I 9-16: la Triarticolazione, esigenza storica dell'economia

I 9 seg.: introduzione alla Triarticolazione

I 10: colonie inglesi (determinanti per l'economia inglese)

I 11: il liberalismo sorge in Germania

I 9-12: condizioni economiche inglesi rispetto alla Germania nel sec. XIX

I 13 seg.: causata dai contrasti fra Inghilterra ed Europa centrale

I 13 seg.: contrapposizione fra occidente e Europa centrale

I 12-14: economia mitteleuropea e occidentale

I 14 seg.: non venne compresa

I 15 seg.: il pensare umano è prodotto da spinta ascensionale

 

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Oggi desidero iniziare con una specie di introduzione [il grassetto è mio - ndc], per proseguire poi domani con ciò che in un certo senso deve risultare un tutto, in merito ai problemi economici e sociali che l'uomo deve porsi nel nostro tempo.


L'economia politica, quale viene trattata attualmente, è in realtà una creazione recente. In sostanza essa è sorta appena nel periodo in cui la vita economica dei popoli moderni si era già molto complicata rispetto alle condizioni economiche precedenti. E poiché vogliamo articolare questo corso in modo che esso sia soprattutto adatto per studiosi di economia politica, come introduzione si dovrà indicare la speciale caratteristica del modo di pensare economico.


Non occorre nemmeno risalire molto indietro nella storia per constatare che la vita economica, anche solo durante il secolo diciannovesimo, ha subito un profondo cambiamento. Si osservi per esempio come l'Inghilterra, dal punto di vista dell'economia, avesse struttura moderna già nella prima metà del secolo diciannovesimo, così che nel corso di quel secolo la sua struttura economica ebbe relativamente poche mutazioni radicali. I grandi problemi sociali che si sono innestati di recente sui problemi economici, si erano fatti sentire in Inghilterra già nella prima metà del secolo diciannovesimo, e fin da allora coloro che cominciavano a pensare in senso moderno all'economia politica potevano fare i loro studi in Inghilterra, mentre in Germania, in quella medesima epoca, tali studi sarebbero dovuti
rimanere infruttuosi. In Inghilterra le grandi relazioni commerciali si erano già stabilite nel primo terzo del secolo diciannovesimo e il loro sviluppo aveva portato l'economia inglese a crearsi una base nel capitale commerciale. In quel paese la nuova economia poteva dunque prendere le mosse dal capitale commerciale connesso con i traffici e da essi aumentato e consolidato, appunto già nel primo terzo del secolo. Da
 

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quell'epoca in poi, in Inghilterra tutto si svolse con una certa logica consequenzialità. Però non si deve dimenticare che l'intera economia inglese fu solo possibile sulla base del rapporto della madrepatria con le colonie e specialmente con l'India. Tutta l'economia inglese non è concepibile senza il rapporto dell'Inghilterra con l'india. Ciò significa in altre parole che l'economia inglese, con la sua possibilità di accumulare grandi capitali, è edificata sul fatto di avere alle spalle un territorio in certo modo economicamente vergine. Tutto questo va tenuto presente, tanto più se dall'economia inglese passiamo ora a considerare quella tedesca.


Vediamo per esempio che quest'ultima, nel primo terzo del secolo diciannovesimo, risponde ancora in sostanza alle usanze economiche derivate dal medioevo. In Germania le usanze e le relazioni economiche sono in questo periodo ancora quelle del passato. Così nel primo terzo, anzi nella prima metà del secolo diciannovesimo, tutto il ritmo della vita economica era in Germania diverso da quello che si svolgeva in Inghilterra dove, nella prima metà del secolo, già si teneva conto del rapido mutarsi delle abitudini di vita. Qui la vita economica, nelle sue linee generali, è ancora sostanzialmente la stessa, ma già si tiene conto del rapido mutare delle abitudini. In Germania invece, queste abitudini sono conservatrici, e la vita economica può ancora progredire a passi di lumaca, può adattarsi al fatto che le condizioni, dal punto di vista tecnico, rimangano per lungo tempo press'a poco invariate, e che anche le esigenze non mutino rapidamente.


