I 65 seg.: il capitale come espressione dello spirito
I 66 seg.:
consumo di valori
I 67: tensione fra produzione
e consumo
I 67 seg.: eliminazione e formazione di valore
I 68: la rarità non forma valori reali
I 69 seg.: i terreni rincarano diminuendo il tasso d'interesse
I 69-73: valore apparente nella capitalizzazione di terreni:
I 75-76: in quanto natura i terreni non possono avere un valore
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Se nell'ambito del processo economico seguiamo i fatti che ieri abbiamo esaminati, per proseguirne l'osservazione, ci risulta dell'altro. Abbiamo visto come il processo economico si metta in moto partendo dal lavoro che anzitutto si compie sulla natura; dal prodotto naturale non ancora lavorato, e ancora privo di valore economico, sorge il prodotto naturale lavorato. Poi il lavoro viene in certo modo afferrato dal capitale; il capitale organizza il lavoro che a sua volta scompare nel capitale; per l'ulteriore progresso del processo economico, è quindi il capitale che deve lavorare. Ma questo lavoro non è più lavoro nello stesso senso di prima [il grassetto è mio - ndc]: è l'accoglimento del capitale da parte dell'elemento spirituale [leggi: "immateriale" - ndc] ]. Questo a sua volta, valorizzando ulteriormente il capitale nell'ambito del processo economico, ne fa appunto proseguire lo svolgimento.
Per poter arrivare a poco a poco a una
comprensione della formula indicata ieri,
vorrei farne una raffigurazione schematica. Quando diciamo: la natura si
sommerge nel lavoro, indichiamo una corrente che va da natura a lavoro (v.
disegno). Poi il lavoro si sviluppa oltre. I valori sviluppati
continuano in certo modo il loro cammino. Il lavoro scompare nel capitale. Dopo
aver seguito il processo fin qui, si potrà facilmente continuarlo. Bisogna
che il circolo si chiuda. Il capitale non può semplicemente arrestarsi, perché in tal caso
non si avrebbe un processo organico, ma un processo che nel capitale si
estinguerebbe.
Bisogna dunque che il capitale scompaia a sua volta nella natura
[grazie
all'esperienza dei frattali è oggi possibile fare un esempio chiarificatore di
questo fatto: chi sa disegnare un frattale o una spirale, basilare per la sua
costruzione,
si accorge immediatamente che
la sua evoluzione esige sempre più spazio nel foglio, così che se non si vuole
eliminare tanti più fogli quanti sono le sue potenziali progressioni o
ingrandimenti occorre, per poter procedere, sempre più immaginazione; questa è
anche la caratteristica di una sana vita
del capitale, dato che il processo economico è
come un circolo con formazione e distruzione di valori; esattamente come avviene
la formazione e e la distruzione di forme geometriche nell'attuazione di un
frattale -
nda];
ma per capire giustamente questo fatto evidente, occorre prendere in aiuto un
altro concetto.
Pensiamo un momento ai concetti che ho sviluppato fino ad ora, trattando del processo economico: ho parlato della lavorazione della natura, dell'organizzazione del lavoro da parte dello spirito [leggi "dell'io" - ndc], e così della genesi del capitale, fenomeno
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che accompagna l'organizzazione del lavoro da parte dello spirito. Ho parlato
anche dell'esistenza del capitale, che in certo modo è raccolto dallo spirito
che ha organizzato il lavoro e dell'autonomia conseguita dal capitale, nel quale
il
lavoro scompare e lo spirito opera quale inventore nel contesto sociale. Il lato
prettamente tecnico delle invenzioni non ci riguarda qui; ce ne occuperemo
continuando le nostre considerazioni.
