte’ - scrive lo stesso Schönberg - viene dal fatto che un tempo si scrivevano i nomi delle tonalità su un circolo in modo che le distanze tra i punti vicini corrispondevano alle distanze di quinta di queste tonalità affini. Vale a dire che le tonalità si susseguono a distanza di quinta (do-sol re-la, ecc) tornando per questa via al punto di partenza. Questo ritorno ha una somiglianza con la linea descritta dal cerchio, che torna pure su se stessa. Se ora si segue questo circolo nella direzione indicata (do-sol-re-la, ecc.) si avrà appunto il "circolo delle quinte" o, come io preferisco chiamarlo, "circolo ascendente delle quinte", in quanto esso è formato dalle quinte che si sovrappongono a partire da una determinata nota" (A. Schönberg, "Manuale di Armonia").

Rimettendo in fila i segni secondo l’ordine naturale dei dodici semitoni abbiamo la seguente sequenza:

Ariete
Toro
Gemelli
Cancro
Leone
Vergine
Bilancia
Scorpione
Sagittario
Capricorno
Acquario
Pesci
Tonalità di DO naturale
Tonalità di SOL naturale
Tonalità di RE naturale
Tonalità di LA naturale
Tonalità di MI naturale
Tonalità di SI naturale
Tonalità di SOL BEMOLLE (o FA DIESIS)
Tonalità di RE BEMOLLE (o DO DIESIS)
Tonalità di LA BEMOLLE (o SOL DIESIS)
Tonalità di MI BEMOLLE (o RE DIESIS)
Tonalità di SI BEMOLLE (o LA DIESIS)
Tonalità di FA naturale

Il segno dell’Ariete corrisponderà dunque alla tonalità di DO, il Toro a quella di SOL, i Gemelli a quella di RE, e così via.

A questo punto, dopo le dodici corrispondenze zodiacali, occorre designare le sette funzioni della scala e le relative corrispondenze astrali qui adottate.

Attribuzione delle tonalità musicali ai segni

Mi pare necessario a questo punto delineare un minimo ausilio teorico musicale. Ogni scala tonale è formata da sette note in successione; la più conosciuta di queste scale è quella di do maggiore, che comprende le sette note DO, RE, MI, FA, SOL, LA, SI. Nella scala maggiore, gli intervalli fra le note, cioè fra i dodici tasti (7 bianchi e 5 neri nel pianoforte) in essa compresi, stabiliscono anche le distanze in toni (T) fra le sette funzioni della scala:

do-re-1T, re-mi-1T, mi-fa-½T, fa-sol-1T, sol-la-1T, la-si-1T, si-do-½T

Mediante tali distanze, cioè usando gli stessi rapporti intercorrenti tra funzione e funzione (1, 1, ½, 1, 1, 1, ½) si determinano allora tutte le dodici scale possibili. In ognuna di esse, ogni nota ha anche un suo nome particolare di funzione:

la prima nota si chiama fondamentale o tonica
la seconda nota si chiama sopratonica
la terza nota si chiama mediante
la quarta nota si chiama sottodominante
la quinta nota si chiama dominante
la sesta nota si chiama sopradominante
la settima nota si chiama sensibile

Ora, i sette pianeti principali possono essere associati a queste sette funzioni di scala, per cui in ognuno dei 12 segni zodiacali, corrispondenti alle 12 tonalità possibili, essi possono ascriversi ad ognuna delle dodici note di ogni tonalità a seconda della loro collocazione cosmica, secondo il seguente schema:

il Sole rappresenta la tonica
Saturno rappresenta la sopratonica
Mercurio rappresenta la mediante
Marte rappresenta la sottodominante
Giove rappresenta la dominante
Venere rappresenta la sopradominate
La Luna rappresenta la sensibile

Secondo questa prospettiva - meramente annunciata da Haram e che negli appunti ho cercato di giustificare (vedi più avanti) - il Sole (tonica) formerà il suono DO naturale quando si trova in Ariete, LA naturale quando si trova in Cancro, FA naturale quando si trova in Pesci ecc.; Giove (dominante) sarà un RE naturale se in Toro, un LA bemolle se in Scorpione e così via di seguito.

L’insieme completo dei rapporti pianeta-segno-nota musicale è dato dalla seguente tabella:

Dalla tabella, è possibile desumere l’accordo musicale specifico di ogni tema astrologico.

Se per esempio in un tema gli astri risultano collocati come segue: Sole in Cancro, Saturno in Leone, Mercurio in Cancro, Marte in Vergine, Giove in Sagittario, Venere in Gemelli, Luna in Sagittario, da essi avremo:

Sole in Cancro nota la naturale
Saturno in Leone sol bemolle (o fa diesis)
Mercurio in Cancro re bemolle (o do diesis)
Marte in Vergine mi naturale
Giove in Sagittario mi bemolle (o re diesis)
Venere in Gemelli si naturale
Luna in Sagittario sol naturale

Rimane ora il compito di armonizzare e arrangiare tali note, ottenute dal tema natale, e sperimentarne il potere di suggestione…o di terapia. In ogni caso, si apre qui un altro campo di ricerca, quella relativa all’arrangiamento musicale più adatto. Mi sembra infatti che il compositore dovrebbe a questo punto ricercare la possibilità di un metodo di composizione il più impersonale e oggettivo possibile per non inserirsi con il suo estro individuale in un firmamento e in un sistema analogico di "sfere" celesti che trascendono la sua soggettività.

APPUNTI

SULL’ATTRIBUZIONE DEGLI ASTRI ALLE FUNZIONI DI SCALA

Il Sole rappresenta la tonica.

L’esperienza della tonica è la più semplice e unica in quanto rispetto alle altre 6 rimanenti funzioni di scala esaminabili non abbisogna di alcun altro suono o punto di riferimento sonoro per sussistere come intervallo. L’esperienza della tonica non è altro che l’esperienza di un intervallo di 1ª, e cioè di una qualsiasi nota che ripete se stessa.

Potrebbe sorgere qui la seguente obiezione: che bisogno c’è di ripetere una nota per poterla percepire? Non basta udirla la prima volta? Questa obiezione si basa su una osservazione superficiale. Se immaginiamo il suono prodotto da un bambino che strilla, vediamo che tale suono non è molto dissimile - quanto a "glissato" – da quello prodotto da una sirena. Tale suono inizia, sì, con una specie di nota, ma subito esso si trasforma: dalle frequenze più basse passa a quelle più alte (l’"acuto") e viceversa. In tal caso dunque non possiamo realmente dire di avere percepito una nota. E’ evidente che quando diciamo: "Questo che odo è quel tale suono, ciò avviene in realtà tramite l’ascolto di frequenze costanti di quel suono, tali cioè che non aumentano progressivamente le loro oscillazioni come nel caso del bambino che strilla o nel caso della sirena. Per poter dire, per esempio, che quel determinato suono è un DO e come tale va scritto a quella determinata altezza sul pentagramma musicale, occorre che le sue frequenze di oscillazione sappiano promuovere se stesse nel tempo e ripetere se stesse, identiche a se stesse, quanto a numero di vibrazioni.

