Sulla vertigine di Pietro Archiati

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Chi predica "La filosofia della libertà" di Steiner con le categorie del "darsi una mossa" e dell'assoluto, predica in realtà "Il sistema della dottrina morale" di Fichte.


Quando l'io entra in contatto col non-io si verifica per Fichte un "urto", per cui l'io percepisce una resistenza. Nasce da qui la teoria fichtiana dello "sforzo". Questo sforzo genera l'attività che oppone se stessa ad un ostacolo (non-io).


Archiati chiama questa attività di opposizione a se stessa il "darsi una mossa" che, plasmando l'indeterminato, vale a dire l'aggregato sconnesso di sensazioni, colori, odori, impressioni, ecc., del non-io urtante (l'oggetto di percezione prima che l'io gli abbia dato un nome, per esempio quella data rosa) fa in modo che sia l'io a plasmare il non-io, e non viceversa.


Da queste premesse Fichte arriva poi ad affermare il dovere morale come libertà, col quale l'io realizza la sua indipendenza dal mondo della natura; ma ogni volta che l'io supera un non-io ne ricompare un altro, e quello sforzo, quella tensione (o quel darsi una mossa) verso la libertà è un compito tanto infinito e titanico, quanto romantico.


La morale di Fichte è l'idealismo etico, ed è basata su azione, intraprendenza, e lavoro, cioè sul darsi una mossa all'infinito fino all'infinita flessibilità dell'io, che a me pare sostanzialmente schiavitù, creduta immaginativa morale o fantasia morale.


La morale steineriana è invece l'individualismo etico. Qui l'immaginativa morale è quella creata dall'individuo all'occorrenza: può essere flessibilità in un caso ma può essere anche inflessibilità in un altro caso, o può essere altro ancora se l'individuo stabilisce per sé un altro libero comportamento morale.


In altre parole, l'individualismo etico non abbisogna di alcun dovere, neanche del "dovere morale-libertà", in quanto prende coscienza dell'antitesi essenziale fra dovere e libertà...

 

 

 

Ad un certo punto di una sua conferenza, il relatore (Pietro Archiati, ascoltabile nei seguenti due mp3: 01C - Prima conferenza - venerdì sera e 01D - Prima conferenza - venerdì sera del suo 11° seminario), nel riassumere il concetto di monismo del capitolo 10° de “La filosofia della libertà” di Rudolf Steiner, fa le seguenti affermazioni:

Questa è la vertigine del pensare puro [...] nel pensare puro mi trovo all’inizio del mondo dove io dico “Il triangolo sia” e il triangolo fu [...] Il primo che ha creato il concetto di triangolo, da dove l’ha creato? Non c’era. Da lì si vede che il pensare è creazione in assoluto. Perché prima che il Logos creasse il concetto di triangolo, il concetto di triangolo non c’era. Da dove lo crea? Dal nulla lo crea. Dal nulla. Quindi il pensare puro è la creazione dal nulla”.

Ebbene, questa è una CASTRONERIA!

 

Per Steiner, “la matematica tutta quanta, la geometria, nascono dal nostro sistema di movimento (R. Steiner, “Nascita e sviluppo storico della scienza”, Milano, 1982), cioè sono estratte dal nostro sistema locomotorio (ibid. 3ª conf., Dornach, 26 dicembre 1922). Ed il sistema locomotorio non è un nulla. Certamente il cattolico potrà sempre dire che il nostro sistema locomotorio è stato creato da Dio dal nulla. Ma questo va bene solo per chi ci crede. La scienza della libertà di Steiner invece va bene anche e soprattutto per chi non poggia su dogmi di fede.

 

Dunque se ci si vuole attenere a Steiner, la matematica e la geometria non nascono per nulla dal nulla.

 

Che poi un essere abbia detto “il triangolo sia”, e che poi il triangolo sia comparso dal nulla, è pura elucubrazione del relatore (ma di cosa?) Pietro Archiati, il quale d’abitudine assolutizza fichtianamente ogni concetto.

