La grande bufala dell'antroposofia massonico-fichtiana

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Il pensare non è il pensato. Il pensare è un verbo. Il pensato è un sostantivo. Che pensare e pensato siano due concetti non significa che il loro contenuto sia uguale, dato che il primo è in fieri mentre il secondo è compiuto. Ciò che è in fieri è in vita. Ciò che è compiuto è morto. Steiner osserva la vita del pensare. Scaligero la chiama movimento predialettico.

 

I denigratori di Scaligero e di Steiner spiegano tali osservazioni come percezioni ingannevoli facendone un metodo di attivismo fichtiano...

 

Chi scambia “La filosofia della libertà” di Steiner con la filosofia della libertà di Fichte, che è mero attivismo paleocomunista poggiante su spiritualismo assoluto, inganna se stesso. Se poi egli predica queste castronerie ad altri, inganna non solo se stesso ma anche gli altri: grazie a lui l’antroposofia diventa massoneria, e roba da venditori ambulanti, dato che Fichte era un pennivendolo ed un massone, come coloro che ancora oggi anacronisticamente ne promuovono l’attivismo (Fichte è considerato un ciarlatano da molti; vedi, per es., il De Sanctis in “Schopenhauer e Leopardi”, Reggio Calabria 2007; Schopenhauer considerava Fichte un pagliaccio al punto che togliendo l’acca alla “Wissenschaftslehre”, “Dottrina della scienza” di Fichte, la chiamava “Wissenschaftsleere”, che significa “Vuoto della scienza”; vedi la ciarlataneria di Fichte anche in Dioniso “Fichte e la Propaganda Filosofica degli Illuminati”).

 

Chi scambia “La filosofia della libertà” di Steiner con la filosofia della libertà di Fichte, fa comunque questo errore perché crede l’opera principale di Steiner una dottrina, e vede questa dottrina come un metodo di esercizi per imparare a pensare, paragonandolo ad un metodo per imparare a suonare uno strumento musicale. Inoltre, in base alla definizione aristotelica di Dio come attività del “noesis noeseos” (“pensare il pensare”, Aristotele, “Metafisica”, libro 12° libro) egli crede che il “metodo” di Steiner per imparare a pensare sia di conseguenza anche un metodo per imparare a fare il padre eterno, in quanto pensatore puro e/o creatore assoluto in senso fichtiano, secondo la seguente deduzione: “le cose che lo spirito creatore pensa diventano realtà; il fatto che Lui le pensa le fa realtà; quindi pensare significa creare realtà” (1° mp3 del 1° seminario su "La filosofia della libertà" di Rudolf Steiner, tenuto da Pietro Archiati a Rocca di Papa, Roma, dal 15 al 18 Febbraio 2007).


Ma pensare significa creare realtà solo per Fichte, la cui filosofia crea solo “una grandiosa immagine mentale del mondo, senza alcun contenuto sperimentale” (R. Steiner, “La filosofia della libertà”, cap. 2°).


Esattamente come Kant, il quale era convinto che gli esseri umani del suo tempo fossero legni storti da raddrizzare, il contraffattore fichtiano dell’opera di Steiner sulla libertà è convinto che gli esseri umani del proprio tempo siano dei “poverini, poverelli” (ibid.) e procede così nella creazione del “bisogno” (ibid.) - tutto suo in quanto predicatore di professione - “di fare questa piccola scuola di pensiero” (ibid.).


Fichte, riferendosi al dovere del contadino e dell’operaio dichiara: “chi si impadronisce di questo concetto non solo valuterà con giustizia il mondo e le sue relazioni, ma anche innalzerà il proprio valore mediante il sublime punto d’appoggio che ha acquistato. Far sorgere, consolidare, vivificare questa maniera di pensare é il punto a cui deve sboccare tutta l’istruzione che io chiamo massonica” (J. G. Fichte, “Lezioni di massoneria”).


Il contraffattore fichtiano di Steiner, riferendosi alla “missione del dotto” dichiara: “vedremo nel corso degli incontri che man mano che ognuno entra in questa creatività propria gestisce tutto lo strumentario culturale che la cultura gli da’ dal portato dell’arte, della religione, della scienza, se ne serve con piena sovranità, con piena libertà” (2° mp3, op. cit.).