La vita è ritmo. Se questo manca finisce il tempo e già nella percezione di una semplice nota l’uomo in realtà percepisce un intervallo: l’intervallo di un suono che ripete se stesso, uguale a se stesso, per poter esistere nel tempo, un’onda sonora che ripete se stessa, uguale a se stessa, per poter essere percepita come nota.

Come il SOLE è l’unico elemento luminare capace di coinvolgere gli altri corpi celesti del sistema solare nel fenomeno temporale della Precessione degli equinozi, così la TONICA o FONDAMENTALE è l’unico intervallo musicale capace di coinvolgere le altre funzioni di scala del sistema tonale nel fenomeno temporale della frequenza di oscillazione. E come l’esperienza di una TONICA ha bisogno di essere identificata in quanto tonalità, così l’esperienza di una vita umana può essere identificata in quanto segno zodiacale. Il SOLE è fondamentale per la vita terrestre; la TONICA (o FONDAMENTALE) è fondamentale per la realizzazione di una tonalità musicale o di una scala.

La TONICA pertanto può considerarsi principio di possibilità o del potere di vita, ritmicamente strutturantesi nel tempo, terrestre ed anche musicale.

Ciò vale anche per la sonorità del linguaggio umano data dagli accenti delle parole. In senso linguistico infatti tale principio di potere essenziale riguardante il significato delle parole risiede nel loro cosiddetto "accento tonico" o "accento primario". La mancanza di quest’ultimo, come la mancanza del Sole per la vita umana o della Tonica per la musica, incrocia i significati falsandoli o annullandone la possibilità. A questo proposito pongo il seguente esempio: in italiano "consumare un matrimonio e "consumare un capitale" sembrano impiegare la stessa parola. Ma un tempo non era così, perché i due "consumare" rispecchiano nel primo caso il latino consummare e nel secondo il latino consùmere. Mentre il significato di consummare comporta il concetto di summa (somma), da cui il senso di sommare, riunire, condurre al più alto grado una cosa, un fine, ecc., consùmere comporta invece il concetto di sumtus (sunto, consunto) da cui il senso di logorare, sciupare, consumare appunto un patrimonio e così via.

Il principio della TONICA è grande e abbraccia dunque vari ambiti in quanto primario potere di essenzialità.

Secondo Dionigi tale principio è vissuto nelle sfere celesti dalla gerarchia angelica detta POTESTA’. "Quanto al nome delle sante Potestà - scrive Dionigi - esso ci rivela […] il carattere ordinato di potenza ultraterrena e intelligente che non abusa tirannicamente delle sue potenti forze volgendole al peggio, ma che in modo indomito e pur con un buon ordine, si eleva ed eleva con bontà i subordinati verso le realtà divine, e che tende ad assimilarsi al principio delle potestà, fonte di ogni potestà, e che lo riflette per quanto è possibile agli Angeli entro gli armoniosi ordini della sua grande potenza" (Dionigi, "De Celeste Jerarchia" Libro VII. 2).

In queste parole dell’Areopagita che mostrano come una potenza ultraterrena non abusi delle sue forze ma elevi con bontà i subordinati verso le realtà divine, sembra di sentire l’eco degli insegnamenti di S. Paolo, suo maestro, quando dice del Cristo: "Egli, possedendo la natura divina, non pensò di valersi della sua eguaglianza con Dio, ma annientò se stesso (kènosi), prendendo la natura di schiavo e diventando simile agli uomini; e dopo che ebbe rivestito la natura umana, umilio se stesso ancor di più, facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce" (Lettera ai Filippesi, 2, 6-8).

Il principio delle potestà, fonte di ogni potestà è allora l teologicamente ascrivibile al fondamento cristiano della kènosi paolina, fonte di ogni possibilità d’amore, riscontrabile anche nel fenomeno fisico dell’autocombustione del nostro SOLE, riflesso "per quanto è possibile agli Angeli entro gli armoniosi ordini della sua grande potenza" dalla Luna. Ciò dal nostro punto di vita terrestre è indicativo dell’analogia esistente fra la gerarchia degli Angeli e la Luna, unico luminare che riflette la luminosità solare.

La Luna rappresenta la sensibile.

Se ci accostiamo a un intervallo costituito da un primo suono base come a ciò che è quieto, stabile, fermo, e da un altro suono caratterizzato dal donarci l’impressione della massima qualità di moto rispetto ad ogni altro grado della scala e che tenda quasi a farci uscire da noi, sperimentiamo l’intervallo di 7ª, cioè della SENSIBILE. Questa funzione di scala riporta lo spirito dell’ascoltatore a un altro elemento musicale per così dire fermo, quello dell’8ª, che è un’altra TONICA in quiete. Se si ascolta l’intervallo di 7ª, per esempio un DO e un SI, si avverte un movimento, che è la tendenza a "risolvere" nel DO successivo o 8ª di DO. Questo movimento è animico in quanto "anima" la nostra interiorità. Si tratta di un’"animazione" verso l’8ª.

Il concetto di SENSIBILE, dal punto di vista semantico può essere dunque riferito al sentire interiore. Dal punto di vista simbolico-astrologico invece può essere allora rapportato alla sensitività lunare. Per tale motivo, Dionigi denomina propriamente l’ordine degli ANGELI come quello che è al termine e che completa le divine coorti celesti ponendo prima e al di sopra di esso gli Arcangeli, i Principati, le Potestà, le Virtù, le Dominazioni, i Troni e tutte quante le entità, che le tradizioni riconoscono come ancora superiori (Dionigi, "De Celeste Jerarchia" capitolo 5ª). Ciò che vedeva Dionigi l’Areopagita, il discepolo più intimo di S. Paolo, è ciò che espresse anche l’antica sapienza greca e romana a proposito della scala ascendente dei mondi: Luna, Mercurio, Marte, Venere, Giove e Saturno, e che sostanzialmente era stato veduto ancora prima dai santi Risci. Per tale conoscenza la parola LUNA e la parola ANGELI sono espressione della medesima cosa (R. Steiner, "Gerarchie Spirituali e il loro riflesso nel mondo fisico. Zodiaco. Pianeti. Cosmo").

Mercurio rappresenta la mediante.

L’esperienza di 3ª o di MEDIANTE è qualcosa di molto intimo. E’ qualcosa che avviene all’interno di noi stessi nel centro della nostra interiorità. "Mediante", come participio presente del verbo "mediare", "essere in mezzo", riporta al concetto di "mediatore", cioè di chi si intromette fra due o più persone o Stati per far pace, trattare negozi, ottenere grazia e simili (O Pianigiani, "Vocabolario etimologico della lingua italiana", Ed. Melita).