 

Tranne che per imbecilli imbesuiti, i concetti non furono, non sono e non saranno mai degli assoluti, dato che furono, sono e sempre saranno perfettibili. Un esempio: oggi viviamo un più perfetto concetto della nostra posizione cosmica: il geocentrismo ha lasciato il posto all’eliocentrismo, e l’eliocentrismo ha lasciato il posto alla comprensione del fatto che ci troviamo in un universo in espansione. Sì o no?


Invece nelle parole di Archiati l’evoluzione sembra non esistere proprio. Per esempio, ad un certo punto qualcuno del pubblico gli chiede maggiore concretezza in merito a matematica e geometria. Ne nasce una diatriba che si conclude con la negazione della percezione e della rappresentazione, e con l’esaltazione del concetto assoluto di concetto:

“È nel concetto di concetto che il concetto concepisce l’unità di un’infinità di elementi che altrimenti, senza il concetto sarebbero dispersi [...]”.

Per me è davvero esilarante pensare che oggi al mondo ci sia ancora un fichtiano talmente convinto dell’esistenza di un essere assoluto creatore del concetto di triangolo dal nulla da dire che nel concetto di concetto, il concetto concepisca qualcosa, cioè un altro concetto! È davvero pazzesco!

 

Poi, afferma:

Stando alla filosofia della libertà [...] Per avere la rappresentazione devi avere la percezione ma per avere il concetto di triangolo non hai bisogno di nessuna percezione. Basta il concetto [...]. Nella filosofia della libertà c’è questa frase: “Si può avere il concetto di leone senza mai avere percepito un leone”.

ma dove sta scritta questa stupidaggine nella filosofia della libertà di Steiner?

 

“Il mio concetto di un leone [spiega Steiner - e già qui parla di “un leone”, quindi non è “il leone”; non vi è traccia qui del concetto assoluto di leone - nota mia] non è formato a partire da mie percezioni di leoni; ciò che invece devo alla percezione è la mia rappresentazione del leone. A chiunque non abbia mai visto un leone io posso inculcare il concetto di un leone. Di trasmettergli una rappresentazione vivente non mi riuscirà senza la sua propria percezione” (R. Steiner, La filosofia della libertà, cap. 6°).

Proprio perché il concetto è sempre perfettibile “ogni ampliamento della cerchia delle mie percezioni rende necessario che io corregga la mia immagine del mondo” (ibid.). Dovremmo quindi sempre trasmettere i nostri concetti col nostro percepire in quanto solo così si entra nella logica della realtà consistente in percezione e concetto là, dove per “percezione” si intende non un concetto astratto ma la cosa, l’oggetto percepibile (“Dato che vi sono oscillazioni di significato nell’uso della lingua, mi sembra imperativo intendermi col mio lettore circa l’uso di una parola che devo usare qui di seguito. Sopra ho nominato gli oggetti di sensazione immediati: chiamerò questi - in quanto il soggetto cosciente ne prenda atto tramite l’osservazione - PERCEZIONI. Perciò designo con questo nome non il processo di osservazione, ma l’OGGETTO di questa osservazione” (R. Steiner, “La filosofia...”, op. cit., cap. 4°).

Questa spiegazione di Steiner, se la si vuol vedere, è però l’esatto contrario della comprensione assolutizzante di Archiati. E ciò è avvalorato anche dalla conclusione del capitolo in cui si parla del concetto di leone citato da Archiati: “Il sentimento è il mezzo attraverso cui i concetti anzitutto acquistano VITA concreta” (R. Steiner, “La filosofia...”, op. cit., cap. 6°), dato che il sentimento, col sentire, interno o esterno, non è altro che un elemento del percepire!

