Ripropongo una pagina del mio vecchio sito "Afimo" (Abbaco filosofico della moneta) (1), con la quale dimostravo come l'uomo, alienando se stesso, rifugga con forza da quanto incessantemente gli chiede lo spirito del tempo: "È giunta l'ora di prendere coscienza della indivisibilità del benessere. Chi pensa solo ai casi suoi e crede di poter separare il bene proprio da quello degli altri, dimostra di non saper fare il proprio interesse" ("Hallesismo - L'economia al servizio dell'uomo", Ed. Bresci 1979). Tale pagina presenzia ancora nel web (2) come testimonianza del fatto che non tutti sono impazziti o proni all'arimanico dio mammona del denaro e/o della meccanizzazione dello spirito. La "Storia manicomiale del Trucco" è la storia della onesta ricerca di Agostino Maria Trucco, bloccata dallo Stato italiano, quindi è la prova provata che solo lo studio de "I punti essenziali della questione sociale" potrà ristabilire l'ordine dal caos, a partire dall'individuo e dalla conoscenza fisiologica che questi potrà avere in sé per l'organismo sociale.
Castell'Arquato 19 febbraio 2018
STORIA MANICOMIALE DEL TRUCCO
Nel 1893 il ragioniere genovese Agostino Maria Trucco, viaggiando a scopo di studio per l'Europa, giunse a Parigi ed ebbe occasione di visitare i Mercati di alimentazione (Halles) della città.
A. M. Trucco vagheggiava da tempo una organizzazione commerciale internazionale la quale si avvalesse del notevole progresso raggiunto non solo nei trasporti terrestri e marittimi, ma anche e soprattutto nei rapporti tra le nazioni.
In quei tempi - dolce ricordo di un paradiso perduto - si studiava il volapuk e l'esperanto perché sembrava che oramai soltanto la diversità delle lingue separasse i popoli, mentre le istituzioni internazionali ed i servizi cumulativi venivano ovunque bene accolti ed incoraggiati; lo Czar di tutte le Russie proponeva all'Aja la pace ed il disarmo tra tutte le Nazioni e l'uomo della strada prevedeva già che in un tempo assai prossimo sarebbero crollate le barriere doganali, si sarebbero disciolti gli eserciti, ed i popoli della terra si sarebbero riconosciuti fratelli!
Nei libri di testo delle scuole si insegnava infine con uguale solennità e rigore, sia che una Yard era lunga invariabilmente m. 0,9144, sia che un dollaro valeva immutabilmente L. 5,18.
In questa atmosfera tranquilla ed ottimista, A. M. Trucco viaggiava da una capitale all'altra, assorto nel suo studio organizzativo e fiducioso in un sereno avvenire.
La visita alle Halles di Parigi decise della vita di A. M. Trucco e segnò la nascita dell'Hallesismo. Eppure nulla di anormale egli vide quel giorno, né certamente alcuno dei presenti ebbe la sensazione che qualche cosa di eccezionale fosse avvenuto.
A. M. Trucco, assistendo ad una normale operazione del giorno, vide arrivare alle Halles un vagone di cacciagione proveniente dalla Spagna. Il nome dello speditore era completamente nuovo ai dirigenti del mercato; il nome del destinatario era semplicemente: Halles - Parigi.
Il vagone venne aperto e il contenuto, dopo un sommario controllo, venne ripartito in vari lotti e portato nel salone delle vendite. Il banditore mise successivamente all'asta i vari lotti, che l'uno dopo l'altro vennero aggiudicati al miglior offerente, indi pesati, registrati, consegnati, pagati ed asportati. Il ricavato, depurato delle spese vive, e di un minimo aggio di vendita, venne senza indugio spedito integralmente al mittente.