Se abbracciamo con lo
sguardo tutto ciò che sono venuto esponendo, si vedrà che è stato esposto in una prospettiva unilaterale (ma
dovevo farlo), cioè dal punto di vista della produzione; finora non ho parlato
d'altro, se non incidentalmente. Ho introdotto talora qualche concetto
attinente al consumo, quando abbiamo dovuto sfiorare il problema del prezzo; ma
del consumo in sé non ho ancora parlato. Come è ben noto, il processo economico
non consiste però della sola produzione, ma anche del polo opposto di questa,
cioè del consumo. Il nostro sforzo è stato fin qui diretto a trovare nell'ambito
della produzione i valori generati nel
67
processo economico; invece il consumo è un incessante dar fondo a tali valori,
consiste nell'eliminarli e quindi svalorizzarli come tali. In realtà l'altra
parte del processo economico è l'incessante eliminazione dei valori.
Proprio per
questo è in certo senso giustificato dire che il processo economico è un
processo organico, un processo nel quale poi interviene lo spirito. Un organismo
è tale per il fatto di comporre in sé qualcosa che poi torna a decomporsi; deve
cioè continuamente produrre e consumare. Del pari ci deve essere una continua
produzione e un continuo consumo anche nell'organismo economico.
Giungiamo così a vedere in un altra luce, da un altro punto di vista, le forze
produttive di valori che ci sono apparse sin qui. Finora abbiamo solo assistito
al nascere dei valori nel corso del processo produttivo. Ma ogni qualvolta un
valore viene a trovarsi all'inizio della sua svalorizzazione, tutto il movimento
da noi indicato si muta. Quel che abbiamo osservato fin qui è un continuo
movimento di valori che si formano dall'applicare il lavoro alla natura, poi lo
spirito al lavoro, e finalmente lo spirito al capitale; tutto ciò è un movimento progrediente.
Possiamo dunque dire di aver considerato finora il movimento generatore di
valori nel processo economico. Ma per il fatto che in questo entra continuamente
in gioco anche l'elemento svalorizzatore, il consumo, si verifica anche
un'altro sviluppo di valori: quello che sorge tra la produzione stessa e il
consumo. Quando il valore entra nella sfera del consumo, non procede più oltre,
non aumenta. Gli si pone di fronte appunto il consumo con le sue esigenze. Qui
il valore s'imposta in tutt'altro modo da come ci è apparso impostato finora. Se
prima abbiamo considerato il valore in un movimento progrediente (vedi
ancora il disegno), ora dobbiamo cominciare a seguirlo nel suo movimento fino a un
dato punto, e poi vederlo arrestato. Ogni qualvolta il valore viene arrestato,
non si ha più un movimento generatore di valori, ma sorge una
tensione
generatrice di valori [la stessa cosa avviene nella
generazione del frattale: ogni qualvolta la forma scompare,
non si ha più un movimento generatore di forme, ma sorge una
tensione generatrice di forme -
ndc].
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Questo è un secondo elemento che troviamo nel processo economico. In esso non si
hanno soltanto movimenti produttori di valori, ma anche
tensioni che producono
valori. Noi possiamo osservarle con la massima evidenza, quando il consumatore
viene a trovarsi di fronte al produttore o al negoziante; un momento dopo, si
potrebbe dire, la formazione del valore cessa e si passa alla svalorizzazione.
Qui si forma una tensione che viene tenuta in equilibrio dall'altro lato, cioè
dalla richiesta. Il processo della produzione di valori viene arrestato; la
richiesta, il consumo gli si fanno incontro, e ne nasce la
tensione tra
produzione e consumo [nel video dei frattali la
tensione fra produzione e consumo non è altro che ciò che genera le forme
continuamente mutanti del frattale, il quale sempre più si espande nel nuovo
facendo dimenticare il vecchio - ndc]. Anch'essa
è un fattore generatore di valori che si deve
però paragonare a uno sviluppo d'energie trattenuto, tenuto in equilibrio, non a
una propagazione ulteriore di esse. Si ha qui assolutamente un'analogia col
fenomeno fisico delle forze vive e delle forze di tensione, delle energie
cinetiche e delle energie di posizione, dove si genera equilibrio.
