Da aggiungere alla storia del progetto

La percezione di Archiagottlieb

 

Accorgendomi che l’antroposofia sta diventando il business che non dovrebbe essere, un mero business che ripropone - oltretutto a spese dei neofiti - nientemeno che il comunismo giuridico di Fichte, caratterizzato da totalitarismo che sostituisce il monismo del pensare, ho creato questo progetto per smascherarne gli affaristi, e per salvare dall’inganno coloro che, ignari, si affidano alla massoneria di questa sedicente società antroposofica.

 

A me pare che a capo di questa mandria di deficienti vi sia un vanesio (Archiagottlieb, alias Pietro Archiati) che li cattura vantandosi della propria cultura d’accatto fatta di “latinorum” seminaristici cattolici, che egli poi fa mostra di contestare con veemenza, ma con la veemenza tipica di chi sputa nel piatto dove mangiò a sbafo, dato che Archiati si fece prete, poi pentendosene, si spretò. Archiati si mostra un pentito, non solo nella sua vocazione al cattolicesimo, ma un pentito in tutto, perfino nell’essere nato italiano, dato che dichiara che vorrebbe essere tedesco. Sembra che la sua natura sia quella di “pentirsi” di tutto, perfino dell’accettazione di Steiner nella terminologia, che predica di voler aggiustare, proponendo appositi gruppi di studio. La sua prosopopea durante le sue prediche è talmente gonfia da ricordare l’invidia del Salieri per Mozart nel film “Amadeus”, con la differenza che Salieri era un bravo musicista, mentre il rapporto fra Archiati e Steiner è simile a quello fra il cagnolino di onice della “Favola” di Goethe, e Goethe.

 

Il “sapere” di un uomo come questo, che continuamente si vanta di avere studiato il latino o Steiner, o Fichte, o Heidegger, o qualsiasi altro autore, e che si comporta come un “vu cumprà” qualsiasi, a che serve?

 

Archiati pretende soldi inventandosi addirittura formule di pagamento come quella del “libero apprezzamento” per le sue prediche, col significato di “libero prezzo”, che chiede continuamente ai suoi ascoltatori, infastidendosi poi se tale libertà genera contributi inferiori alle aspettative pattuite, segnandone il prezzo sulla lavagna: “Mancano 4930 euro. Grazie!!”, esattamente come un politico o un esattore che chiede di rispettare il pagamento dell’ennesima nuova imposta inventata sotto forma di libertà, che tipo di servizio fa all’antroposofia? Quando mai Steiner scrisse sulla lavagna simili cose per spiegare la libertà? E che tipo di inganno è quello di chi predica la percezione come inganno o maya (Pietro Archiati, “La percezione un inganno da superare”, Edizioni Archiati) o la realtà come esclusivamente sovrasensibile (spiritualismo assoluto), togliendo così valore di realtà alle cose sensibili? E perché mai un simile predicatore dello spiritualismo assoluto si infuria con coloro che affermano di amare la genialità di un Mozart?

 

A proposito dello spiritualista assoluto che vorrebbe fuggire da quanto lo circonda sulla terra, Rudolf Steiner dichiara con precisione che il suo sapere è inutile e solo luciferico: “Prendiamo dunque un uomo come questo che sa a memoria, per così dire, tutto ciò che si trova nei diversi libri teosofici, ma che per il resto si comporta secondo gli usi correnti della vita. A che serve tutto il sapere che egli acquisisce in funzione dei suoi alti interessi spirituali? Gli serve qui sulla Terra per procacciarsi un po’ di godimento interiore animico, un godimento proprio luciferico, seppure raffinato e sottile. Nulla di ciò viene però portato oltre le porte della morte, proprio nulla” (R. Steiner, “La missione di Michele”, Dornach 12/12/1919, 9ª conf., Milano, 1981).

 

E Pietro Archiati chiama questo suo godimento sottile: “vertigine”, “vertigine del pensare puro”, “creazione dal nulla”, ecc.

 

Dunque a che serve?

 

Oltretutto, se questo sapere è fasullo come è fasullo il “diritto” di Fichte, ancora fissato sull’obsoleto Stato etico, che Archiati continua a inserire come condimento nelle sue  moraleggianti prediche su Steiner, servirà ancora meno! Meno di nulla!