Un commerciante diventa apostolo
A. M. Trucco rimase assai perplesso. Egli pensò subito al mercato della sua Genova. Se quel vagone fosse stato spedito ad un commerciante di quella città per essere venduto, quale somma avrebbe potuto realizzare il mittente? E viceversa: se un'istituzione come le Halles fosse estesa anche agli altri prodotti non alimentari e venisse adottata in tutti i centri di consumo, quale impulso non ne riceverebbe l'intero commercio mondiale?
L'organizzazione commerciale internazionale da lui vagheggiata prese nella sua mente, da quel giorno, un nuovo indirizzo: non più un ente commerciale agente in proprio e con finalità di lucro, ma un ente di interesse pubblico, agente come intermediario tra produttori e consumatori di ogni piaga, regione e nazione.
Da quel giorno il commerciante si trasformò in economista, l'organizzatore si trasformò in apostolo.
La concezione di un nuovo Ente Universale
La concezione di un Ente Universale avente la finalità di pubblico bene ed il programma di ridurre il costo dell'operazione di compra-vendita avvalendosi di tutti i vantaggi che comporta l'associazione di tutti gli sforzi, era così seducente che A. M. Trucco ne restò abbagliato e vi si dedicò con devozione sacerdotale.
Ben presto i vantaggi tecnici dell'idea si manifestarono in tutta la loro imponenza anche se concettualmente risentivano dell'impreparazione teorica di Trucco.
Dal punto di vista del suo funzionamento interno, l'Ente così unificato si presentava con luminosa evidenza più economico di quanto non lo fossero altrettante aziende commerciali capaci di svolgere complessivamente lo stesso lavoro.
I venditori, da una parte avrebbero avuto enormi vantaggi, tra i quali: la certezza dell'incasso, la serietà dell'ente, la sua imparzialità, il basso costo dell'operazione di vendita, sia per l'eliminazione del lucro commerciale, sia per la ripartizione delle spese sopra un gran numero di operazioni.
Gli acquirenti, da parte loro, avrebbero avuto la possibilità di comprare sempre all'asta, alla luce del giorno, in un'atmosfera non intorbidata da manovre sornione o tendenziose, ed avrebbero potuto controllare meglio tra loro le offerte in quanto esse venivano presentate opportunamente ravvicinate e rese omogenee.
Tutti poi, infine, venditori ed acquirenti, avrebbero risentito i vantaggi della unificazione di tutti i servigi, ciò che è istintivamente intuito anche dai profani come sinonimo di riduzione dei costi. E infatti trasporti, trasbordi, facchinaggi, pesatura, magazzinaggio, ecc. sono servigi che ancor oggi, in molti mercati, riserbano spesso ingrate sorprese ma che a quei tempi, mezzo secolo addietro, erano ovunque addirittura allo stato primitivo e caotico.
La loro organizzazione ed unificazione rappreséntava quindi un'economia di spesa ed una notevole chiarificazione; e tuttavia tutto ciò era ancora nulla rispetto al grandissimo e fondamentale vantaggio di poter collegare tra loro con ordinamenti unificati tutte le Halles del mondo, in modo da determinare in ogni istante (confrontando le loro quotidiane mercuriali) quali mercati si presentavano più favorevoli ai venditori ed avviare in quelle direzioni le varie offerte di merci con opportune graduazioni realizzando così i prezzi migliori, senza (si noti bene) che il venditore avesse avuto bisogno di organizzare preventivamente agenzie, rappresentanze, succursali, ecc. in ogni città del mondo.
Una miriade di vantaggi minori a base di servigi cumulativi, forfait, assicurazioni, ecc., completavano il quadro e sferzavano A. M. Trucco verso la realizzazione. Ma questa realizzazione non venne mai.
Salvo l'unificazione coattiva, statale, operata dal Comunismo russo che ha riservato allo Stato il commercio estero, nessun ente con finalità affini a quelle esposte è stato a tutt'oggi proposto ai popoli della terra, i quali invece si sono sempre più divisi, separati, diaframmati, isolati, autarchizzati, esasperati e finalmente, disperati per la propria incapacità a collaborare, si sono gettati a capofitto nel turbine di due guerre mondiali.