Se teniamo
presenti queste energie di tensione nel processo economico, e ci formiamo delle
giuste vedute, saremo in grado di comprendere ogni singolo fenomeno
economico-sociale; altrimenti, ci smarriremo nella più grande confusione.
Per
esempio, tenendo conto solo unilateralmente dei movimenti economici delle
energie, riuscirà incomprensibile perché il brillante della corona d'Inghilterra
abbia un valore così immenso: per comprenderlo, si deve ricorrere al concetto
del valore economico di tensione. Così ancora oggi si vedono molti economisti
tener conto della rarità di qualche prodotto naturale. La rarità non andrebbe
mai considerata quale produttrice di valori, se si pensa generatore di valori
nel processo economico solo il movimento, e non s'impara gradatamente a capire
come qua o là, segnatamente grazie al consumo ma anche grazie ad altre
circostanze, entri in gioco la generazione di valori dovuta a tensioni, a
situazioni, a posizioni di equilibrio.
Nel processo economico, che dobbiamo proprio considerare come un processo
organico e nel quale continuamente
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interviene lo spirito, può dunque subentrare anche la svalorizzazione. La
svalorizzazione deve essere di continuo presente, o meglio è continuamente
presente. Diremo dunque: mentre i valori percorrono la via dalla natura al
capitale, attraverso il lavoro, si verificherà in pari tempo una continua
svalorizzazione. Se però essa non potesse verificarsi in modo adeguato, che cosa
avverrebbe? Lo si può vedere dal disegno che abbiamo fatto (a sinistra: consumo
del capitale).
Per chiarirci bene la cosa, guardiamo il
problema del credito. Se vogliamo porre
il capitale al servizio dello spirito, nel senso esposto ieri, il produttore
spirituale diventa debitore. Diventa debitore, o può diventare tale solo per il
fatto di avere credito. Qui (nel disegno fra "capitale" e "natura") entra in
gioco il credito e precisamente quello che si può chiamare credito personale. Il
credito si può esprimere in cifre. Il capitale, che altre persone concedono a
qualcuno, forma in certo modo il suo credito personale. Ora questo credito
personale, come si sa, ha una determinata conseguenza, per lo meno se lo
consideriamo nel quadro dell'economia attuale. Esso, nei suoi effetti economici,
è legato col tasso d'interesse.
Supponiamo che il
tasso d'interesse sia basso; in tal caso ho poco da pagare a
chi mi presta capitale se, come produttore spirituale, domando credito e
divento così debitore nel processo economico. Avendo quindi meno interessi da
pagare, potrò produrre le mie merci più a buon mercato; di conseguenza
eserciterò nel processo economico un'influenza moderatrice sui prezzi. Possiamo
cioè dire: il credito personale ribassa i costi di produzione quando il tasso
d'interesse diminuisce. Questo avviene sempre finché nel processo economico il
capitale venga ancora semplicemente adoperato dallo spirito. Più è basso il
tasso d'interesse, e più chi ha bisogno di credito può muoversi agevolmente e
intervenire più intensamente nel processo economico, s'intende a beneficio della
collettività. Se dunque egli può far
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sì che le merci ribassino di prezzo, la sua azione è vantaggiosa anzitutto per i
consumatori.
Ora però rappresentiamoci l'altro lato del fenomeno. Si accorda anche del credito su terre, il cosiddetto credito reale, credito fondiario. Quando si tratta di credito fondiario, di credito su immobili, la cosa cambia totalmente. Poniamo che l'interesse sia del 5%, che dunque chi riceve capitali dati a credito su terreni debba pagare il 5%. Capitalizzando l'interesse, si avrà il valore del fondo in caso di vendita. Se invece il tasso d'interesse scende al 4%, potrà essere investito nel fondo un capitale maggiore. Vediamo dovunque che, ribassando il tasso d'interesse, le terre aumentano dì valore. Vengono dunque a costare non di meno, ma di più. Il credito fondiario eleva i prezzi, mentre il credito personale li abbassa. Questo è un fatto molto significativo nel processo economico, poiché vuol dire che quando il capitale ritorna alla natura, e con essa semplicemente si collega in forma di credito fondiario, quando cioè il capitale si collega con la terra, il processo economico viene condotto sempre più verso il rincaro.