Fra i sette astri principali del nostro sistema solare, quello che maggiormente risponde alle caratteristiche della MEDIANTE è in tal senso MERCURIO. Mercurio è infatti il pianeta mediatore per eccellenza. Il listino dei prezzi medi delle merci, emanato dalla Camera di Commercio, si chiama "mercuriale" proprio perché Mercurius, messaggero degli dèi e dio dei commercianti donava l’arte di mediare con l’intelligenza il valore delle cose. "Mercuriales viri" erano uomini dotti e intelligenti che, sapendo valutare giustamente le merci, erano membri del Collegio dei mercanti. Anche "merce", da "merx", "mercede", da "merces", e l’avverbio "mercé", nel senso di "tramite", indica in questa radice qualcosa grazie a cui avviene o si stabilisce una mediazione. Già questo potrebbe dunque bastare anche per la verifica mitologica di Mercurio inteso come messaggero degli dèi. La gerarchia angelica corrispondente a Mercurio è infatti quella degli ARCANGELI, annunciatori o messaggeri celesti. Si veda a questo proposito la funzione dell’Arcangelo Gabriele nei Vangeli.

Un fatto singolare e molto significativo riguardante le attribuzioni simboliche del pianeta MERCURIO rende ulteriormente valido il rapporto di questo pianeta con l’esperienza dell’intervallo musicale di 3ª. La MEDIANTE è chiamata anche CARATTERISTICA in quanto trait d’union del carattere maggiore e minore di un accordo musicale. Da questo punto di vista, se si indaga a fondo l’esperienza musicale della 3ª si può trovare anche una risposta a una questione posta da Sementowski, uno dei massimi studiosi di astrologia del secolo passato. "Mercurio, più di ogni altro elemento astrologico rende difficile un’esatta determinazione delle sue corrispondenze cosmo-psicologiche, che oltre ad essere molteplici, sono soprattutto contraddittorie - scrive il Sementowski osservando che - questa situazione è particolarmente significativa nei confronti del nostro tempo" e alludendo all’"impiego delle migliori doti di intelligenza a servizio di futili imprese e ingannevoli ideali, al confondersi dei limiti fra il bene e il male, fra lecito e illecito nell’operare dell’uomo moderno".

Si può, credo, dare risposta a questo problema "astrologico-morale" se proviamo a suonare un DO e poco dopo la sua 3ª MI, oppure MI BEMOLLE se vogliamo sperimentare la sua 3ª MINORE. In questo secondo caso, cioè nell’esperienza della 3ª minore, avvertiamo infatti anche il sentimento della malinconia, della nostalgia e della tristezza, come se questo intervallo musicale ricavato da una diminuzione (MI BEMOLLE è un MI diminuito di mezzo tono) volesse con tale "alterazione o "accidente" musicale mostrarci o rappresentare quasi le nostre interne diminuzioni, alterazioni, negatività, ecc. Diverso è l’esperimento con la 3ª MAGGIORE. In essa, tutto il nostro complesso animico, tutta la nostra interiorità non è mancante. Il nostro mondo interiore, con la 3ª, con l’esperienza della 3ª, è per così dire intero, cioè vincente. Con la 3ª MINORE invece siamo più perdenti che vincenti. Le corrispondenze cosmo-psicologiche di Mercurio - dice il Sementowski - sono contraddittorie e aggiunge che questa situazione è particolarmente significativa nei confronti del nostro tempo. Ora, potremmo chiederci: perché proprio nei confronti del nostro tempo? Forse che Mercurio e i suoi Arcangeli, nonché il sentimento della 3ª, avevano prima del nostro tempo differenti connessioni con l’uomo? Certo. E’ proprio così. Il sentimento della 3ª è qualcosa di recente, che riguarda la nostra epoca e che prima l’uomo non possedeva (R. Steiner "Esperienza del suono nell’uomo", 1ª conferenza). Anche nel campo di altre arti è osservabile come il percepire sensibile dell’uomo sia connesso con la sua evoluzione generale. Infatti se si considera per esempio l’arte pittorica a partire dalle pitture murali egizie fino a Raffaello si vede che vi è una vera e propria evoluzione espressiva della percezione della "prospettiva". Così anche per la musica si parla di evoluzione della percezione a proposito degli intervalli tonali. Vi è a questo riguardo anche un’altra esperienza musicale che attende l’uomo del nuovo millennio. Si tratta dell’esperienza dell’8ª. Dell’importantissimo intervallo di 8ª, parlerò più avanti.

Venere rappresenta la sopradominante.

Nel blues e nel jazz, si sa, gli accordi di 6ª, come anche quelli di 9ª e di 13ª, sono molto usati proprio per le loro sfumature, che pur nelle loro diversità hanno una caratteristica comune: il calore. Il calore che sprigionano nell’ambito dell’interiorità umana, è un sentire simile a quello che si percepisce davanti a un particolare dipinto, capace di creare una certa atmosfera intorno a sé nell’anima di chi lo osserva. Se si ascolta per esempio un DO e dopo qualche istante la nota che forma con esso un intervallo di 6ª, cioè un LA, abbiamo l’esperienza della SOPRADOMINANTE. Chissà se Giuseppe Verdi nel suo "Libiam ne’ lieti calici" era consapevole della perfezione musicale che stava sotto le note del "Libiam" oppure se ciò faceva parte del suo giusto sentire, di quella "fantasia esatta", istintiva, che lo indusse a porre un intervallo di 6ª proprio nella circostanza di un brindare, di un gustare, di un "libare". E’ noto d’altra parte come l’eccessivo "libare" o in generale l’eccessiva sensualità ci porti un po’ fuori di noi. E’ per questo motivo che i luoghi in cui oggi l’uomo è ancora maggiormente rapito e si smarrisce sono i night clubs. L’espressione musica da night sottintende proprio un particolare genere di accordi musicali di 6ª, 9ª, 13ª, che per intenderci danno proprio il correspettivo musicale di una "calda" sensualità o di una ricerca continua di stimolazioni sensoriali.

Rispetto all’esperienza di 7ª, che si potrebbe caratterizzare come lo spirituale che entra nel fisico, oppure come il movimento che entra in ciò che è immoto, oppure ancora come un mero percepire sovrasensibile, l’esperienza di 6ª è da paragonare maggiormente alla percezione sensibile, cioè al suscitamento del percepire tramite i nostri sensi o addirittura a ciò che può ispirare sensualità nell’essere umano. Dal punto di vista della simbologia astrologica il pianeta corrispondente è VENERE, connesso con il percepire dei sensi, estetico e con tutto ciò che riguarda in generale la sensualità. Il termine "Venere lesa", ossia Venere in condizioni oroscopiche inadeguate o legata ad altri pianeti da aspetti sfavorevoli, è una forma di stampo prettamente astrologico diventata ormai di uso comune nel linguaggio della moderna psicologia per definire certi stati morbosi della psiche ad intonazione erotica, nonché eccessi o inversioni sensuali, e viene pure riferito a varie forme di nevrosi, sempre a sfondo erotico, e a complessi di inibizione di natura affine (cfr. Sementowski K. "Astrologia"). D’altra parte, Venere è per eccellenza il pianeta dell’"amore cosmico e della bellezza" e dell’"anima senziente" in particolare (G. Wachsmuth, "Kosmiche Aspekte", tab. 8).