Un fantasma contro un apostolo
A. M. Trucco - animato dal più puro entusiasmo, illudendosi di poter riuscire in breve tempo - si dedicò completamente alla realizzazione dell'opera, ma ben presto si accorse della vanità del suo lavoro per la presenza di un maligno fantasma che neutralizzava ogni suo sforzo.
Molto tempo occorse al Trucco per individuare quel fantasma, ma alla fine la luce si fece nella sua mente, ed egli intuì la verità, gettando così le basi della sua grande e benefica Idea.
Egli infatti aveva elaborato un congegno quanto mai perfetto per l'organizzazione degli scambi internazionali, perfetto da tutti i punti di vista: burocratico, merceologico, giuridico, contrattuale, assicurativo, ecc., e aveva preso in esame tutte le merci che possono essere oggetto di scambio, allo scopo di elaborare contratti-tipo a clausole unificate che avrebbero ridotto a zero, o a semplici e rapide vertenze arbitrali, ogni controversia. Egli però aveva creduto - come tutti gli altri - che in ogni operazione di compravendita vi fosse soltanto un solo oggetto di scambio. Non si era accorto (e tutti gli altri con lui) che ogni vendita è un baratto, uno scambio di due beni tra due contraenti.
In realtà si ha uno scambio di un bene reale con una merce fantasma, che è il denaro. Ma anche il denaro è una merce di scambio?
La moribonda di florido aspetto
Se il denaro è anch'esso una merce di scambio, sarà necessario sottoporre anche il denaro all'esame merceologico. Trucco intraprese questo esame, e ben presto si accorse che la "merce moneta" era ammalata, e gravemente ammalata. L'apparente stato di floridezza che godeva allora questa grande ammalata aveva varie ragioni profonde, storiche ed intrinseche alla natura della moneta stessa. La momentanea stabilità reciproca dei cambi mascherava in quell'epoca l'epidemia, in quanto tutte insieme le monete erano vittime di un collettivo deperimento.
Un esame appena sommario dell'aumento dei prezzi (in denaro) nel secolo XIX dimostra infatti la costante e incessante svalutazione delle monete europee. La parità aurea che si protrasse fino al 1914 in quasi tutte le nazioni, dava la sensazione di una stabilità nel valore delle monete, che invece si svalutavano tutti i giorni. Ma nessuno se ne accorgeva, dato appunto il loro agganciamento all'oro, il quale a sua volta si svalutava a causa della sua crescente e incessante produzione mondiale.
A. M. Trucco comprese subito che era urgente ed improrogabile affrontare il problema monetario, senza il quale ogni suo programma sarebbe stato incompleto, anzi illusorio. Riconobbe subito che, mentre è vero, scrupolosamente vero, che i prodotti si scambiano con i prodotti, e che la moneta, esaurito il suo compito, resta eliminata, è altrettanto vero che la moneta nell'operazione di scambio ha funzionato come strumento di misura del valore e quindi, se questo strumento da' misure inesatte, variabili, nel tempo e nello spazio, si creeranno necessariamente ingiuste sperequazioni e nefaste ingiustizie.
Il perfezionamento quindi della moneta come strumento di misura era condizione inderogabile per il buon funzionamento del congegno commerciale genialmente concepito da Trucco, il quale - va precisato - non aveva seguito questo schema logico con processo deduttivo, ma ideò invece, con un lampo di genio, una unità monetaria unificatrice come mezzo di pagamento nelle transazioni commerciali internazionali, e dopo questa ideazione si pose all'opera, sia per realizzaria, sia per trovarne la giustificazione teorica.
Questa giustificazione fu successivamente trovata molto tempo dopo (1932, N. Manetti-Cusa, "La Redenzione Economica. L'Invariante monetario"), mentre i due simboli Hallesint: l'ASSEGNO e la CARTELLA, vere polizze di assicurazione monetaria, hanno una data di nascita, sia pure in forma embrionale, assai anteriore: il 1915 (A. M. Trucco, "La separazione dell'Economia dagli Stati").