Ma nel secondo terzo del secolo diciannovesimo, si verificò in questo campo un rivolgimento. Lo sviluppo dell'industria fece sì che le condizioni andassero rapidamente somigliando a quelle inglesi. La Germania, che nella prima metà del secolo diciannovesimo era un paese essenzialmente agrario, fu in breve trasformata in paese industriale, e questa trasformazione vi si attuò molto più rapidamente che in qualsiasi altra regione della Terra.

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Ma c'è dell'altro. Si potrebbe dire: in Inghilterra il passaggio a una concezione industriale dell'economia avvenne quasi per istinto, come fosse un fenomeno naturale, senza che si sapesse bene come. In Germania esistevano sì, nel primo terzo del secolo, condizioni quasi medioevali (la Germania era uno stato agrario); ma, mentre i rapporti economici esteriori si svolgevano così che si sarebbero potuti chiamare ancora quasi medioevali, il pensiero umano si era profondamente trasformato. Nella coscienza degli uomini si era insinuato il senso che dovesse venire qualcos'altro, e che quanto esisteva non fosse più consono ai tempi; così la riforma delle condizioni economiche, prodottasi nel secondo terzo del secolo, avveniva in Germania molto più coscientemente che non in Inghilterra. In Germania si sapeva molto più coscientemente (in Inghilterra non lo si sapeva affatto) come si fosse entrati nel capitalismo moderno. Leggendo oggi quello che si spiegava o si diceva a quel tempo, sul fatto dell'industrializzazione, viene da dire: è proprio strano il modo di pensare della gente in Germania! Si considerava addirittura una liberazione completa dell'uomo ciò che si chiamava liberalismo, democrazia; si considerava come la salvezza dell'umanità il poter uscire infine dagli antichi legami, dagli antichi enti corporativi, per passare, come si diceva allora, ad una condizione pienamente libera dell'uomo nella vita economica. Per questo non troviamo mai in Inghilterra una teoria dell'economia politica quale la elaborarono gli uomini che ebbero la loro formazione durante l'apogeo dell'epoca ora descritta. Schmoller, Roscher (Gustav von Schmoller (1838-1917), economista. È considerato il maggior rappresentante della “giovane scuola economica tedesca”; Whilhelm Roscher (1817-1894), economista. Fondatore della “scuola storica economica tedesca”) e altri trassero le loro opinioni da questa economia liberalistica al suo apogeo, e costruirono la loro dottrina, nettamente orientata in questo senso, in piena consapevolezza. Un inglese avrebbe ritenuto insulsa una simile dottrina economica; avrebbe detto che su queste cose non occorre pensare. Si può quindi osservare un divario radicale tra il modo in cui si parlava di tali questioni in Inghilterra (voglio solo menzionare uomini che già erano abbastanza

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teorici come Beaconsfield (Benjamin Disraeli, conte di Beaconsfield, 1804-1881, scrittore e statista inglese, divenne noto come scrittore di romanzi romantico-realistici; come deputato alla Camera dei Comuni sostenne l’idea della democrazia dei conservatori e fu avversario di Peel in merito alle dogane protettive; come primo ministro fu uno dei più eminenti statisti dell’imperialismo britannico; tra le altre cose procurò alla Gran Bretagna la maggioranza nella società per il canale di Suez e fece in modo che la regina Vittoria divenisse imperatrice delle Indie) e il modo in cui ne parlavano in Germania Richter, Lasker o lo stesso Brentano (Eugen Richter, 1838-1906, politico tedesco, capo del Partito progressista; fu avversario di Bismarck e della sua politica economica e sociale. Eduard Lasker, 1829-1884, fino al 1881 capo della sinistra del Partito nazional-liberale; fu avversario della politica doganale di Bismarck. Lujo Brentano, 1844-1931, economista, fu il rappresentante della tendenza politico-sociale nell’ambito della scuola economica tedesca, tendenza detta anche “socialismo cattedratico”). In Germania si entrò dunque in questa nuova fase con piena consapevolezza.