Solo una cosa può dunque essere ragionevole, e cioè che, nel punto già indicato
sul disegno, nella natura, il capitale non si conservi, ma scompaia. In qual
modo può esso scomparire nella natura? Finché in genere si potrà collegare il
capitale con la natura, vale a dire finché, attraverso la formazione di
capitali, si potrà far rincarare la terra ancora incolta, il capitale non potrà
scomparire nella natura, ma al contrario vi si manterrà. In tutti i paesi dove
la legislazione ipotecaria consente che il capitale possa collegarsi con la
natura, si vede il capitale fermarsi nella natura, nelle terre. In
conseguenza di ciò allora in
luogo di un consumarsi, di un dileguarsi del capitale, invece del sorgere di una
tensione formatrice di valore, si ha una continuazione del movimento formatore
di valore che è dannosa al processo economico. Lo si potrà evitare solo quando
il processo economico sia sano, se a chi deve lavorare la terra non si concede
un
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credito fondiario, bensì anche qui soltanto un credito personale, cioè un credito per l'utilizzazione del capitale mediante il terreno. Se semplicemente colleghiamo il capitale col terreno, nel momento in cui arriva alla natura, il capitale si accumula. Se invece lo colleghiamo con le facoltà spirituali fattive di chi amministra e fa lavorare la terra, promuovendo così il processo economico, vedremo che il capitale, arrivando alla natura, scomparirà, non si accumulerà, non si conserverà, ma passando per la natura, si riverserà di nuovo nel lavoro e così ricomincerà il suo giro. Uno dei peggiori intoppi nel processo economico si ha quando il capitale si collega semplicemente con la natura, quando (prendendo per ipotesi il processo economico al suo punto iniziale) dopo che lavoro e capitale si sono sviluppati applicandosi alla natura, il capitale viene a trovarsi nella situazione di impadronirsi della natura, invece di scomparire in essa.
Ora si potrà naturalmente fare un'obiezione molto importante: il capitale è
sorto appunto entro il movimento indicato; come si fa se, arrivato alla natura,
esso è tanto abbondante che non si ha la possibilità di farlo affluire nel
lavoro, di scoprire ad esempio nuovi metodi per promuovere la produzione di
materie prime gregge? In questi casi il capitale non si collega con la natura,
ma col lavoro. Se dunque si arriva col capitale a questo punto e qui si
razionalizza la produzione di materie prime, o se ne schiudono nuove fonti, il
capitale viene passato direttamente al lavoro. Se arrivati qui si ha
un'esuberanza di capitale, i singoli capitalisti, che non sanno più che fare col
loro capitale, naturalmente ne risentono. Osservando infatti il fenomeno in una
prospettiva storica, si vede che in effetti si è prodotta un'esuberanza di
capitale, tanto che esso non ha potuto trovare altro impiego che quello di
conservarsi nella natura; appunto per questo abbiamo visto formarsi nel processo
economico il cosiddetto valore delle terre, l'aumento del valore delle terre.
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Osservando ora in questa connessione più vasta, quello che da certi fautori
della riforma fondiaria fu sempre prospettato in modo insufficiente, si dovrà
dire: se colleghiamo il capitale con la natura, il valore della natura ne viene
accresciuto. Quante più ipoteche gravano sopra un fondo, tanto più caro esso
dovrà poi esser pagato; il suo valore aumenta di continuo. Ma questo aumento di
valore del terreno è forse reale? No, non lo è affatto.