 

Questo spiritualista, anche se fa mostra di proporsi di arrivare e/o di far arrivare la “mandria” all’“individualismo etico” di Steiner, non potrà mai pervenirvi attraverso il sapere fichtiano dello Stato etico. Oppure potrà pervenirvi solo nella solita prospettiva asintotica del superamento di detto Stato. Prospettiva del “campa cavallo che l’erba cresce”, ma forse sarebbe più preciso dire prospettiva dell’asino.   

 

Ogni prospettiva asintotica è una prospettiva di approssimazione. Cosa ne sarebbe di una scienza se i suoi risultati fossero sempre e soltanto approssimativi come quelli che si manifestano da migliaia di anni in campo sociale, mediante l’“asintoticissima” formula del bastone e della carota? In base a quest’ottica asintotica, il bastone dello Stato etico, e la carota del suo superamento mediante individualismo etico, genererebbero fino a prova contraria come risultato quello di tendere ad avvicinarsi sempre più ma senza mai raggiungersi né coincidere. Insomma, in una tale prospettiva, perfino l’individualismo etico di Steiner assomiglierebbe alla “cagata pazzesca” di Fantozzi!

 

La stessa prospettiva bufala può essere attribuita a quella di tutti quegli ignobili individui della scienza spirituale del business antroposofico, che per “fare” gli iniziati non ragionano più secondo realtà (e quando mai ragionarono oltre al business?) ma solo farisaicamente secondo versetti biblici, tappandosi gli occhi di fronte alle aberrazioni dell’antroposofia fichtiana, in nome della pagliuzza e della trave, cioè del neomoralismo (vedi ad esempio il “Caso Balin“) che fa loro strappare le vesti in coro!

 

Questi neobarbari costruiscono poi siti internet che già dal nome dimostrano lo storpiamento di quanto vorrebbero insegnare, l’antroposofia e la triarticolazione sociale cosicché in neolingua è più facile storpiarne poi anche ogni contenuto: antroponordest, ecoantroposophia, tripartizione, ecc.!

 

Costoro sono perfino arrivati a dichiarare che Steiner sia incompatibile col “minimo vitale”! Dunque, delle due l’una: o sono criminali, o sono cretini…

 

Il loro stile di gregari li fa assomigliare a guizzanti pesci lamentosi che si riuniscono boccheggianti nel loro io di gruppo, per sopravvivere del loro trasudato psichico, in mancanza dell’acqua vitale dell’io. E in tal modo, questa frangia di antilogici pratica la suzione reciproca di quel trasudato, costituito dal permanere nei retroterra mentali dei loro errori di pensiero, dai quali non vogliono saperne di uscire. Non sbarazzandosi dai pregiudizi insensati da cui sono ferreamente dominati, ritengono e ritengono menzogne su menzogne. Mi sembrano persone stitiche e molto malate che non si liberano mai, non defecano. Puzzano.  

 

Questa carenza di cultura che ambisce restare carenza è l’ignavia, pusillanimità, mancanza di nerbo, di forza, e ricorda la mitologia di coloro che perdevano la virilità bagnandosi nelle acque del lago Salmace.

 

Questo è il gregarismo acefalo di questi primitivi selvaggi del terzo millennio.

 

La lotta tra il fallo (che è slancio, dono, rischio, passione) e il pene-cervello (l’autentica “testa di cazzo”) c’è sempre stata in ogni cultura. Ed anche se oggi, con questi “antroposofastri di Stato”, e/o dello Stato etico fichtiano, tale lotta sembra essersi conclusa con la vittoria del pene-cervello, in verità essa accadde già nel passato. Non dobbiamo disperare. La Storia li conosce…

 

Si tratta, infatti, di una lotta archetipica, profondamente inscritta nella dinamica delle diverse energie umane. La ritroviamo per esempio nell’ostilità a Shiva, nell’epopea delle sacre scritture a lui dedicate.

 

Shiva è interessante non solo perché rappresenta uno dei grandi archetipi del maschile, ma perché la sua immagine ed energia è stata una delle più amate, anche in Occidente.

 

La forza di Shiva è però difficile da accogliere, soprattutto per i giovani e pallidi occidentali odierni, tutta “netiquette”, “politically correct”, e “pruderie” delle “brutte parole”, sconvenienti per questi sedicenti antroposofi caproni e pecore della scienza dello spirito a carattere fichtiano.