Per il contraffattore, il Logos di Fichte, attinto dal vangelo di Giovanni, è l’“attività pensante, che viene gestita dall’individuo, a partire dalla sua libertà, perché non è costretto a farlo, nessuno lo costringe a farlo, a partire dalla sua libertà” (ibid.) ed in quanto “individualizzato, interiorizzato, e quindi reso diverso in ogni essere umano, viene chiamato lo Spirito Santo: lo Spirito Santo è il Logos in quanto viene liberamente recepito, interiorizzato, individualizzato dall’individuo, se lo vuole, nella misura in cui vuole. E questa è la seconda venuta del Cristo, del Logos, in forma di Spirito Santo” (ibid.).


Ma la diversificazione del Logos, o dell’“organismo di pensieri del cosmo” (ibid.) riguarda ciò che NON è l’io, dato che l’io è identico in tutti come io cosmico, o Logos, e che diventa poi “un io personale, un io individuale, poi si individua ulteriormente, divenendo un io razionale, astratto, poi ancora di più e diventa l’ego, ma è sempre lo stesso io” (M. Scaligero, “Graal. Rivista di scienza dello Spirito”, Ed. Tilopa, Anno XX - N. 79-80 - 2002, “p. 107).

 

Inoltre “la seconda venuta del Cristo, del Logos, in forma di Spirito Santo” è solo l’ennesimo contenuto di una fede in un Dio umanamente personale, che non c’entra nulla col contenuto della filosofia della libertà di Steiner, nella quale anzi troviamo scritto: “Non un Dio umanamente personale, né energia o materia, né la volontà senza idee di Schopenhauer, possono far da unità universale” (R. Steiner, “La filosofia della libertà”, cap. 5°).


Per quale motivo allora il contraffattore inserisce contenuti di fede nell’opera di Steiner?

 

Li inserisce per parlare della cattiveria in senso fichtiano, consistente nel peccato contro lo spirito come peccato di omissione: “L'uomo non sarà perciò detto cattivo nella misura in cui è un essere sensibile bensì nella misura in cui è un essere immobile, inerte” (Fichte, Sämmtliche Werke, vol. IV, pp. 198 sg., in Alexis Philonenko, “Storia della filosofia a cura di François Châtelet”, Milano 1976, vol. V, p. 56), e ancora: “la pigrizia è il vero male radicale, innato nell'uomo, che lo spinge nella via delle abitudini in cui s’impastoia la libertà” (ibid.). In tal modo, egli può spiegare “La filosofia libertà” di Steiner servendosi di precisi termini presi dall’attivismo di Fichte: “Soltanto l’individuo che commette peccati di omissione rispetto al suo spirito è capace di recuperare i colpi perduti” (2° mp3, op. cit.). Il colpo perduto è uno sforzo (“Streben” nel linguaggio fichiano) che è venuto a mancare a causa dell’immobilità e dell’inerzia umana, che sono appunto il male secondo Fichte.


Il predicatore contraffattore predica in tal modo una teologia della libertà fatta di massoneria fichtiana frammista a cattolicesimo, che ascoltatori possono scoprire solo conoscendo l’opera di Fichte, cosa in verità alquanto rara oggi…


Il contraffattore, per spiegare Steiner, non mancherà ogni volta di declamare la superiorità della lingua tedesca, esattamente come aveva fatto Fichte, il quale nei suoi roboanti “Discorsi alla nazione tedesca” aveva affermava la superiorità linguistica tedesca come superiorità culturale, spirituale e filosofica...

 

Siamo nella pazzia? Purtroppo le cose stanno proprio così: “qual è la traduzione migliore della filosofia della libertà in italiano? Non esiste la traduzione migliore [...] non è una traduzione la cosa che meglio aiuta, ma una spiegazione” (2° mp3, op. cit.).