L’anima senziente è d’altronde quella parte di noi che, fra le sue altre qualità, sente il sovranamente bello e amabile nella misura in cui esso si modella in senso etico e cioè il più possibile secondo una simmetria ideale, divina, che è amore immortale. Tale è allora la caratteristica dei PRINCIPATI secondo Dionigi Areopagita: "Il nome dei Principati celesti ci indica che essi […] si volgono totalmente al Principio che supera tutti i Principi e che guidano sovranamente gli altri, che si modellano il più possibile a quello stesso Principio, fonte di ogni altro Principio, e infine che essi, con il buon ordinamento delle loro potenze sovrane, lo esprimono come Principio ordinatore sovraessenziale".

Saturno rappresenta la sopratonica.

Il tono posto immediatamente sopra un qualsiasi suono configura l’intervallo di 2ª. Se per esempio suoniamo un DO e un RE abbiamo l’intervallo di 2ª o SOPRATONICA. Con tale intervallo il nostro orecchio avverte senz’altro una durezza, una resistenza. Suonando contemporaneamente quelle due note avvertiamo immediatamente quell’impatto e chiamiamo subito quell’"urto": stonatura. Se invece sperimentiamo quelle due note distinte nel tempo, notiamo un altro aspetto: l’intervallo di 2ª ha come caratteristica anche la volontà di incominciare un’aria musicale, determinando una melodia nel tempo. La melodia della nostra scala (che per fare un esempio scandisce il tempo del noto brano "Fra Martino campanaro") parte appunto con l’esperienza della 2ª. In altre parole , con la SOPRATONICA sentiamo qualcosa che ci chiede di proseguire musicalmente, avvertiamo come un’attesa e ci aspettiamo che tale inizio musicale possa continuare secondo quell’intenzione di espressione melodica, espressa appunto dalla nostra scala. L’intervallo di 2ª "è ciò che non da’ propriamente ancora tutta la musica, però comincia la musica (da’ inizio). Sta sulla soglia della musica…" (R. Steiner, "Euritmia come canto visibile", 6ª conferenza).

Alla soglia del nostro sistema solare, Saturno rappresenta il pianeta che maggiormente risponde alle caratteristiche della SOPRATONICA sia per "spinta motrice di un compimento" (Sementovsky K. "Astrologia" rifer. 35), sia per il suo troneggiare come forma sensibile posta fra il nostro sistema e quello delle stelle fisse, sia per le sue attribuzioni simboliche e mitologiche riguardanti le idee di durezza, di severità, di asprezza e di tempo (Saturno = Cronos = tempo). L’orbita di Saturno configura infatti simbolicamente la volta celeste del nostro sistema solare come un grande orologio cosmico che, inesorabile, scandisce il suo tempo agli umani.

Per comprendere lo spirito di questa volontà di Saturno capace di iniziare e di scandire tempo e musica, basta studiare l’etimologia stessa della parola "musica": ci si deve necessariamente occupare di un grande arco di tempo, e si sperimenta così anche l’idea di durata. Nella lingua greca la parola "musica" è formata infatti dalla radice "musa", proveniente dall’egiziano e dalla terminazione celtica "iké". La parola egiziana "mas" o "mus" indica propriamente la "generazione", la "nascita" o "lo sviluppo esteriore di un principio", cioè la manifestazione sensibile, il "passaggio in atto di ciò che era in potenza". Si compone dalla radice "ash", che caratterizza il "principio universale primordiale" e dalla particella "ma", che indica "tutto ciò che si sviluppa e si manifesta esteriormente". In una infinità di lingue antiche "as", che inizia propriamente anche le parole "astro", "astrologia", "asoth", ecc., sta a significare l’"unità", l’"Essere Unico", "Dio", e "ma" si applica appunto a tutto ciò che è fecondo, formatore, generatore; si identifica spesso con il "mare" (F. D’Olivet, "La musica spiegata", cap. VII). Ci siamo calati così indietro nel tempo da quello attuale a quello greco-romano, da quest’ultimo al periodo egizio-caldaico e più indietro ancora, attraverso il tempo paleo-persiano e paleo-indiano fino al periodo in cui la nostra terra, tramite il "grande diluvio sperimentò il "mare", le "grandi acque", da cui fu ricoperta. Scorrendo sul pianoforte i soli tasti neri da destra a sinistra e viceversa e "allungando" il suono tramite il pedale si ha il famoso "effetto mare" o "effetto acqua" o "effetto onda". In tal modo siamo trasportati interiormente fino all’epoca atlantica. L’esperienza di sopratonica promuove anche qui, partendo dal do diesis e dal re diesis, una scala musicale. Quest’ultima, per la sua conformazione di 5 note e non 7 è chiamata "pentatonica" e la si potrebbe chiamare progenitrice della nostra scala "eptatonica". Ma il discorso porterebbe troppo lontano.

La gerarchia angelica che risponde alle qualità di Saturno e della SOPRATONICA è quella dei TRONI. La gerarchia dei TRONI è infatti quella che si distingue dalle altre per risiedere maggiormente accanto alle alte sfere celesti dei cherubini e dei serafini e cioè rispettivamente alla piena effusione delle qualità di eterna e calda divina saggezza. In tal senso Saturno simboleggia anche la Gnosi. "Quanto al nome dei troni" - spiega l’Aeropagita - "spiriti molto alti e sublimi, esso ci indica che questi trascendono in modo puro ogni vile inclinazione, che si elevano verso la vetta in modo ultraterreno, che fermamente si ritraggono da ogni bassezza, che siedono totalmente in modo saldo e ben fondato attorno a Colui che veramente è l’Altissimo che accolgono ciò che discende dal principio divino con una calma tutta immateriale, e infine che sono portatori del divino, premurosamente aperti a ricevere le sue donazioni." (Dionigi, "De caeleste Jerarchia", 1 cap. VII°).

Marte rappresenta la sottodominante.

La SOTTODOMINANTE costituisce un intervallo di 4ª, cioè di un tono sotto la Dominante o 5ª. Se per esempio proviamo a suonare prima un DO e poi la sua 4ª FA proviamo il sentimento identico a quello che sorge nell’udire le prime due note del noto brano militare del "Silenzio". Queste due prime note sono le stesse con le quali iniziano poi altri brani militari, come quello della "Sveglia", dell’"Attenti"e quello della "Carica". Io credo che l’istinto musicale che suggerì l’uso della 4ª sia simile alla sensazione di trovarsi in frontiera. In altre parole, chi dopo avere scalato una montagna viene a trovarsi su una gola che ha da una parte uno Stato e dall’altra un altro Stato, con tanto di cartelli di divieto di accesso, sperimenta qualcosa di molto vicino all’esperienza di 4ª. Questa esperienza si trova di fatto alla frontiera che separa l’esperienza di 5ª del Cosmo esteriore (vedi più avanti "Giove rappresenta la dominante") dall’esperienza di 3ª del Cosmo interiore. L’esperienza di 4ª si trova allora esattamente alla frontiera dell’organismo umano. Per questo motivo fa scattare il senso di difesa, l’istinto di difesa, quello dell’attacco, l’aggressività ed anche la serenità derivante dalla razionalità. Nell’esperienza di 4ª l’uomo avverte se stesso come un dio fra gli dèi o anche come un uomo fra gli dèi, esattamente come potrebbe sentirsi una persona che tutte le sere, prima di addormentarsi, dopo aver combattuto per la vita, recita un "Pater". Il "riposo del guerriero" è appunto il risultato della "guerra" precedentemente compiuta.