La contropartita di questi simboli (con esclusione dell'oro, ciò che in quei tempi sembrò paradossale eresia!) era data da una massa di titoli fruttiferi delle varie nazioni; ma l'esatta composizione e le modalità di emissione - dopo qualche incertezza iniziale - vennero concretandosi con relativa lentezza, a causa del peso schiacciante dei pregiudizi correnti e della generale crassa ignoranza intorno ai fenomeni monetari.
A. M. Trucco, ormai conscio della portata travolgente della sua grande riforma monetaria, si dedicò completamente all'ideazione ed al concretamento della sua Fondazione Universale Hallesint, di cui vedeva ormai come attività principale e dominante la funzione unificatrice monetaria e come attività subordinata la funzione unificatrice commerciale.
Egli aveva compreso che l'unificazione del contratto di scambio (unificazione commerciale) non era stata realizzata fino a quel giorno, non perché l'umanità ormai provetta nella scienza giuridica non fosse in grado di ideare perfetti congegni contrattuali internazionali e nazionali, ma perché il fantasma monetario ne faceva crollare e svanire ogni tentativo.
Vinto e debellato il truculento fantasma, gli scambi - non solo nello spazio ma anche e soprattutto nel tempo - si sarebbero razionalizzati immediatamente con procedimenti di "ordinaria amministrazione".
A. M. Trucco che aveva scritto molti volumi sull'Hallesismo "commerciale", accentuò la sua fecondità di scrittore per la diffusione dell'Hallesismo "monetario e finanziario". Egli alternava volumi espositivi con volumi polemici, e continuamente raffinava la sua concezione col raffronto alle opere dei classici dell'economia politica.
La fecondità di A. M. Trucco come scrittore è stata veramente eccezionale. A parte gli articoli sparsi nei giornali e riviste, oltre le lettere indirizzate ad elevate personalità del campo politico, bancario e scientifico (lettere, ciascuna delle quali era una brillante ed elevata lezione di economia) e tacendo infine del suo Ciclostile che per decenni interi lavorò senza posa, A. M. Trucco dette alle stampe oltre duecento volumi!
Lo statuto del nuovo Ente Universale
L'esame di tutte le teorie economiche alla luce della concezione hallesista faceva sprizzare continui lampi di luce che rafforzavano Trucco nelle sue convinzioni, ed attiravano nuovi discepoli attorno a lui. Ma egli non volle mai dettare lo Statuto della Fondazione Universale Hallesint, anche perché l'incarnazione della sua grande idea in formule verbali gli appariva impresa troppo ardita e troppo impegnativa.
Lo Statuto della Fondazione Universale Rallesint - sequestrato dal governo fascista - fu compilato, redatto ed articolato nel 1934 (N. Manetti-Cusa, "Statuto della F.U.H.") in contrasto con la volontà di lui e, in verità, le clausole di emissione della Cartella e dell'Assegno (Hallesint) vennero definite e formulate in difformità dalle sue direttive, e in armonia invece con le conclusioni teoriche dell'Economia Razionale. Ma sarebbe profanazione imperdonabile affermare che ciò menomi, attenui od offuschi il vanto di A. M. Trucco, al quale si deve "esclusivamente" la geniale concezione concreta della Fondazione Universale Rallesint. Ancora una gloria italiana.
La vita di A. M. Trucco fu dedicata a un'Idea. Per essa egli visse, lottò, soffrì e ad essa egli dedicò ogni palpito, ogni pensiero, ogni istante della sua vita. A lui vivente l'umanità non mancò di dare il martirio che essa fatalmente riserba ai suoi figli migliori.
Il calvario hallesista inizia nel 1924. Fino a quei giorni A. M. Trucco aveva dovuto superare non lievi difficoltà dovute però più all'inerzia del pubblico che ad ostilità. I pochi amici e discepoli raccolti attorno a lui prima a Milano e successivamente a Roma fino al 1914, si dispersero allo scoppio della guerra europea. Nel 1918, dopo l'armistizio, il nucleo si ricostituì, e per circa sei anni andò sempre più allargandosi e rafforzandosi.