Per sua natura, il
terreno non può acquistare maggior valore; tutt'al più potrà acquistarlo, se ad
esso verrà applicato un lavoro più razionale. In tal caso sarà il lavoro che
rialza il valore; ma pensare accresciuto di valore il terreno stesso come tale
è un assurdo, un assoluto nonsenso. Il terreno, in quanto è natura, non può ancora
avere un valore; gli si conferisce un valore nel momento in cui lo si congiunge
col capitale; così che si può dire: quel che viene chiamato valore del terreno
nell'economia odierna, non è in realtà se non capitale fissato nel terreno. Ma
il capitale fissato nel terreno non è un valore reale, è un valore apparente. In
definitiva è importante imparare, anche nell'ambito del processo economico,
quali siano i valori reali e quali i valori apparenti.
Se nel nostro sistema di idee si insinua un errore, in un primo tempo non ne
osserviamo gli effetti, perché la connessione tra l'errore e tutti i conseguenti
processi perturbatori del nostro organismo (che si riconoscono solo mediante la
scienza dello spirito) sfugge all'odierna osservazione scientifica. Per esempio
si ignora come, in seguito a tali errori, si producano in organi periferici dei
disturbi di digestione. Ma nel processo economico gli errori e le illusioni
agiscono, diventano reali e portano conseguenze. Economicamente non vi è alcuna
differenza sostanziale tra lo spendere del denaro non fondato sopra una realtà,
ma dovuto a un semplice aumento delle banconote in circolazione, e l'attribuire
un valore di capitale alle terre. In ambedue i casi io creo dei valori
apparenti. Se aumento la circolazione, rialzo i prezzi come cifra, ma in realtà
non faccio nulla nel
73
processo economico, compio soltanto uno spostamento; posso però danneggiare
enormemente singoli individui. Così questa capitalizzazione del terreno
danneggia gli uomini collegati fra loro nel processo economico.
Si potrebbero fare studi molto interessanti, confrontando per esempio la legislazione ipotecaria nei paesi dell'Europa centrale prima della guerra, nei quali si poteva elevare a piacimento il valore della terra, determinato appunto dalla legislazione, con la legislazione inglese per la quale non era possibile fare salire in modo sostanziale il valore del terreno, dove si considerino gli effetti sul processo economico. Questi argomenti potrebbero essere temi interessanti per tesi di laurea, in modo particolare il confronto tra gli effetti monetari delle legislazioni inglese e tedesca in materia ipotecaria.
Ho cercato così di mostrare quale sia in realtà il problema e come
effettivamente la natura non debba imprigionare il capitale, conservandolo come
tale, ma come esso debba continuare ulteriormente a operare indisturbato nel
lavoro. Se però, giunti al punto già indicato nel disegno, il capitale c'è e non
può venir impiegato, l'unico modo di non conservarlo in maniera indebita, è che
lungo la via esso venga consumato, così che alla fine ne resti solo quel tanto
che si possa trasfondere di nuovo nella lavorazione del suolo, ma non in misura
maggiore di quanto sia richiesto dal lavoro stesso. La cosa più ovvia è che il
capitale, lungo questa via, venga realmente consumato. Sarebbe infatti terribile
(pensiamolo come ipotesi), se lungo tutto questo cammino nulla venisse
consumato: bisognerebbe trascinarci dietro i prodotti
[ritornando all'esempio della generazione dei frattali: se lungo tutto questo
processo non fosse consumata alcuna forma, dovremmo trascinarci dietro
ogni nuovo prodotto morfologico con grave dispendio di carta, o immagini,
memoria, ecc. - ndc]. Il processo diventa
organico solo per il fatto che i prodotti vengono consumati. Ma proprio come
viene consumata la natura elaborata, come viene consumato il lavoro organizzato
dal capitale, così anche il capitale deve venir consumato nel suo cammino
ulteriore. Il consumo del capitale deve in effetti avvenire.