Mentre nell’esperienza di 5ª l’uomo deve dimenticarsi di se stesso per trovarsi fra esseri divini, nell’esperienza di 4ª non ha bisogno di dimenticarsi di se stesso per sentirsi fra gli dèi. Si sta allora "al fronte", si sta alla frontiera anche della propria umanità, che conserviamo, contempliamo dall’altra parte, cioè dalla parte degli dèi, dalla parte divina. I lavori teologici di Soloviov sulla "Divina umanità" mi sembrano compenetrati totalmente da questo sentimento, da questo spirito guerresco- spirituale della SOTTODOMINANTE.

Da un altro punto di vista, il processo dell’addormentarsi e del a un altro punto di risvegliarsi offre davvero giustificazione dell’istinto musicale che ispirò lbrani musicali prima accennati. La procedura della ’uso della 4ª in quei preghiera o della meditazione prima di dormire è una pratica abitudinaria. Chi riesce con tale abitudine dell’esercizio meditativo o della preghiera ad addormentarsi mantenendo sveglia una parte della propria interiorità, cioè quella che in ebraico si chiama neshamah, sa in se stesso che i pianeti sono in tale contesto come i cartelli stradali che indicano all’uomo la via da seguire ogni notte per recarsi alla ricerca di energia. Noi ci alimentiamo di energia, di energia particolare, che si trova nel Cosmo. La Via Lattea è così chiamata perché ricolma di quella energia e i pianeti, compresa la Terra, da cui si parte ogni notte, sono gli indicatori del percorso verso quell’energia. Proviamo dunque a tenere presente questo particolare tipo di conoscenza esoterica di tale viaggio peculiare di andata e di ritorno nel Cosmo. In tal modo si può essere consapevoli (perlomeno con l’immaginazione) che ogni mattina al risveglio si è tornati sulla via di casa, cioè sulla Terra, dove sta poi il nostro corpo fisico che "si sveglia" dopo che quella parte di noi si è rigenerata nel mondo dell’armonia cosmica. Ogni notte infatti vi giungiamo "staccandoci" dal corpo fisico e in parte da quello che i russi chiamano "bioplasmatico". Ogni notte allsperimentiamo appunto questo distacco dal nostro ’addormentarci corpo fisico e dal nostro corpo vitale o bioplasmatico (il cui compito è di impedire che il corpo fisico diventi cadavere) e quindi "passiamo la frontiera" della nostra umanità in modo che il nostro Io la contempla, appunto, dall’altra parte, e ciò, ripeto, non solo nel viaggio di andata verso il mondo delle sfere celesti ma anche in quello di ritorno da questverso la nostra fisiologia eterico-sensibile. Se pensiamo a ’ultimo questo processo notturno e mattutino, possiamo allora vedere giustificato il fatto che tanto il "Silenzio" notturno quanto la "Sveglia" mattutina o la "Carica", che è un altro tipo di "sveglia" tendente ad infondere più grinta, più aggressività, hanno come inizio melodico il medesimo intervallo musicale, e precisamente l’intervallo di 4ª, che ben si addice sia all’esperienza notturna di uscita da noi stessi sia quella mattutina di rientro in noi stessi.

Nella coscienza dell’uomo di oggi, queste cose possono risultare difficili da accettare o addirittura assurde, però nell’uomo di ieri queste esperienze erano sentite come normali e piene di concretezza e realtà spirituale. Nell’esperienza di 4ª, l’uomo sentiva il vento sacro che aveva immesso lui stesso, in quanto divinità fra gli dèi, nel mondo fisico. Così sentivano forse ancora Sant’Ambrogio e Sant’Agostino, almeno questo è possibile secondo le loro asserzioni.

In questo intervallo di SOTTODOMINANTE ci sperimentiamo come ritirati in noi un po’ sotto la nostra superficie e ci sentiamo uomini mediante la nostra forza interiore. Mentre nell’esperienza della 5ª è il mondo esteriore che ci costringe quasi a strutturare noi stessi in quanto individualità, nell’esperienza della 4ª ci strutturiamo secondo i nostri bisogni interiori. Nell’esperienza della 5ª l’uomo si sente tale tramite il mondo esterno, mentre nell’esperienza della 4ª l’uomo ha un fortissimo riferirsi a se stesso (cfr. R. Steiner, "Euritmia come canto visibile, 6ª conferenza). Questa forza interiore di riferirsi a se stesso, questa dinamica interiore, che rende possibile quell’aggirarci nel mondo divino come uomini e stare esattamente alla frontiera della nostra umanità pur conservandola ancora e contemplandola dall’altra parte, può essere intesa sia come coraggio sia come forza di volontà o come energia in generale, o ancora come quella capacità di agire in risposta agli eventi. Dal punto di vista degli istinti, la possiamo ritrovare nell’istinto di conservazione e in quello di riproduzione. Si tratta in fondo delle caratteristiche di MARTE, il dio della guerra, trasmettitore di intrepidezza.

Vediamo ora le caratteristiche di Marte dal punto di vista astrologico. La strategia, l’energia, l’istinto di difesa e di attacco, l’attività, la combattività, la realizzazione, le iniziative e la bravura, lo spirito di sacrificio e l’eroismo, tutto ciò rientra nella sfera della qualità di Marte (cfr. Palamidessi "Astrologia Mondiale"). "Le sue corrispondenze si risolvono in azioni che l’uomo compie con la forza della propria volontà" (Sementowski-Kurilo, "Astrologia"). Nell’astrologia è senz’altro riconosciuto il ruolo di Marte negli incidenti (cfr. C. Discepolo, "Piccola guida all’Astrologia") e chi ha fatto l’esperienza di un incidente stradale può effettivamente ravvisare, da questo punto di vista, un tipo particolarmente drammatico di "esperienza di 4ª o della SOTTODOMINANTE": il nostro corpo si ritira in se stesso e ci sentiamo addirittura rattrappiti sotto la nostra superficie, tanto che spesso le nostre calzature, per quanto siano ben affibbiate ai piedi prima dell’impatto, li abbandonano subito, quasi magicamente nella collisione.

La dinamica di Marte, il coraggio, la forza e l’intrepidezza, in quanto virtualità insita come germe nell’umano, proviene dalla gerarchia celeste delle DYNAMIS, chiamate da Dionigi, VIRTU’: "Il nome della sante Virtù significa coraggio saldo e intrepidità […] un coraggio che mai si stanca di accogliere le illuminazioni donate del Principio divino […] ma che è anzi impassibilmente fisso alla Virtù sovraessenziale, fonte di Virtù […] un coraggio che […] avanza divinamente verso i subordinati con donazione di Virtù" ("De Celeste Jerarchia" 8°, 1ª).