 

Questi cretini senza fallo e senza testicoli imperversano più che mai! Il loro è un mondo malato, e la loro malattia è l’ornitopenia (mancanza di uccello)!

 

C’è una racconto su Shiva che anni fa pubblicai auspicando il superamento della paura. L’avevo preso dal Shiva Purana ed è stato poi copiato da vari siti internet. In questa storia si racconta di come certi moralisti, detti saggi, maledissero un uomo dalla condotta licenziosa: “Hai agito con perversità” - gli dicono, maledicendolo - “Che il tuo fallo si stacchi e ti cada per terra”. E così avvenne. Quell’uomo, però, era Dio, era Shiva, ed il suo fallo caduto cominciò ad bruciare tutto dinanzi a sé e a consumare ogni cosa: “si spostava negli inferni, nel cielo, sulla terra. Non stava mai fermo. I mondi e i loro abitanti vivevano nell’angoscia. Gli dei e i saggi vivevano nell’angoscia...”.

 

Dunque la “pruderie” del disprezzo del fallo trasforma gli umani in destabilizzatori del mondo e naturalmente ciò produce angoscia in tutti.

 

I saggi si recarono allora dal creatore, Brahma, che li insultò: “SIETE DEI CRETINI, DEI VERI CRETINI; l’uomo dal sesso eretto, o razza di impotenti, era Dio in persona”. E proseguì: “Fino a quando quel fallo non si stabilizza, nulla di buono può accadere”. Dopo di che, impartì loro le istruzioni per onorare il fallo, calmare Shiva, e riportare la pace nel mondo.

 

L’angoscia, fin dai miti di origine del mondo è infatti vista come il risultato di un destabilizzarsi della forza fallica, non adeguatamente riconosciuta e onorata.

 

Ecco dunque perché il disprezzo, fatto dall’uomo senza meraviglia che sottovaluta il proprio simile, è il disprezzo che il cretino porta in sé per tutto e per tutti, e serve per promuovere se stesso da “cretino semplice” a “cretino cattivo”. Questo è in fondo il passaggio di grado del cretino.

 

Non sto esagerando in modo fantasioso ma esprimendo realtà dei fatti. E poiché dimostro sempre quanto affermo, anche ora, dopo le necessarie premesse, farò lo stesso con recenti fatti accaduti davvero.

 

Tutti sanno cos’è l’associazione delle idee: c’è un principio di connessione fra i più differenti pensieri o idee, anche nelle fantasticherie più sfrenate o nei sogni. Questo, perché la nostra facoltà immaginativa non corre del tutto a caso, ma una connessione logica è sempre mantenuta tra le diverse idee che si succedono una all’altra. Così, per esempio un ritratto condurrà all’originale; il parlare di qualcosa introdurrà l’associazione di idee rispetto ad altre cose che le somigliano, ecc.

 

Poniamo il caso che Tizio entri un giorno in un sito internet per dire una cosa e che Caio, che ben la conosce, dopo ben quattro giorni risponda ponendo “distinzioni” avverse ad essa, e che solo al quinto giorno, dopo essere stato contraddetto da Tizio, sia costretto ad affermarla come vera. La domanda che sorge spontanea è: costui ha l’associazione di idee rallentata o associa le cose solo se è costretto da qualcuno a farlo? In altre parole, costui ha perso la virilità bagnandosi nelle acque del lago Salmace oppure è come uno dei cretini di Brahma?

 

Ridete, o cani! Perché questo fatto è avvenuto veramente, ed il “Caio” in questione è un certo Hugo (verificane i post negli incredibili contenuti del “Caso Balin“).

 

Ecco cosa avviene nel terzo millennio: alle mie affermazioni del 30 settembre 2013 su Fichte e su Pietro Archiati, un certo Hugo rispose il 4 ottobre 2013 distinguendo in Fichte una parte luminosissima nonché adamantina, per poi convenire, il giorno dopo, col fatto da me denunciato circa la mascalzoneria di Pietro Archiati.