Seguì il terzo periodo, quello propriamente statale. Nell'ultimo terzo del secolo diciannovesimo lo Stato tedesco, in fondo, si consolidò valendosi esclusivamente di mezzi di potenza [un esempio odierno di tali mezzi di potenza è l'emissione monetaria forzosa basata su monopolio e monopsonio, nonché su signoraggio bancario, ecc. - ndc]; e cioè non si consolidò quello che avevano propugnato gli idealisti del 1848 o già quelli degli anni trenta, ma si consolidò lo Stato con mezzi di potenza. Questo Stato avocò pure a sé gradualmente e con piena coscienza la vita economica, tanto che questa, in tutta la sua struttura, fu del tutto compenetrata nell'ultimo terzo del secolo da principi opposti a quelli precedenti. Nel secondo terzo del secolo essa si era sviluppata secondo le concezioni liberali; ora si sviluppò interamente secondo quelle dello statismo [o "statalismo"? - ndc]. Ciò diede alla vita economica in Germania la sua impronta generale. In tutta questa evoluzione vi erano sì elementi di coscienza; il complesso era però incosciente.
 

L'importante è che in tal modo sorse, non solo nel pensiero ma anche nell'azione economica, un contrasto radicale tra il sistema inglese e quello che era ormai il sistema dell'Europa centrale [tale contrasto è oggi palese addirittura nel fatto che per esempio l'Inghilterra fa parte dell'Europa senza avere accettato l'euro come moneta unica, per cui si intasca il 100% del signoraggio relativo alla propria moneta (sterlina), più una parte del signoraggio europeo; insomma gli italiani stanno aiutando gli inglesi a pagare le loro tasse. Mi sembra giusto, data la nostra cecità volontaria! - ndc]; ma appunto su questo contrasto si basava il modo in cui avvenivano i reciproci rapporti economici. Tutta l'economia del secolo diciannovesimo, quale si sviluppò poi nel ventesimo, non sarebbe stata concepibile senza questo contrasto tra Occidente ed Europa centrale, contrasto fondato sul fatto che si vendeva come si vendeva, che si negoziava come si negoziava, e che si produceva come si produceva.


In tal modo si formò prima, gradatamente, la possibilità dell'economia inglese, fondata sul possesso delle Indie, ed ora la possibilità dell'allargarsi dell'economia sulla base del contrasto tra economia occidentale ed economia dell'Europa centrale. La vita economica non poggia infatti su quello che si vede nelle nostre vicinanze immediate, bensì sulle relazioni che reciprocamente s'intrecciano su vasta scala nel mondo.

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Con questo contrasto i popoli si avvicinarono a un'economia mondiale, ma non riuscirono a crearla, perché le relazioni internazionali avevano la loro base negli elementi istintivi che si erano andati sviluppando e perché, come ho detto, tali elementi in Inghilterra e nell'Europa centrale erano in contrasto. Nel secolo ventesimo il contrasto si era fatto di scottante attualità e si approfondiva sempre più, senza che il mondo se ne rendesse conto. Sorse allora il grande problema: le relazioni economiche derivano il loro sviluppo da tale contrasto e lo perpetuano; ma come è possibile la collaborazione economica, se il contrasto aumenta? Era questo il grande problema del secolo ventesimo. Il contrasto aveva creato i rapporti economici; questi ultimi avevano acuito il contrasto; il contrasto doveva essere finalmente risolto. Allora il problema divenne questo: come si risolvono i contrasti? L'evoluzione storica ha mostrato che gli uomini non furono capaci di risolverlo.