Giove rappresenta la dominante.

La DOMINANTE è l’esperienza di 5ª. Come abbiamo visto precedentemente con l’esperimento della chitarra, la 5ª in qualche modo si unifica con la 1ª La sua principale proprietà è di far sentire l’uomo un essere completo. Se infatti suoniamo un DO e poi un SOL abbiamo proprio questa esperienza. La 5ª è propriamente l’uomo. In tale esperienza, non si è più in frontiera, non si è più alla frontiera della nostra umanità ma si è completamente "saziati" di umanità. L’uomo insomma quando sperimenta l’intervallo di 5ª si sente bene (Cfr. R. Steiner "Euritmia come canto visibile", 4ª conferenza). E proprio perché fu il periodo greco quello più florido circa le produzioni scultoree del corpo umano, proprio perché in quel periodo l’uomo arrivò come non mai né prima, né dopo, a una scultura così ideale e così perfetta quanto a forma umana, proprio per questo motivo, se proviamo a battere tre o quattro volte queste due note contemporaneamente, sperimentando il loro accordo, veniamo trasportati al tempo greco, quasi sentendo trombe annuncianti l’uomo e soprattutto l’"Uomo per eccellenza" che doveva venire, Gesù di Nazaret. Ancora oggi, l’uomo, nell’esperienza di 5ª, si eleva all’Uomo ideale e, al di là di ogni cedimento e degradazione, si sente con dignità trasportare nel mondo spirituale.

Con l’esperienza della 5ª abbiamo anche, dal punto di vista numerologico, una comprensione del passo biblico che più di ogni altro realizza l’uomo: "Facciamo l’uomo secondo la nostra immagine e secondo la nostra somiglianza". Si tratta del ventiseiesimo versetto della Bibbia (1° capitolo della Genesi). Il ventiseiesimo versetto dell’inizio biblico ha un’importanza straordinaria da questo punto di vista anche solamente come numero 26 (Sull’importanza del numero 26 per la fisiologia umana, per il fenomeno della precessione solare e per la teologia numerologica del Nome dei Nomi cfr. anche i miei libri "Numerologia Biblica" e "Il sacro simbolo dell’arcobaleno"). Si potrebbe dire che l’uomo, nell’esperienza della 5ª, è l’elemento mancante al 26, numero esprimente Yawé nella numerologia della Cabbala. Sembra quasi che l’Uomo, l’uomo nuovo, cioè l’uomo che doveva venire, sia davvero espressione dell’Uno che si aggiunge al Ventisei per rivelare un Testamento Nuovo. Il Nuovo Testamento infatti ha 27 libri, quasi per indicare che nell’evento dell’Incarnazione, si incorpora al 26 divino un’unità, umana, formando il cosiddetto "pléroma" o pienezza.

In ogni caso, se noi suoniamo un DO e dopo un SOL, sentiamo che questa esperienza ci da’ il senso di completezza (una sorta di "giovialità" per riconoscere la quale abbiamo ovviamente bisogno di staccarci un po’ dai rumori quotidiani, dalla radio e dalla televisione, dove tutto procede affannosamente). L’esperienza della DOMINANTE, che ha in sé la forza di elevazione, il senso della dignità umana, liberazione da ogni succubanza dai sensi, che ha in sé l’uomo stesso che anela all’autodominio e alla saggezza, in un sempre più fine modellarsi per assomigliare all’Uomo con la "U" maiuscola, all’Uomo celeste, tutto ciò lo possiamo sentire, durante tale esperienza, nel senso di austerità, che da tale successione di note scaturisce dall’ambiente esterno in quello animico interiore.

Comincerò ora ad avvicinarmi alla possibilità di rispondere al problema posto da Schönberg e cioè il seguente: perché la 5ª nota viene chiamata DOMINANTE rispetto alla 1ª. Non si addice questo nome più propriamente alla 1ª, cioè alla TONICA?

Generalmente i testi di teoria musicale se la cavano dicendo che quel nome è dato dal fatto che domina altre note. Ma allora perché la Dominante è dominata dalla Tonica (o Fondamentale)? Io mi sono sempre ribellato fin da bambino all’accettazione di questo nome del 5° grado della Scala. Di conseguenza anche i termini derivati "Sottodominante" e "Sopradominante" non avevano alcun senso per me. Fu per questo motivo che i miei interessi per le "cose" teoriche della musica non furono mai brillanti e il mio apprendimento musicale si focalizzò sull’esperienza dei suoni, cioè sui suoni sensibilmente percepibili, più che su quegli "aridi concetti" che esigevano di essere affastellati a memoria. Per questo motivo quando a 38 anni lessi il "Manuale di armonia" di Schönberg, fui consolato dall’apprendere che il mio problema sulla questione della Dominante era anche il suo problema: "Per il rapporto tra i suoni è semmai più logico che la 5ª dipenda dalla Fondamentale e non che al contrario la 5ª predomini - dice Schönberg - sulla Tonica. Se qualcosa predomina, può essere solo la Fondamentale. […] Conservo tuttavia quest’espressione per non creare confusione con una terminologia nuova. […] Non è ammissibile che qualcosa possa essere causa e contemporaneamente effetto di uno stesso fenomeno e il 1° grado è causa del 5° dal momento che questo è un armonico di quello. E’ vero che al 5° grado segue il 1°, ma in questo c’è una confusione sui significati della parola ‘seguire’. Seguire significa obbedire ma anche allinearsi, venire dopo: e se la Tonica "segue" la dominante è come quando un Re si fa precedere dal suo vassallo, dal maestro di cerimonia e dal quartiermastro, affinché questi facciano i preparativi necessari all’entrata del Re che li segue: ma il vassallo è lì per il Re, e non viceversa". La questione della 5ª, la questione della Dominante, anche se così impostata era ed è tutt’altro che risolta. Schönberg la "risolveva" con l’accettare uno stato di fatto terminologico, dicendo appunto: conservo quest’espressione per non creare confusione con una terminologia nuova.

RISPOSTA A SCHÖNBERG E ACCENNI ALL’ESPERIENZA DI 8ª.

La risposta alla domanda: "Perché la Dominante si chiama così?" viene dal cielo. Anche se esporrò ora la mia risposta, desidero ugualmente auspicare che il cielo del nuovo millennio ne confermi l’esattezza e che si giunga ad avere in proposito consapevoli certezze in numeri e musica! Credo necessario questo auspicio in quanto nel mondo attuale sono riconoscibili, a mio parere, tre correnti di cultura che parimenti hanno impedito la conoscenza della trama sovrasensibile della vicenda umana, affinché l’uomo non uscisse dal guscio decrepito dell’antico mondo. Queste tre forze sono il Materialismo, il Cattolicesimo e il falso Esoterismo, tre forze che alla superficie sembrano tra loro avverse, ma che in profondità perseguono lo stesso fine: impedire la nascita dell’autocoscienza con l’impedire la conoscenza del karma. Il plurisecolare tentativo di queste tre forze di organizzare la piramide umana con il vertice in basso continua a infliggere gravi danni all’umanità rallentandone l’evoluzione.