 

Ecco parte del post di Hugo del 5 ottobre 2013 in cui afferma la pericolosità di Pietro Archiati (ma perché costui per convenire con le mie affermazioni costui ha prima bisogno di confutarle?): “[…] il fatto che, prima che lui [Archiati] andasse volutamente in rotta di collisione con la lobby dornacchiana, egli venisse cercato, lodato, coccolato, foraggiato, viziato, ecceterrato dalla dirigenza della Società Antroposofica la dice lunga dello “sguardo di aquile” di quei mercanti dell’intellettualismo antroposofizzante. Credimi, Nereo, con Archiati io ce l’ho - per troppi meditati motivi - molto più di te [e perché allora non l’hai detto subito?]. E quel che lui afferma sul piano gnoseologico - che tu ascrivi ad una sua visione per te “fichtiana” - me lo rende ancor più pericoloso, e affatto antipatico. Solo che per me, che lo reputo - per una serie di motivi che non è il caso di esplicitare in questa sede [e perché mai? Questa tua sede si chiama “Ecoantroposophia”, nome che dovrebbe evocare almeno un minimo di ecologia all’interno, no?] - un provocatore, ritengo che lui non tenga al pur deprecabile “Stato commerciale chiuso” del buon Fichte, bensì è tutto a pro - qualunque cosa egli affermi a fior di labbra - della “Ecclesia commercialmente e finanziariamente chiusa”. È un avversario astuto e pericoloso: un avversario intellettualmente preparato, non un pastasciuttaro allo stato brado. Spero di essermi spiegato”.

 

E sì, che ti sei spiegato. Ma perché anziché dirmelo subito hai aspettato che io ti facessi ragionare sul fatto che se il “diritto” fichtiano è l’unico errore di Fichte, ciò significa che tutto il pensiero che ne sta alla base è errato, in quanto il valore di un diritto fu, è, e sempre sarà la sanità del pensare che lo sorregge?

 

Hugo poi continua e, dicendosi certissimo della perfetta malafede di Archiati, dichiara: “a parte la testimonianza di Attila, Flagellum Dei, circa l’incontro tra l’Archiati con Agnese B., antroposofa svizzera, alla quale egli, che ancora non aveva discusso alla Pontificia Università Gregoriana la sua tesi, presentata da un relatore gesuita, parlò senza infingimenti, non prevedendo certo che le sue parole sarebbero giunte ad Attila, e quindi anche a me. Ma ho testimonianze anche più recenti circa la sua permanenza in case di amici, ai quali pure egli manifestò le sue opinioni, che poi mi furono esattamente testimoniate. Mi fu riferito dei tentativi di “cattolicizzazione” dell’Antroposofia “ad usum Romanae Curiae”, della sua mendacità aperta, della sua “elastica” moralità, del suo calunniare sottilmente o apertamente certe opere di Rudolf Steiner come la Christengemeinschaft. Una volta lo vidi “predicare” in una conferenza, e mi fu chiaro che egli è prete nell’anima, e vidi come egli adoprasse forze occulte per affascinare, addormentare, magnetizzare l’uditorio, forze derivate dall’addestramento gesuitico nell’Ordine al quale appartiene. Anche se lui nega che gli Oblati di Maria siano di derivazione gesuitica, io ne ho le prove provate. Che poi l’Archiati abbia vasta cultura, e facile gioco nel manodurre le persone, illudendole, giocando sulla sentimentalità, che abbia influenza sulle donne e sia persuasivo assai, è cosa che concedo volentieri. Ma non è certo a suo onore e lustro. Semmai è motivo di infamia. Come lo sono le sue segrete intenzioni di disgregare prima l’ambiente antroposofico, e poi di demolire le figure spirituali di Rudolf Steiner e di Massimo Scaligero. È un infiltrato, e la sua opera è infida ed esiziale”.

 

Essendo io un impulsivo, ho poi risposto di essere stato rincuorato dalle parole di Hugo, ma non è così, dato che esse poggiano solo, a ben vedere, su pettegolezzi. Amaramente rincuorato, dunque.  

                                        

Riflettendoci, mi pare che costui, sedicente conoscente personale di Scaligero, abbia quindi avversato quanto affermavo per poi confermarlo. È cretino?

 

E ciò che affermavo e che affermo - non su mere impressioni personali basate sul “si dice di “amici”, ma IN BASE A FATTI REALI (cioè a indagini su affermazioni di Archiati prese da libri di Fichte che ognuno può verificare) è che la scienza dello spirito di Archiati non è a carattere antroposofico, ma a carattere fichtiano, dunque a carattere del comunismo giuridico di Fichte.

 

A questo punto io non so cosa dire. Non so che parole mettere qui per concludere.

 

Quindi metto le parole di Dio (Brahma): “SIETE DEI CRETINI, DEI VERI CRETINI”!