Nel 1921 si costituiva regolarmente in Roma la Soc. An. Edizioni (Cap. 2 milioni int. vers.) che pubblicò varie serie di volumi, dapprima offerti in omaggio e spesso respinti, ma in seguito regolarmente acquistati e letti avidamente, insieme al settimanale "La separazione dell'economia dagli Stati" ed alla "Rivista di sociologia Hallesista".
Nel 1922 si costituì l'Unione Hallesista Italiana (si noti: unione, non partito) che, senza alcun impulso artificioso, raccoglieva in tutti i ceti entusiastiche adesioni. I locali di palazzo Raggi, nel centro di Roma, con i suoi dodici saloni dapprima giudicati esuberanti, divennero ben presto insufficienti.
Nel marzo del 1923 veniva lanciata a tutti i direttori di banca ed a tutti i professori di economia la "Sfida degli Hallesisti Italiani". A tale scopo veniva depositata presso il notaio Venuti di Roma la somma di L.500.000, mentre si invitavano formalmente banchieri ed economisti a dimostrare l'impossibilità dell'immediata costituzione della Fondazione. A colui ed a coloro che fossero riusciti in detta confutazione, a giudizio di una giuria nominata dal Presidente del Tribunale di Roma, sarebbe stata versata quella somma.
La Sfida venne letta e illustrata in una vibrante adunanza al Teatro Eliseo di Roma, davanti ad un pubblico imponente. Nessuno rispose a viso aperto!
Per spezzare la congiura del silenzio che già cominciava a delinearsi, fu indetta una adunanza nel più grande Teatro di Roma, il Costanzi (oggi Teatro Reale dell'Opera), oratore l'avv. Giorgio di Domenico. Ma al mattino un'ordinanza del governo fascista proibiva la riunione e i poliziotti scioglievano gli assembramenti che, rimasti dietro le porte chiuse del teatro, erano così numerosi da ostacolare il traffico in via Nazionale. Era il marzo del 1924. Tre mesi dopo veniva assassinato Giacomo Matteotti e la reazione fascista gettava la maschera.
Il diritto di petizione ai due rami del Parlamento
Tutti i mezzi sono stati adoperati dagli Hallesisti per costringere gli uomini di governo a pronunciarsi, avvalendosi dell'art. 57 dello Statuto del Regno d'Italia che consentiva ai cittadini maggiori di età, italiani e stranieri, il diritto di petizione. Trucco presentò ai due rami del Parlamento una petizione affinché fosse esaminato il progetto Hallesint ed eventualmente proposto dall'Italia alle altre nazioni. Si allegarono ampi memoriali, documentazioni e perizie nonché tutti i volumi ed i periodici editi dalla società Hallesint-Edizioni.
La Camera dei Deputati rispose semplicemente "ringraziando". Il Senato invece rispose che la documentazione era incompleta mancando, a norma dello Statuto, un documento che comprovasse la compiuta "maggiore età" del richiedente.
L'intervento di S. M. il Re d'italia
Si ritenne allora opportuno rivolgersi alla Maestà di Vittorio Emanuele III, Re d'Italia. Furono mandate anzitutto in devoto omaggio tutte le pubblicazioni e le più autorevoli perizie e, dopo un opportuno lasso di tempo, fu chiesta l'udienza reale a nome della Unione Hallesista Italiana. S. M. il Re si degnò di concedere l'udienza e ricevette i Dirigenti trattenendoli in lungo e cordiale colloquio. Volle conoscere gli scopi perseguiti ed i mezzi adoperati ma, purtroppo, non poté fare altro che formulare... i migliori voti per un pronto e rapido successo!