Così come ho parlato adesso [1922, primi anni dopo la prima guerra mondiale - ndc], si sarebbe potuto parlare nel 1914, in tempo di pace. Poi, anziché una soluzione, venne il frutto dell'incapacità di trovare una soluzione storica mondiale. Questa è la malattia che sopravvenne, considerando la cosa dal lato economico.
 

Ora, la possibilità di qualsiasi evoluzione è basata in sostanza su contrasti. Voglio citarne uno: per il fatto che l'economia inglese si era consolidata molto tempo prima di quella dell'Europa centrale, per talune merci gli inglesi non erano in grado di fare prezzi così bassi come potevano fare i tedeschi; da ciò sorse il grande contrasto della concorrenza, poiché il "Made in Germany" era questione di concorrenza. Quando poi la guerra ebbe termine, poté sorgere la domanda: ora che gli uomini si sono rotti la testa invece di cercare la soluzione dei contrasti, come possono aggiustare le cose? Io ritenevo che si sarebbero pur dovuti trovare anzitutto degli uomini che capissero che occorreva ora creare dei contrasti in un altro campo, dato che la vita

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si basa sui contrasti e può esistere soltanto in virtù di tale gioco di contrasti. Così nel 1919 poteva venir fatto di dire "indichiamo dunque i contrasti verso i quali tende realmente l'evoluzione storica", cioè i contrasti della vita economica, della vita politico-giuridica e della vita culturale spirituale; accenniamo ai contrasti della triarticolazione (cfr. di Rudolf Steiner: “I punti essenziali della questione sociale”, Opera Omnia n. 23,  Ed. Antroposofica, Milano 1980, pubblicato appunto nel 1919 in Germania).
 

Che cosa in fondo giustificava il fatto che si tentasse allora di diffondere l'idea della triarticolazione? Quel che più importava era di riuscire a far entrare l'idea della triarticolazione nel maggior numero possibile di teste, prima che sorgessero i fatti economici che da allora realmente si sono verificati. Si deve considerare che quando si parlò per la prima volta di triarticolazione, non si avevano ancora le odierne difficoltà della svalutazione, e se allora la triarticolazione fosse stata compresa, quelle difficoltà non sarebbero mai potute sorgere. Ma anche qui ci trovammo di fronte all'impossibilità che gli uomini comprendessero tutto ciò in senso veramente pratico. Quando allora si tentò di far capire l'idea della triarticolazione, qualcuno osservò: tutto ciò sarebbe proprio bello, lo vediamo benissimo anche noi; ma per prima cosa si dovrebbe combattere la svalutazione. La risposta da dare a quelle persone era questa: ciò è implicito nella triarticolazione; adattatevi a questa idea; è l'unico rimedio per agire in senso contrario alla catastrofe della moneta. La gente chiedeva come si potessero raggiungere i risultati a cui appunto mirava la triarticolazione; dunque non la comprendeva, sebbene affermasse di comprenderla.


Oggi [1922 - ndc] la questione si prospetta così: se ora si torna a parlarne davanti a dei giovani studiosi, ad esempio come qui, non si può più farlo nella stessa forma di allora; oggi è necessario usare un altro linguaggio. Vorrei mostrare in queste conferenze come si debba pensare oggi su tali problemi, specialmente se si è giovani e si può ancora cooperare a ciò che deve esser fatto nel prossimo futuro [purtroppo per non avere affrontato la questione nel giusto modo auspicato da Steiner siamo arrivati alla crisi economica attuale che in fondo è in tutto il mondo la stessa "catastrofe della moneta" di quel "prossimo futuro", cioè del 1929, vale a dire sette anni dopo, e di oggi].


Si può così, da un lato, prospettare il carattere del secolo diciannovesimo, mettendone in luce i contrasti economici

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e storici; si potrebbe però anche risalire assai più indietro, all'epoca nella quale gli uomini cominciarono a pensare sui problemi economici. Se si considera la storia dell'economia, si potrà vedere che un tempo tutto avveniva per istinto, e che in verità solo in tempi recenti è sorta quella complessità della vita economica per cui si prova la necessità di pensare intorno a queste cose.