Ma “La filosofia della libertà” di Steiner spiegata in modo eterodiretto, cioè da fuori, che senso può avere oggi? Andrebbe casomai spiegata in modo autonomo (oltretutto, secondo Steiner oggi ognuno dovrebbe avere la propria individuale religione): ognuno potrebbe e dovrebbe spiegarla a se stesso. Per un italiano sarà anche un po’ più difficile in italiano di quanto non lo sia in tedesco per un tedesco, ma non c’è davvero bisogno di contraffattori fichtiani, massonici o cattolici, e tanto meno di teologi! Ci sono i dizionari, dal sanscrito all’ebraico fino al tedesco, ecc., no?


No. Per il contraffattore non è così. Per lui ciò che più conta è l’idioma nazionale: “oggettivamente parlando dobbiamo dire che il linguaggio tedesco, la lingua tedesca è, diciamo [...] quella che più, in un certo senso, diciamo, meglio di tutte, si fa da ricettacolo dei misteri, ed anche dei cammini del pensiero” (ibid.). Ma quando mai?

 

Il contraffattore si fa passare per iniziato.

 

Peccato che la maggior parte delle sue contraffazioni siano esternate in modo massimamente emotive e simili a quelle di un nevrotico, dato che la calma è il primo passo di ogni iniziazione.


Prima di pensare di correggere Steiner (cfr. “Ingannosofia ovvero la filosofia che fraintende se stessa”) non sarebbe forse meglio cercare di auto-educare se stessi?


Inoltre, prima di pretendere di rendere il tedesco indispensabile per la comprensione della filosofia, il contraffattore dovrebbe almeno riconoscere che : 1°) quella di Steiner, più che una filosofia, è il risultato di osservazioni dell’attività interiore umana, dunque sostanzialmente esperienza, esperienza del concetto, quella che manca sia a lui che a Fichte; e 2°) che Steiner in merito alla indispensabilità dell’elemento tedesco, la pensava in modo abbastanza diverso, dato che se il tedesco se non si auto-educa comporta in se stesso il mentire, la menzogna, la PARVENZA.


E proprio a questo proposito, concludo questa pagina con dichiarazioni di Steiner: «[…] L’elemento tedesco non possiede un’attitudine istintiva allo sviluppo dell’anima cosciente; ha solo la disposizione per educarsi all’anima cosciente […] deve essere educato a farlo […] può conquistarla solo a mezzo dell’educazione» (R. Steiner, “Esigenze sociali dei tempi nuovi”, 6ª conf. di Dornach dell’8/12/1918).

 

Ed ancora: assolvono a tale compito “solo coloro che hanno attuato la loro autoeducazione. La gente meramente istintiva non resta toccata dal muoversi dell’anima cosciente; resta per così dire distaccata”. […] i tedeschi [...] hanno foggiato la natura intellettualizzante […]. Delle tre cose caratterizzate nella favola di Goethe: la potenza, la sembianza, la conoscenza, al tedesco è toccato il compito, nell’epoca dell’intellettualità, di foggiare la sembianza dell’intellettualità […]. Il tedesco mente non solo quando è cortese […] può mentire anche quando vuol applicare le sue migliori inclinazioni in un campo per il quale non ha attitudini innate, per il quale le attitudini possono essere educate con sforzo individuale […]. La popolazione di lingua tedesca viene portata dalla sua politica a quanto in realtà non è disposta; quando si affida agli istinti può quindi venir portata facilmente in una situazione poco chiara, insincera; non si troverà invece mai in situazioni oscure, se i suoi rappresentanti, che si sforzano di pervenire all’intellettualità, si sottoporranno ad adeguata autodisciplina […]. La politica tedesca diventerà idealismo sognante che non avrà molto a che fare con la realtà; avrà a che fare con tutto ciò che è falso, con ogni teorizzazione - e qui non si intende moralmente - perché ogni teorizzazione è falsa» (ibid.).

 

Pertanto, quella della società antroposofica massonica per l’attivismo del comunismo giuridico fichtiano non può che essere una società in cui il pensare è sostituito col pensato, ed il pensato col legiferato in nome... della libertà. Non c’è limite al peggio...

 

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Per approfondire la differenza fra pensare e pensieri, cfr. “Il pensare e i pensieri” di Lucio Russo.