L'intervento della R. Accademia d'Italia
Precluso il contatto col pubblico, respinti dal Governo, congedati dal Sovrano, gli Hallesisti attesero invano l'esito della Sfida e alla fine, rassegnati, si accinsero al lavoro paziente della conversione individuale. I banchieri italiani svelarono ben presto la loro impreparazione economica e la loro indifferenza verso gli interessi della collettività. I professori di economia politica (coattivamente convertiti all'Economia Corporativa), terrorizzati dal pericolo di una scomunica fascista, si destreggiarono in tutti i modi per esimersi dal dare un giudizio.
Soltanto la Reale Accademia d'Italia dopo lunga istruttoria rispose: "[...] la Classe delle scienze morali e storiche di questa R. Accademia ha preso conoscenza dello Statuto della Fondazione Hallesint. La Classe ha ritenuto che lo stato generale dell'economia non consenta, in massima, progetti del genere, e ha deliberato quindi di non dare alcun parere sul progetto stesso".
Una perizia breve ma esplicita
Non mancarono lodevoli eccezioni. La Direzione del Banco di Napoli scriveva: "Il personale di banca crediamo sia uno dei migliori vivai per seminarvi le idee hallesiste che dovranno sottrarre l'umanità alle dolorose conseguenze della vasta e profonda crisi attuale".
Nel campo scientifico ricordiamo per tutte le conclusioni della perizia, tanto limpida quanto recisa, stesa dal prof. Angelo Titi, perito dell'Alta Corte di Giustizia nel processo al Senato per la Banca Italiana di Sconto.
Il 29 giugno del 1924 un grande quotidiano romano - La Tribuna - pubblicava un violento articolo diffamatorio contro il Movimento Hallesista. L'accusa rivolta al Fondatore era di truffa continuata. La letteratura hallesista veniva definita involuta, difficile, irretita, di svariata e sconnessa cultura economica, ed era presentata come il raggiro idoneo a sorprendere l'altrui buona fede per trarne un ingiusto profitto. I truffatori sarebbero stati gli azionisti e gli aderenti!
La campagna, di cui tutti compresero l'ispirazione, trovò subito una vasta eco in tutta la stampa italiana.
A nulla valse la reazione di tutti gli hallesisti che insorsero con violenza contro il giornale diffamatore e che, unanimi, intensificarono la loro attività. Non riuscendo la campagna giornalistica a fiaccare il Movimento né riuscendosi a trovare neanche un prestanome che si dichiarasse truffato o comunque danneggiato, la Questura di Roma, il 3 mano 1924, sporse denuncia all'Autorità giudiziaria la quale, con manifesta riluttanza, si decise ad intentervenire, e il 13 maggio poneva sotto sequestro penale le attività della Società Hallesint, sebbene amministrata dai più forti azionisti, colpendo in tal modo gli interessi dei cosiddetti truffati in luogo e vece del preteso truffatore.
Le Società Hallesint non avevano un protesto, né un debito, né una cambiale in circolazione, e tuttavia il Tribunale di Roma, caso unico negli annali giudiziari, fu costretto dalle Autorità politiche a proclamare d'ufficio il fallimento della Società Hallesint in piena attività e liquidità.
Un caso unico nella storia giudiziaria
In data 23 giugno del 1924, l'Unione Hallesint, per quanto non avesse attività finanziaria, fu sciolta, e le pubblicazioni periodiche soppresse. Fu preparato anche un mandato di cattura per il Fondatore, ma non si trovò un magistrato che avesse il coraggio di emetterlo.
Il Fondatore, in vista della lotta che andava iniziandosi, provvide ad assicurare la continuità della sua opera creando, insieme a due suoi fedeli discepoli, la Società Civile, oggi denominata Istituto per il Rinnovamento Economico.