Ciò
può essere realizzato solo se l'intero processo
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economico, dall'inizio alla fine, vale a dire fino al suo ritorno alla natura, sia regolato in modo giusto, così che vi sia qualcosa di simile all'"autoregolazione" dell'organismo umano. L'organismo umano, quando funziona normalmente, impedisce che si depositino in qualche posto tutte le sostanze alimentari non assimilate. Se invece sostanze alimentari non assimilate si depositano qua e là nel nostro corpo, noi ci ammaliamo. Si pensi per esempio a come sostanze si depositano quando si ha una digestione nella testa, quando cioè si ha nella testa una digestione irregolare. Le sostanze non vengono eliminate, si depositano; in altre parole l'eliminazione non è regolare e abbiamo l'emicrania. In ogni parte dell'organismo umano si può riscontrare come molto spesso la causa di fenomeni patologici risieda nell'irregolare assorbimento ed eliminazione delle sostanze che si dovrebbero digerire. Lo stesso avviene nell'organismo sociale per l'accumulo di ciò che in un dato luogo dovrebbe essere consumato. È assolutamente necessario che, nel punto già indicato nel disegno, avvenga il consumo del capitale, affinché il capitale non possa andare a morire nella natura, formandovi un deposito fossilizzato. La capitalizzazione dei terreni è infatti un inclusione dannosa nel processo economico.
Desidero far notare esplicitamente che non si tratta di atteggiamenti agitatori.
Io intendo sviluppare i problemi come essi si presentano nel processo naturale.
Qui considero solo l'aspetto scientifico, ma non si può trattare una scienza che
si occupa delle azioni umane senza far presenti i fenomeni patologici che
possono sorgere, così come non si può studiare l'organismo umano senza far
presenti i fenomeni patologici che in esso possono insorgere
[scrivo questa nota, a mo' di esempio, per Mino, Giuliano,
miei amici d'infanzia, e ovviamente anche per me stesso in quanto tutti e
tre ci siamo sempre comportati rispetto ai nostri capitali in modo nuovo
rispetto alla mentalità comune dell'accumulo. Alla morte di persone che
accumularono una fortuna, ho sentito spesse volte dire da Mino, oggettivamente e
senza alcun cinismo: "Ora costui può ben dire di essere il più ricco del
cimitero!". Infatti questa mentalità dell'accumulo dovrà terminare per dare
spazio ad un nuovo modo di pensare. Oggi siamo arrivati al punto in cui pensando
in modo antico si accumula e si accumula solo per favorire la spaventosa statocrazia centralista ed imperialista che di regola si impadronisce poi di
tutto mediante l'imposizione di tasse, esattamente come accadeva due mila anni
fa, al tempo di Verre. Oggi la situazione è peggiorata al punto che esiste pure
l'aggravante della magistraturocrazia. Il diritto della magistraturocrazia è
infatti un
diritto degenerato nell'economicismo in quanto lo Stato di diritto ha accentrato
in sé, perdendo la sua essenza giuridica, sia l'economia che la cultura. In
questa degenerazione, lo Stato di diritto è diventato "diritto di Stato", cioè
terrorismo di Stato, che fa diventare psicologicamente e materialmente
fuorilegge, cioè un nemico, e spesse volte un nemico da "suicidare", il produttore
di beni e servizi, che viene per forza di cose scoraggiato nella sua creatività.
Ebbene Mino, Giuliano ed io non siamo mai stati a questo gioco insano, ed abbiamo
lavorato il minimo necessario per apprezzare la vita senza accumuli di sorta.
Saremo anche poveri. Però, nel nostro piccolo, siamo felici come una generazione multicolorata di... frattali, che non ha mai perduto la propria creatività].
Un certo consumo
di capitale deve verificarsi; ovviamente non il consumo totale. Bisogna che qualcosa
ne sopravanzi, affinché la natura possa poi venir lavorata ulteriormente.
Che cosa debba sopravanzare può essere spiegato con un'altra immagine. Prendiamo
un contadino; economicamente egli deve di certo consumare il prodotto dei suoi
75
campi; bisogna però che ne conservi una parte come semente per l'anno
successivo. La semente deve essere trattenuta, conservata.