Il monismo di pensiero mostrato da Steiner nella sua filosofia non è dunque un pensare assoluto , cioè disciolto (“ab-solutus” = “di-sciolto”) dal sentire, ma punto di arrivo in cui pensare e sentire generano evoluzione dell’essere umano, essenziale se non ci si vuole perdere in mere astrazioni di un “pensare puro” astrattizzato senza alcuna connessione con la relativa esperienza reale nella propria vita. Infatti senza l’elemento della percezione non è possibile accogliere l’evoluzione a cui ha portato il copernicanesimo: L’immagine che gli antichi si erano fatti riguardo alla relazione della della terra col sole e con gli altri corpi celesti, dovette, da Copernico, essere sostituita con un’altra, perché non coincideva più con PERCEZIONI che non erano state conosciute prima (R. Steiner “La filosofia...”, op. cit., cap. 4°).

Le percezioni di cui parla qui Steiner non sono percezioni con caratteristiche di impercepibilità come quelle predicate da Archiati affermando qui la non realtà dell’eliocentrismo (ascolta i seguenti altri due pazzeschi mp3: 03B - Seconda conferenza - sabato mattina - seconda parte e 03C - Seconda conferenza - sabato mattina - seconda parte del suo 11° seminario), che dal 1851 fu invece considerato reale grazie al famoso esperimento del pendolo di Foucault, che realizzò poi, dopo solo un anno, nel 1852, il giroscopio, nel quale divenne percepibile che l’asse del suo rotore segue sempre le stelle fisse...

 

Assolutizzare i concetti è un errore. Punto e basta. Perfino la teoria eliocentrica dimostratasi reale oggi risulta inesatta, dato che siamo arrivati a conoscere che nella realtà dei fatti nemmeno il sole, il sistema solare, né la Via Lattea sono immobili, ma che l’intero universo è in via di espansione.

 

E il pensare puro?

 

Certamente non va creduto o assolutizzato attraverso un non percepibile creatore dal nulla.

 

Il pensare puro non può che essere SPERIMENTATO.

 

Per la giusta considerazione di come sorga il concetto puro in contrapposizione alla percezione, si immagini per esempio di voler formare il concetto del cerchio. È possibile fare questa esperienza in due modi, attraverso i soli cinque sensi riconosciuti dalla fisiologia ufficiale, oppure attraverso gli altri sette sensi che la fisiologia ufficiale deve ancora riconoscere. Nel primo caso, si può sperimentare il cerchio navigando per esempio sul mare finché tutt’intorno non si veda che acqua. In questo modo, è tramite l’oggetto di percezione che ci si può formare la rappresentazione di un cerchio. Nel secondo caso, si può arrivare al concetto di cerchio senza fare alcun appello ai cinque sensi ordinari, ma costruendo nel proprio spirito, la somma di tutti i punti che sono ugualmente distanti da un punto dato. Per formare questa costruzione che si svolge totalmente nell’intimo della vita del pensiero, non c’è bisogno di fare appello a qualcosa di esteriore; e poiché questo è assolutamente pensiero puro, in senso aristotelico: “pura attualità”, c’è bisogno soltanto del senso del pensiero, che è uno dei sette sensi, che la scienza ufficiale della scuola dell’obbligo deve ancora riconoscere.
 

Certamente si può parlare anche teologicamente di universali. Però oggi parlare di Dio è parlare di aria fritta. Solo qui Archiati ha ragione, ma dovrebbe essere così coerente da considerare che anche il parlare di un creatore che crea dal nulla è aria fritta, dato che NON un creatore dal nulla può unificare oggi gli uomini, ma solo il pensare. E il pensare può farlo solo a condizione che non sia scambiato col pensare assoluto o con l’idealismo assoluto pensato da Fichte, che comporterebbe un nuovo oscurantismo di tipo moraleggiante in quanto un nuovo “pensato” sostitutivo del pensare. Si veda ad esempio a questo proposito - anzi si risenta più volte - l’aberrante questione, tirata in ballo nell’ultimo mp3 qui accennato, dell“immoralità” dell’eliocentrismo o del... telefonino...

 

Sentite o non sentite che quanto Archiati afferma è ancora oscurantismo del concilio di Trento? Povera antroposofia!