Iniziato il procedimento e raggiunto lo scopo della soppressione violenta del Movimento Hallesista, ogni sforzo per ottenere il rapido svolgimento processuale si rivelò vano. Il mandato di comparizione, per quanto già redatto, non veniva spiccato, nonostante le più vive sollecitazioni. Fu necessario, caso unico nella storia giudiziaria, che il difensore dell'imputato si recasse al Palazzo di Giustizia con una dattilografa munita di macchina per far copiare il mandato di comparizione!
Mentre si svolgeva con deliberata lentezza l'istruttoria, la quale estese l'imputazione ad altri tre "complici" del Fondatore che ne furono orgogliosi (ing. Mario Baroncini, avv. Giorgio di Domenico e ing. Nicolò Manetti-Cusa), la storia giudiziaria registrava un altro avvenimento straordinario.
Il Tribunale di Roma, incredibile ma vero, non solo revocava, il 5 agosto 1925, a tutti gli effetti, l'inesistente fallimento della Società Rallesint, ma ne affidava la gestione al preteso truffatore Agostino Maria Trucco, mentre era pendente l'accusa di truffa e l'imputato non era stato interrogato!
L'istruttoria, sotto le più vive pressioni degli imputati, si concluse nel febbraio 1925 con rinvio a giudizio, ma occorsero ancora 2 anni perché si celebrasse il dibattimento.
Il processo si protrasse per sei udienze fra il 18 marzo e il 22 aprile 1927.
Il Pubblico Ministero non poté presentare alcun teste di accusa, né alcuno si costituì parte civile. Tutti i testi di difesa, appartenenti alle più alte classi intellettuali vennero a deporre serenamente ma recisamente, non difendendo ma esaltando.
Due giudici in attività di servizio (Cracco e Perretta) vennero a deporre confessando di avere con pubblicazioni e conferenze fatto l'apologia dell'Hallesismo e chiedendo che fosse estesa a loro l'imputazione.
Il 22 maggio 1927 fu pubblicata la sentenza. La stampa che aveva strombazzato all'inizio del processo ebbe l'ordine di tacere la sentenza, e la Procura del Re ebbe l'ordine di appellarsi contro la sentenza stessa. Soltanto il 20 febbraio 1928 la Corte d'Appello, confermando ancora più saldamente la sentenza del Tribunale, chiudeva il nefando episodio. La stampa ebbe l'ordine di tacere definitivamente!
Vittoria! Ammonizione e Manicomio
Il movimento Hallesista, fiaccato ma non domo, tentò di riprendere la propria attività; ma ormai era chiaro che la lotta era impari in quanto non si poteva combattere contro il veto del governo fascista.
A. M. Trucco non si arrese, pronto a lottare da solo ed a cadere sulla breccia. Faticosamente, durante i sei anni successivi, si cercò di ricostruire: ma nel momento in cui sembrava che il governo fascista avesse avuto una resipiscenza, la Commissione del Confino metteva sotto processo il Fondatore con l'imputazione di operare contro la nazione. Nonostante gli ordini ricevuti e dei quali nessuno faceva mistero, la Commissione non poté arrivare ad una mostruosa condanna e si limitò (19 gennaio 1934) ad infliggere un'ammonizione per la durata di due anni, durante i quali il Fondatore dovette subire l'umiliante trattamento di solito riservato ai recidivi ed ai rifiuti sociali.
In compenso si ordì (26 giugno 1934) un nuovo processo di truffa contro Trucco e due suoi collaboratori e, ancora questa volta il Tribunale, dopo due anni, emanava (27 giugno 1936) un'ampia e lusinghiera sentenza di completa assoluzione, così favorevole, anzi deferente, e così ampiamente motivata da interdire alla Procura del Re ogni possibilità di appello.
Il 17 febbraio dello stesso anno il Governatore di Roma si rivolgeva al Fondatore per notificargli che egli, nella sua qualità di "ammonito", aveva perduto i diritti elettorali! Ma poiché tutto ciò era troppo poco ed il Trucco accennava a riprendere la sua attività ed i suoi seguaci erano pronti a battersi ancora più strenuamente, il governo fascista tentò l'ultima via e in data 28 febbraio 1937, senza alcuna accusa, neanche da parte di un qualsiasi compiacente poliziotto, l'autorità politica ordinava alla Procura del Re di fare arrestare A. M. Trucco come demente.