Io parlo ora soprattutto a studenti, per indicare loro come ritrovarsi nell'economia politica. Di conseguenza desidero dire quel che ora è più essenziale. Quando sorse il bisogno di sollevare problemi di economia politica, eravamo già in un tempo in cui non si aveva più la capacità di pensiero atta ad abbracciare un campo come questo; mancavano ormai, semplicemente, le idee adeguate. Voglio mostrare che era così mediante un esempio tratto dalla scienza naturale. Noi uomini abbiamo il nostro corpo fisico, ed esso ha un peso come lo hanno gli altri corpi fisici. Dopo il pasto esso pesa più di quanto non pesava prima; tanto che si potrebbe controllarne l'aumento con una bilancia. Ciò vuol dire che l'uomo è sottoposto alla legge di gravità. Ma solo con tale gravità, che è una qualità di tutti i corpi ponderabili, non potremmo fare molto, e l'uomo sarebbe costretto a girare il mondo come un automa, non come un essere cosciente. Ho detto spesso che cosa occorra perché ci possiamo formare concetti che abbiano un valore, cioè che cosa occorra all'uomo per pensare. Il cervello umano, preso per sé, pesa circa 1400 grammi. Se questi 1400 grammi gravassero sulle arterie che stanno alla base cranica, le schiaccerebbero completamente. Non si sopravvivrebbe un istante, se il cervello umano fosse fatto in modo da gravare con tutti i suoi 1400 grammi! È davvero una fortuna per gli uomini che esista il principio di Archimede secondo il quale, nell'acqua, ogni corpo perde tanto del suo peso quanto è il peso del liquido che esso sposta. Il cervello galleggia nel liquido cefalico e perde così 1380 grammi, poiché tale è il peso della massa liquida che corrisponde al volume del

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cervello umano. Il cervello preme con soli 20 grammi sulla base cranica, e questa pressione è sopportabile. Ma se ci domandiamo: a che serve tutto ciò? dobbiamo rispondere: con un cervello che fosse soltanto massa ponderabile noi non potremmo pensare. Noi non pensiamo con ciò che è sostanza pesante, ma pensiamo con la spinta ascensionale. La sostanza deve prima perdere il proprio peso, e solo allora possiamo pensare. Noi pensiamo con ciò che vola via dalla Terra.


Siamo però coscienti in tutto il corpo. E da che cosa siamo resi coscienti in tutto il corpo? Nel nostro corpo esistono 25 bilioni di globuli rossi, i quali sono assai piccoli, ma anche pesanti, perché contengono ferro. Ognuno di questi 25 bilioni di globuli rossi galleggia nel siero del sangue, perdendo del suo peso tanto quanto sposta di liquido, sicché anche in ogni singolo globulo rosso viene generata una spinta ascensionale; e proprio 25 bilioni di volte. Nel nostro corpo intero noi siamo coscienti grazie a ciò che spinge verso l'alto. Possiamo così dire che quando ingeriamo alimenti, essi devono anzitutto venir alleggeriti, trasformati, perché possano servirci. Tale è l'esigenza dell'organismo.


Ora la capacità di pensare a questo modo e di regolarsi in conformità si era perduta nell'epoca in cui era diventato necessario pensare ai problemi economici. Da allora in poi si tenne conto soltanto dei corpi ponderabili, senza ricordare ad esempio che in un organismo una sostanza ha un comportamento diverso in rapporto alla sua gravità quando subisce una spinta ascensionale.


Ma v'è di più. Ricordo che in fisica si parla di spettro, e che attraverso il prisma si genera questa gamma di colori: rosso, arancio, giallo, verde, blu, indaco, violetto. Dal rosso al violetto lo spettro appare luminoso. Ma è noto che al di là del rosso e del violetto vi sono i cosiddetti raggi infrarossi e ultravioletti, fenomeni non luminosi. Quindi chi parla solamente di "luce" non abbraccia la totalità del fenomeno [continua].