Questa immagine si può
benissimo applicare al processo indicato nel disegno: il capitale va consumato
fino al punto in cui ne avanzi solo quel tanto che, come una specie di semente,
prendéndo di nuovo le mosse dalla natura, serva a riaccendere il processo
economico. Bisogna dunque che ne rimanga solo quel tanto che ad esempio occorre
per promuovere in modo più razionale la provvista di materie prime, o per
migliorare il suolo con l'apporto di fertilizzanti migliori. Ma per questo
occorre applicare del lavoro. Al consumo del capitale va dunque sottratto ciò
che può attivare ulteriormente il lavoro; per contro, deve essere
precedentemente consumata la parte che, continuando a sussistere, si
collegherebbe qui (il solito punto nel disegno) con la natura in modo inorganico
e malsano.
Ora si potrà chiedere: ma come si fa per far arrivare a questo punto proprio solo quel tanto di capitale che serva in certo modo da semente per il lavoro ulteriore?
Parlando di scienza economica, non possiamo metterci solo sul piano della
logica, ma dobbiamo metterci sul piano della realtà. Qui non si possono dare
risposte, quali in certe circostanze si hanno nell'etica teorica.
Si può
benissimo nell'etica teorica ammonire un delinquente e fare tante altre cose.
Per l'etica potrà anche bastare. Ma nel campo dell'economia bisogna fare;
qualcosa deve compiersi. Si deve parlare di realtà.
Quando si parla del processo
di produzione e si mostra fino a qual punto esso generi valori, si parla di
realtà; quanto al consumo, tutti sanno che si tratta di realtà. Nell'economia
bisogna dunque parlare di realtà. Le sole idee non determinano nulla nel mondo
reale. Il fattore che regola nel modo giusto il processo economico si esprime
nelle "associazioni", come le ho caratterizzate nel mio libro
"I punti essenziali
della questione sociale" (si veda soprattutto nel libro citato "Prefazione e
introduzione").
Poggiando la vita economica su se stessa e riunendo in modo adeguato in
associazioni gli uomini che partecipano
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alla vita economica, sia come produttori, sia come commercianti, sia come consumatori,
essi avranno la possibilità, attraverso tutto il processo economico, di
ostacolare una formazione eccessiva di capitale, o di alimentare una formazione
troppo debole.
Allo scopo occorre naturalmente un'osservazione giusta del processo economico.
Se dunque in qualche luogo il prezzo di una merce, diciamo, ribassa
eccessivamente, oppure rincara troppo, bisogna saperlo osservare in modo
adeguato. Il semplice ribasso o rialzo dei prezzi non ha ancora un significato;
solo se, partendo dalle esperienze che possono sorgere unicamente dalle
deliberazioni collettive delle associazioni, si sia in grado di dire: cinque
unità di denaro, per una certa quantità di sale, sono troppe o troppo poche,
cioè il prezzo è troppo alto o troppo basso, solo allora si potranno prendere i
necessari provvedimenti.
Se il prezzo di qualche merce o prodotto si contrae eccessivamente, fino al punto che i produttori non possono più ricavare la loro adeguata rimunerazione per le loro prestazioni e per i loro prodotti troppo ribassati, bisognerà impiegare in quel ramo un numero minore di operai, e cioè far defluire i lavoratori verso altre occupazioni. Se invece una merce rincara troppo, bisognerà attirare più operai verso quel determinato ramo. È compito delle associazioni [NB: non dello Stato - ndc] occupare un numero adeguato di individui nei singoli rami dell'economia. Si deve essere persuasi che un effettivo rialzo dei prezzi di un prodotto deve provocare un aumento di operai nella sua fabbricazione, mentre una contrazione eccessiva di prezzo porterà la necessità di sviare dei lavoratori da quel campo di lavoro e di dirigerli verso un altro. Possiamo parlare dei prezzi soltanto riguardo alla distribuzione degli uomini in dati campi di lavoro dell'organismo sociale.
Quali opinioni dominino a volte oggi, data
l’attuale preferenza di lavorare coi concetti piuttosto che con le realtà, lo
mostrano certi fautori del cosiddetto “denaro libero” (continua).