Solo per opera del cielo dunque l’umanità potrà riciclare questo rallentamento in un più compatto e stabile affrancamento progressivo da tutte e tre quelle forze avverse all’uomo, tendenti cioè a togliergli la possibilità della correlazione consapevole con le vere forze dello Spirito, le quali urgono dal mondo prenatale tessendo gli eventi della sua esistenza. Questo è dunque l’auspicio.

Nel mio libro "Il sacro simbolo dell’arcobaleno (Numerologia biblica sulla Reincarnazione)" ho preannunciato l’avvento di una nuova umanità che ho identificato nel rivoluzionario "Prete Gianni", celato in ogni uomo (Cfr. il 9° capitolo di detto volume), in un’umanità capace di accogliere questo auspicio celeste. E poiché questa è la mia speranza per i prossimi anni e la mia certezza per i prossimi secoli, accennerò ora, prima di esporre la mia risposta al dilemma linguistico di Schönberg, all’esperienza dell’8ª, che incominciando inconsciamente dal Rock degli anni ’70 (soprattutto negli stili di accompagnamento per ottave nel basso elettrico), costituirà in futuro la prova di consapevolezza che l’umanità potrà portare con sé nel prossimo millennio. La legge del karma è infatti una legge dello Spirito, che non può essere ignorata dall’uomo, che oggi deve assumere le redini della propria storia. L’idea del karma è connessa con l’idea della reincarnazione: una evoca l’altra in funzione di una realtà dell’uomo che sottende la sua esistenza, urge sulla sua vicenda quotidiana, si lascia chiamare destino, fato, caso, sorte, ma in effetto, come esatta corrente storico-umana affiorante dalle profondità dell’anima, oggi fa soprattutto appello alla coscienza dell’uomo libero, cioè al soggetto capace di conoscerla (cfr. M. Scaligero, "Lotta di classe e karma", Ed. Perseo). Inserisco qui, a questo proposito una pagina del mio libro sopracitato:

Che l’"otto" sia un’espressione numerica della Resurrezione è rilevabile anche nel campo musicale: con il concetto di "ottava" si può infatti arrivare ad accogliere un’insolita rivelazione, basata sulla legge d’armonia dell’"ottava musicale". Oggi siamo abituati a sentire la nostra scala musicale in modo ascendente, cioè fra il "do" dell’ottava bassa e il "do" dell’ottava alta, secondo la sequenza "do-re-mi-fa-sol-la-si-do". Anticamente però non era così. L’uomo avvertiva i suoni non dal basso verso l’alto, bensì al contrario, in senso discendente e ciò costituiva una speciale rivelazione del mondo spirituale. La rivelazione dell’"ottava" veniva espressa nelle antiche sedi dei misteri di Orfeo e di Apollo, quando il suono era sentito ancora come donazione degli dèi, dall’alto al basso: da quello più acuto a quello più grave; dal "do" dell’ottava alta al "do" dell’ottava bassa: "do-si-la-sol-fa-mi-re-do". Fu questa stessa ottava, che più tardi S. Ambrogio (339-397) sentì di dover capovolgere, dandoci così la scala ascendente, inconsciamente avvertita oggi più come un fatto naturale che di conquista dell’Io umano, rispecchiante l’aspetto nuovo del sentire. In realtà tale sentire era invece venuto progressivamente ribaltandosi, grazie alle for:ze dell’Io che l’evento del Golgota aveva portato con sé come incarnazione proveniente dall’alto: nascita di un regno celeste entro coscienze umane terrestri in cui il "neonato" Figlio dell’Uomo era appunto, l’"Io sono", cui l’uomo doveva elevarsi. La sua scuola musicale cristiana donò così la coscienza di un nuovo fondamento musicale-umano, il cui compito avrebbe dovuto essere quello di innalzare l’uomo dalla terra al cielo, tramite la preghiera cantata. Tale era il senso del canto ambrosiano, testimonianza di un effettivo mutamento di coscienza. Fu così che si ottenne la nostra scala ascendente, che racchiude pertanto la cosiddetta "Rivelazione dell’Ottava".

Dall’"ottava" musicale in cui un tono, attraverso sette gradini, "risorge" ad un livello più alto, si può passare al concetto teologico di resurrezione. Infatti la teologia chiama il giorno di Pasqua o di Resurrezione, l’"Ottavo Giorno"…

Ed ora, poiché l’8ª è necessariamente collegata alla sua TONICA e quest’ultima - come ho accennato prima - è unificata con la rispettiva DOMINANTE, ritornerò al problema linguistico di Schönberg sulla Dominante cercandone risoluzione nel cielo.

Abbiamo visto che dall’esperienza della DOMINANTE proviene saggezza, purezza sapienziale. Suoniamo un DO e poi un SOL e sentiremo questo. Anche se volessimo procedere per esclusione e scegliere fra tutti i sette possibili intervalli della scala, per sperimentare quello che più di tutti gli altri ci da’ l’impressione dell’uomo stabile nella sua regale austerità, fermo nella saggezza, nell’autodominio, fermo in un pensare oggettivo, cosmico, sceglieremmo l’intervallo di 5ª. Fra tutti gli intervalli della scala è forse quello di 3ª maggiore quello maggiormente capace di avvicinarci un po’ a quell’impressione. Anche qui possiamo infatti avvertire un senso di vittoria su noi stessi. Si tratta però senz’altro di qualcosa di più intimo, interiore, soggettivo che non l’esperienza di un intervallo di 5ª. Se nell’esperienza della 3ª maggiore diciamo: "Io mi sono vinto, ho vinto me stesso in questo o in quello", nell’esperienza della 5ª siamo più portati a sentire: "La Saggezza vince in me, gli dèi sono in me vincitori, Dio vince in me" oppure "il Cristo vince in me" come direbbe San Paolo.

Poiché si tratta di trovare il pianeta che più degli altri sia espressione di questi spiriti della saggezza relativi alla funzione di DOMINANTE nella nostra scala, per prima cosa bisogna pertanto stabilire la loro identità. Chi sono questi "spiriti della 5ª"? Fra le gerarchie studiate da Dionigi, quali sono quelle che in maggior misura rispondono alle caratteristiche che ci vengono incontro con l’esperienza della 5ª?