La Procura del Re ubbidì e la Questura internò il Fondatore nel Manicomio con l'evidente intenzione di seppellirlo vivo.
Il colpo mancino sarebbe riuscito se il tempestivo intervento dei discepoli non avesse costretto le autorità sanitarie ad assumere la responsabilità di un accurato controllo. La diagnosi, decisamente favorevole, senza riserve, mostrò chiaramente quale delitto si voleva architettare.
La profezia e la morte del Fondatore dell'Hallesismo
Fallito quest'ultimo colpo, il Fondatore veniva dimesso dal Manicomio, ma ormai la sua fibra era fiaccata. Più che le sofferenze ed i patimenti, opprimeva il suo cuore lo spettacolo miserevole dell'umanità che si preparava all'immane tragedia da lui prevista in tutti i suoi libri, e che la Fondazione avrebbe scongiurato. Fin dal 1928, nel suo libro "La paura di arricchire", egli aveva ammonito gli Italiani a riflettere ed aveva scritto testualmente:
"Senza un grande fatto nuovo capace di creare un nuovo stato di cose economico-fiscale, fatalmente e al più tardi entro il 1938-39, scoppierà la grandissima guerra mondiale in gestazione".
In coerenza alla sua profezia, egli comprese che oramai il suo compitò non avrebbe potuto esplicarsi in questa sua vita terrena, e abbandonò la lotta. Il 5 aprile 1940 A. M. Trucco moriva, lasciando alla moglie e ai figli null'altro che l'orgoglio di portare un nome che sarà ricordato nei secoli.
Il 2 agosto 1940 il governo fascista notificava alla vedova la diffida di ricevere lettere o comunicare con chiunque "in merito aIl'Hallesismo".
Immancabile il trionfo dell'Hallesismo
Nessuna idea concreta, nessuna proposta pratica, oggi è offerta all'umanità, al di fuori dell'Hallesismo (3). La cosiddetta scienza economica è in piena bancarotta. Il Capitalismo, in rappresentanza del Risparmio, agonizza. Il Comunismo, in rappresentanza del Lavoro, non soddisfa.
Soltanto l'Hallesismo, esaltando l'Impresa, vero spirito creatore dell'economia, salva del Capitalismo e del Comunismo, tanto quanto basta per ricostituire il mondo economico. L'Impresa, terzo termine tra il Capitale ed il Lavoro, elevata dall'Hallesismo a soggetto dell'economia, concilia i due avversari e li affratella e li fonde in un abbraccio fecondo. E la guerra tra classi e tra nazioni, sradicata fin dal profondo, privata del suo perenne alimento - l'ingiustizia economica - sarà vinta, non più da una nuova guerra sempre più distruttiva, ma dalla pace, dalla pace economica, presupposto assolutamente indispensabile della pace sociale e internazionale. E il genio italiano illuminerà ancora una volta il mondo.
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(1) Cfr. ad esempio: http://web.mclink.it/MC6065/RRCC/local_money/afimo.htm
(2) Cfr. ad esempio: http://web.tiscali.it/dellaccio_s/hallesismo/documenti_tratti_dal_web/halles01.htm;
http://www.geocities.ws/hallesismo/documenti_tratti_dal_web/halles01.htm; https://www.liberamenteservo.it/modules.php?name=News&file=print&sid=5230, ecc.
(3) cfr. Gerasci & Marinucci, "Hallesismo, l'economia al sevizio dell'uomo", Ed. Bresci, Torino, 1979. La presenza questo piano di Economia Razionale, e la mancata realizzazione, testimonia la sottomissione del popolo italiano allo spirito anticristiano del "civis romanus" (imperialismo romano), poggiante sul fratricidio (Romolo e Remo) e sulla rapina (Ratto delle Sabine).