Al capitolo ottavo di "De caeleste jerarchia" troviamo il nome della categoria angelica che più di ogni altra si addice a tali peculiarità: "Ogni nome di queste entità superiori ci rivela le loro caratteristiche concepite a rassomiglianza e a imitazione di Dio. Pertanto io credo - scrive l’Aeropagita - che il nome rivelatore delle sante DOMINAZIONI ci indichi la loro forza di elevarsi, che mai si sottomette, libera da ogni inferiore cedimento: esse non si abbassano assolutamente a nessuna realtà discordante e tirannica; esse, come conviene agli esseri liberi, in quanto possessori di un’inflessibile capacità di dominio, superano ogni degradante asservimento; non cedono a nessun compiacimento e trascendono ogni discordanza; mirano incessantemente alla vera Dominazione a al principio della Dominazione; secondo le loro possibilità, modellano se stesse e modellano benevolmente anche i subordinati sull’autorevole rassomiglianza di quel Principio; né si volgono alle cose che appaiono a caso, ma si fissano totalmente su ciò che si impone con autorità ed entrano il più possibile in comunione con l’eterna divinità del Principio della Dominazione".

Verrebbe da aggiungere "…non per caso dunque TONICA e DOMINANTE costituiscono il principale collegamento di note differenti secondo la legge degli armonici… non per caso TONICA e DOMINANTE entrano il più possibile in comunione, la TONICA esprimendo il Dio Sole, la DOMINANTE esprimendo il Figlio dell’Uomo che risorge l’ottavo giorno. In tal modo si comprenderà perché ho voluto parlare dell’esperienza e della rivelazione dell’ottava prima di rispondere al problema linguistico di Schönberg.

E ora riconoscendo che sono le DOMINAZIONI a dare il nome al 5° grado della scala e cioè alla DOMINANTE, e sapendo dai testi medioevali che l’estrinsecazione materiale di ogni gerarchia angelica la troviamo nei pianeti del nostro sistema solare, possiamo già stabilire quale sia il pianeta corrispondente alla funzione musicale della DOMINANTE, basandoci sulle caratteristiche dell’esperienza della dominante stessa. Possiamo fare questo ancora prima di confrontarci coi testi medioevali riguardanti le correlazioni fra pianeti e gerarchie. Basterà chiederci: quale fra i pianeti del nostro sistema solare ha in sé concetti come quelli di giustizia, austerità, ordine, dignità, senso morale, che se comunicati cordialmente, suscitano nell’uomo quel caldo e lieto senso di simpatia detto giovialità? "Mai l’uomo si sente tanto bene come quando sperimenta l’intervallo di quinta" (Cfr. R. Steiner "Euritmia come canto visibile", 4ª conferenza), poiché tale giovialità è connessa con le DOMINAZIONI, le quali nel pianeta Giove hanno la loro estrinsecazione fisico-sensibile.

"Giove è il pianeta della giustizia e dell’autorità, e simboleggia pure l’ordine, la dignità e il senso morale." (Sementovsky-K. Astrologia).

Zeus, nome greco di Giove, rende chiaro e risolve, in quanto DOMINAZIONE, non solo il problema di Schönberg riguardante come abbiamo visto la questione della 5ª, ma anche un’altra oscurità, quella che costituisce il problema di Combarieu riguardo la comprensione di un frammento di una sconosciuta preghiera di Euripide, di cui egli dice: "Questo passo è molto oscuro... Tutto è vago e neanche una parola allude a un ruolo giocato dalla musica" (pag. 123 J. Combarieu, "La Musica e la Magia").

In realtà il testo di Euripide non porta allusione bensì veggenza di quel rapporto. Quando infatti si attribuisce a Zeus la funzione di DOMINANTE, "Invisibile", in quanto tutt’una con la TONICA, non c’è più nulla di oscuro e di vago. Ed ecco la preghiera:

A Te che tutto governi o Zeus
oppure
Invisibile
se di questo nome ti accontenti,
io arreco la libazione e le focacce del sacrificio;
Tu accetta quest’offerta di primizie di ogni genere,
senza fuoco sull’altare, sparsa con abbondanza.
Tra gli dèi del cielo tu stringi tra le mani
lo scettro di Zeus,
e tra gli dèi della terra
tu condividi i poteri dell’Invisibile...

Nel cielo Zeus, Giove, inteso come Dominazione, condivide i poteri delle invisibili Potestà. Nella musica la DOMINANTE condivide i poteri dell’invisibile TONICA.

Sostituendo nel frammento di Euripide il nome "Zeus" con "Tonica" e il nome "Invisibile" con "Dominante" o viceversa, tutto va a posto:

A Te che tutto governi o Tonica
oppure
Dominante
se di questo nome ti accontenti,
io arreco la libazione e le focacce del sacrificio;
Tu accetta quest’offerta di primizie di ogni genere,
senza fuoco sull’altare, sparsa con abbondanza.
Tra gli dèi del cielo tu stringi tra le mani
lo scettro di Tonica,
e tra gli dèi della terra
tu condividi i poteri della Dominante..."

Lo "scettro di Zeus" che noi abbiamo chiamato "porta" è dunque un punto fermo e basilare della struttura musicale, dato dalla "misura" del rapporto di 5ª, riferimento attorno a cui ruota, da un lato, un sistema ciclico di tonalità e di funzioni musicali, dall’altro un sistema ciclico di settori celesti armonicamente stellati in cui orbitano pianeti e satelliti.
Questo punto fermo è allora davvero lo scettro divino capace di aprire le porte del cielo:

Tra gli dèi del cielo tu stringi tra le mani
lo scettro di Zeus,
e tra gli dèi della Terra
tu condividi i poteri dell’Invisibile

Dal contesto generale emerso fin qui, mi sembra che il condividere i poteri dell’invisibile debba diventare allora pratica di consapevolezza per l’uomo del terzo millennio. Tutto ciò che è veramente esoterico, intendendo per "esoterico" tutto quanto sta in correlazione con fatti reali, non potrà che fare parte di tale consapevolezza. Bisognerebbe dar nuovo valore a questo concetto, almeno per poterlo differenziare così dal suo contrario: "exoterico" (o "essoterico"), che significa invece tutto quanto è astratto dal reale.

E’ pertanto solamente in questo contesto che potrà essere riproponibile anche il concetto di "terapia". Il significato di questa parola risulta appartenere infatti a un volo davvero più alto di quello subumano che le si vorrebbe attribuire oggi con le cosiddette "terapie del piacere". "Terapia" proviene dal greco "therapeyo", "assisto", "aiuto", e "aiutare" proviene dal latino "adjuvare", composto dalla particella "ad" e da "juvare", "giovare" e infine da "Jovis", "Giove". Nel mio libro "Numerologia biblica" vi è un’illustrazione di questo pianeta, dei suoi satelliti e del loro rapporto in ordine di grandezza. Tale illustrazione è finalizzata a mostrare visivamente il legame di Giove col numero 4 e con la 4ª lettera dell’alfabeto ebraico, DALET qui accennata. Si noti altresì come il simbolo astrologico di Giove ricordi il numero 4:

Per facilitare al lettore la conoscenza delle gerarchie spirituali, inserisco la seguente tabella, in cui è riportata sia l’antica denominazione cristiana (usata tra gli altri anche da Dante, nel Paradiso), che quella scientifico-spirituale di Steiner (cfr. R. Steiner "Le entità spirituali nei corpi celesti e nei regni della natura"):

 

Data creazione pagina: 23/02/2001